[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Re:[ecologia] Il nucleare, l´emotività e l´ideo logia I luoghi comuni, le bugie e le paure legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia.
- Subject: Re:[ecologia] Il nucleare, l´emotività e l´ideo logia I luoghi comuni, le bugie e le paure legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia.
- From: "circolo\.vegetariano\@libero\.it" <circolo.vegetariano at libero.it>
- Date: Sat, 6 Jun 2009 16:02:44 +0200
Articolo veramente accurato illuminante e ben scritto, i miei complimenti a Zabot. http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/06/06/cronistoria-sulla-produzione-energertica-in-italia-e-favola-sul-nucleare-necessario-articolo-veritiero-di-sergio-zabot/ ---------- Initial Header ----------- From : ecologia-request at peacelink.it To : ecologia at peacelink.it Cc : Date : Sat, 6 Jun 2009 14:09:48 +0200 (CEST) Subject : [ecologia] Il nucleare, l´emotività e l´ideo logia I luoghi comuni, le bugie e le paure legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia. > Articolo > Il nucleare, l´emotività e l´ideologia I luoghi comuni, le bugie e le paure > legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia. I veri costi del > nucleare e i futuri prezzi dell´elettricità, il mito dell´atomo francese, la > sicurezza, le emissioni da nucleare, lo sviluppo tecnologico. A chi giova > veramente ripartire con il nucleare? Ci servirà tutta questa elettricità in > vista > degli obiettivi 20-20-20 del 2020? Un articolo di Sergio Zabot. Versione > dell'articolo in pdf > > E´ innegabile che l´uscita dell´Italia dal nucleare sia stata determinata > dall´emotività indotta della catastrofe di Cernobyl. I quesiti referendari > chiave, peraltro, erano diretti ad abolire le norme sulla localizzazione delle > centrali nucleari e i contributi a Comuni e Regioni sedi di centrali nucleari, > cosa che avrebbe reso impossibile trovare un Comune disposto a ospitare sul suo > territorio un impianto nucleare o anche un deposito di scorie radioattive. > > E´ il caso di ricordare anche, come a quell´epoca la DC e il PCI fossero > decisamente contrari ai quesiti proposti dal Partito Radicale, dal Partito > Liberale e dal Partito Socialista. La prima strategia adottata contro i > referendum fu quella dello scioglimento anticipato delle camere per lo stallo > che si era prodotto nei rapporti tra Dc e Psi: protagonista fu Ciriaco De Mita, > che decise le elezioni anticipate per rompere la convergenza di quei mesi tra i > partiti laici e in particolare tra Craxi e Pannella. > Dopo le elezioni anticipate, di fronte all´appuntamento referendario, Dc e > Pci, inizialmente ostili ai quesiti, si schieravano a favore del «sì». Questo > repentino cambio di rotta dei due maggiori partiti derivava dalle implicazioni > politiche che poteva provocare una eventuale sconfitta dello schieramento del > «no» imperniato sull´asse Dc e Pci, in contrapposizione ad uno schieramento > laico-progressista formato da Radicali e Socialisti. > > La rilettura di quel periodo dimostra che il risultato del referendum del > 1987, oltre ad essere stato frutto dell´emotività fu soprattutto figlio dell´ > ideologia. E´ corretto quindi affermare che quella scelta fu emotiva e > ideologica. > Quello che è meno evidente è come anche l´attuale rientro dell´Italia nel > nucleare sia dovuto a un´altrettanta ondata emotiva ancorché ideologica, > sapientemente pilotata da un Governo che altera i fatti e stimola le paure più > ancestrali dei cittadini. > Di fatto, rispetto il 1987, la situazione si è ribaltata: gli emotivi di > allora, ancorché mossi da una forte preoccupazione per le possibili conseguenze > sanitarie e ambientali del fallout radioattivo, contestano il ritorno al > nucleare su basi razionali e i sostenitori del nucleare implorano ora tale > ritorno su basi emotive e ideologiche, quali la paura dell´aumento del costo > del petrolio, l´inaffidabilità dei paesi produttori di gas naturale, la > fatalità di uno sviluppo che ci porterà ad un consumo sempre maggiore di > energia, l´inevitabilità che per salvaguardare il nostro pianeta e ridurre le > emissioni di gas serra, si debba scegliere il male minore. > > Per sostenere la necessità di realizzare in Italia una nuova filiera > nucleare, molte sono le menzogne che vengono regolarmente diffuse e > propagandate, al punto che anche molti esponenti del mondo ambientalista > finiscono per crederci: > Ecco le bugie e le paure che vengono più frequentemente diffuse. > > LE BUGIE > > L´energia elettrica in Italia è più cara perché in nostro mix di produzione è > troppo sbilanciato verso il gas naturale e non abbiamo centrali atomiche. > > Ciò è assolutamente falso. L´alto costo dell´energia elettrica italiana è > dovuta a quattro principali fattori: > 1. il sistema di formazione del prezzo dell´elettricità nella borsa > elettrica, detto anche "sistema del prezzo marginale". Con questo sistema l´ > energia elettrica offerta non viene remunerata in base al singolo prezzo > richiesto da ogni produttore, ma in base al prezzo più alto offerto tra i > produttori, con il risultato di consentire loro grossi extra-profitti e un > prezzo finale per i consumatori più alto anche del 10%. > > 2. I cosiddetti "oneri generali di sistema", che pesano per un altro 10% > sulle bollette elettriche e che servono a pagare lo smantellamento delle 4 > vecchie centrali nucleari italiane (212 milioni di euro nel 2008), a ripagare > le imprese elettriche e l´Enel in particolare per gli investimenti fatti prima > della liberalizzazione (680 milioni di euro nel 2007), e soprattutto per > incentivare le fonti assimilate alle rinnovabili, ossia la produzione di > elettricità con gli scarti delle raffinerie di petrolio, con i rifiuti, con la > cogenerazione a gas naturale. In particolare, queste fonti non rinnovabili, nel > 2008 hanno rappresentato l´83,3% dei ritiri obbligati CIP6 e il costo per i > consumatori è stato di 1.720 milioni di Euro. > > 3. L´inadeguatezza della rete elettrica nazionale sia in alta, che media e > bassa tensione. La rete di trasporto e di distribuzione è stata progettata > negli anni `60 del secolo scorso, gli anni del monopolio, e realizzata > principalmente come monodirezionale e quindi passiva. Le odierne esigenze sono > invece di sviluppare reti di trasmissione attive, cioè in grado di accogliere e > smistare efficientemente anche i flussi provenienti dai tanti piccoli e medi > impianti (la cosiddetta generazione distribuita). Nel Sud Italia e nelle Isole > poi, la rete di trasmissione è particolarmente insufficiente e congestionata, > con il risultato che l´energia elettrica raggiunge prezzi molto elevati con > punte, nella Borsa Elettrica, di 180 €/MWh contro medie di 70 €/MWh del resto > dell´Italia (vedi GME). Possiamo sostenere quindi che un'altra buona fetta > della tariffa elettrica è imputabile alla inadeguatezza della rete elettrica > italiana. > > 4. Infine, quasi il 20% della bolletta elettrica se ne va in tasse e IVA. > Secondo una indagine svolta da Confartigianato la tassazione dell´energia in > Italia risulta superiore del 30% rispetto alla media europea. Certamente la > tassazione più consistente riguarda i prodotti petroliferi, ma anche sull´ > energia elettrica lo Stato non scherza. L´impatto di questo sistema d´ > imposizione è particolarmente pesante sull´industria: escludendo l´iva, un´ > impresa che consuma 160 megawattora all´anno, paga il 25,4% di imposte sui suoi > consumi elettrici, contro una media del 9,5% in Europa. > > Mettendo assieme questi elementi scopriamo che la modalità con cui si produce > la corrente elettrica non c´entra proprio nulla e che l´alto costo dell´ > elettricità in Italia è dovuto esclusivamente ai privilegi di cui ancora godono > i produttori di elettricità e i petrolieri, all´inefficienza del sistema > elettrico italiano e alla voracità dello Stato. > > In Francia l´energia elettrica costa meno perché ha il nucleare. > > E´ il cavallo di battaglia dei fautori del nucleare, purtroppo incapaci di > comprendere la storia e l´intimo rapporto che ha legato da sempre il nucleare > civile con il nucleare militare. Di fatto le condizioni che hanno portato la > Francia a diventare una potenza nucleare sono frutto dell´azione politica del > generale De Gaulle per creare, in piena guerra fredda, un polo nucleare europeo > a guida francese. > > De Gaulle tentò prima di pervenire ad un accordo con gli USA e la GB per > istituire un "direttorio franco-anglo-americano" alla guida dell´Alleanza > Atlantica, ma al "no" di Londra e Washington, uscì dalla NATO ed elaborò un > disegno politico in cui l´Europa si poneva come "terza forza" fra USA ed URSS e > in questo quadro, doveva essere accentuata la leadership francese. Necessità e > condizione preliminare per tale politica era che la Francia si dotasse di una > capacità militare nucleare ("La force de frappe"), per cui una delle prime > decisioni del generale fu di accelerare i piani per l´atomica francese che > esplose così nel 1960 nel Sahara algerino. > > Il nucleare civile francese è nato quindi in simbiosi con il nucleare > militare, per ripartire gli enormi costi per produrre l´uranio e soprattutto > per arricchirlo al cosiddetto "weapon grade". Lo sforzo civile e militare > francese è stato imponente e la maggior parte dei costi, dalla Ricerca e > Sviluppo fino al trattamento del combustibile esausto non sono mai entrati nel > costo dei kWh che i cittadini pagano in tariffa, ma sono nascosti nelle tasse > che pure i francesi pagano. Non dimentichiamo che EdF, la società elettrica che > gestisce le centrali nucleari è statale e che anche gli arsenali militari e gli > impianti di arricchimento e di ritrattamento dell´uranio sono statali. > > L´esperienza francese è irripetibile, soprattutto in un mercato liberalizzato > dove i costi devono essere trasparenti e le attività industriali devono > competere sul mercato. D´altra parte basta leggersi i rapporti della Corte dei > Conti per rendersi conto delle gravi omissioni e dell´assoluta mancanza di > trasparenza riscontrata nel settore nucleare e in particolare nel > "decommissioning", stigmatizzati regolarmente dai giudici francesi nei loro > rapporti periodici (pdf). > > Le centrali nucleari non emettono CO2 > > Altra leggenda metropolitana alla quale peraltro sembrano crederci anche > alcuni ambientalisti. La produzione dell´uranio, è una attività mineraria e > industriale piuttosto lunga e complessa che comporta tutta una serie di > lavorazioni che richiedono l´utilizzo di combustibili fossili, di elettricità, > di enormi quantità di acqua, di acido solforico e infine di fluoro, gas > altamente velenoso e che provoca un effetto serra migliaia di volte più potente > della CO2. > > Solo le attività nel reattore non emettono CO2. Ma poi comincia la lunga e > tormentata fase del ritrattamento del combustibile esausto, che dura decine e > decine di anni con costi enormi in termini di uso di combustibili fossili ed > elettricità per trasportarlo da un posto all´altro, riprocessarlo, > condizionarlo, confinarlo in depositi provvisori, dato che in tutto il mondo > non esiste ancora un deposito definitivo. > > Ma vediamo alcuni numeri prendendo come riferimento un EPR da 1.600 MW, come > quelli che si vorrebbero costruire in Italia. Per produrre 12.000 GWh (12 TWh o > 12 mld di kWh) all´anno occorre partire da qualcosa come 8.000.000 di > tonnellate di roccia che vanno prima estratte, macinate, poi diluite con > 1.400.000 metri cubi di acqua e 22.000 tonnellate di acido solforico. Alla fine > si ottengono 350 tonnellate di Yellowcake, un ossido che contiene lo 0,7% di > uranio fissile, più l´equivalente di una piramide di Cheope di scarti. > Poi quest´uranio va arricchito per incrementare la parte fissile, cioè l´ > Uranio 235, almeno al 3,5%. L´arricchimento avviene per centrifugazione > trasformando l´uranio in gas, l´esafluoruro di uranio. Per fare questo servono > 370 tonnellate di fluoro, gas molto leggero, altamente volatile e che alla fine > del processo è altamente radioattivo, impossibile da smaltire e che comporta > una gestione molto onerosa. > Finalmente si ottengono 40 tonnellate di uranio combustibile in forma di Bi- > Ossido di Uranio, oltre che 250 tonnellate di uranio impoverito, che poi tanto > povero non è, dato che contiene ancora lo 0,3% di uranio fissile, quindi > radioattivo. > > In conclusione, per far funzionare un EPR per un anno si consumano 190.000 > tep con l´immissione in atmosfera di 670.000 tonnellate di CO2. Poca cosa, dato > che ciò corrisponde a soli 56 grammi di CO2/kWh. Se però consideriamo che la > costruzione della centrale è responsabile dell´emissione di altri 12 grammi di > CO2/kWh e che la gestione delle scorie comporta un "debito" stimato tra i 30 e > i 65 grammi di CO2/kWh arriviamo a una cifra che oscilla tra i 96 e i 134 > grammi di CO2/kWh, circa un terzo delle emissioni di un ciclo combinato a gas > (eedi "Secure energy, civil nuclear power and global warming" Oxford Research > Group, 2007). > > Ma la pacchia dura fino a che dura la disponibilità di minerale con > concentrazioni di uranio piuttosto elevate. Man mano che la purezza del > minerale di uranio diminuirà, ci vorrà più energia fossile per estrarre l´ > uranio e le emissioni di CO2 arriveranno inevitabilmente a eguagliare le > emissioni di una centrale a gas. > > LE PAURE > > La sicurezza dell´approvvigionamento energetico. > > Questa è una delle più forti pressioni ideologiche e mediatiche operate per > convincere gli italiani della necessità dell´energia nucleare: il petrolio > proviene in prevalenza dai paesi arabi, il gas dalla Russia e dalla Libia, > tutti paesi politicamente inaffidabili, per non parlare del Venezuela di Chavez > e della Bolivia di Morales che nazionalizzano le industrie del petrolio e del > gas. > > Ebbene, pochi sanno che su un fabbisogno mondiale annuo di circa 70.000 > tonnellate di uranio, solo 20.000 tonnellate, pari al 28%, provengono da paesi > cosiddetti stabili, quali Australia, Canada, USA; altre 20.000 tonnellate > arrivano da Kazakhstan, Russia, Niger, Namibia e Uzbekistan e le altre 30.000 > tonnellate necessarie a equilibrare il fabbisogno dei reattori nucleari > provengono dagli arsenali militari in smantellamento, per lo più ex > Sovietici. > > La caccia all´uranio è ormai uno degli sport preferiti dei Capi di Stato. Il > tema centrale della tournée di Nicolas Sarkozy in Africa nel marzo di quest´ > anno è stato l´uranio. Accompagnato dal presidente di Areva, la più grande > multinazionale dell´energia atomica, Sarkozy si è assicurato i diritti di > esplorazione e di sfruttamento di tutti i giacimenti di uranio della Repubblica > del Congo. Poi è volato a Niamey, in Niger, dove si è assicurato, battendo la > concorrenza dei cinesi, i diritti di sfruttamento sul gigantesco giacimento di > Imouraren, destinato a diventare una delle maggiori miniere di uranio del > mondo. In cambio Sarkozy ha promesso che, oltre che investire 1,2 miliardi di > dollari nel paese, avrebbe smesso di fomentare la rivolta dei Tuareg armando il > Movimento dei Nigerini per la Giustizia (MNJ) in lotta contro il governo > centrale per via dell´espropriazione degli immensi territori ricchi di > uranio. > > Se non rientriamo nel nucleare saremo "tagliati fuori" dallo sviluppo > tecnologico. > > E´ la grande preoccupazione dell´industria italiana dopo la sigla del > memorandum tra Enel e EdF per l´avvio del nucleare in Italia. L´allarme è stato > lanciato da Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, > intervenendo a un convegno su "Innovazione energetica e rilancio del nucleare", > organizzato dall´Oice, associazione delle organizzazioni di ingegneria, il 18 > marzo a Roma. > Zampini ha spiegato infatti, che l´impostazione di fondo dell´intesa Enel-EdF > prevede la scelta della tecnologia francese EPR con il rischio di essere > colonizzati in una situazione in cui l´80% delle attività ingegneristiche per > la realizzazione delle nuove centrali sarebbero in mano a società e aziende > transalpine, incluse le attività di manutenzione. > Ha affermato Zampini: "se non c´è una ricaduta per le nostre aziende in > termini di partecipazione tecnologica, perché fare il nucleare?" > > Già, perché fare il nucleare? Non certo per produrre energia elettrica a > costi minori: tutti gli studi internazionali seri riferiscono ormai che il > costo del kWh nucleare dei nuovi impianti sarà inevitabilmente più elevato del > kWh prodotto con il gas o il carbone; nessuna banca è disponibile a finanziare > nuovi impianti senza garanzie dallo Stato, nessuna società è disponibile ad > assicurare il rischio di incidente, i costi per il trattamento delle scorie > nucleari sono sconosciuti e soprattutto non si sa ancora dove metterle. > L´unica solida ragione per avventurarsi nella costruzione di un sistema > nucleare in Italia può essere quello di dare lavoro a poche grandi imprese. > Questo perché una filiera nucleare non è cosa da piccole e medie imprese: è un > affare per giganti. > > Nell´ultimo decennio abbiamo assistito a una serie di fusioni e > concentrazioni societarie che non hanno precedenti nella storia industriale del > pianeta. Quando le grandi imprese manifatturiere si fondono e si concentrano > vuol dire che sono messe molto male. Basta guardare quello che sta succedendo > nel settore automobilistico, dove siamo in presenza di una notevole > sovracapacità produttiva e la strategia dei grandi gruppi è stata quella di > scatenare una guerra totale per contendersi il mercato mondiale e poter così > sopravvivere razionalizzando la produzione di automobili e accaparrarsi i > mercati emergenti. > Anche il settore nucleare è nella stessa condizione di sovracapacità > produttiva, anche se la problematica non occupa le prime pagine dei giornali > come la vicenda Fiat-Opel. > > I costruttori di impianti atomici sono alla ricerca disperata di nuove > commesse, al punto che, per riuscire a vendere centrali nucleari nei paesi in > via di sviluppo, si muovono i Capi di Stato. Perfino Barak Obama, propugnatore > del new deal verde, ha appena approvato un accordo per vendere centrali > atomiche agli Emirati Arabi Uniti ("Il manifesto", 24 maggio 2009) che frutterà > almeno 40 miliardi di dollari a vantaggio delle multinazionali americane dell´ > atomo, peraltro in partnership con i colossi giapponesi. Altri accordi con l´ > Arabia Saudita, il Baharain, l´Egitto, l´Algeria, il Marocco, sono in corso di > negoziazione. Siamo in piena campagna promozionale, cui partecipano anche > Russia e Cina, oltre che la solita Francia, per vendere impianti "chiavi in > mano" non importa dove e non importa a chi, pur di rilanciare l´industria > nucleare in crisi e legare quei Paesi alle tecnologie nucleari per i secoli a > venire, accelerando di fatto la possibilità della proliferazione delle armi > atomiche. > > Siamo accerchiati da centrali nucleari: se succede un incidente in Francia o > in Svizzera, ne saremo coinvolti anche noi. > > Questo è vero. Oltretutto il parco francese è piuttosto vecchiotto e gli > incidenti minori con fuoriuscite di materiale radioattivo sono ormai all´ordine > del giorno. Ma questo non giustifica una politica masochista del "mal comune > mezzo gaudio". Cioè facciamo anche noi le centrali nucleari, così se c´è un > incidente almeno è colpa nostra. > Anche perché dopo gli ultimi ripetuti incidenti all´impianto di Tricastin e > dopo lo scandalo, denunciato da France-3, dei 300 milioni di tonnellate di > rifiuti radioattivi sparpagliati metodicamente e discretamente nelle campagne, > in prossimità di villaggi, usati per costruire strade, case, parcheggi, parchi > giochi per bambini, sarà difficile far digerire ai francesi la costruzione di > nuove centrali nucleari. > D´altra parte già nel giugno del 2008 un gruppo di dipendenti dell´EdF aveva > diffuso un appello per ridurre nell´arco di 5 anni il consumo di elettricità > nucleare dall´80% al 60% chiudendo i reattori più vecchi, più costosi e più > inquinanti e sostituendoli con una produzione elettrica decentralizzata, > adattata alle risorse locali quali la cogenerazione alimentata da metano, > biogas, biomasse, impianti solari, eolici, ecc. > > Le centrali nucleari sono inutili > > La verità è che l´efficienza energetica e le fonti rinnovabili sono in forte > competizione con il nucleare e i sostenitori del nucleare mentono > spudoratamente quando affermano che non c´è concorrenza tra nucleare ed > efficienza energetica. Questa divergenza è destinata ad aumentare per due > ordini di motivi: > > tutte le tecnologie dell´energia distribuita, comprese le tecnologie del > risparmio energetico sono destinate inesorabilmente a diventare sempre meno > care per via dei grandi volumi di produzione e dei miglioramenti continui che > consentono di sfornare sempre più nuovi prodotti "più risparmiosi" dei > precedenti. Questo non succede per gli impianti centralizzati e soprattutto per > gli impianti nucleari che storicamente tendono a costare sempre di più, in > contrasto con le cosiddette "curve di apprendimento delle tecnologie". D´altra > parte, dalla progettazione di un componente nucleare fino alla sua > realizzazione passano talmente tanti anni che, anche quando si inventano nuovi > prodotti e nuove tecnologie, non è possibile utilizzarli immediatamente e > bisogna aspettare che entri in produzione una nuova filiera. > il mercato sta cominciando a riconoscere i benefici ottenibili con le > tecnologie distribuite, sia in termini di profitti, sia per l´elevata ricaduta > che questo comporta sui livelli occupazionali a livello locale. Il risparmio > energetico, la produzione distribuita di elettricità e le fonti rinnovabili in > particolare, cominciano a mostrare il loro potere dirompente per sfondare > barriere che fino a poco fa sembravano impenetrabili, riducendo drasticamente i > costi e migliorando le prestazioni. Solo in impianti di cogenerazione, in > Italia se ne stanno installando centinaia all´anno per una potenza di 4.000 > MW/anno. Stanno peraltro emergendo nuove classi di tecnologie, alcune ancora > immature come il solare termodinamico o le celle a combustibile alimentate a > idrogeno, che sono destinate a rivoluzionare il mercato dei trasporti. > Le previsioni di Terna sull´evoluzione della domanda elettrica in Italia, > aggiornate nel Novembre 2008, indicano, secondo uno scenario cosiddetto "di > sviluppo", ovvero senza l´attuazione degli obiettivi di risparmio energetico, > in 415 TWh il fabbisogno di elettricità e in 74 GW il fabbisogno di potenza al > 2018. > > Ora, senza entrare nel dettaglio di quanto inciderà il tracollo economico in > atto sui consumi finali e spostando in prima approssimazione al 2020 il > fabbisogno indicato da Terna al 2018, gli obiettivi del "pacchetto 20-20-20" > comportano che al 2020 ci sia una riduzione di consumi finali di circa 80 TWh e > che altri 70 TWh vengano prodotti con fonti rinnovabili. Il fabbisogno > integrativo con fonti convenzionali, si riduce così a 265 TWh di energia > elettrica e poco meno di 60 GW di potenza termoelettrica convenzionale, > inferiore al 30% al fabbisogno elettrico del 2009 (350 TWh) e del 22% alla > potenza termoelettrica lorda installata attualmente (73,3 GW). > > A questo punto qualcuno ci deve spiegare dove è lo spazio per costruire 4-5 > centrali nucleari che dovrebbero produrre 60 TWh di elettricità all´anno, come > chiede Fulvio Conti, amministratore delegato dell´Enel, quando già al 2020, > attuando il "pacchetto 20-20-20" rischiamo un surplus che oscilla tra il 20% e > il 30%. > Quello che è preoccupante del nostro Governo, è che invece di rafforzare > decisamente il sostegno all´efficienza energetica e alle fonti rinnovabili, > stia stipulando patti faustiani con le lobby industriali e finanziarie, > promettendo contratti miliardari per realizzare una filiera nucleare, > estremamente rischiosa e costosa, garantita dallo Stato, quindi con i soldi dei > contribuenti. Di fatto il Governo rallenta lo sviluppo delle fonti rinnovabili > e dell´efficienza energetica, le vere alternative pulite, per far spazio agli > interessi delle lobby nucleari. > In ultima analisi, questi fondi verranno sottratti al dispiegamento di uno > sviluppo duraturo e distribuito sul territorio, che solo l´efficienza > energetica e le vere fonti rinnovabili possono produrre. > > Sergio Zabot > > 5 giugno 2009 > > > > > > -- > Mailing list Ecologia dell'associazione PeaceLink. > Per ISCRIZIONI/CANCELLAZIONI: http://www.peacelink.it/mailing_admin.html > Archivio messaggi: http://lists.peacelink.it/ecologia > Area tematica collegata: http://italy.peacelink.org/ecologia > Si sottintende l'accettazione della Policy Generale: > http://web.peacelink.it/policy.html > >
- Prev by Date: Il nucleare, l’emotività e l’ideologia I luoghi comuni, le bugie e le paure legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia.
- Next by Date: VERSO IL 4 LUGLIO: I NODALMOLIN ENTRANO NELL’AEROPORTO E ISSANO LA PROPRIA BANDIERA
- Previous by thread: Il nucleare, l’emotività e l’ideologia I luoghi comuni, le bugie e le paure legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia.
- Next by thread: VERSO IL 4 LUGLIO: I NODALMOLIN ENTRANO NELL’AEROPORTO E ISSANO LA PROPRIA BANDIERA
- Indice: