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 Un nuovo patto sociale per affrontare i conflitti ambientali - Intervista
con Alessandro Bratti 

Un nuovo patto sociale per affrontare i conflitti ambientali

Intervista con Alessandro Bratti, Direttore ARPA Emilia-Romagna



Nei due seminari della Fiera delle Utopie Concrete 2007 cercheremo di
definire le coordinate attuali del discorso ecologico e della prassi
ambientale in Italia. Partiremo nel pomeriggio del 12 ottobre con un
dibattito su “Resistenza alla distruzione dell’ambiente e gestione dei
conflitti ambientali”. Alessandro Bratti si trova in qualche modo tra i
fronti. Ambientalista di mente e di cuore è riuscito come assessore
all’ambiente di collocare Ferrara tra le città sosteniili d’avanguardia in
Europa. Oggi come direttore generale si vede di fronte al compito difficile
di gestire un’agenzia, l’ARPA Emilia-Romagna, che da tutte le parti – le
altre istituzioni, gli imprenditori, i cittadini - non viene vista come
un’istanza scientifica “neutra” ma giustamente come un attore importante
per la modernizzazione ecologica del paese.

La conflittualità ambientale in Italia è molto diffusa. Scansano (scorie
nucleari), Civitavecchia (centrale a carbone), Venezia (dighe mobili),
Messina e Reggio (ponte), Gubbio (cementifici), Campania (rifiuti). Secondo
te perché? La situazione italiana è particolare o i conflitti ambientali
fanno parte di tutte le società moderne nello stesso modo?
La situazione italiana ha sicuramente una sua particolarità, però va detto
che questo fenomeno della sfiducia e della conflittualità ambientale non è
esclusivamente italiano, ma fin dagli anni ’80 anche negli Stati Uniti si
manifesta con una certa intensità. Nelle società moderne vi è una crescente
attenzione del grande pubblico ai problemi ambientali, con una conseguente
preoccupazione per le minacce verso la propria salute.

Esiste una causa predominante per i conflitti ambientali? Suscettibilità
delle cittadine e dei cittadini, mancanza di informazioni, di democrazia e
trasparenza, progetti scadenti, interessi privati? Dobbiamo aspettarci un
V-Day ambientale?
Credo che qui in Italia la generalizzata sfiducia verso le istituzioni sia
arrivata ad un punto tale che ogni decisione è generatrice di conflitti fra
le parti sociali spesso insanabili. Nel rapporto tra società e politica c’è
in Italia una situazione immatura; viviamo in un sistema che non è ancora
compiutamente democratico. A ciò si aggiunge che oggi l’informazione non è
più filtrata e questo è da un lato un vantaggio, dall’altro però determina
anche banalizzazioni e semplificazioni eccessive Ad esempio sul web si può
trovare di tutto: notizie importanti ma anche tante sciocchezze. Se manca
la capacità critica di valutare la valanga di informazioni che ci arriva
nasce il rischio che tutto si mescoli in una sorta di babele da cui
l’utente non riesce a trarre i giusti segnali di conoscenza necessari per
decidere consapevolmente. Tutti questi fenomeni insieme fanno sì che oggi
nel nostro paese la situazione sia diventata preoccupante.

“La progettualità è la risorsa indispensabile per gestire il conflitto
ambientale” scrivi insieme a Maria Berrini in “Governance e conflitti”.
Vista l’ubiquità dei conflitti ambientali: perché la progettualità è una
risorsa così scarsa tra i governi locali e territoriali?
Il livello progettuale nel nostro paese intendendo non solo quella legata
alle opere ma anche quella di carattere strategico era, fino qualche anno
fa , abbastanza basso. Il paese soffre a tutt’oggi a tutti i livelli di
mancanza di continuità; cambia l’assessore, il sindaco, il presidente, cade
il progetto. Mi sembra diversa la situazione in altri paesi dell’Europa del
Nord con una burocrazia solida dove se anche cambia il governo i progetti
vanno avanti. Da noi non è così. Oltre a questa mancanza di continuità
della progettualità vedo anche una mancanza di coinvolgimento dei cittadini
nelle scelte non solo ambientali, ma anche di tipo strategico in senso
ampio che riguardano il futuro del proprio territorio. Come ultimo credo
che ci sia la necessità di ridefinire le regole del gioco. Oggi siamo in
una situazione dove da una fase dove le decisioni importanti venivano prese
da pochi siamo passati a una situazione dove tutti si arrogano il diritto
di imporre le loro verità e dove chiunque si può definire specialista di
qualcosa: ad esempio è sufficiente criticare aspramente un progetto di
costruzione di un’opera per diventarne automaticamente il maggiore esperto.

Ma non è così che queste informazioni spesso poco qualificate - tutti
possono dire quello che gli pare - trovano tanto spazio perché sull’altro
lato, da parte delle amministrazioni e delle imprese, c’è una politica
scadente di non-informazione e anche di disinformazione sulle intenzioni e
sulla progettualità?
Infatti, è come una moneta con due facce: è indispensabile garantire da un
lato una corretta informazione, un coinvolgimento dei cittadini,
utilizzando tutti gli strumenti che noi conosciamo, come il processo di
Agenda 21, la contabilità ambientale, favorendo la massima trasparenza per
consentire al cittadino di avere tutti gli elementi per decidere a ragion
veduta, dall’altro però bisogna anche determinare delle regole. Io penso
che le tematiche ambientali, che spesso presuppongono una significativa
preparazione scientifica, debbano essere affrontate nei luoghi appropriati
mettendo a confronto correnti di pensiero presentate da persone con un
curriculum scientifico accertato.

Che cosa intendi con “definire le regole del gioco”?
Ho in mente delle regole stabilite attraverso un grande patto sociale tra
tutti gli stake holders, la stampa, le istituzioni, le associazioni e
comitati, le imprese che permettano una franca discussione, un confronto
sereno, minimizzando le strumentalizzazioni legate agli interessi di
partito o semplicemente a vanità e rancori personali.

Potrebbe essere un problema che noi ambientalisti siamo così convinti che
quello che vogliamo è comunque il bene comune che ci manca la capacità di
inserirlo anche in una contestazione politica? Se prendiamo le energie
rinnovabili, l’eolico è una risposta importante ai cambiamenti climatici,
però in qualche caso ci manca il coraggio di sfidare offensivamente coloro
che si oppongono agli impianti eolici, di fornire loro una risposta alla
necessità di mitigare dell’effetto serra. Mi augurerei un dibattito più
aperto e serio in casa propria.
All’interno del mondo ambientalista ci sono tante sfaccettature: c’è chi ci
crede e c’è chi cavalca le paure delle persone per altri scopi. Spesso
queste cose si mescolano e nel dibattito locale non si riesce a discutere
nel merito del tema posto: si prende a riferimento l’inceneritore piuttosto
che l’impianto eolico per fare una battaglia che a volte è inquinata da
altri interessi meno nobili.

Tu dirigi un’ARPA. Che cosa fatte voi per migliorare l’accettabilità
sociale della modernizzazione ecologica della società italiana? Lo
considerate un vostro campo di lavoro e impegno?

L’ARPA Emilia Romagna come le ARPA in Italia, hanno principalmente la
funzione di controllo del territorio. Alcune si occupano anche di ricerca e
sviluppo, di conoscenza, di formazione quindi è un nostro dovere sostenere
e portare avanti la modernizzazione ecologica e dare delle risposte che non
siano solo il rispetto o meno della norma ma che vadano ben oltre. Per noi
è assolutamente un impegno e anche un dovere dare un supporto alle
istituzioni locali come soggetto tecnico così come dobbiamo dare
un’informazione il più possibile corretta rispetto alle questioni che
vengono poste dai cittadini. L’ARPA Emilia Romagna per stare al passo con
tali domande, ha attivato molti progetti e convenzioni con le Università,
con gli enti di ricerca per cercare delle risposte su aspetti che sono
all’avanguardia della ricerca: le nano-particelle, le micro-polveri,
l’impatto ambientale che possono avere anche gli impianti per la produzione
di energia da fonti rinnovabili, per esempio dalle biomasse, sono tutti
temi il cui studio e approfondimento consentono di acquisire saperi
importanti per portare avanti la modernizzazione ecologica del nostro paese.

L’impressione però è che le strategie comunicative delle Agenzie Regionali
per l’Ambiente finora sono un po’ scadenti. Di fronte ad una grande
ricchezza di dati le capacità di comunicare questi dati in modo
comprensibile a un pubblico generale non sono all’altezza.
Fino a non molto tempo fa le Agenzie, dipendendo dalla Regione, subivano
una forte l’influenza dalla politica. ARPA difficilmente aveva un suo
canale di comunicazione autonomo. Come ARPA Emilia Romagna stiamo
introducendo una nostra politica di informazione perché da un lato siamo
obbligati a farlo e dall’altro ci teniamo a realizzarlo bene attraverso il
sito internet, i convegni e la reportistica.

Uno studio dell’agenzia di ricerca ARIS indicava che “oltre il 90 per cento
dei cantieri aperti in Italia affronta una contestazione”.
Oggi si fa fatica a fare qualsiasi cosa. Ci sono delle situazioni di
impianti dove la valutazione di impatto ambientale è stata approvata nel
2000 e che dopo 8-9 anni non sono ancora stati realizzati. Tale situazione
a volte potrebbe anche essere un vantaggio, ma in molti campi si perdono
anche delle opportunità. A Parma vi era un’importante azienda costruttrice
di pale eoliche, oggi quella fabbrica ha chiuso e queste si producono in
Spagna, Germania e Danimarca. La mancanza di domanda nel nostro paese causa
la non-decisione su tanti potenziali impianti è diventata significativa.
Alla fine si perdono delle opportunità, perché il fatto di non decidere è
anche essa una decisione; decidi di non fare niente - un lusso che non ci
si può più permettere.

Alessandro Bratti
Laureato in scienze Agrarie è stato Assessore della Giunta del comune di
Ferrara dal 1994 al 2004 con delega all’ambiente e dal 2004 al febbraio
2006 con delega all’ambiente, problemi energetici e mobilità.
Nel febbraio 2006 è nominato direttore dell’ARPA Emilia-Romagna.
Dal 1996 al 2006 è stato rappresentante dell'AICCRE (Associazione Italiana
dei Comuni, delle Province e delle Regioni d'Europa) nella Commissione
Ambiente e Sviluppo sostenibile della CEMR (Council of European
Municipalities and Regions) e nel 2003 è stato eletto Presidente del
Coordinamento nazionale Agenda 21 Italiane.



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