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Appunti_Ministro
- Subject: Appunti_Ministro
- From: "No al Rigassificatore Brindisi" <norigassificabr at email.it>
- Date: Mon, 4 Jun 2007 10:10:31 +0200
Per il Ministro dello Sviluppo Economico - AppuntI - sulla questione del Rigassificatore a Brindisi da parte delle sottoscritte Associazioni La memoria della Brindisi LNG s.p.a. del 24 maggio 2007, presentata al Ministero dello Sviluppo Economico in preparazione della Conferenza dei Servizi convocata per la questione del rigassificatore di Brindisi e svoltasi il 28 maggio scorso, non apporta, per la genericità e per l’assoluta inconsistenza delle sue argomentazioni, alcun sostegno alle ragioni “difensive” della predetta società e per contro conferma la legittimità della procedura di autotutela e la doverosità del suo sbocco nell’annullamento dell’autorizzazione ministeriale a suo tempo concessa. Senza la pretesa di formulare una organica confutazione delle tesi della LNG, compito spettante ai soggetti formalmente invitati a presentare note integrative, le nostre Associazioni ritengono di dover offrire al Signor Ministro dello Sviluppo Economico gli appunti di seguito riportati. Pretesa natura politica dei motivi che sarebbero alla base della procedura di autotutela La società costruttrice ha preliminarmente fatto presente «tutto il proprio stupore ed il proprio rammarico per la decisione dell’Amministrazione procedente di avviare – in ragione di indebite sollecitazioni di natura meramente politica – un procedimento amministrativo di autotutela che, viceversa, costituisce tipico atto di gestione che doverosamente la legge sottrae all’ambito ed alla sfera dell’indirizzo politico-ministeriale». Sollecitazioni che, par di capire, avrebbero determinato il citato procedimento di autotutela come «frutto diretto ed immediato – si legge sempre nella memoria della società - di un atto di indirizzo ministeriale chiaramente eccedente dalla sfera propria delle decisioni politiche ed indebitamente debordante nella sfera della gestione riservata alla cura e alla responsabilità dirigenziali». Ma quali sarebbero le «indebite sollecitazioni di natura meramente politica» non è dato capire perché esse non vengono in alcun modo specificate così come resta oscuro il significato attribuito dalla LNG alla espressione «natura politica». Osserviamo al riguardo che le prese di posizione delle Amministrazioni locali e della Regione Puglia, se a queste si riferisce la società costruttrice quando parla « sollecitazioni di natura meramente politica», sono sempre state ispirate da una rigorosa valutazione dell’interesse pubblico come ne è prova indiretta il fatto che esse sono scaturite da decisioni assunte all’unanimità dai rispettivi organi deliberativi collegiali. Queste prese di posizione hanno poi trovato positivo riscontro nelle scelte dell’Amministrazione centrale, prima, a livello ministeriale con pronunce di indirizzo politico e successivamente a livello propriamente amministrativo con atti dirigenziali di gestione. Dove è dunque l’anomalia lamentata dalla Brindisi LNG? Il fatto è che la società costruttrice sembra confondere la doverosa distinzione (che non esclude ma invero implica un raccordo) fra la sfera di indirizzo politico-ministeriale da quella della gestione riservata alle responsabilità dirigenziali con una pregiudiziale separatezza tra i due momenti che è priva di qualsiasi fondamento logico e normativo e che può essere fonte di comportamenti schizofrenici da parte della P.A. con gravi conseguenze sul suo fisiologico funzionamento. Una considerazione infine ci sembra del tutto pertinente. Il rilievo della società costruttrice ci induce infine a far notare che è stata proprio detta società a ricorrere ad improprie ed indebite sollecitazioni ed interferenze di natura politica, questa volta non certo mosse da interessi generali ma da interessi particolari e di natura privata. Ne sono prova alcune lettere, rese di pubblica ragione, inviate dal Primo Ministro Tony Blair al Presidente del Consiglio italiano ed alcuni pesanti interventi dello stesso Primo Ministro inglese sul nostro Governo, anche questi pubblicizzati dalla stampa, operati in occasione di recenti incontri internazionali di vertice. E questo per citare le indebite pressioni più eclatanti tra le tante messe in atto, anche sul versante interno, dalla LNG che ha ora l’ardire di denunciare pretese confusioni tra la sfera delle decisioni politiche e quella delle responsabilità dirigenziali. Pretesa violazione del principio di legittimo affidamento Afferma la LNG che l’avvio della procedura di autotutela è avvenuto dopo due anni e tre mesi dalla data dell’istanza con la quale l’Amministrazione provinciale di Brindisi aveva chiesto all’allora Ministero delle Attività Produttive di esercitare i poteri di autotutela nonché dopo un anno e due mesi dalla Sentenza del Consiglio di Stato - sezione VI - numero 10023 del 2006, decisione che aveva fatto riferimento alla possibilità che la questione del rigassificatore di Brindisi venisse affrontata in sede di procedura di autotutela. Aggiunge poi la società che questi ritardi, come quello più generale rispetto alla data di emanazione del contestato provvedimento (21 gennaio 2003), sono tali da costituire un vulnus al principio di legittimo affidamento. Tesi questa che risulta sorprendente ed inaccettabile ove si consideri che l’avvio di una procedura di autotutela è atto autonomo della Pubblica Amministrazione in nessun modo condizionato nei tempi e nei contenuti dalle richieste o dalle sollecitazioni ricevute. La Pubblica Amministrazione promuove la procedura di autotutela allorquando acquisisce elementi di valutazione che la inducono a ritenere la sussistenza di un interesse pubblico, attuale e concreto, alla eliminazione di un atto amministrativo affetto da vizi di legittimità o di merito. E lo fa dopo i necessari approfondimenti e le doverose verifiche. Data la complessità del caso e considerato che gli elementi di valutazione in ordine all’illegittimità del provvedimento autorizzativo si sono potuti acquisire solo quando vi è stato un avvicendamento nel governo delle Amministrazioni locali, segnato dalle note inchieste penali sulla “tangentopoli brindisina” che hanno visto coinvolti anche amministratori e funzionari pubblici nonché figure dirigenziali della LNG, si deve ritenere che il tempo impiegato per l’avvio della procedura di autotutela è da considerare indubbiamente ragionevole e giustificato dal dovere di procedere ad una ponderata valutazione di tutti gli aspetti che presentava la complessa, tormentata e tortuosa vicenda. Il riferimento poi al principio del “legittimo affidamento” risulta improprio e privo di qualsiasi fondamento specie ove si consideri che la LNG è stata resa edotta, prima dell’inizio dei lavori preparatori in vista della costruzione dell’impianto, delle ragioni che venivano addotte a sostegno delle illegittimità del provvedimento autorizzativo con motivate e ripetute intimazioni e diffide da parte delle Amministrazioni locali. La stessa società ha inoltre avviato e proseguito i detti lavori preparatori fingendo di ignorare le ripetute prese di posizioni pubbliche dei vertici delle Amministrazioni locali e della Regione Puglia nonché le tante manifestazioni pubbliche di protesta che hanno visto scendere in piazza migliaia di cittadini in cortei guidati dagli amministratori locali e dal Presidente della Regione Puglia. La società costruttrice non può quindi invocare il principio di affidamento né tanto meno minacciare pretese di indennizzo. E ciò non solo perché la Legge 7-8-90 n. 241 non prevede alcun indennizzo in caso di annullamento di un atto amministrativo determinato da vizi di legittimità (mentre lo prevede per la revoca cagionata da ragioni di merito) ma anche per i motivi dianzi esposti che hanno peraltro trovato autorevole conferma nelle argomentazioni della sentenza n. 1628/2007 del 4 aprile scorso con la quale il Tar di Lecce ha affermato, in via incidentale, la illegittimità del Decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 17032 del 21.01.2003 rilevando, tra l’altro, l’assoluta infondatezza delle pretese risarcitorie della società costruttrice per «l’assenza del presupposto di situazioni di legittimo affidamento da parte della P.A. ed ancor di più, di profili di colpa » Pretesa illegittimità della procedura di autotutela perché si sarebbe considerata definitivamente accertata la illegittimità originaria del provvedimento autorizzativo La società LNG nella citata memoria afferma quanto segue: «la illegittimità della procedura di autotutela che, con nota del 9 maggio scorso, si è avviata è ancor più grave laddove tale nota assume che l’accertamento della illegittimità originaria del provvedimento autorizzatorio oggetto di riesame non sarà appunto uno dei principali oggetti di indagine del procedimento, in quanto, tale così fondamentale accertamento sarebbe già avvenuto nel corso di una “Conferenza dei Servizi Istruttoria” all’esito della quale si sarebbe “riscontrata” l’esistenza di … originari vizi di legittimità». Si tratta di una argomentazione priva di qualsiasi consistenza dal momento che la Direzione Generale dell’Energia e delle Risorse Minerarie del Ministero dello Sviluppo Economico nella citata nota in data 9 maggio di convocazione della Conferenza dei Servizi decisoria non ha in alcun modo dato per accertata la «esistenza” di … originari vizi di legittimità». Nella memoria della società si attribuisce all’autorità competente (a pronunciare l’annullamento dell’atto) una valutazione che nella nota del 9 maggio è invece chiaramente riferita ai rappresentanti delle Amministrazioni locali e della Regione Puglia. Si menziona infatti in tale nota, tra i vari elementi presi in considerazione, quello consistente nel fatto che nella Conferenza dei Servizi istruttoria i rappresentanti degli Enti Locali e della Regione Puglia «riscontrata l’esistenza di originari vizi di legittimità», hanno «dapprima chiesto la sospensione dell’efficacia dell’atto dei lavori di costruzione» per poi domandare la convocazione di una Conferenza decisoria. Ma c’è di più e cioè che nella citata nota del 9 maggio si afferma testualmente quanto segue: «ritenuto tuttavia necessario verificare in conformità del citato art. 21 nonies della Legge 241\90 oltre alla legittimità dell’atto, la sussistenza delle ragioni di interesse pubblico per l’annullamento, il decorso di un termine ragionevole e la valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati». Tale nota non dà assolutamente per accertata in via definitiva la illegittimità dell’atto tanto è vero che, nella sua parte conclusiva, viene convocata la Conferenza dei Servizi decisoria per «adottare la determinazione di apertura di una procedura di autotutela» ferme restando le determinazioni conclusive sull’eventuale annullamento d’ufficio. E’ allora di tutta evidenza che quando nella nota ministeriale del 9 maggio si dice «considerato che è stata verificata la esistenza di vizi di legittimità di detta autorizzazione» si fa solo riferimento alla sussistenza di tali originari vizi per come riscontrata dai rappresentanti degli Enti locali e dalla Regione nella Conferenza Istruttoria dei Servizi e condivisa da tutti i partecipanti a tale Conferenza. La LNG insomma si arrampica sugli specchi cercando, per accreditare le sue censure, di dare per accertato in via definitiva ciò che indubbiamente è emerso con chiarezza nelle Conferenze dei Servizi istruttorie come indispensabile presupposto dell’avvio della procedura di autotutela all’interno della quale l’autorità competente, indubbiamente, conserva tutti i poteri di approfondimento e di verifica. Violazione di legge consistente nella mancata effettuazione della procedura di VIA Il territorio di Brindisi è stato dichiarato area ad elevato rischio di crisi ambientale (DPCM 1999, DPR 23.4.1998) nonché sito inquinato di interesse nazionale (L. 426/98). Su detto territorio le fonti più rilevanti di inquinamento atmosferico sono le seguenti tre centrali termoelettriche: · ENEL PRODUZIONE (centrale a carbone di Cerano da 2.640 MW; produzione netta 2004 16.726 GWh; consumo annuo 6,5 mln t di carbone). Nel piano di assegnazione delle quote di C02 l'impianto è il massimo produttore nazionale di anidride carbonica, con emissioni nel 2006 di 22,8 mln di t. rispetto ai 13,42 mln assegnati. · EDIPOWER (centrale a carbone di Brindisi Nord da 1.280 MW, consumo annuo di quasi 2 mln t di carbone). Nel piano di assegnazione delle quote di C02 all'impianto sono assegnate 3,3 mln t. La gestione dei 2 impianti e i piani industriali delle 2 aziende si ritiene abbiano disatteso il D.P.R. 23.4.98 "Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Brindisi" che, recependo la convenzione del 1996 e il relativo accordo sottoscritto dal Governo nazionale, prevedeva per i 2 impianti ex ENEL emissioni massiche annue complessive di 13.000 t di S02, 10.000 t di NOx e 1.700 t di polveri; inoltre l’Edipower ha esercito sino a novembre 2004 320 MW, non denitrificati, ed ha programmato la realizzazione aggiuntiva di un ciclo combinato da 430 MW; · ENIPOWER Assetto dal 2006: centrale a ciclo combinato da 1.170 MW, per una produzione prevista di circa 10.000 GWh all'anno. Nel piano di assegnazione delle quote di C02 al nuovo impianto sono assegnate 984m t. Alle dette centrali termoelettriche vanno aggiunti numerosi altri impianti produttivi, tra cui il petrolchimico, l'inceneritore di rifiuti speciali industriali, sansifici, stabilimenti per la produzione di conglomerati cementizi e bituminosi e fornaci per la produzione di calce spenta. Nel porto di Brindisi sono state scaricate nel 2004 7,3 mln t di carbone (almeno il 30% dell'import nazionale) con Edipower attiva ancora su un solo gruppo (320 MW anziché 640 MW) e potenziale complessivo nell'ordine delle 8,5 t. Nello schema di decisione di assegnazione delle quote di C02 per il periodo 2005-2007 su Brindisi si concentra l'8% delle emissioni nazionali di anidride carbonica. Ai macroinquinanti si aggiungono le emissioni di microinquinanti per le quali non si dispone di dati significativi, né con riferimento alle quantità complessive né con riferimento alla ricaduta al suolo. Nell'area industriale di Brindisi sono presenti insediamenti produttivi classificati a rischio di incidente rilevante ai sensi del D.L.vo n. 334/99 (Seveso II) di titolarità delle società Aventis Bulk, Enel Produzione, Basell Brindisi, Costiero Adriatica, Chemgas, Polimeri Europa e Sindjal. Da tali impianti derivano ingenti flussi di sostanze pericolose, infiammabili, esplosive e tossiche, movimentate via mare, strade e ferrovia. Questi flussi si aggiungono al traffico del carbone. Non vi è quindi alcun dubbio che a Brindisi il rischio di incidenti rilevanti (incendio, esplosione, rilascio tossico) è marcatamente amplificato dalla possibilità del cosiddetto "effetto domino". E’ allora di tutta evidenza che nella indicata situazione ambientale la realizzazione del progettato rigassificatore nel porto di Brindisi in località Capobianco aggraverebbe a dismisura i danni e i rischi che già gravano sulla comunità locale rendendo peraltro irreversibile il rovinoso assetto della nostra economia e vanificando il progetto delle Amministrazioni locali di promuovere un nuovo modello di sviluppo che, razionalizzando e rendendo eco-compatibili gli insediamenti esistenti, fosse capace di rilanciare l’economia e di far crescere concretamente e durevolmente le occasioni di lavoro combattendo la piaga “storica” della disoccupazione. Il rigassificatore è invero un mega-impianto composto: da un terminale di ricezione, stoccaggio e vaporizzazione di Gas Naturale Liquefatto, della capacità di 6 mln di t per anno, atto a ricevere tale gas a temperatura di -160,5 °C; da un nuovo molo dedicato esclusivamente all’attracco di navi metaniere di capacità lorda compresa trai 70 mila ed i 140 mila m"; da due bracci di collegamento al terminale (più uno per i ritorni dei vapori), lunghi circa un chilometro; da un impianto di stoccaggio costituito da due serbatoi fuori terra di 160 m" ciascuno con previsione di raddoppio; da impianti di gestione vapori di boil-off, vaporizzazione, erogazione metano ad alta pressione, per la rete nazionale distante circa 5 Km, e media pressione per le utenze locali; da impianti accessori costituiti da un sistema gas combustibile a bassa pressione, da un sistema acqua di mare per la vaporizzazione, da un sistema acqua dolce/acqua potabile, stoccaggio e vaporizzazione azoto liquido, da un sistema torcia, edifici e servizi, stoccaggio e distribuzione gasolio, ecc. Per la realizzazione dell’impianto di rigassificazione è necessario procedere preventivamente – come la LNG ha tentato di fare - alla realizzazione di una colmata con l’apporto di 980 mila m" di materiale di drenaggio e terreno e delle connesse strutture di contenimento, con conseguente avanzamento della linea di costa per una superficie marina complessiva di 140.000 m". La incompatibilità ambientale dell’impianto di rigassificazione di Brindisi è quindi di tale evidenza da rendere persino superflua la procedura di VIA che era comunque doverosa e che è stata irresponsabilmente omessa anche mediante comportamenti con risvolti tuttora al vaglio della giustizia penale. Ed allora facciamo notare alla LNG che la procedura di infrazione da parte della Commissione Europea nei confronti della Repubblica italiana per violazione delle direttive 85/337 C.E.E. e 96\82 C.E. come la sentenza n. 1628/2007 con la quale il TAR di Puglia – sede di Lecce ha giudicato in via incidentale illegittima la concessa autorizzazione sono elementi di giudizio che fortemente avvalorano l’apertura della procedura di autotutela per giungere al ritiro del provvedimento autorizzativo. La LNG anche in ordine a questo decisivo punto si limita a formulare generici e confusi rilievi come quello secondo il quale non sarebbe stata fornita alcuna motivazione circa la pertinenza dell’elenco delle opere contenuto nell’allegato I delle ricordate Direttive alle opere che compongono il rigassificatore di Brindisi e come quello per il quale mancherebbe qualsiasi motivazione circa le ragioni per cui il molo del terminale brindisino rientrerebbe nell’allegato I delle Direttive medesime essendo esso interamente ricompreso all’interno del porto di Brindisi. Rilievi questi che per la loro evidente inconsistenza dimostrano la debolezza e la speciosità dell’intero impianto argomentativo della LNG. A questo punto riteniamo utile riportare le annotazioni salienti di uno studio del prof Carlo Giacomini, esperto di Valutazione dell’Impatto Ambientale e docente di Trasporti Università IUAV di Venezia nonché membro della Commissione Nazionale VIA dal 1997 al 2002, sulle ragioni per le quali si sarebbe dovuto assoggettare ad una Valutazione d’Impatto Ambientale il rigassificatore di Brindisi. Scrive, tra l’altro, nel citato studio (che è certamente nella disponibilità del Ministero dello Sviluppo Economico) il prof. Giacomini: ««Il terminale di Brindisi costituisce complesso portuale per lo scarico a terra, lo stoccaggio e l'inoltro nel territorio retroportuale del GNL. L'intero progetto costituisce quindi, certamente, «intervento sul porto commerciale marittimo già esistente», cioè «modifica o estensione» da cui deriverebbe un porto di Brindisi «con caratteristiche [fisiche e funzionali] sostanzialmente diverse dal precedente» e che «possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente», e perciò assoggettato a VIA [DPCM, art. 1, c. 2, di recepimento dell'allora vigente Dir., All.. II, 13.]. Ma in quanto complesso portuale, interamente nuovo, completo ed autosufficiente di ogni sua struttura e in ogni sua funzionalità (dal proprio moto di scarico GNL alle aree ed impianti per il suo stoccaggio, ai raccordi per il suo recapito al territorio), addirittura anche già di per sè «rientra. nella categoria» di «porto commerciale marittimo» (complesso costiero per lo scarico e lo stoccaggio di sostanze d'utilizzo commerciale), il cui progetto per norma sia nazionale che comunitaria è sempre assoggettato a VIA (statale, e-senza possibilità di screening) [Dir., All. I, punti 8.b; DPCM, art. 1, c. 1, lett. h), come ha illustrato la Circolare Min. Ambiente 30/3/1990, punto 2] ... Sulle norme indicate – prosegue lo studioso - non incide in alcun modo l'art. 8 della L. 340/2000, e ciò per motivi sia generali sia specifici al caso in oggetto. In generale, infatti, l'art. 8 della 340/2000 non ha determinato alcun regime d'esclusione di VIA per alcun tipo di rigassificatori. La 'semplificazione' dei 'nulla osta' ambientale di cui al c. 3 riguarda solo il 'procedimento .. di autorizzazione ... [per] l'uso o il riutilizzo di siti', ovvero l'autorizzazione urbanistica (commi 1-4, con determinazione finale 'ministeriale' rilasciata con 'Conferenza dei Servizi' sul 'progetto prelimínare'). Mentre la norma del comma 5 sulla ‘autorizzazione per la costruzione ed esercizio degli impianti', cioè sull'approvazione finale del progetto con decreto 'dei Ministri' (progetto di livello necessariamente almeno 'definitivo' [perfino per le infrastrutture strategiche energetiche della successiva Legge Obiettivo: art. 13, c.4 D.Lgs.190/2001, ordinariamente oggetto di VIA [DPCM, art. 2, c.l; e ancora art. 13, cA D.Lgs.190/2002]), non ha apportato alcuna esclusione di VIA o modifica di regime VIA. Nè avrebbe potuto farlo utilizzando il solo criterio del regime urbanistico dei sito ('siti industriali') invece che criteri oggettivi riferiti al progetto, al contesto geografico-ambientale e ai prevedibili impatti, come richiesto dalle norme sia comunitaria che nazionale [Dir., art. 4, par.2-3; DPR, art. 1, c.6]. E per di più, le 'semplificazioni' dell'art. 8 della 340/2000 sono applicabili ai rigassificatori di qualsiasi ambito geografico (quindi di per sè anche costieri) che siano però da inserire in 'siti industriali' e non in siti portuali, come invece palesemente e univocamente nel caso in oggetto. Ciò è comprovato anche dal fatto che per l'eventuale 'variazione dello strumento urbanistico' di cui al comma 4 è coinvolto solo il Comune, titolare esclusivo della pianificazione e gestione ordinaria delle zone industriali dei territorio comunale non portuale - (si fa riferimento alle ‘osservazioni e .. opposizioni.. ai sensi della L. 1150/1942', legge urbanistica, e si prevede la pronuncia definitiva del solo 'Consiglio Comunale) e non invece l'Autorità Portuale, titolare primo della pianificazione e gestione del territorio portuale (che non risulta mai richiamata, come non è richiamata la normativa sulle procedure di adozione/approvazione del Piano Regolatore Portuale).»» A parere delle sottoscritte Associazioni, le conclusioni cui perviene il prof. Giacomini, caratterizzate da una interpretazione innovativa della normativa in materia, meritano attenzione e riflessione per la lucidità e la persuasività delle argomentazioni che le sorreggono. Violazione di legge consistente nella mancata consultazione delle popolazioni interessate in applicazione della cosiddetta Direttiva Seveso Sulla mancata consultazione delle popolazioni interessate i rilievi della Brindisi LNG sono davvero sorprendenti. La società ammette l’omissione ma si rifugia in un preteso difetto della «Normativa di Attuazione necessaria per lo svolgimento del procedimento consultivo al di fuori della procedura di Impatto Ambientale». Finge di ignorare la società costruttrice che, come è stato rilevato anche dal Ministero dell’Interno, è mancata la consultazione delle popolazioni interessate in applicazione della Direttiva Seveso il cui atto di recepimento, il d.lgs. 334/1999, prevede lo svolgimento di tale adempimento nell’ambito del procedimento di VIA o di formazione dello strumento urbanistico. Ma a questo riguardo c’è da dire molto di più e cioè che le popolazioni interessate sono state tenute completamente all’oscuro di quanto avveniva nei meandri di certi “palazzi” e che non vi è stato alcun coinvolgimento dei Consigli comunale e provinciale. Il procedimento autorizzativo si è svolto quindi senza che i cittadini ed i consessi rappresentativi della comunità fossero informati di quanto si andava decidendo e senza alcuna possibilità di far sentire in qualche modo la loro voce. Si è svolto insomma un procedimento sostanzialmente segreto o quanto meno riservatissimo che forse nel nostro Paese non ha precedenti nella storia di simili casi. Eccesso di potere determinato dalla falsa prospettazione dei presupposti del provvedimento autorizzativo La Conferenza istruttoria del 22 marzo e quella decisoria del 28 maggio hanno quindi ravvisato la sussistenza delle condizioni per lo svolgimento di un procedimento di autotutela individuandole nella mancata effettuazione della prescritta Valutazione d’Impatto Ambientale e nella mancata consultazione delle popolazioni interessate. Le nostre associazioni, in perfetta sintonia con le Amministrazioni locali, sostengono che ai due indicati motivi di illegittimità per “violazione di legge” se ne deve necessariamente aggiungere un terzo per “eccesso di potere”. Ed infatti dopo anni di accurate indagini, di accertamenti e di provvedimenti di volta in volta resi noti dalla stampa, la competente Autorità giudiziaria ha disposto arresti, perquisizioni, avvisi di garanzia nonché il sequestro dell’area destinata all’impianto contestando i reati di concussione, corruzione, falso ed altre violazioni della legge penale. La Magistratura ha quindi disegnato uno sconcertante scenario di macchinazioni, loschi affari, scorrettezze, irregolarità, falsità ed abusi che hanno dato luogo alla cosiddetta “tangentopoli brindisina”. Ciò emerge da provvedimenti giudiziari, resoconti di intercettazioni telefoniche, verbali di interrogatori e di testimonianze e documenti acquisiti dagli inquirenti. Il contenuto di questi atti è stato spesso riportato integralmente dalla stampa locale dando luogo a “fatti notori” dai quali non è possibile in alcun modo prescindere. Sappiamo bene che le responsabilità penali sono tali solo a seguito di sentenza definitiva di condanna ma è di tutta evidenza che gli sviluppi dell’inchiesta clamorosamente riferititi – lo ribadiamo - dalla stampa locale (i cui resoconti sono certamente nella disponibilità di Codesto Ministero) mettono in rilievo fatti che per le dichiarazioni degli stessi indagati dimostrano, con la loro inconfutabile oggettività e con la loro palese pacificità, che il provvedimento autorizzativo è stato emesso sulla base di presupposti gravemente inficiati da una montagna di illeciti comportamenti. Una cosa è allora la eventuale responsabilità penale degli indagati che può essere affermata solo a seguito di un giudicato penale mentre altra cosa sono le illegittimità procedurali e gli abusi di potere che si possono cogliere a piene mani da quanto incontestabilmente è emerso dalla inchiesta giudiziaria. Diversamente opinando si finirebbe invero per sostenere l’assurdo e cioè che fatti gravissimi e tali da inficiare radicalmente l’intero procedimento amministrativo sfociato nell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto non sarebbero valutabili in sede di autotutela per il solo fatto che essi, proprio per la loro idoneità a deviare la volontà della Pubblica Amministrazione, hanno determinato l’intervento della Giustizia Penale. Si tratta in sostanza di “fatti storici” che, per la loro valenza oggettiva, possono essere liberamente valutati dall’Autorità amministrativa nel corso del procedimento di autotutela per accertare che l’autorizzazione venne concessa con un atto della Pubblica Amministrazione viziato da errore (da qui l’“eccesso di potere”) nel quale la medesima Amministrazione era stata indotta da una non corretta rappresentazione dei presupposti richiesti per l’emissione del provvedimento. A fronte di una tale situazione affermiamo che non avrebbe alcun senso una soluzione intesa a far effettuare una postuma procedura di VIA perché una tale scelta risulterebbe aperta ad una possibile convalida dell’autorizzazione. Ora, va detto chiaramente che una “VIA” postuma non appare praticabile perché, anche a voler prescindere dalla considerazione che l’incompatibilità ambientale dell’impianto emerge alla luce delle regole di comune esperienza con una evidenza tale da non richiedere alcuna verifica tecnica, un simile accertamento risulterebbe del tutto inutile perché non servirebbe ad emendare l’autorizzazione amministrativa dal vizio di “eccesso di potere” costituito appunto dall’errore nel quale la P. A. è stata indotta dalla falsa rappresentazione dei presupposti sulla base dei quali è stato emesso il suddetto provvedimento. Sussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento dell’atto Nella citata memoria la LNG esprime la sua sorpresa per il fatto che il Ministero procedente «e per esso la Direzione Generale dell’Energia e delle Risorse Minerarie non faccia minimamente accenno agli interessi pubblici primari che esso ha in cura» e cioè quelli dell’approvvigionamento energetico. Un rilievo questo che si appalesa davvero paradossale ove si consideri che la LNG non ha tenuto in alcun conto gli interessi collettivi della comunità brindisina per come interpretati dai cittadini interessati e dalle loro istituzioni ed ha portato avanti i lavori preparatori per la realizzazione della piattaforma a mare a dispetto di tutti gli avvertimenti del Comune, dell’Amministrazione provinciale e della Regione nonché a dispetto anche delle dichiarazioni rese dal Governo al Parlamento (il 26 e 27 settembre, rispettivamente alla Camera dal Ministro Santagata ed al Senato dal sottosegretario Bubbico) in risposta ad alcune interrogazioni, dichiarazioni con le quali l’Esecutivo preannunciava la riapertura del procedimento amministrativo. E questi lavori preparatori la Società ha dovuto interrompere successivamente solo a seguito del sequestro del cantiere disposto dall’Autorità giudiziaria penale. Sulla base di tale considerazione, le sottoscritte Associazioni si limitano a rilevare che l’interesse pubblico richiesto per l’annullamento è quello che emerge dagli sviluppi della intera vicenda, dagli orientamenti ripetutamente espressi dai vertici dell’Amministrazione locale e dalle scelte della Regione Puglia. E non vi è dubbio che questo interesse, concreto e attualissimo, deve essere valutato dalla competente autorità ministeriale tenendo ovviamente anche conto dell’interesse generale del Paese. Ora, precisato che non è certo in discussione l’interesse pubblico all’approvvigionamento energetico anche attraverso gli impianti di rigassificazione, è di tutta evidenza che questo interesse non può essere salvaguardato con la costruzione di un rigassificatore nel porto di Brindisi per tutte le ragioni che con la forza persuasiva dei fatti sono emerse anche nel corso delle citate Conferenze dei Servizi. Ne discende che indubbiamente sussiste l’interesse all’annullamento del provvedimento autorizzativo perché la realizzazione dell’impianto a Brindisi sarebbe il “frutto” di una incredibile serie di gravissime illegalità (alcune delle quali anche di rilievo penale), costituirebbe un attentato a diritti fondamentali dei cittadini e vanificherebbe in radice i progetti di un “diverso” sviluppo economico che le amministrazioni locali, subentrate a quelle naufragate a seguito delle note inchieste giudiziarie, si sono democraticamente dato per aprire alla nostra comunità un futuro di speranza e di ripresa. Brindisi, 4 giugno 2007 Italia Nostra, Legambiente, WWF, Coldiretti-TerraNostra, Fondazione “Dott. Antonio Di Giulio”, Fondazione “Prof. Franco Rubino”, A.I.C.S., ARCI, Circolo ACLI Brindisi, Forum ambiente salute e sviluppo, Medicina Democratica, Comitato per la Tutela dell’Ambiente e della Salute del Cittadino Comitato cittadino “Mo’ Basta!”, Comitato Brindisi Porta d’Oriente. Recapito per comunicazioni: c\o Giorgio SCIARRA Via De Flagilla 3 – BRINDISI tel 0831. 590418 giorgiosciarra at alice.it ---- Email.it, the professional e-mail, gratis per te:<http://www.email.it/cgi-bin/start?sid=3>clicca qui Sponsor: Speciale, pacchetti all inclusive per 1 settimana in Kenya, a partire da Euro 1.085. Scopri tutte le offerte <http://adv.email.it/cgi-bin/foclick.cgi?mid=6605&d=3-6>Clicca qui
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