Dragaggi nel Mar Piccolo a Taranto di fronte all'Arsenale Militare
- Subject: Dragaggi nel Mar Piccolo a Taranto di fronte all'Arsenale Militare
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Fri, 09 Dec 2005 23:29:42 +0100
CONFCOOPERATIVE
LEGACOOP
-
v.le Magna Grecia,
468
v. Golfo di Taranto, 7/E
74100
Taranto
74100 Taranto
tel. 0997 728
371
tel. 0997 723
992
COMUNICATO STAMPA
NON UCCIDETE IL MAR PICCOLO!
Il 12 dicembre p. v. scadranno i termini per la partecipazione al bando
di gara finalizzato all’affidamento del servizio di
messa in
sicurezza di un’area del Mar Piccolo di Taranto.
Espressioni come “messa in sicurezza”,
“riqualificazione ambientale”, “recupero produttivo” vogliono suonare
come il canto delle sirene di Ulisse, ma non ammaliano nessuno: di mero
dragaggio, infatti, si tratta. Verranno “grattati” 280.000 mc di
sedimenti accumulati negli anni davanti all’Arsenale Militare, su un’area
di 170 Ha. E smaltiti: il materiale solido prenderà la strada della
discarica e l’acqua... L’acqua tornerà in mare, ovvio.
Un’azione
devastante per il Mar Piccolo, spacciata per “dovuta”, “imposta dalla
legge”, ma al contrario scientemente “voluta”, in spregio alla volontà
del Legislatore ed alla cultura millenaria della Città. In poche parole:
sarà la morte della pesca e della mitilicoltura locali ed il completo
degrado della “laguna eualina” sulle sponde della quale una colonia di
esuli spartani principiò la storia di Taranto.
L’ipocrita richiamo al D. M. 471/99, in base al quale si sarebbe
caratterizzato il bacino e sarebbero state individuate “opportune”
strategie per la sua “necessaria” bonifica, è paradossale: in passaggi
inequivocabili, infatti, quel decreto, evitando rigide norme
comportamentali od inappellabili ed ottuse prescrizioni (art. 5, punto 1;
art. 10, punto 7; art. 10, punto 11), giunge ad ammonire circa il
pericolo di
aggiuntivo degrado dell’ambiente e del paesaggio (All.
3), che potrebbe conseguire l’avvio di improvvide operazioni di
“risanamento”. Proprio quello che ci si appresta a fare: inquinare
sostenendo di bonificare, in buona od in cattiva fede.
Il Mar
Piccolo non gode di ottima salute, si dirà, ma quale valore terapeutico
ha l’eutanasia? Peggio! La proclamata “messa in sicurezza” si configura,
in questo caso, come l’iniezione letale praticata ad un imputato
dichiarato colpevole sulla scorta di preconcetti ideologici, non di
prove e neppure di indizi: semplicemente perché non sono stati
sapientemente e coerentemente cercati.
La
normativa vigente (per non parlare della Direttiva quadro sulle acque,
che noi italiani non abbiamo ancora recepito) impone dei percorsi
precisi, ben individuati, per giungere all’espressione di giudizi
ponderati sulla qualità dei corpi idrici: suggerisce controlli sulla
colonna d’acqua, sugli organismi viventi, vegetali ed animali, sugli
animali concentratori, sui sedimenti, indicando come, dove e che cosa
serve cercare; stabilisce parametri collegati alla specifica destinazione
d’uso dei bacini
al fine di garantire tutti gli usi legittimi
(potabilità, vita dei pesci, molluschicoltura, balneazione, pesca)
(D. Lgs. 152/99); chiarisce che tali controlli devono essere mirati a
dare risposte univoche a quesiti su
tossicità, persistenza e mobilità
ambientale (D.M. 471/99, All. 1, punto 1).
Tali
percorsi, nell’ansia di dragare per “mettere in sicurezza”, sono stati
elegantemente bypassati. Neppure il protocollo di indagine elaborato
dall’ICRAM è, alla fine, pienamente rispettato. L’approccio adottato è di
tipo
hard: come se l’ecosistema Mar Piccolo, con le sue complesse
interazioni tra matrice solida, liquida e biotica, fosse un pezzo di
terreno incolto, interno ad una desolata area industriale.
Non è
stata rispettata la legge, non è stato seguito il protocollo di indagine,
non si è tenuto conto degli usi specifici cui il bacino è destinato, non
ci si è preoccupati di verificare con tutti i soggetti interessati,
pubblici e privati, la eco- e la socio- compatibilità dell’operazione.
Che cosa di buono potrebbe mai produrre tanta colpevole
superficialità?
Confcooperative e Legacoop non hanno interesse a che si attivino, a
vantaggio delle imprese alieutiche e mitilicole, “ammortizzatori
sociali”, misure straordinarie di sostegno od altri interventi
compensativi: vogliono, semplicemente, che il Mar Piccolo continui a
vivere. Queste Associazioni chiedono che, abbandonate definitivamente le
ipotizzate strategie di intervento, sciagurate giacché miopi ed ottuse,
si avvii un processo virtuoso che, dando attuazione alla lettera ed allo
spirito della normativa vigente, consenta di integrare, confrontandole,
tutte le informazioni esistenti sullo stato di salute del bacino e di
assumere le necessarie iniziative per la protezione dell’ambiente marino,
la tutela della salute e la salvaguardia delle produzioni esistenti, a
difesa dell’occupazione e delle secolari tradizioni colturali e
culturali.
Il Mar
Piccolo non abbisogna di interventi puntiformi, tanto più se non mirati:
occorre piuttosto che si ponga mano ad un vasto ed organico programma di
recupero, da concertare richiamando responsabilità
politico-amministrative agevolmente individuabili e competenze che il
territorio, con tanta generosità, dispensa.
Nessuno si
sottragga ai suoi doveri!