kyoto si parte a giorni l'italia in ritardo rischia sanzioni



da repubblica.it
GIOVEDÌ 10 FEBBRAIO 2005

Kyoto, si parte tra sette giorni l´Italia in ritardo rischia sanzioni
Fino a 4 milioni l´anno per i "permessi di emissione"

Oggi il ministro Siniscalco in commissione Ambiente spiega il piano del
governo
Il trattato per la riduzione delle emissioni nocive in vigore dal 16
febbraio
Il nucleare ha due limiti: il tempo e lo smaltimento delle scorie
Una mozione del centrosinistra per il contenimento delle emissioni
GIOVANNI VALENTINI

Meno 7. Manca ormai una settimana al grande evento. Quella di mercoledì
prossimo, 16 febbraio 2005, sarà una data storica per tutta l´umanità. Il
mondo comincerà a cambiare aria, nel senso che comincerà a migliorare il
clima del pianeta, riducendo le emissioni di anidride carbonica che
producono l´effetto serra e quindi il riscaldamento della Terra, con tutte
le conseguenze che ne derivano per l´ambiente e per la salute: siccità,
scarsità di cibo, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, fino ai
fenomeni estremi delle alluvioni e degli uragani. Finalmente, dopo anni di
trattative e negoziati internazionali, entrerà in vigore il Protocollo di
Kyoto, il patto più universale che il genere umano abbia mai sottoscritto
per salvaguardare la propria sopravvivenza.
L´Italia - la cui situazione sarà illustrata nel dettaglio oggi dal ministro
Siniscalco alla commissione Ambiente della Camera -arriva però a questo
appuntamento nelle condizioni peggiori, senza convinzione, più per obbligo
formale che per scelta. Sotto la presidenza di Romano Prodi, l´Unione
europea è riuscita a coinvolgere anche Putin e così la Russia ha deciso di
ratificare il Protocollo, insieme alla Cina. Alla fine i sottoscrittori
dell´accordo sono diventati 132, superando di gran lunga i requisiti
stabiliti inizialmente: almeno 55 Paesi aderenti che rappresentassero il 55
per cento delle emissioni nocive. Ma, oltre all´Australia, all´appello
mancano ancora gli Stati Uniti che sono i maggiori inquinatori mondiali e
questa assenza pesa come un´ipoteca sull´applicazione del Patto.
In linea anche qui con la destra conservatrice americana, convinta che
l´allarme sull´effetto serra sia un´invenzione del fanatismo ecologista, il
governo Berlusconi ha aderito ufficialmente al Protocollo di Kyoto,
tradendone in realtà lo spirito e la sostanza. Di fronte all´obiettivo
prefissato di ridurre entro il 2012 le emissioni nocive del 6,5 per cento
rispetto al ?90, le tendenze in atto nel nostro Paese proiettano invece un
preoccupante aumento del 23 per cento. E ciò vale in tutti i settori: nei
trasporti, nella produzione di energia elettrica, nel riscaldamento e nel
condizionamento domestico. Ma ancor più preoccupante è il fatto che stiamo
perdendo terreno sulla media europea in base agli indicatori di qualità e
sostenibilità dello sviluppo, come l´intensità energetica (cioè il rapporto
tra consumo di energia e Prodotto interno lordo), l´efficienza carbonica
(emissioni nocive in rapporto all´energia) e la quota di energia prodotta
con fonti rinnovabili.
Ancora una volta, insomma, l´Italia del centrodestra si allontana
dall´Unione, incrinando la solidarietà europea in un campo strategico come
quello dello Sviluppo sostenibile, dove si intrecciano strettamente fattori
ambientali ed economici. Ma l´autarchia in questo caso si paga a caro
prezzo. In forza del Protocollo, c´è il rischio di accumulare un debito
ambientale nei confronti degli altri partner e, a parte le prevedibili
sanzioni, questo può diventare anche un debito economico, stimato tra i
1.500 e i 4.000 milioni di euro all´anno a partire dal 2008 per l´acquisto
dei cosiddetti "permessi di emissione" dai Paesi più virtuosi. Inutile dire
che l´onere si aggiungerebbe al nostro già colossale debito pubblico,
aggravando ulteriormente il bilancio dello Stato.
Non si tratta, dunque, di rispettare un accordo o un trattato soltanto per
obbligo di firma. Il "patto globale" sottoscritto a Kyoto rimette in
discussione il modello di sviluppo fondato sul petrolio, una risorsa
altamente inquinante destinata a esaurirsi nell´arco dei prossimi 30-40 anni
e comunque considerata critica per ragioni geo-politiche, concentrata com´è
in prevalenza nel Medio-Oriente. Ma contro l´effetto serra è necessario
ridurre la nostra dipendenza anche dagli altri combustibili fossili, il
carbone e il gas naturale, per impostare una politica energetica
radicalmente diversa fondata sul risparmio, sull´efficienza e sullo sviluppo
delle fonti rinnovabili: l´energia solare, quella eolica, termica e
fotovoltaica.
Quanto al nucleare, a parte la tendenza all´esaurimento anche per i
giacimenti di uranio naturale, al momento resta - come una maledizione
biblica - il problema insormontabile delle scorie radioattive e del loro
smaltimento, a meno che non si sviluppi un nuovo processo di fusione più
sicura e controllabile. In ogni caso, come ha riconosciuto lo stesso
ministro dell´Ambiente, Altero Matteoli, distinguendosi su questo punto dal
presidente del Consiglio, in Italia occorrerebbero 10-15 anni per
ripristinare le centrali atomiche e quindi l´ipotesi è del tutto remota.
Quello dell´energia pulita non è un "libro dei sogni" suggerito dal
massimalismo verde o, peggio ancora, ispirato a un impossibile ritorno
all´età della pietra. La diminuzione dei consumi fossili, come documenta uno
studio del Tavolo ambientale delle opposizioni, è compatibile anche con
l´aumento del Pil, cioè con la crescita economica. Se ne può ricavare, anzi,
un triplice vantaggio: innanzitutto per la salvaguardia del clima, secondo i
parametri di Kyoto; poi per la qualità del sistema che diventa così più
efficiente; e infine per la bilancia commerciale, in rapporto alla riduzione
delle importazioni.
A sostenere del resto che il progresso tecnologico può favorire perfino
l´occupazione, gli ambientalisti italiani non sono certamente isolati. Da un
rapporto 2004 del "Renewable and Appropriate Energy Laboratory" di Berkley,
risulta che le energie rinnovabili generano più posti di lavoro per megawatt
di potenza, per unità di energia e per ogni dollaro di investimento rispetto
alle energie di origine fossile. E il Cancelliere tedesco, Gerhard
Schroeder, in un discorso tenuto il 3 giugno dell´anno scorso alla
Conferenza di Bonn sulle fonti rinnovabili, ha previsto un impiego stabile
di 120 mila persone in Germania nel settore dell´efficienza energetica e
delle fonti rinnovabili.
E´ per il complesso di tutte queste ragioni che la Grande alleanza
democratica ha presentato una mozione alla Camera, per impegnare il governo
italiano a contenere l´aumento della temperatura entro un massimo di due
gradi, indipendentemente da qualsiasi analisi costi-benefici. Il Protocollo
di Kyoto indica una strada obbligata per evitare l´autodistruzione e
garantire la sopravvivenza dell´umanità. E´ una scelta fondamentale di
civiltà su cui si misurerà negli anni futuri anche la differenza tra il
centrodestra e il centrosinistra.