STATO DI EMERGENZA...



CITTADINI!

E' stato dichiarato lo stato di EMERGENZA

Con Ordinanza n.3303 del 18 luglio 2003
G.U. n.179 del 4 agosto 2003

"La condotta drenante e di scarico dei laboratori del Gran Sasso ha contatti
idraulici con la roccia sede della falda idrica" (16 agosto 2002)

"E' stata rinvenuta una sostanza del tipo diisopropilnaftalene nelle acque
destinate al consumo umano" dei versanti aquilani e teramani del Gran Sasso
(18 giugno 2003)

L'ordinanza, tuttavia, non ravvisa l'esigenza di tutelare la salute
pubblica, ma solo la "necessità di riprendere gli esperimenti" di fisica
nucleare.
Per questo, il governo ha istituito un'autorità unica che dovrà decidere
quali interventi servono alla continuazione degli esperimenti, nel cuore
della montagna, con sostanze altamente pericolose e inquinanti.
A tale autorità è stato concesso di derogare ad ogni legge di tutela
ambientale, giuridica, procedurale (appalti e trasparenza), di qualità dell'
aria e dell'acqua (SIC!) e di bonifica dei siti inquinati.

"C'era una volta.
un grande bacino di acqua purissima, risalente all'era preistorica, che
avrebbe potuto dar da bere per millenni a migliaia di persone.
Un bel giorno arrivò un omino cui piaceva scavare, con un altro omino che
cercava il neutrino e insieme lavorarono fregandosene del bacino."

Non è una favola, è l'inizio della storia del depauperamento e dell'
inquinamento di uno dei più importanti bacini idrogeologici d'Italia. Con
gli scavi delle gallerie autostradali e dei laboratori dell'I.N.F.N.  la
falda acquifera si è abbassata di 600 metri: un disastro ambientale
irreversibile e sottovalutato.
Le caratteristiche idromorfologiche del Gran Sasso rendono a tutt'oggi
necessario il drenaggio per alleggerire la pressione sulle strutture
sotterranee, con lo spreco di ingenti quantitativi di acqua, una parte della
quale viene utilizzata dai laboratori.
Oggi sappiamo che per i "big-experiments" serve molta acqua a bassa
temperatura ad uso degli esperimenti e  per il raffreddamento delle
apparecchiature.
Oggi sappiamo anche che le acque di scarico dei laboratori sotterranei, per
circa vent'anni, si sono riversate nell'acqua destinata ai cittadini
abruzzesi. E' stata dimostrata la commistione con l'acquedotto del Ruzzo e l
'infiltrazione nella roccia sede della falda acquifera. C'è da sottolineare
che già durante i primi lavori sotto il Gran Sasso sono state effettuate
prove che hanno dimostrato che l'acquifero è unico e alimenta sia il
versante teramano che quello aquilano[1].
Non sappiamo più quale sia il grado di purezza dell'acqua del Gran Sasso, né
si riesce a conoscere, nonostante le reiterate richieste, il tipo di
sostanze impiegate nel tempo dai ricercatori. Né tanto meno ci rassicura il
costosissimo progetto (36 milioni di euro stanziati) della potabilizzazione
dell'invaso dell'Enel di Piaganini: un progetto già previsto per far fronte
all'inquinamento derivante dai lavori di scavo per il terzo traforo e che,
per garantire gli interessi dei laboratori, potrebbe sostituire
definitivamente l'approvvigionamento idrico per il versante teramano.
Costretti ad acqua di pessima qualità dovremo anche sostenerne l'oneroso
costo; e nessuno si senta escluso!

L'acqua è un bene comune ed è reato contro l'umanità sperperarla

Si ringraziano, per la mancata informazione, le autorità locali, il
commissario per lo stato d'emergenza, la protezione civile, l'
A.R.T.A.(Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente),  l'I.N.F.N.
(Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e quant'altri che, pur sapendo,
hanno taciuto.

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[1] Lunardi Pietro (ed.), Gran Sasso. Il traforo autostradale, Roma,
ANAS-COGEFAR, 1979.
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Info: Gruppo No WTO AQ