8 condanne per traffico rifiuti genova spezia ravenna



da legambiente.it
Venerdì 21 Novembre 2003

MILANO|È la prima sentenza del genere emessa in Italia

Traffico internazionale di rifiuti: 8 condanne

Tribunale di MilanoIl giudice monocratico Antonella Lai ha comminato a 8
persone pene da quattro mesi a poco più di un anno e due mesi di reclusione.
Avevano inviato abusivamente rifiuti dall'Italia a Hong Kong e in Cina
La prima sentenza italiana per traffico illecito internazionale di rifiuti è
stata emessa ieri dal Tribunale di Milano: il giudice monocratico Antonella
Lai ha condannato 8 persone a pene che vanno da quattro mesi a poco più di
un anno e due mesi di reclusione, per aver inviato abusivamente rifiuti
dall'Italia a Hong Kong e in Cina.
Il giudice della decima sezione penale del Tribunale di Milano, accogliendo
in sostanza le richieste del pm Davide Corbella, che ha sostenuto l'accusa
in aula, ha condannato a 1 anno e 2 mesi e 20 giorni di reclusione Luigi
Spagnolo, a 1 anno e 10 giorni Vittorio Spagnolo e a 9 mesi Paolo Sala, i
titolari della Milano Maceri, la società al centro del traffico e che
possiede due capannoni nell'hinterland, uno a Bareggio e l'altro a Settimo
Milanese, ora sequestrati.
Per i tre il tribunale ha disposto la sospensione della pena a condizione
che bonifichino la discarica abusiva di Bareggio. Il giudice ha inoltre
condannato 5 intermediari del traffico - accusati di tenere i contatti con
le società di Hong Kong e Cina - a pene che vanno da 4 mesi di reclusione e
5 mila euro di multa a 7 mesi e 10 mila euro di multa. Altre 8 persone oggi
sono state assolte e altre due hanno oblato, un anno fa, all'apertura del
processo.
Tutti gli imputati sono stati accusati a vario titolo di traffico
internazionale illecito di rifiuti, falso, discarica abusiva, e di una serie
di reati satellite per la violazione del decreto Ronchi e di norme per la
tutela ambientale. Secondo l'inchiesta condotta dai pm Elisabetta Canevini e
Paola Pirotta, il traffico abusivo dall'Italia all'estremo oriente era
avvenuto tra il 1999 e il 2001. Per l'accusa la Milano Maceri aveva inviato
i rifiuti, non separati né trasformati, in container sigillati ai porti di
Ravenna e La Spezia dove venivano caricati sulle navi dirette a Hong Kong e
in Cina.
Là i destinatari, società che avrebbero dovuto utilizzare le materie prime
nell'industria tessile, invece dei rifiuti lavorati ricevevano semplice
spazzatura pagandola come se fosse stata materia prima. Inoltre i container
erano accompagnati da formulari (una sorta di bolle di accompagnamento) che,
come poi fu scoperto, avevano attestato falsamente che i rifiuti erano già
stati lavorati e trasformati in materie prime. In più, secondo l'inchiesta,
i container non avrebbero nemmeno dovuto partire perché, dato che si
trattava di un trasporto in paesi extracomunitari, era necessario avvertire
la Regione Lombardia e pagare una fideiussione a garanzia. Cosa che non è
mai avvenuta.

Clandestine di plasticada volontari per lo sviluppo

Ecomafie - Le nuove rotte verso Oriente

Clandestine di plastica
2.800 tonnellate di bottiglie in plastica italiane, invece di essere
riciclate, sono finite nelle discariche di Pou Lin, a 200 km da Hong Kong.
Con guadagno milionario dei trafficanti. Sono i risultati dell'Operazione
Oriente, condotta dalla procura di Brescia, che vi raccontiamo in esclusiva.
Secondo gli inquirenti: "Solo la punta di un iceberg".

di Maurizio Dematteis

Plastica, semplici bottiglie. Quelle che tutti noi quotidianamente
raccogliamo con pazienza e senso civico e depositiamo nei cassonetti della
raccolta differenziata, convinti che in qualche modo verranno riciclate, con
gran giovamento per l'ambiente in cui viviamo. E che invece, in questo caso,
finiscono in Cina, scaricate abusivamente in piccole località. Con gran
guadagno di intermediari.
La storia, che Volontari per lo Sviluppo vi racconta in esclusiva, parla di
140 container per oltre 2.800 tonnellate di bottiglie in plastica pressate,
che dai cassonetti italiani, attraverso 13 città e piccoli comuni, 4 paesi,
3 porti, e 2 oceani, arrivano agli ignari abitanti di Pou Lin, cittadina
cinese situata 200 chilometri a sud di Hong Kong. Mentre i registi, 16
uomini d'affari, alcuni noti agli inquirenti per riciclaggio di denaro
sporco e collegamenti con la malavita organizzata, si intascano oltre 350
mila euro. Ma commettono un unico, piccolo errore, che porta sulle loro
tracce il commissario Gianni De Podestà, super poliziotto bresciano del
Corpo forestale dello Stato, specializzato in "ecomafie". Nasce così
"l'Operazione Oriente", l'offensiva lanciata dalla forestale in
collaborazione con i p.m. della Procura di Milano Paola Pirrotta ed
Elisabetta Canevini, che attraverso una lunga inchiesta documentale riesce a
stroncare il meccanismo e, proprio in questi giorni, a portare 16 persone in
aula presso il Tribunale di Milano per rispondere all'accusa, tra le altre,
di traffico internazionale di rifiuti. È la prima volta che in Italia
un'accusa di questo tipo può essere formulata, e ciò grazie all'articolo 53
del Decreto Legislativo n. 22 del 1999, che a partire dal 2001 permette agli
inquirenti di avere un'arma per bloccare i flussi illeciti di rifiuti.
Ma procediamo con ordine.
L'antefatto
Siamo nel comune di Bareggio, in provincia di Milano, nel corso del 2000,
dove uno zelante ispettore dell'Asl locale segnala un'anomalia: la società
Milano Maceri srl, con sede a Settimo Milanese, ha stoccato in un capannone
in via De Gasperi 117/119 una partita di rifiuti senza il regolare permesso
sanitario, obbligatorio dal momento che il sito - come si legge nel Decreto
di citazione in giudizio - è "in area di rispetto di un pozzo pubblico ad
uso privato".
La segnalazione giunge sul tavolo del p.m. milanese Paola Pirrotta e da lì
al pool bresciano del Corpo forestale dello Stato, diretto dal commissario
Gianni De Podestà. A novembre il pool comincia a eseguire i controlli:
acquisisce i documenti di carico e scarico della Milano Maceri srl e
immediatamente rileva alcune anomalie. La società, secondo i documenti, nel
giro di un solo giorno avrebbe trasformato oltre 700 mila chili di
imballaggi (bottiglie e altri materiali simili in plastica, provenienti da
consorzi pubblici e ditte private) in materia prima da reimmettere nel
mercato della produzione di fibre tessili. Operazione tecnicamente
realizzabile, dal momento che ci sono società serie che lo fanno, ma
praticamente impossibile in un solo giorno. Soprattutto con l'impianto in
dotazione alla società milanese. Strane poi le destinazioni della presunta
materia prima: porto di Ravenna, porto di La Spezia, porto di Genova,
attraverso delle commerciali che - spiega De Podestà - «abbiamo controllato
e non esistevano». Scatta una seconda perquisizione presso la Milano Maceri
srl, vengono sequestrati i capannoni di Bareggio e Settimo Milanese. Al loro
interno si trovano esclusivamente imballaggi in plastica (specialmente
bottiglie) pressati in grossi cubi, e nessuna traccia di sostanze
trasformate in materie prime. Nello stabilimento di Settimo Milanese
l'impianto di tramoggia (quello che dovrebbe lavorare il rifiuto
trasformandolo nuovamente in materia prima) giace inerte, sepolto dietro 5
metri di rifiuti. Nessuna bottiglia è stata mai lavorata all'interno della
Milano Maceri srl, almeno a partire dal 1999. La società lombarda ha
organizzato un business miliardario: da una parte incassa circa 10 centesimi
per ogni chilo di rifiuto plastico ritirato dai committenti che devono
smaltire la plastica (tra i quali la Regione Lombardia), dall'altra incassa
1 centesimo dalla vendita di ogni chilo di materiale "trasformato" in
materia prima (che in realtà resta rifiuto plastico tale e quale) a ditte
che operano nel ramo del tessile. Calcolando che non effettua la costosa
lavorazione per trasformare il rifiuto in materia prima (consistente in
micro scaglie con lunghezza massima di 8 millimetri, denominate in termine
tecnico "big bang"), ha un guadagno netto di 11 centesimi al chilo,
semplicemente operando giri di falsificazione documentale. Sono ben 140 i
container zeppi di rifiuti individuati da Operazione Oriente, partiti via
mare verso est lungo tre differenti canali: il porto di La Spezia, quello di
Ravenna e quello di Genova Voltri.
Tre vie per Pou Lin
La prima tranche di rifiuti è passata per il porto di La Spezia. Si tratta
della partita più consistente: nel giro di una ventina di giorni, dal 4 al
26 novembre '99, sei società "con più azioni esecutive di un unico disegno
criminoso in concorso fra loro - per dirla con il Decreto di citazione a
giudizio" hanno smaltito illegalmente circa 2000 tonnellate di rifiuti
plastici. Vittorio Spagnolo e Luigi Spagnolo, rispettivamente padre e
figlio, direttore tecnico e legale rappresentante della società Milano
Maceri srl, hanno contattato la società Plast 2000 srl di Milano, che a sua
volta ha contattato la società svizzera P.M. Professional Management S.A. di
Pambio, che ha contattato le seguenti tre società cinesi con sede a Hong
Kong: Hop Fung Hoi Suen Trading co.ltd, Hung Hing Trading co. e C.B.
Holdings ltd. Un giro vorticoso di documenti, probabilmente ordito al fine
di disperdere le tracce, effettuato mentre i rifiuti da Settimo Milanese
giungevano, via La Spezia, direttamente nella cittadina cinese di Pou Lin, a
200 chilometri da Hong Kong. Cinque società "di transito", tre cinesi con
sede operativa ai piani alti dei palazzoni del centro di Hong Kong, una a
Milano e una in svizzera. Tutte con la stessa caratteristica: nessuna
competenza nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti.
Per quanto riguarda la seconda tranche, che ha interessato 35 container per
circa 500 tonnellate di materiale, i rifiuti sono passati per il porto di
Ravenna tra il dicembre del '99 e il marzo 2000. Le società implicate sono
tre: la Milano Maceri srl, da dove sono nuovamente partiti i container, e
due società, la I.V.A. srl e la I.V.A. snc, facenti capo alla stessa
persona, Giuseppe Poli, di Reggio Emilia. In teoria, i rifiuti sarebbero
dovuti andare nel capoluogo emiliano per essere lavorati, trasformati in
materia prima e regolarmente venduti. Di fatto, da Settimo Milanese sono
nuovamente partiti per Pou Lin, questa volta passando per il porto di
Ravenna. Di lavorazione del rifiuto, anche in questo caso, nessuna traccia.
E arriviamo al terzo canale di smaltimento illecito, utilizzato dal 27
luglio al 14 dicembre 2000. Questa volta la Milano Maceri srl, sapendo di
essere sotto il controllo della polizia forestale, ha pensato bene di
contattare una società belga di Anversa, la Ralton Trading & Forwarding.
Questo al fine di mascherare il "commercio extraeuropeo" di rifiuti,
soggetto a severi controlli, sotto le vesti del "commercio europeo", più
facile da manovrare. «È stato un trucchetto - spiega Gianni De Podestà -
perché essendo Anversa all'interno della Comunità europea, i movimenti di
questo tipo di rifiuti non hanno bisogno di autorizzazione preventiva». In
poche parole, essendo il materiale non lavorato (anche se i documenti
dichiaravano che lo era) la società milanese, per tutelarsi nei confronti di
un eventuale controllo che poteva svelare il trucco, ha prodotto documenti
falsi che portavano ad Anversa, in modo da non incappare in sanzioni per
mancata autorizzazione preventiva. In realtà i rifiuti, dal porto di Genova,
sono stati trasportati ancora una volta nella sventurata cittadina di Pou
Lin.
Un'indagine a metà
Una ricostruzione documentale puntigliosa quella degli inquirenti bresciani,
che ha visto il commissario De Podestà impegnato in ben tre giorni di
udienza, in aula a Milano, per chiarire le idee al giudice incaricato. E
nonostante questo l'indagine non è stata sviluppata fino in fondo. Le
società straniere ad esempio, a parte quella svizzera, non sono state
coinvolte. «Non abbiamo fatto una rogatoria internazionale - spiega Gianni
De Podestà - perché abbiamo visto con il p.m. che ci avrebbe portato via
troppo tempo». E durante lo svolgimento delle indagini all'estero, gli
imputati in Italia sarebbero stati probabilmente scagionati per decorrenza
dei termini. Gli unici indagati stranieri, che rispondono in concorso del
traffico di rifiuti, sono i due Pelossi, padre e figlio, amministratori
della società svizzera P.M. Professional Management spa. Si sono recati
spontaneamente a Milano, dietro richiesta del p.m. incaricato, presentata al
tribunale di Lugano. Sostengono di essere stati truffati, e di aver dato ben
20 mila dollari alle società cinesi purché si tenessero i rifiuti plastici.
Diverse le impressioni degli inquirenti, che sostengono: «i Pelossi
gestiscono finanziarie di ogni genere, difficile che si facciano fregare
così».
Michele Pelossi, legale rappresentante della società e figlio del finanziere
Giorgio Pelossi, noto alla polizia di mezzo mondo, raggiunto da noi
telefonicamente ha spiegato: «Non ricordo bene, ho qui sepolta parecchia
documentazione, ora non mi occupo più di questi business. Era un mio cliente
che ho seguito in quel periodo, e purtroppo i venditori gli hanno fornito
della merce sbagliata». Molto strana questa amnesia, dal momento che il
processo che lo vede imputato è tuttora in corso a Milano. Ancora diversa è
la versione rilasciata agli inquirenti di Brescia: «La moglie di Michele
Pelossi è cinese - spiega De Podestà - e, a suo dire, voleva mettersi a
commerciare nel tessile. Abbiamo anche saputo che aveva cercato altri
clienti in Francia e Germania».
Ma le difficoltà incontrate dall'inchiesta non finiscono qui. Un mese prima
del sequestro dei capannoni nel milanese, i due Spagnolo a capo della Milano
Maceri srl hanno costituito una nuova società denominata Eco Energy srl,
intestandola a un loro dipendente di nome Paolo Sala. «Stavano volturando
l'autorizzazione della Milano Maceri srl alla nuova società - sottolinea il
commissario De Podestà - in modo tale che, in caso di sequestro della prima,
potevano tranquillamente continuare a operare con la seconda». Ma
l'operazione non è riuscita, perché gli inquirenti, appena si sono accorti
del "trucco", hanno chiesto e ottenuto in extremis il blocco della voltura
presso l'albo regionale, e il sequestro di tutte e due le società. Pochi
giorni dopo, "casualmente", uno dei capannoni di Settimo Milanese prendeva
fuoco volatilizzando parte del compromettente materiale plastico.
E arriviamo all'implicazione dell'amministrazione pubblica che, da
potenziale truffata, diventa truffatrice. «I funzionari della provincia di
Milano incaricati dei controlli - dice il commissario della forestale
bresciana - andavano spesso a fare le verifiche nei siti indagati, e qualche
mese prima della nostra perquisizione, nel luglio 2000, hanno certificato
che l'attività della ditta era regolare». Nonostante questo, il p.m. ha
deciso che «non c'erano i presupposti finali per indagare i funzionari
pubblici», e gli ispettori provinciali l'hanno fatta franca.
Il verdetto del processo è atteso per la fine di febbraio. Operazione
Oriente si chiude; i responsabili saranno - speriamo - incriminati. Ma i
rifiuti restano a Pou Lin. E non è che la punta di un iceberg. Come dice il
commissario De Podestà, «le forze sono quelle che sono. Noi abbiamo
sviluppato questa indagine, però ce ne sono tantissime altre, e il problema
degli imballaggi di plastica nel nostro paese è sempre più grosso».

La Dinasty della monnezza
Spagnolo Vittorio, direttore tecnico e gestore di fatto della società Milano
Maceri srl, luogo di partenza dei rifiuti non lavorati. Nato a Stignano nel
1937, vive a Settimo Milanese.
Spagnolo Luigi, legale rappresentante della società Milano Maceri srl, luogo
di partenza dei rifiuti non lavorati. Nato a Como nel 1962, è figlio di
Vittorio Spagnolo e vive a Settimo Milanese.
Pelossi Giorgio, legale rappresentante della società P.M. Professional
Management spa, committente della principale spedizione di container in
Cina. Nato a Bellinzona nel 1938, vive a Pambio, Svizzera. È un noto
finanziere elvetico affiliato alla loggia massonica P2, come dichiara egli
stesso alla rivista ticinese "L'inchiesta", fino al 1987. Nel '95, in
seguito alle deposizioni rilasciate ai magistrati di Augsburg, in Germania,
nel corso delle quali denuncia irregolarità fiscali dell'ex socio in affari
Karlheinz Schreiber, diventa il testimone chiave nel processo al cancelliere
tedesco Helmut Kohl. Si tratta della "tangentopoli tedesca", scoppiata in
seguito ad alcuni versamenti irregolari effettuati dal finanziere Schreiber
al Cdu, il partito democristiano tedesco del cancelliere. Il 20 gennaio 2000
viene arrestato dalla polizia americana negli Stati Uniti e tradotto nel
Metropolitan Correctional Center di Chicago, in Illinois, sulla base di un
mandato di cattura internazionale richiesto da un giudice di Milano,
Maurizio Grigo. Reato contestato: riciclaggio di denaro proveniente da
traffici di droga. Inoltre, dagli archivi della polizia emerge un arresto
nel 1986 da parte della polizia svizzera per appropriazione indebita, truffa
e amministrazione infedele; un fermo nel '94 eseguito dai carabinieri di
Catanzaro nell'ambito dell'operazione antiriciclaggio Gaucho; una
segnalazione della polizia di Almeria, in Spagna, per un'altra vicenda di
riciclaggio.
Pelossi Michele, legale rappresentante della società P.M. Professional
Management spa, committente della principale spedizione di container in
Cina. Nato a Zurigo nel 1966, è figlio di Giorgio Pelossi.


ART. 53: la nuova arma contro le ecomafie
"Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e
attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate,
cede, riceve, trasporta, esporta, importa o comunque gestisce abusivamente
ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei
anni"
(Articolo 53-bis del Decreto Legislativo n. 22 del 1999, comma 1)
È solo dal 2001 che, grazie a questo piccolo ma importantissimo comma
dell'articolo 53, gli inquirenti sono in grado di contrastare e perseguire
penalmente i traffici illeciti internazionali di rifiuti.

Volontari per lo sviluppo - Gennaio-Febbraio 2003
© Volontari per lo sviluppo