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8 condanne per traffico rifiuti genova spezia ravenna
- Subject: 8 condanne per traffico rifiuti genova spezia ravenna
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 25 Nov 2003 06:58:23 +0100
da legambiente.it Venerdì 21 Novembre 2003 MILANO|È la prima sentenza del genere emessa in Italia Traffico internazionale di rifiuti: 8 condanne Tribunale di MilanoIl giudice monocratico Antonella Lai ha comminato a 8 persone pene da quattro mesi a poco più di un anno e due mesi di reclusione. Avevano inviato abusivamente rifiuti dall'Italia a Hong Kong e in Cina La prima sentenza italiana per traffico illecito internazionale di rifiuti è stata emessa ieri dal Tribunale di Milano: il giudice monocratico Antonella Lai ha condannato 8 persone a pene che vanno da quattro mesi a poco più di un anno e due mesi di reclusione, per aver inviato abusivamente rifiuti dall'Italia a Hong Kong e in Cina. Il giudice della decima sezione penale del Tribunale di Milano, accogliendo in sostanza le richieste del pm Davide Corbella, che ha sostenuto l'accusa in aula, ha condannato a 1 anno e 2 mesi e 20 giorni di reclusione Luigi Spagnolo, a 1 anno e 10 giorni Vittorio Spagnolo e a 9 mesi Paolo Sala, i titolari della Milano Maceri, la società al centro del traffico e che possiede due capannoni nell'hinterland, uno a Bareggio e l'altro a Settimo Milanese, ora sequestrati. Per i tre il tribunale ha disposto la sospensione della pena a condizione che bonifichino la discarica abusiva di Bareggio. Il giudice ha inoltre condannato 5 intermediari del traffico - accusati di tenere i contatti con le società di Hong Kong e Cina - a pene che vanno da 4 mesi di reclusione e 5 mila euro di multa a 7 mesi e 10 mila euro di multa. Altre 8 persone oggi sono state assolte e altre due hanno oblato, un anno fa, all'apertura del processo. Tutti gli imputati sono stati accusati a vario titolo di traffico internazionale illecito di rifiuti, falso, discarica abusiva, e di una serie di reati satellite per la violazione del decreto Ronchi e di norme per la tutela ambientale. Secondo l'inchiesta condotta dai pm Elisabetta Canevini e Paola Pirotta, il traffico abusivo dall'Italia all'estremo oriente era avvenuto tra il 1999 e il 2001. Per l'accusa la Milano Maceri aveva inviato i rifiuti, non separati né trasformati, in container sigillati ai porti di Ravenna e La Spezia dove venivano caricati sulle navi dirette a Hong Kong e in Cina. Là i destinatari, società che avrebbero dovuto utilizzare le materie prime nell'industria tessile, invece dei rifiuti lavorati ricevevano semplice spazzatura pagandola come se fosse stata materia prima. Inoltre i container erano accompagnati da formulari (una sorta di bolle di accompagnamento) che, come poi fu scoperto, avevano attestato falsamente che i rifiuti erano già stati lavorati e trasformati in materie prime. In più, secondo l'inchiesta, i container non avrebbero nemmeno dovuto partire perché, dato che si trattava di un trasporto in paesi extracomunitari, era necessario avvertire la Regione Lombardia e pagare una fideiussione a garanzia. Cosa che non è mai avvenuta. Clandestine di plasticada volontari per lo sviluppo Ecomafie - Le nuove rotte verso Oriente Clandestine di plastica 2.800 tonnellate di bottiglie in plastica italiane, invece di essere riciclate, sono finite nelle discariche di Pou Lin, a 200 km da Hong Kong. Con guadagno milionario dei trafficanti. Sono i risultati dell'Operazione Oriente, condotta dalla procura di Brescia, che vi raccontiamo in esclusiva. Secondo gli inquirenti: "Solo la punta di un iceberg". di Maurizio Dematteis Plastica, semplici bottiglie. Quelle che tutti noi quotidianamente raccogliamo con pazienza e senso civico e depositiamo nei cassonetti della raccolta differenziata, convinti che in qualche modo verranno riciclate, con gran giovamento per l'ambiente in cui viviamo. E che invece, in questo caso, finiscono in Cina, scaricate abusivamente in piccole località. Con gran guadagno di intermediari. La storia, che Volontari per lo Sviluppo vi racconta in esclusiva, parla di 140 container per oltre 2.800 tonnellate di bottiglie in plastica pressate, che dai cassonetti italiani, attraverso 13 città e piccoli comuni, 4 paesi, 3 porti, e 2 oceani, arrivano agli ignari abitanti di Pou Lin, cittadina cinese situata 200 chilometri a sud di Hong Kong. Mentre i registi, 16 uomini d'affari, alcuni noti agli inquirenti per riciclaggio di denaro sporco e collegamenti con la malavita organizzata, si intascano oltre 350 mila euro. Ma commettono un unico, piccolo errore, che porta sulle loro tracce il commissario Gianni De Podestà, super poliziotto bresciano del Corpo forestale dello Stato, specializzato in "ecomafie". Nasce così "l'Operazione Oriente", l'offensiva lanciata dalla forestale in collaborazione con i p.m. della Procura di Milano Paola Pirrotta ed Elisabetta Canevini, che attraverso una lunga inchiesta documentale riesce a stroncare il meccanismo e, proprio in questi giorni, a portare 16 persone in aula presso il Tribunale di Milano per rispondere all'accusa, tra le altre, di traffico internazionale di rifiuti. È la prima volta che in Italia un'accusa di questo tipo può essere formulata, e ciò grazie all'articolo 53 del Decreto Legislativo n. 22 del 1999, che a partire dal 2001 permette agli inquirenti di avere un'arma per bloccare i flussi illeciti di rifiuti. Ma procediamo con ordine. L'antefatto Siamo nel comune di Bareggio, in provincia di Milano, nel corso del 2000, dove uno zelante ispettore dell'Asl locale segnala un'anomalia: la società Milano Maceri srl, con sede a Settimo Milanese, ha stoccato in un capannone in via De Gasperi 117/119 una partita di rifiuti senza il regolare permesso sanitario, obbligatorio dal momento che il sito - come si legge nel Decreto di citazione in giudizio - è "in area di rispetto di un pozzo pubblico ad uso privato". La segnalazione giunge sul tavolo del p.m. milanese Paola Pirrotta e da lì al pool bresciano del Corpo forestale dello Stato, diretto dal commissario Gianni De Podestà. A novembre il pool comincia a eseguire i controlli: acquisisce i documenti di carico e scarico della Milano Maceri srl e immediatamente rileva alcune anomalie. La società, secondo i documenti, nel giro di un solo giorno avrebbe trasformato oltre 700 mila chili di imballaggi (bottiglie e altri materiali simili in plastica, provenienti da consorzi pubblici e ditte private) in materia prima da reimmettere nel mercato della produzione di fibre tessili. Operazione tecnicamente realizzabile, dal momento che ci sono società serie che lo fanno, ma praticamente impossibile in un solo giorno. Soprattutto con l'impianto in dotazione alla società milanese. Strane poi le destinazioni della presunta materia prima: porto di Ravenna, porto di La Spezia, porto di Genova, attraverso delle commerciali che - spiega De Podestà - «abbiamo controllato e non esistevano». Scatta una seconda perquisizione presso la Milano Maceri srl, vengono sequestrati i capannoni di Bareggio e Settimo Milanese. Al loro interno si trovano esclusivamente imballaggi in plastica (specialmente bottiglie) pressati in grossi cubi, e nessuna traccia di sostanze trasformate in materie prime. Nello stabilimento di Settimo Milanese l'impianto di tramoggia (quello che dovrebbe lavorare il rifiuto trasformandolo nuovamente in materia prima) giace inerte, sepolto dietro 5 metri di rifiuti. Nessuna bottiglia è stata mai lavorata all'interno della Milano Maceri srl, almeno a partire dal 1999. La società lombarda ha organizzato un business miliardario: da una parte incassa circa 10 centesimi per ogni chilo di rifiuto plastico ritirato dai committenti che devono smaltire la plastica (tra i quali la Regione Lombardia), dall'altra incassa 1 centesimo dalla vendita di ogni chilo di materiale "trasformato" in materia prima (che in realtà resta rifiuto plastico tale e quale) a ditte che operano nel ramo del tessile. Calcolando che non effettua la costosa lavorazione per trasformare il rifiuto in materia prima (consistente in micro scaglie con lunghezza massima di 8 millimetri, denominate in termine tecnico "big bang"), ha un guadagno netto di 11 centesimi al chilo, semplicemente operando giri di falsificazione documentale. Sono ben 140 i container zeppi di rifiuti individuati da Operazione Oriente, partiti via mare verso est lungo tre differenti canali: il porto di La Spezia, quello di Ravenna e quello di Genova Voltri. Tre vie per Pou Lin La prima tranche di rifiuti è passata per il porto di La Spezia. Si tratta della partita più consistente: nel giro di una ventina di giorni, dal 4 al 26 novembre '99, sei società "con più azioni esecutive di un unico disegno criminoso in concorso fra loro - per dirla con il Decreto di citazione a giudizio" hanno smaltito illegalmente circa 2000 tonnellate di rifiuti plastici. Vittorio Spagnolo e Luigi Spagnolo, rispettivamente padre e figlio, direttore tecnico e legale rappresentante della società Milano Maceri srl, hanno contattato la società Plast 2000 srl di Milano, che a sua volta ha contattato la società svizzera P.M. Professional Management S.A. di Pambio, che ha contattato le seguenti tre società cinesi con sede a Hong Kong: Hop Fung Hoi Suen Trading co.ltd, Hung Hing Trading co. e C.B. Holdings ltd. Un giro vorticoso di documenti, probabilmente ordito al fine di disperdere le tracce, effettuato mentre i rifiuti da Settimo Milanese giungevano, via La Spezia, direttamente nella cittadina cinese di Pou Lin, a 200 chilometri da Hong Kong. Cinque società "di transito", tre cinesi con sede operativa ai piani alti dei palazzoni del centro di Hong Kong, una a Milano e una in svizzera. Tutte con la stessa caratteristica: nessuna competenza nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti. Per quanto riguarda la seconda tranche, che ha interessato 35 container per circa 500 tonnellate di materiale, i rifiuti sono passati per il porto di Ravenna tra il dicembre del '99 e il marzo 2000. Le società implicate sono tre: la Milano Maceri srl, da dove sono nuovamente partiti i container, e due società, la I.V.A. srl e la I.V.A. snc, facenti capo alla stessa persona, Giuseppe Poli, di Reggio Emilia. In teoria, i rifiuti sarebbero dovuti andare nel capoluogo emiliano per essere lavorati, trasformati in materia prima e regolarmente venduti. Di fatto, da Settimo Milanese sono nuovamente partiti per Pou Lin, questa volta passando per il porto di Ravenna. Di lavorazione del rifiuto, anche in questo caso, nessuna traccia. E arriviamo al terzo canale di smaltimento illecito, utilizzato dal 27 luglio al 14 dicembre 2000. Questa volta la Milano Maceri srl, sapendo di essere sotto il controllo della polizia forestale, ha pensato bene di contattare una società belga di Anversa, la Ralton Trading & Forwarding. Questo al fine di mascherare il "commercio extraeuropeo" di rifiuti, soggetto a severi controlli, sotto le vesti del "commercio europeo", più facile da manovrare. «È stato un trucchetto - spiega Gianni De Podestà - perché essendo Anversa all'interno della Comunità europea, i movimenti di questo tipo di rifiuti non hanno bisogno di autorizzazione preventiva». In poche parole, essendo il materiale non lavorato (anche se i documenti dichiaravano che lo era) la società milanese, per tutelarsi nei confronti di un eventuale controllo che poteva svelare il trucco, ha prodotto documenti falsi che portavano ad Anversa, in modo da non incappare in sanzioni per mancata autorizzazione preventiva. In realtà i rifiuti, dal porto di Genova, sono stati trasportati ancora una volta nella sventurata cittadina di Pou Lin. Un'indagine a metà Una ricostruzione documentale puntigliosa quella degli inquirenti bresciani, che ha visto il commissario De Podestà impegnato in ben tre giorni di udienza, in aula a Milano, per chiarire le idee al giudice incaricato. E nonostante questo l'indagine non è stata sviluppata fino in fondo. Le società straniere ad esempio, a parte quella svizzera, non sono state coinvolte. «Non abbiamo fatto una rogatoria internazionale - spiega Gianni De Podestà - perché abbiamo visto con il p.m. che ci avrebbe portato via troppo tempo». E durante lo svolgimento delle indagini all'estero, gli imputati in Italia sarebbero stati probabilmente scagionati per decorrenza dei termini. Gli unici indagati stranieri, che rispondono in concorso del traffico di rifiuti, sono i due Pelossi, padre e figlio, amministratori della società svizzera P.M. Professional Management spa. Si sono recati spontaneamente a Milano, dietro richiesta del p.m. incaricato, presentata al tribunale di Lugano. Sostengono di essere stati truffati, e di aver dato ben 20 mila dollari alle società cinesi purché si tenessero i rifiuti plastici. Diverse le impressioni degli inquirenti, che sostengono: «i Pelossi gestiscono finanziarie di ogni genere, difficile che si facciano fregare così». Michele Pelossi, legale rappresentante della società e figlio del finanziere Giorgio Pelossi, noto alla polizia di mezzo mondo, raggiunto da noi telefonicamente ha spiegato: «Non ricordo bene, ho qui sepolta parecchia documentazione, ora non mi occupo più di questi business. Era un mio cliente che ho seguito in quel periodo, e purtroppo i venditori gli hanno fornito della merce sbagliata». Molto strana questa amnesia, dal momento che il processo che lo vede imputato è tuttora in corso a Milano. Ancora diversa è la versione rilasciata agli inquirenti di Brescia: «La moglie di Michele Pelossi è cinese - spiega De Podestà - e, a suo dire, voleva mettersi a commerciare nel tessile. Abbiamo anche saputo che aveva cercato altri clienti in Francia e Germania». Ma le difficoltà incontrate dall'inchiesta non finiscono qui. Un mese prima del sequestro dei capannoni nel milanese, i due Spagnolo a capo della Milano Maceri srl hanno costituito una nuova società denominata Eco Energy srl, intestandola a un loro dipendente di nome Paolo Sala. «Stavano volturando l'autorizzazione della Milano Maceri srl alla nuova società - sottolinea il commissario De Podestà - in modo tale che, in caso di sequestro della prima, potevano tranquillamente continuare a operare con la seconda». Ma l'operazione non è riuscita, perché gli inquirenti, appena si sono accorti del "trucco", hanno chiesto e ottenuto in extremis il blocco della voltura presso l'albo regionale, e il sequestro di tutte e due le società. Pochi giorni dopo, "casualmente", uno dei capannoni di Settimo Milanese prendeva fuoco volatilizzando parte del compromettente materiale plastico. E arriviamo all'implicazione dell'amministrazione pubblica che, da potenziale truffata, diventa truffatrice. «I funzionari della provincia di Milano incaricati dei controlli - dice il commissario della forestale bresciana - andavano spesso a fare le verifiche nei siti indagati, e qualche mese prima della nostra perquisizione, nel luglio 2000, hanno certificato che l'attività della ditta era regolare». Nonostante questo, il p.m. ha deciso che «non c'erano i presupposti finali per indagare i funzionari pubblici», e gli ispettori provinciali l'hanno fatta franca. Il verdetto del processo è atteso per la fine di febbraio. Operazione Oriente si chiude; i responsabili saranno - speriamo - incriminati. Ma i rifiuti restano a Pou Lin. E non è che la punta di un iceberg. Come dice il commissario De Podestà, «le forze sono quelle che sono. Noi abbiamo sviluppato questa indagine, però ce ne sono tantissime altre, e il problema degli imballaggi di plastica nel nostro paese è sempre più grosso». La Dinasty della monnezza Spagnolo Vittorio, direttore tecnico e gestore di fatto della società Milano Maceri srl, luogo di partenza dei rifiuti non lavorati. Nato a Stignano nel 1937, vive a Settimo Milanese. Spagnolo Luigi, legale rappresentante della società Milano Maceri srl, luogo di partenza dei rifiuti non lavorati. Nato a Como nel 1962, è figlio di Vittorio Spagnolo e vive a Settimo Milanese. Pelossi Giorgio, legale rappresentante della società P.M. Professional Management spa, committente della principale spedizione di container in Cina. Nato a Bellinzona nel 1938, vive a Pambio, Svizzera. È un noto finanziere elvetico affiliato alla loggia massonica P2, come dichiara egli stesso alla rivista ticinese "L'inchiesta", fino al 1987. Nel '95, in seguito alle deposizioni rilasciate ai magistrati di Augsburg, in Germania, nel corso delle quali denuncia irregolarità fiscali dell'ex socio in affari Karlheinz Schreiber, diventa il testimone chiave nel processo al cancelliere tedesco Helmut Kohl. Si tratta della "tangentopoli tedesca", scoppiata in seguito ad alcuni versamenti irregolari effettuati dal finanziere Schreiber al Cdu, il partito democristiano tedesco del cancelliere. Il 20 gennaio 2000 viene arrestato dalla polizia americana negli Stati Uniti e tradotto nel Metropolitan Correctional Center di Chicago, in Illinois, sulla base di un mandato di cattura internazionale richiesto da un giudice di Milano, Maurizio Grigo. Reato contestato: riciclaggio di denaro proveniente da traffici di droga. Inoltre, dagli archivi della polizia emerge un arresto nel 1986 da parte della polizia svizzera per appropriazione indebita, truffa e amministrazione infedele; un fermo nel '94 eseguito dai carabinieri di Catanzaro nell'ambito dell'operazione antiriciclaggio Gaucho; una segnalazione della polizia di Almeria, in Spagna, per un'altra vicenda di riciclaggio. Pelossi Michele, legale rappresentante della società P.M. Professional Management spa, committente della principale spedizione di container in Cina. Nato a Zurigo nel 1966, è figlio di Giorgio Pelossi. ART. 53: la nuova arma contro le ecomafie "Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni" (Articolo 53-bis del Decreto Legislativo n. 22 del 1999, comma 1) È solo dal 2001 che, grazie a questo piccolo ma importantissimo comma dell'articolo 53, gli inquirenti sono in grado di contrastare e perseguire penalmente i traffici illeciti internazionali di rifiuti. Volontari per lo sviluppo - Gennaio-Febbraio 2003 © Volontari per lo sviluppo
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