rassegna stampa: OGM - Donne in agricoltura



Due articoli, uno sulla questione OGM, che, nonostante siano palesemente
rifiutati dalla popolazione di ogni paese europeo, continuano ad essere
propinati come indispensabile necessità, in tutte le salse, attraverso
orchestrate campagne di informazione e progetti "scientifici" gestiti da
aziende del Biotech o con fondi provenienti dalle stesse, l'altro sulla
questione, mai abbastanza valorizzata, delle donne in agricoltura.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est

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Tratto aa "Affari e Finanza" di Repubblica del 29 settembre 2003.

Sempre nera la fumata sugli Ogm
BIO-TECH
EUGENIO OCCORSIO
Saranno anche alleati di Bush nella campagna d’Iraq, ma gli inglesi si
stanno rivelando un osso durissimo per le aziende Usa a proposito di un’
altra campagna, stavolta in senso letterale: quella per riempire le colture
agricole di semi geneticamente modificati, i famigerati Ogm. La stragrande
maggioranza dei 37mila cittadini britannici che hanno preso parte ad una
serie di 600 dibattiti organizzati dal governo, in apertura dei quali i
tecnici spiegavano le implicazioni scientifiche ed economiche, hanno
espresso cautela, sospetto e ostilità. Gli Ogm fanno ancora paura. Lo stesso
governo Blair ha raccolto i negativi risultati in un rapportosondaggio
intitolato GM Nation? in cui si legge che appena il 2% degli interpellati si
è detto tranquillo rispetto a queste colture. «Ben pochi appoggerebbero la
commercializzazione degli Ogm su larga scala fin da ora», ha dichiarato in
una conferenza stampa il presidente del comitato indipendente per il
dibattito sugli Ogm, il professor Malcolm Grant. «Quasi tutti i partecipanti
alla rilevazione sono d'accordo che è necessario raccogliere un maggior
numero di informazioni e compiere ulteriori studi su tali colture prima di
adottarle su larga scala».
Una delle paure più frequenti a cui i partecipanti hanno dato voce è quella
che le colture transgeniche finiscano per contaminare coltivazioni
convenzionali o biologiche. Proprio su questo punto anche in un altro paese
europeo cruciale come la Spagna, unico stato in Europa dove vengono
coltivate piante geneticamente modificate, hanno deciso di vederci chiaro
fino in fondo. L’Istitut de Reçerca Y Tecnologia Agrolimentaries, in
collaborazione con il dipartimento dell’agricoltura della Catalogna, ha
allestito campi sperimentali per condurre uno studio sulla coesistenza tra
colture ogm e tradizionali. Obiettivo dello studio, la valutazione del
flusso genico da piante a piante tradizionali, considerando diversi
parametri quali ad esempio il ruolo del vento. I risultati di queste
sperimentazioni saranno disponibili a fine anno, e serviranno da
orientamento per il governo di Madrid sul ruolo da assumere verso gli ogm.
Dal marzo 1998 i contadini spagnoli coltivano il mais Bt. Ora un campo
sperimentale di 7 ettari è stato allestito a Ivars d’Urgell (Lleida), di
proprietà del dipartimento dell’Agricoltura di Catalogna. Un appezzamento di
50x50 metri è stato seminato con mais gm e il resto con mais tradizionale.
Quanto all’Italia, nulla si muove a livello di governo, ma un gruppo di
aziende ha creato il Centro di documentazione sulle agrobiotecnologie, con
sedi a Roma e Milano, con l’obiettivo appunto di promuovere l’informazione
scientifica ed economica relativa all’impiego delle biotecnologie in
agricoltura.
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Tratto da "Il Cittadino" - 2 ottobre 2003.

San Colombano   Le imprenditrici dei campi si radunano domenica al castello:
«Serve la loro fantasia»
«Agricoltura, il futuro è donna»
Sono diventate già il 20 per cento: «La salveranno loro»

San Colombano  «L'agricoltura è in crisi, e le prospettive per il futuro non
sono certo promettenti. Stiamo attraversando un periodo nero, e con
l'ingresso nell'Unione Europea dei Paesi dell'est la situazione non potrà
che peggiorare». Non potrebbe essere più esplicito il sindaco di San
Colombano Giancarlo Rugginenti esponendo la situazione non solo locale
dell'agricoltura. E come unica via di uscita a questo quadro di evidente
difficoltà, il primo cittadino indica la valorizzazione delle donne
nell'agricoltura.
Una presenza lasciata ai margini fino a qualche anno fa ma che in poco ha
saputo imporsi, raggiungendo nel Lodigiano una percentuale sul totale delle
aziende agricole pari a oltre il 20 per cento, e con una crescita continua
in controtendenza rispetto alla generale diminuzione di aziende agricole.
«Serve la loro capacità, la loro fantasia, le loro capacità imprenditoriali
e innovatrice - ha continuato Rugginenti -. È questa l'unica via
percorribile per uscire dal quadro che altrimenti si delineerebbe».
Si apre sotto questi auspici a San Colombano la quarta edizione di Fattoria
nel Castello, una manifestazione partita in sordina quattro anni fa ma
capace oggi di radunare ben 35 imprenditrici agricole, che nella sola
giornata di domenica 5 ottobre proporranno, nella corte del castello
Belgioioso, i loro prodotti (dal vino ai salumi, dal miele alla marmellata)
e le loro innovazioni, con possibilità anche di degustazioni. Tra le
partecipanti ci sono le imprenditrici Viviana Ravizzini di Mairago, Anna
Maria Cazzaniga di Truccazzano, Gabriella Gaiani di Locate Triulzi e
l'enologa Giacomina Grassi di San Colombano.
«Per noi è qualcosa di più di una semplice fiera - ha spiegato Chiara
Nicolosi, dell'associazione "Donne in campo", durante la presentazione
dell'evento -, è un'occasione per incontrare i cittadini, confrontarci sulle
nostre scelte, sulla qualità dei nostri prodotti, sull'imprenditoria
femminile in generale».
La manifestazione vede la partecipazione di tutte le associazioni agricole
femminili della Lombardia. Per tutte le 35 espositrici inoltre sarà
preparata un'apposita scheda con il profilo personale di ognuna, per
scoprire come è nata la scelta agricola e come si lavora nelle aziende in
rosa, «ma anche - ha spiegato ancora Chiara Nicolosi - perché questo possa
essere un esempio e uno stimolo per altre donne affinché possano dedicarsi e
impegnarsi nell'agricoltura».
Un esempio concreto di come lo stile e la determinazione femminile possano
in qualche modo cambiare le sorti dell'agricoltura è stato infine portato da
Viviana Ravizzini, del Coordinamento imprenditoria femminile: «Sono ormai
tre anni - ha spiegato - che nell'azienda di famiglia abbiamo avviato un
caseificio per la trasformazione del latte prodotto. È un piccolo passo, ma
che va nella direzione di risolvere almeno parzialmente il problema delle
quote latte, investendo e valorizzando in un altro modo una piccola parte
del latte prodotto e che altrimenti andrebbe buttato».

Davide Cagnola

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