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Presentato al Tar del Lazio ricorso contro il protocollo sulle semine siglato fra il MIFAP E MONSANTO- PIONEER HI BRED
- Subject: Presentato al Tar del Lazio ricorso contro il protocollo sulle semine siglato fra il MIFAP E MONSANTO- PIONEER HI BRED
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Fri, 3 Oct 2003 12:09:26 +0200
Nella giornata di ieri è stato depositato, al Tar del Lazio, il ricorso. con richiesta di immediata sospensiva, contro il "Protocollo operativo di gestione tecnica in materia di presenza ogm nel mais per la campagna 2003", sottoscritto il 18 agosto 2003. Il "Protocollo" è stato sottoscritto dal MIPAF, dai rappresentanti delle Regioni Friuli Venezia Giulia , Lombardia , Veneto , Emilia Romagna , alla presenza dei rappresentanti delle associazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, Confederazione italiana agricoltori e delle aziende sementiere Pioneer e Monsanto. Questo protocollo ha consegnato la gestione del mais inquinato da OGM, illegale in italia, nelle mani degli stessi inquinatori, minimizzando così responsabilità, pericoli, danni irreversibili alla nostra agricoltura e disinnescando di fatto la possibilità da parte degli agricoltori e cittadini danneggiati di rivalersi, chiamando a rispondere anche in sede penale, sulle ditte sementiere proprietarie dei brevetti e delle tecnologie del mais OGM. Il ricorso contro il "Protocollo" è stato sottoscritto dall'Associazione Sementieri Italiani, da AltrAgricoltura Nord Est, da A.I.A.B.(Associazione Italiana Agricoltura Biologica), da A.M.A.B. (Associazione Mediterranea Agricoltura Biologica), dalla COOPERATIVA AGRICOLA BRACCIANTI S.C.A.R.L. "GIULIO BELLINI", da un cittadino ed un agricoltore/allevatore in rappresentanza delle loro realtà sociali. L'iniziativa vuole mantenere aperta e viva la discussione sulla necessità per tutti gli operatori del settore e per i cittadini di scendere in campo per fermare, oggi, l'introduzione degli OGM attraverso i microinquinamenti illegali o le proposte di soglia di tolleranza, addirittura per il biologico, che distruggerebbero l'agricoltura europea legata alle specificità dei territori, i percorsi e metodi di qualità, il cibo sicuro. Invitiamo tutti ad essere partecipi e/o promotori delle iniziative contro il modello di agricoltura globalizzata attorno agli OGM ed alla brevettazione del vivente. Vi inviamo il testo del ricorso, di seguito ed in copia allegata. a cura di AltrAgricoltura Nord Est ---------------------------------------- TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO RICORSO PER AS.SE.ME (Associazione Sementieri Mediterranei), in persona del presidente, legale rappresentante p.t. Francesco Savoca, ALTRAGRICOLTURA, in persona del legale rappresentante p.t., dott. Luciano Mioni, A.I.A.B.(Associazione Italiana Agricoltura Biologica), in persona del presidente, legale rappresentante p.t. Vincenzo Vizioli A.M.A.B. (Associazione Mediterranea Agricoltura Biologica), in persona del presidente Guno Girolomoni, COOPERATIVA AGRICOLA BRACCIANTI S.C.A.R.L. "GIULIO BELLINI", in persona del legale rappresentante p.t. Sante Baldini, nonché per i sig.rri ADRIANA BROGIO e RICCARDO DONINI, n.q., rispettivamente di cittadini ed operatori agricoli residenti nelle regioni firmatarie dell'accordo, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Luciana Selmi, come da deleghe a margine e in calce al presente atto ed elettivamente domiciliati presso il Suo studio in Roma, Via Ugo Bassi n. 3. ricorrenti CONTRO ·MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, resistente NONCHÉ NEI CONFRONTI DI ·Pioneer Hi Bred Italia S.r.l., in persona del presidente legale rappresentante p.t. e ·Monsanto Agricoltura Italia Spa, in persona del presidente, legale rappresentante p.t. controinteressati PER L'ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIVA Del "Protocollo operativo di gestione tecnica in materia di presenza ogm nel mais per la campagna 2003", sottoscritto il 18 agosto 2003 recentemente conosciuto - di seguito "il Protocollo" - in materia di presenza accidentale OGM per la campagna 2003. FATTO 1.In data 18 agosto 2003, alla presenza del rappresentante del MIPAF, dott. Giuseppe Ambrosio, dei rappresentanti delle Regioni Friuli Venezia Giulia , Lombardia , Veneto , Emilia Romagna , alla presenza dei rappresentanti delle associazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, Confederazione italiana agricoltori, nonché alla presenza anche dei rappresentanti delle ditte sementiere Pioneer e Monsanto, veniva sottoscritto e ratificato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali il Protocollo impugnato nel presente ricorso. 2.Il provvedimento impugnato ha tratto origine dalla scoperta, da parte delle competenti autorità ministeriali e sanitarie locali, di presenza accidentale di ogm in alcune partite di sementi di mais utilizzato nella campagna colturale del 2003. Infatti, in seguito a tale scoperta le competenti autorità ne hanno in alcuni casi disposto il sequestro amministrativo, in altri casi - Regione Piemonte - disposto la distruzione, con ordinanza del presidente della giunta regionale, al fine di porre rimedio alla situazione di illegalità (che sarà in seguito illustrata), ridurre al minimo il rischio di contaminazione ambientale ( rispetto alle colture convenzionali e biologiche, comunque libere da ogm) e limitare la diffusione di tali prodotti agricoli nella catena agro-alimentare, evitando così il rischio per la salute umana e animale 3. Tale Protocollo, in sintesi, ha da un lato ( equamente ) previsto che le aziende sementiere paghino all'agricoltore il valore che sarebbe stato corrispondente a quello del raccolto, ma, dall'altro lato, ha stabilito che il mais inquinato da ogm verrà raccolto e stoccato dalle ( medesime ) industrie sementiere con "ricollocamento sul mercato industriale" per scopi energetici e "vendita al miglior prezzo di mercato", in tal modo aggirando il dovuto obbligo di provvedere alla distruzione di tali prodotti. 4.Tale protocollo si è, dunque, palesato come un tentativo di avallare e minimizzare l'illegalità derivante dall'introduzione di coltivazioni ogm all 'interno del nostro paese, a seguito della vendita agli agricoltori di sementi certificate come esenti da ogm e che, in realtà, tali non erano. E, circostanza gravissima, tali previsioni del protocollo sono in grado di giocare a favore di un processo di inquinamento agro-ambientale (in ambito agri-colturale, ma non solo ) con un impatto amplissimo e, quel che è più grave, irreversibile (vedi documenti tecnici allegati ). 5.Infatti, il contenuto di tale documento, come si illustrerà meglio in seguito, nonostante la sostanziale giustizia della previsione che le aziende sementiere provvedano ai risarcimenti degli agricoltori, risulta affetto da vizi formali tali e tanto gravi, nonché da vizi di ingiustizia sostanziali per tutti: il fatto che, un accordo soltanto tra alcune delle parti che operano in questo settore, abbia deciso derogando a quelle che sono espresse previsioni di legge) così profondamente, che in questa sede la scrivente associazione è a richiederne l'annullamento per i seguenti motivi. PREMESSA NORMATIVA Nell'ambito della materia oggetto del contendere, infatti, risultano fondamentali le seguenti previsioni legislative e non legislative: ·Gli artt. 9, II c, e 32 Cost. "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività..." ·La Direttiva 2001/18/CE (attuata dal D.Lgs. 8 luglio 2003 n. 224 ), del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001 "sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la Direttiva 90/220/CEE del Consiglio", nella quale viene ribadito il principio, in precedenza introdotto, per cui l'emissione e l'immissione in commercio di OGM, in tutte le forme in cui possono presentarsi, sono possibili solo se rispettose delle procedure volte ad assicurare un preventivo controllo dei rischi, in base al meccanismo delle notifiche e delle autorizzazioni. Nonché l'art.32 (della citata Direttiva) sulla Attuazione del protocollo di Cartagena sulla biosicurezza", protocollo (che vincola, tra l'altro, gli Stati firmatari, Italia compresa, al rispetto del principio di precauzione ) ratificato dall'Unione Europea con decisione del 31 luglio 2002 (vedi G.U.C.E. L.201 del 31 luglio 2002) in fase di prossima attuazione considerato il raggiungimento, il 13 giugno 2003, del 50° Stato firmatario (il PALAU). Altresì degni di nota sono il 4°, il 10° Considerando e l'art.9 della stessa Direttiva 2001/18/CE. ·La Raccomandazione (non vincolante perché non normativa) della Commissione del 23 luglio 2003 "Recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche", in particolare i punti 2.2.2, 2.2.4 e 3.2.1. ·La legge 30 aprile 1962 n.283 e successive modificazioni "Vigilanza igienica su alimenti, bevande, sostanze uso agrario", nella quale all'art.1 conferisce all'autorità sanitaria - dunque, in ambito amministrativo - il potere dovere di effettuare controlli e di procedere al sequestro delle coltivazioni contaminate ed, eventualmente, alla loro distruzione, qualora vi sia pericolo per la pubblica salute. ·Il Decreto Legislativo 24 Aprile 2001, n.212, recante l' "Attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e controlli" - il quale statuisce all'art.1, comma 2, che la messa in coltura dei prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate possa avvenire solo a seguito di autorizzazione del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, di concerto con il Ministro dell'Ambiente ed il Ministro della Salute. Inoltre, anche sulla scorta della legge 1096 del 1971 e del suo regolamento di esecuzione, D.P.R. 8 ottobre 1973, n. 1065 modificato dal D.P.R. n. 322 del 9 maggio 2001), con l'art. 8 bis, di detto regolamento (introdotto dall'art. 3 del D.P.R. n. 322 stesso), si precisa "al fine di evitare forme di contaminazione non previste e che possono arrecare danno ai sistemi agrari, alle produzioni biologiche o habitat naturali protetti di piante e animali del Paese, i miscugli in cui siano mescolati prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate, devono rispettare per quanto attiene alla loro coltivazione e commercializzazione le medesime disposizioni previste per i prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate". Ancora, per l'art. 19, comma 4°, introdotto dall' art.7 del d.lgs. n. 212 richiamato, la commercializzazione può riguardare solo varietà iscritte nei registri nazionali o nei cataloghi comuni europei. ·Il decreto legislativo del marzo 1993 n. 92, "Attuazione della direttiva 90/220/CEE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati", in particolare l'art.11. ·La circolare del Ministero delle politiche agricole e forestali n.2170 del 13 dicembre 2001 avente ad oggetto " Campagna Semina 2003 - modalità di controllo sementi mais e soia per la presenza di organismi geneticamente modificati". ·La circolare n.4 del 23 dicembre 2002 dell'Ispettorato Centrale Repressioni Frodi, riguardante le direttive impartite dal Ministero delle politiche agricole e forestali ed il programma nazionale coordinato di controlli sulle sementi di mais e soia per la ricerca di OGM. ·Infine, degna di nota per le enunciazioni in essa contenute e nonostante sia priva di efficacia vincolante diretta, la Decisione della Commissione UE del 2 settembre 2003 "Relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente modificati nell'Austria superiore, notificate dalla Repubblica d'Austria a norma dell'articolo 95, paragrafo 5 del trattato CE". DIRITTO 1.VIOLAZIONE DI LEGGE PER INCOMPETENZA DEI SOGGETTI STIPULANTI A CONCLUDERE TALI ACCORDI PER MANCANZA DI DELEGA, NONCHÉ PER ECCESSO DI POTERE AI SENSI DELLA LEGGE 241/1990 ART. 14. A) Non è dato in alcun modo, vista la ingiustificata esclusione della ricorrente dalla partecipazione al procedimento amministrativo, riscontrare se i rappresentanti delle Regioni firmatarie avessero, effettivamente, i poteri per la sottoscrizione di tale accordo o a quale titolo essi rappresentavano le amministrazioni di provenienza oppure se avendoli siano incorsi in situazioni di eccesso di delega. B) Inoltre, appare con notevole chiarezza che se l'atto impugnato fosse un accordo tra privati esso mai e poi mai potrebbe intervenire a regolare tali materie perché soggette espressamente a riserva di legge, sulla scorta della normativa fondamentale che regola tale settore e, dapprima, ampiamente richiamata. Bensì, in questo caso quello che si configura formalmente consiste nella manifestazione di volontà dotata di rilevanza esterna posta in essere da un'autorità amministrativa nell'esercizio di una funzione amministrativa per un caso concreto e per determinati destinatari, dunque, ci troviamo innanzi al canonico prototipo di atto amministrativo. Tuttavia, tale atto nasce inficiato, oltre che dai vizi finora enunciati, anche altri gravi vizi. Infatti, considerando che "Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi" ( art. 14, comma 1, legge 241/1990 ), il provvedimento de quo è stato assunto nella più ampia noncuranza delle specifiche previsioni degli artt. 14-14bis-14ter e 14quater della l.241/1990. L'interpretazione fornita dalla stessa giurisprudenza in merito appare illuminante: " La particolare natura della conferenza di servizi è quella di consentire ai soggetti ed enti a vario titolo interessati al provvedimento finale di far conoscere il proprio punto di vista secondo lo schema della partecipazione funzionale, per cui ciascun apporto mantiene la sua autonomia; pertanto, la conferenza stessa costituisce una formula organizzativa assimilabile al previo concerto, strumento procedimentale di emersione e comparazione d'interessi pubblici, destinati a sintetizzarsi nel provvedimento finale, e non un vero e proprio organo collegiale ove le singole manifestazioni di volontà si fondono in una, fermo restando, che la conferenza di servizi non è il luogo giuridico in cui si assumono le decisioni finali, ma solo la sede ove tutti gli interessi pubblici rilevanti in un certo ambito vengono palesati e confrontati e, quale strumento di collaborazione e di accelerazione del procedimento, il suo valore resta determinato dall'ampiezza degli interessi considerati e dalla qualità dei singoli apporti tecnici" ( TAR Veneto, sez. III, 13/02/2001, n.248 ), ed inoltre: "La l. 7 agosto 1990 n. 241, la quale rappresenta una più compiuta esplicitazione dei contenuti del canone costituzionale del buon andamento della p.a. e attribuisce dignità di criteri normativi ai concetti di economicità, semplicità, celerità ed efficacia della sua attività, nell'ipotesi (art. 14) di una pluralità di interessi pubblici coinvolti in uno stesso procedimento e di un loro esame contestuale, disegna un modello di procedimento in cui una delle funzioni principali è proprio quella di coordinamento ed organizzazione dei fini pubblici (a cui attendono istituti quali la comunicazione di avvio del procedimento, la partecipazione degli interessati, il responsabile del procedimento, la conferenza di servizi), con la conseguenza che l'esercizio dissociato dei poteri che fanno capo allo stesso ente per la realizzazione dei fini suddetti, specie ove tra essi sussista un obiettivo collegamento, contrasta col criterio di ragionevolezza e con quello di buona amministrazione" (C. Stato, sez. V, 28-06-2000, n. 3639). 2.VIOLAZIONE DELLA LEGGE 241/1990: ECCESSO DI POTERE, NELLE FORME SINTOMATICHE DI MANCATO AVVISO DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO E MANIFESTA ILLOGICITA' DEL PROVVEDIMENTO. Come accennato, risultando che l'amministrazione per l'emanazione del provvedimento de quo ha provveduto, sua sponte, travisando lo spirito della norma, ad avviare un procedimento per giungere all'emanazione dell'atto qui impugnato, l'illegittimità del provvedimento è maggiormente da considerare per le violazioni degli artt. 7-8 della legge 7 Agosto 1990 n. 241. Come risulterà anche dalla lettura dei documenti allegati, risulta incomprensibile il motivo per cui il protocollo nella sua stesura provvisoria del 12 agosto 2003 prevedesse anche la presenza - seppure nell'a ssenza della ricorrente, ad essa non imputabile - delle associazioni sementiere. La legge in questione, infatti, prevede all'art.7 che: "Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'art. 8 ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti…", in proposito, anche la giurisprudenza del C.d.S., sez. V, n.1364, del 26/09/1995 che afferma:" La comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo, di cui agli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241, ha lo scopo di consentire all'interessato, a proposito di ogni atto amministrativo che possa recare offesa ai suoi diritti, libertà e interessi, di proporre fatti e argomenti e, occorrendo, di offrire mezzi di prova di cui l'autorità amministrativa terrà conto…", ed ancora, al riguardo, C.d.S. sez. V, 21 gennaio 2002, n. 343: "L'obbligo della comunicazione di avvio del procedimento non costituisce un mero adempimento formale perché esso mira anche a meglio indirizzare la manifestazione della volontà della P.A. Orbene, nel momento in cui la P.A. ha deciso di avviare un procedimento ex officio diretto a stabilire delle regole, comuni e condivise, essa doveva necessariamente premurarsi di dare avviso ai soggetti che nell'ambito della filiera risultano destinatari, in questo caso loro malgrado, di provvedimenti aventi un'efficacia generale. Questi ultimi, infatti, avrebbero potuto sia decidere di provvedere ad effettuare proposte - unitariamente o singolarmente - sia avrebbero potuto decidere di aderire per proprio conto, comunque, con la consapevolezza dell'avvio di un procedimento destinato a porre delle regole in un settore nel quale essi compongono elemento fondamentale completamente nuovo, rispetto a quello cui avevano pur preso parte. In mancanza di questo avviso, della violazione dell'interesse del ricorrente e della legittima previsione di intervenire nel procedimento si è in presenza di quel "cattivo uso di potere da parte della P.A." ( Quaranta ), che caratterizza l'eccesso di potere. 3.VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE LA DIRETTIVA 2001/18/CE (ATTUATA DAL D.LGS. 8 LUGLIO 2003 N. 224 ), DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO DEL 12 MARZO 2001 "SULL'EMISSIONE DELIBERATA NELL'AMBIENTE DI ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI E CHE ABROGA LA DIRETTIVA 90/220/CEE DEL CONSIGLIO" . VIOLAZIONE DELL'ART.95 DEL TRATTATO ISTITUTIVO DELLA COMUNITA' EUROPEA. ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLA ILLOGICITÀ, DELLA CARENZA DI MOTIVAZIONE, TRAVISAMENTO DI FATTO E CONTRADDITTORIETÀ DELL'ATTO. A) Ai sensi della indicata direttiva (attuata dal D.Lgs. 8 luglio 2003 n. 224), per l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati viene stabilita una procedura di autorizzazione articolata in più fasi, stante la considerazione del rischio per la salute umana e l'ambiente . Infatti, per poter essere immessa nel mercato e per la circolazione nel territorio comunitario, una semente geneticamente modificata deve superare due apposite fasi: 1) l'autorizzazione alla sua modificazione genetica, come previsto dalla Direttiva 2001/18/CE, 2) la sottoposizione agli esami previsti dalla norma comunitaria per ciò che riguarda le sue caratteristiche di varietà. Soltanto l'esito positivo di tali passaggi consente a) di registrare la varietà nel catalogo nazionale delle sementi, b) dopo tale iscrizione, di poter liberamente far circolare le sementi di tale varietà in tutto il territorio della Comunità. Ora, considerando quanto risulta dal testo del Protocollo al punto A. rubricato "Premessa", ossia: "La competente autorità ministeriale ha accertato la presenza accidentale di ogm su alcune partite di seme di mais, che sono state seminate nel corso della campagna colturale del 2003. Il mais alla data odierna ha iniziato il processo di maturazione nel territorio…. In alternativa alla distruzione delle colture provenienti da dette sementi, si ritiene opportuno operare attraverso una gestione tecnico-economica del problema anche al fine di ottenere informazioni utili per le prossime campagne mediante l'effettuazione o di analisi fogliari in pre-raccolta o di analisi della granella ( pre o post-raccolta) del mais…". Emerge, dunque, immediatamente la rilevazione che - sotto il profilo ambientale - quelle che sono le previsioni generali stabilite per l'introduzione di organismi geneticamente modificati risulterebbero, in pratica, lettera morta. Ciò che si prefigurerebbe, se il provvedimento impugnato rimanesse incontestato, potrebbe essere rappresentato come una forma particolare di rilascio in massa di ogm (occorre sottolineare che il richiamo contenuto nel documento al fattore dell'accidentalità della contaminazione risulta fallace e fuorviante - come si dirà per esteso in seguito- perché nell'ambito delle sementi, è praticamente impossibile prevenire o controllare la dispersione del polline ed i probabili incroci fra ogm e specie selvatiche o coltivate. Addirittura le stesse aree protette a fini naturalistici sarebbero soggette a rischio di contaminazione). Violazione palese delle disposizioni della Direttiva 2001/18/CE può essere rinvenuta anche alla luce dell'art. 23, rubricato "Clausola di salvaguardia" , il quale al II periodo del comma 1 stabilisce espressamente: " Lo Stato membro provvede affinché, in caso di grave rischio, siano attuate misure di emergenza, quali la sospensione o la cessazione dell'immissione in commercio, e l'informazione del pubblico". Ancora, dalla lettura del Considerando n.55 della Decisione della Commissione del 2 settembre 2003 "Relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente modificati nell'Austria superiore, notificate dalla Repubblica d'Austria a norma dell'articolo 95, paragrafo 5 del trattato CE", emerge chiaramente la seguente disposizione : "…la direttiva 2001/18/CE non prevede alcun valore soglia (de minimis) in relazione alla presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di OGM non autorizzati nelle sementi. Di conseguenza gli Stati membri non hanno il potere di determinare le quantità di OGM considerate pericolose né - quindi - di stabilire tali soglie". B) Secondo l'art.95, paragrafo 5, del Trattato CE, "allorché, dopo l' adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre disposizioni nazionali fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione ambientale o dell'ambiente di lavoro giustificate da un problema specifico a detto Stato membro insorto dopo l'adozione della misura di armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste dalla Commissione precisando i motivi dell'introduzione delle stesse". In questo caso risulta la palese violazione anche della suindicata procedura comunitaria. Infatti, oltre al fatto di contravvenire alla previsione del principio base della Direttiva 2001/18/CE, nel protocollo impugnato viene travisato lo spirito delle norme richiamate e delle direttive in tema di sementi che consentono la libera circolazione delle sementi geneticamente modificate autorizzate a livello comunitario, e non di quelle che, arbitrariamente, ha ratificato - anche se per altri scopi, comunque nocivi- il MIPAF. 4.VIOLAZIONE ED ERRATA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 25 NOVEMBRE 1971 N. 1096 E DEL REGOLAMENTO DI ESECUZIONE, D.P.R. 8 OTTOBRE 1973, N. 1065 ( MODIFICATO DAL D.P.R. N. 322 DEL 9 MAGGIO 2001) . ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETÀ CON LA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI N.2170 DEL 13 DICEMBRE 2002 AVENTE AD OGGETTO LA CAMPAGNA DI SEMINA 2003". DIFETTO DI MOTIVAZIONE. E' opportuno rammentare che la circolare afferma nella premessa, che "in attesa dell'emanazione di una specifica normativa europea e in applicazione del ' principio di precauzione ' di cui al comma 14 dell'art.19 della legge 1096/1971, non è possibile autorizzare la semina di varietà non iscritte nel registro nazionale italiano, né la presenza di sementi geneticamente modificate in lotti di sementi convenzionali". Nel Protocollo impugnato vi è, infatti, la generica affermazione che " il livello delle presenze accidentali riscontrate dalle analisi effettuate si attesta su valori inferiori o prossimi allo 0,1%". Sulla base delle tecnologie attualmente esistenti, è verosimile che una sia pur infinitesimale presenza di ogm in partite di sementi convenzionali sfugga alla verifica. Ma questo dato di fatto non può essere utilizzato per inficiare l'obbligo legislativo ribadito dalla circolare 2170/2002, di mantenere la c.d. tolleranza zero, ossia di non ammettere alla coltivazione e commercializzazione - e tiene a precisare: di nessun tipo di immissione in commercio - di sementi nelle quali siano presenti ogm non autorizzati. Il limite tecnologico non inficia lo scopo della legislazione: infatti, una volta che sia stata individuata una traccia di ogm e si tratta di ogm non autorizzati la commercializzazione e la semina non sono possibili, pena l' applicazione delle sanzioni di legge. 5.VIOLAZIONE DI LEGGE ED ERRATA APPLICAZIONE DEL D. LGS. 24 APRILE 2001, N.212, DELL'ARTT. 1 E 2. ECCESSO DI POTERE PER FALSO PRESUPPOSTO E TRAVISAMENTO DI FATTO. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. Nella parte del Protocollo relativa alla "Gestione della granella prodotta" viene puntualmente previsto che: "1. Le produzioni di cui al presente protocollo , separate dalle altre, sono raccolte e stoccate dalle ditte di cui al punto 2, secondo modalità definite dalla competente autorità regionale. 2. Le ditte sementiere firmatarie del presente protocollo si impegnano a ritirare ed acquistare dai produttori agricoli il prodotto proveniente dalle sementi già risultate positive all'analisi OGM; in caso di mancato acquisto le Amministrazioni pubbliche si riservano i provvedimenti di competenza". Quanto ivi contemplato non rappresenta altro che un clamoroso esempio di disposizione che si arroga il potere di violare le previsioni legislative. Infatti, ai sensi dell'art. 2, comma 1, delle d.lgs. 212/2001 " per "commercializzazione" si intende la vendita, la detenzione a fini di vendita, l'offerta in vendita e qualsiasi collocamento, fornitura o trasferimento mirante allo sfruttamento commerciale di sementi a terzi, con o senza compenso. Non sono considerate commercializzazione le operazioni non miranti allo sfruttamento commerciale delle varietà come: a) la fornitura di sementi a organismi ufficiali di valutazione e ispezione; b) la fornitura di sementi a prestatori di servizi per lavorazione o imballaggio, purche' essi non acquisiscano titoli sulle sementi fornite; c) la fornitura di sementi in determinate condizioni a prestatori di servizi per la produzione di talune materie prime agricole a fini industriali, ovvero per la propagazione di sementi finalizzata alla produzione di talune materie prime agricole a fini industriali, purchè essi non acquisiscano titoli sulle sementi fornite ne' sul prodotto del raccolto". E, fondamentalmente, le sopraindicate censure al Protocollo trovano un notevole riscontro anche dalla lettura del testo dell'art. 1, commi 1 e 2 del decreto legislativo citato, i quali stabiliscono : "1. Il presente decreto da' attuazione alle disposizioni dell'Unione europea, concernenti la libera circolazione delle sementi nell'ambito dell'Unione stessa, di cui alle direttive 98/95/CE e 98/96/CE. Al fine di assicurare la tutela della salute umana e dell'ambiente, detta attuazione avviene nel rispetto del principio di precauzione di cui all'articolo 174.2 del Trattato di Amsterdam.2. Ai prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate si applicano le disposizioni della legge 25 novembre 1971, n. 1096 e della legge 20 aprile 1976, n. 195, e, per quanto non disposto da dette leggi o dal presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni recate dal decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92, e successive modificazioni. La messa in coltura dei prodotti sementieri di cui al presente comma e' soggetta ad autorizzazione con provvedimento del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e del Ministro della sanita', emanato previo parere della Commissione di cui al comma 3, nel quale sono stabilite misure idonee a garantire che le colture derivanti da prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate non entrino in contatto con le colture derivanti da prodotti sementieri tradizionali e non arrechino danno biologico all'ambiente circostante, tenuto conto delle peculiarità agro-ecologiche, ambientali e pedoclimatiche" Si domanda, quindi, come sia stato possibile - e con il rischio di quali conseguenze - l'avallo di tale scelte da parte dell'organo statuale preposto dalla legge alla tutela ed al rispetto delle norme in questo settore; avallo concesso sino, addirittura, ad arrivare a consentirne la commercializzazione e "la coltivazione di fatto"moltiplicando l'effetto di illegalità causato dalla vicenda in quanto in primis non ne è stata disposta la distruzione, poi non sono stati presi provvedimenti a carico delle ditte responsabili, ed, infine, sono state lasciate libere di commercializzare tale prodotto inquinante ( ulteriormente inquinando come si illustrerà appresso ). Peraltro, l' assoluta carenza di motivazione discende dal fatto che se da una parte il protocollo riconosce apertamente che la situazione in atto avrebbe dovuto portare alla distruzione delle sementi in campo, atteso che la stessa messa a coltura e, dunque, la presenza sul territorio sono di per sé fonti di inquinamento e di possibili danni alla salute dei cittadini ed alle colture degli altri operatori agricoli attivi nel medesimo territorio, dall'altro non fornisce alcuna motivazione in merito alla diversa scelta effettuata. Anzi, la possibilità concessa agli agricoltori coinvolti di portare liberamente a termine le coltivazioni ed alle imprese sementiere di raccogliere la produzione ottenuta e , dulcis in fundo, addirittura di commercializzarla, costituisce una risposta contraddittoria ed inadeguata rispetto ai pericoli legati allo svolgimento stesso della coltivazione in campo ed al rischio di contaminazioni che nel perdurare della medesima coltivazione, ossia ancor prima della raccolta, possono danneggiare altre colture non inquinate da ogm! Al riguardo, mette conto ricordare che, a proposito delle malattie che colpiscono animali, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha opportunamente rammentato che l'abbattimento è atto dovuto in quanto esclusivo rimedio alla rimozione dei rischi, per cui non è necessaria alcuna motivazione al provvedimento che lo determina. Viceversa la motivazione è necessaria quando l'amministrazione opti per una soluzione alternativa (quale lo spostamento a scopo di macellazione di suini clinicamente sani, ovvero l'autorizzazione a portare a termine l'ingrasso di suini presenti in reparti di produzione distinti e tali da evitare la propagazione del " virus" da un reparto di produzione all'altro (Consiglio di Stato, 14 novembre 1996, n. 1364): motivazione, dunque, che deve fornire anche indicazioni circa le adeguate contromisure adottate per ovviare ai pericoli che, in linea di principio, solo la distruzione materiale sarebbe in grado di assicurare. Ebbene, nel nostro caso, il protocollo si è limitato molto semplicemente ed altrettanto superficialmente solo ad annunciare la rinuncia alla distruzione. La soluzione adottata senza il supporto di alcuna valida ed adeguata motivazione non integra gli estremi di una alternativa ragionata e verificabile nei suoi presupposti e nei suoi risultati. Anzi, la soluzione adottata risulta ictu oculi non in grado di rimuovere le ragioni fondamentali che militano a favore del provvedimento di distruzione che lo stesso protocollo pur riconosce quale esito necessario della violazione di legge perpetrato. Infatti, la prosecuzione della coltivazione sul campo per di più, in assenza di alcuna determinazione restrittiva dei poteri di gestione e di disposizione da parte dei coltivatori ( si pensi allo stesso semplice sequestro delle colture ) costituisce risposta inidonea: questa non solo lascia del tutto impregiudicati i pericoli di inquinamento ambientale legati alla stessa presenza della coltivazioni, ma ne permette l'incremento e la moltiplicazione che sono legati alla prosecuzione temporale stessa delle coltivazioni. 6.VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 1 ED ART. 4, PUNTO 1, DELLA LEGGE 833/1978 "ISTITUZIONE SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE". DISPARITA' DI TRATTAMENTO EX ART.3 DELLA COSTITUZIONE. Il protocollo impugnato è, altresì, affetto dai vizi derivanti dalla disparità di trattamento nella tutela del diritto alla salute dei cittadini. Infatti, rappresenta un fatto noto all'intera collettività, che fattispecie sostanzialmente analoghe accadute durante il mese di luglio u.s. sono state considerate e trattate in misura assolutamente differente. Ci si riferisce agli episodi di rinvenimento di terreni contaminati da ogm posti sotto sequestro dalle competenti autorità sanitarie in Piemonte e che, infine, sono stati completamente distrutti su disposizione di ordinanza del Presidente della Regione Piemonte ( nonostante fosse stato presentato ricorso al TAR Piemonte per la sospensiva cautelare di tali decisioni ). Tale denunciata disparità di trattamento discende dalla considerazione che il mais sottoposto alla gestione del Protocollo consta in una identica situazione a quella verificatasi in Piemonte. Analizzando, dunque, ai sensi della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale - legge n. 833/1978, nello specifico dell'art.4, punto 1, il quale recita: "Con legge dello Stato sono dettate norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi per tutto il territorio nazionale e stabilite le relative sanzioni penali, particolarmente in materia di: 1) inquinamento dell'atmosfera, delle acque e del suolo…" , si potrà notare che i cittadini residenti nelle regioni firmatarie del protocollo godono di una tutela della salute affievolita rispetto ai residenti in Piemonte. 7. VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 32 DELLA COSTITUZIONE E VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 174 DEL TRATTATO DI AMSTERDAM CHE MODIFICA IL TRATTATO SULL'UNIONE EUROPEA: ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE. A)Non possono accertarsi interpretazioni tali da rendere inefficace il diritto fondamentale alla tutela del bene salute, così come previsto dall' art. 32 della Costituzione. Infatti, ai sensi delle decisioni prese nell' ambito del Protocollo, l'unico bene realmente tutelato sembrerebbe quello, ugualmente di rango costituzionale, del diritto di fare impresa ex art.41 Cost. B) Dalla lettura del principio di precauzione, principio riconosciuto dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992, come diritto e obbligo degli Stati,trova riferimento esplicito nel Trattato della Comunità europea (modificato dal Trattato di Amsterdam, art. 174), che così recita: "La politica ambientale della Comunità in materia ambientale mira a un livello elevato di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga".....". L'applicazione del principio di precauzione comporta, in sostanza, l'adozione di decisioni cautelative allorquando, in presenza di rischi gravi o irreversibili, non sia ancora possibile stabilire con certezza, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, un'esatta relazione tra causa ed effetto. L'attivazione del ricorso al principio di precauzione dipende, sostanzialmente, dalla mancanza o dalla disponibilità parziale di tutti gli elementi necessari per effettuare la valutazione del rischio di un fenomeno, di un prodotto o di un processo. II ricorso al principio di precauzione presuppone l'esistenza di "una valutazione scientifica del rischio che, per l'insufficienza dei dati, il loro carattere non concludente o la loro imprecisione, non consente di determinare con sufficiente certezza il rischio in questione". Conseguentemente, le misure di protezione adottate in base al principio di precauzione non possono che avere un carattere provvisorio, collegato, evidentemente, all'evoluzione delle conoscenze scientifiche o alla disponibilità di dati pertinenti e attendibili. "L'onere della prova", così come avviene per le autorizzazioni dei pesticidi e dei biocidi, spetta comunque alle imprese interessate, e il rischio di un prodotto potenzialmente pericoloso è considerato inaccettabile fino a quando non sia dimostrato il contrario. Secondo l'interpretazione della Corte di giustizia e della Commissione delle Comunità europee, il principio enunciato nell'art. 174 del Trattato, è un principio generale del diritto comunitario, la sua applicazione non è limitata al diritto ambientale, ma si estende ad altre materie di interesse comunitario, in particolare la tutela della salute e dei consumatori. Interessa, quindi, i tre tipici settori di intervento della ricerca e delle applicazioni biotecnologiche, come del resto confermano le più recenti direttive, che si ispirano al principio precauzionale e vincolano espressamente gli Stati membri al rispetto del medesimo principio nella relativa disciplina di attuazione. E' il caso, ad esempio, della Direttiva 2001/18/CE (ben noto al ricorrente) del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, (considerando (8) ). Varrà la pena ricordare l'atteggiamento della giurisprudenza costituzionale riguardo l'applicazione del presente principio: infatti, nella sentenza 382/1999 la Corte respinge le censure di illegittimità costituzionale relative ad una legge della Regione Veneto che prevede valori limite di esposizione ai campi elettromagnetici molto inferiori rispetto a quelli imposti dal D.P.C.M. 23 aprile 1992. Nel caso ora ricordato la Corte riconduce la disciplina regionale -di natura evidentemente precauzionale, considerato lo stato delle evidenze scientifiche in materia- alla competenza regionale "dell'assistenza sanitaria, intesa come complesso degli interventi positivi per la tutela e promozione della salute umana". La stessa Corte dichiara inammissibile, perché mera doglianza di merito, la censura di lesione dell'interesse nazionale prospettata dall'Avvocatura dello Stato, per il maggior onere economico che la normativa comporterebbe per l'ente gestore, e quindi per gli utenti del servizio in tutto il territorio nazionale, con ipotetici benefici per la salute nel solo territorio veneto. Ed ancora sempre nella giurisprudenza della Corte costituzionale è rinvenibile un atteggiamento analogo nella sentenza 351/1999, in cui risulta chiaramente che l'adozione di misure precauzionali di tutela della salute umana rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 32 della Costituzione che in determinate situazioni legittima e impone l'adozione di adeguate misure di cautela, (nel caso di specie "l'adozione di opportune cautele in ordine alla eliminazione del consumo umano e animale e del materiale specifico a rischio ottenuto da animali della specie bovina, ovina e caprina", punto 7 del considerato in diritto). Della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (C. Giustizia 5.5.2998 cause riunite 157/96 e C. 180/98…" Orbene, si deve ammettere quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, che le Istituzioni possono adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi…") ed ancora di quella di legittimità (cfr. sentenza Corte Costituzionale 351/99 e Corte di Cassazione 1636/2000). 5 bis) VIOLAZIONE DELL'ART.41 DELLA COSTITUZIONE NELLA PARTE IN CUI TUTELA LA LIBERA INIZIATIVA PRIVATA CHE SI SVOLGA NEL PIENO RISPETTO DELLA LEGISLAZIONE. La singolare deroga che il Protocollo, in modo illegale ed illegittimo introduce , peraltro senza adeguata motivazione, circa il rispetto della normativa comunitaria e nazionale che vieta la coltivazione e la commercializzazione di sementi contenenti ogm integra anche una violazione del diritto di iniziativa economica degli altri operatori agricoli presenti in quel medesimo territorio i quali possono assai verosimilmente vedere le proprie colture di mais contaminate per via della proseguita coltivazione di quelle contenenti ogm. Invero, siffatti operatori, sebbene rispettosi della legge, per effetto della forzata prosecuzione delle colture contaminate assicurata dal Protocollo, potrebbero da un lato soffrire un pregiudizio alla loro libertà di iniziativa che è tutelata proprio da quel divieto legislativo riguardante le sementi ogm, violato da alcuni operatori concorrenti, dall'altro subire gli effetti di quella stessa legislazione in termini di possibile sequestro delle loro produzioni - in quanto contaminate di rimbalzo - : con la duplice beffa, da un lato di non aver concorso ab origine alla propagazione di sementi ogm e dall'altro di non poter fruire del trattamento che il Protocollo ha riservato ai soli operatori che ab origine avevano acquistato e messo a coltura sementi contaminate ! In altre parole, il divieto di coltivazione costituisce al momento una prima fondamentale risposta al problema relativo alla coesistenza tra colture trasgeniche e colture tradizionali. Il problema della coesistenza, al centro dell'attenzione della recente Raccomandazione della Commissione, richiede in ogni caso -. ammesso e non concesso che sia concretamente praticabile nel nostro Paese ad alta intensità di coltivazioni e con maglie poderali assai piccole - che si elaborino soluzioni tecniche adeguate alle peculiari caratteristiche dei singoli territori. Rilievo quest 'ultimo sufficiente ad illuminare ancor meglio l' arbitrarietà e l' inadeguatezza della soluzione accolta nel Protocollo, la quale, infatti, si è limitata - bontà sua! - da un lato ad escludere immotivatamente la distruzione - allo stato dell'arte l'unico rimedio efficace per rimuovere i rischi generati, tenendo anche conto della specificità dei territori italiani coinvolti-, dall'altro a permettere la prosecuzione delle coltivazioni senza preoccuparsi di tutelare i terzi operatori rispettosi della legge. *********** SULLA NECESSITA' DI PROVVEDERE ALLA SOSPENSIONE CAUTELARE DEL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO Ritenendo già ampiamente illustrati i profili afferenti al ricorso in questione che sotto il profilo del fumus boni iuris lo rendono affetto di illegittimità e riservandosi di approfondire ancor più tali aspetti nella Camera di Consiglio, tuttavia occorre descrivere quali aspetti del periculum in mora rendono necessaria ed indilazionabile la sospensione del Protocollo impugnato. Preliminarmente, si vuole richiamare l'attenzione del Collegio sull' interpretazione giurisprudenziale che si va formando in questo campo, in particolare sulle recentissime decisioni del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte, sede di Torino, pronunciatosi su circostanze analoghe ( terreni inquinati da sementi ogm non autorizzate nei cui confronti, il Presidente della Giunta regionale del Piemonte aveva - correttamente - ordinato la distruzione causando l'impugnazione dell' ordinazione da parte della ditta sementiera interessata), nello specifico i Decreti Presidenziali nn.819/2003 e 820/2003 (in allegato), nonché sulla ancor più recente decisione della Corte di Giustizia Europea del 9 settembre 2003 nella causa C-236/01 pendente tra la Monsanto Italia SpA ed altri nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altri ( in allegato ). Di fondamentale importanza è l'attenta considerazione della parte del documento relativa alla "Gestione della granella prodotta", punto 3, che stabilisce " La destinazione delle produzioni è il ricollocamento sul mercato industriale come carburante ecologico ( bioetanolo ) o come biomassa per gli impianti di produzione energetica; altro impiego, ad uso diverso dall'alimentazione umana ed animale previsto dalla legislazione vigente, è sottoposto ad autorizzazione del Ministero, d'intesa con la Regione competente per territorio, fatta salva l'evoluzione della normativa italiana e comunitaria". Ma le predette statuizioni, lette alla luce del documento tecnico ( in allegato ) del dott. Enrico Lucconi, dell'Istituto sperimentale per la cerealicoltura, "Mais trasformazione e utilizzazione industriale della granella" è illuminante circa l'elevato residuo di rischio ambientale. Infatti, permettendo ai soggetti firmatari di ricavare indirettamente, da tale illecito comportamento, un profitto, potendo l'agricoltore alienare il mais inquinato per la sua trasformazione in bio-etanolo e soprattutto potendo poi le ditte sementiere rivenderlo per altri scopi industriali. Sotto un profilo strettamente tecnico, è bene chiarire che il rimedio è più grave del male che si vorrebbe curare, perché non tiene conto di tutte le operazioni necessarie per arrivare a questa trasformazione, in particolare nella fase di raccolta meccanica dal campo del prodotto (trebbiatura), in cui si verifica una dispersione notevolissima della granella (che è anche seme) che non può essere evitata, granella da caricare negli automezzi di trasporto, presenti sul campo nel momento della stessa raccolta. Inoltre, tali mezzi ed automezzi, inquinati, vanno ad operare altrove, con dispersione ulteriore dei residui. Insomma, un disastro se si valutano puntualmente tutti i passaggi per arrivare alla produzione del bioetanolo. In concreto, quanto più alta è la produzione, tanto più sono impegnative la raccolta e la conservazione per la destinazione finale. Su un prodotto di 100 quintali non è difficile perderne 3/4. Un ritardo di un mese nella raccolta può aumentare di altri quintali le perdite stesse (cfr. "La moderna coltivazione del mais", Samuel R. Aldrich e Earl R. Leng, 275, R.E.D.A. - Roma). La produzione di bioetanolo impone, poi, la degerminazione del mais; germe dal quale si ricava olio che potrà essere destinato all'alimentazione umana (olio di semi di mais). Una volta ottenuto, dal germe pressato, l'olio in questione, il "panello" residuo viene destinato all'alimentazione animale. E tutto ciò considerando solo le operazioni più usuali e comuni e sottolineando la circostanza che attualmente stanno approssimandosi le operazioni di raccolta del mais inquinato . Tutto ciò premesso, Si chiede All'Ecc.mo tribunale adito che voglia accogliere integralmente il presente ricorso, dichiarando illegittimi e conseguentemente annullando, previa sospensione, il provvedimento oggi impugnato, e per l'effetto provvedere ai sensi delle normative vigenti in materia di introduzione di ogm non autorizzati, nonchè al risarcimento del danno ambientale eventualmente verificatosi. Con vittoria di onorari, competenze e spese. Roma, lì 19 settembre 2003 Avv. Luciana Selmi RELATA DI NOTIFICA Istante come in atti io sottoscritto uff. giud. Addetto all'Ufficio Notifiche della Corte d'Appello di Roma ho notificato copia autentica e conforme dell'antescritto ricorso a: 1) M.I.P.A.F. - Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, in persona del Ministro p.t., domiciliato ex lege presso l'Avvocatura Generale dello Stato in Via dei Portoghesi n. 12, - 00186 ROMA. 2) Pioneer Hi Bred Italia, in persona del legale rappresentante p.t., presso la sede in via Giuseppina n.9, 26030 Malagnino, Cremona. 3) Monsanto Agricoltura Italia, in persona del legale rappresentante p.t., via S. Colombano 81/a - 26900 LODI. ---------------------------------------- N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a altragricoltura at italytrading.com
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