rassegna stampa: Gli Ogm non passano a Bruxelles



Nulla di fatto, a Bruxelles, sulle soglie di tolleranza per gli OGM nelle
sementi. Si mantiene aperto un importante spazio per rilanciare la
moratoria sugli OGM e rinnovare l'agricoltura europea puntando sulle
produzioni Free OGM.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "il Manifesto" - 30/9/03

Gli Ogm non passano a Bruxelles
Il vasto fronte del no alle soglie di contaminazione consentita resta
compatto e rilancia
Italia bicefala Enzo Ghigo lancia il principio della «tolleranza zero»
contro gli Ogm, ma il sottosegretario Scarpa Bonazza va dietro alle
multinazionali del settore
ALBERTO D'ARGENZIO
BRUXELLES
Gli Ogm non passano: Italia, Germania, Belgio, Grecia, Austria, Portogallo
e Lussemburgo fanno fronte e continuano a dire no alle proposte della
Commissione sulle soglie di contaminazione consentita (inquinamento da
vicini geneticamente modificati), la scorciatoia per ammettere de facto gli
ogm sulla nostra tavola, e a nostra insaputa. I 25 dovevano discutere ieri
a Bruxelles il progetto dell'esecutivo comunitario che prevede limiti di
contaminazione tra lo 0,3 e lo 0,7% a seconda delle sementi. Ma la partita
non si è chiusa come speravano la Commissione e le multinazionali del
settore: «L'Europa non deve prevedere l'introduzione di soglie di
contaminazione accidentale per le quali deve invece valere il principio
della tolleranza zero», affermava a nome della Presidenza italiana Enzo
Ghigo, presidente della Regione Piemonte. Con lui i rappresentanti di 5
piccoli paesi e della poderosa Germania, contro tra gli altri la Spagna
(l'unico paese Ue in cui si piantano Ogm in 25.000 ettari a mais
modificato), il Regno unito e la Francia. Parigi diviene ora il tassello
chiave, il paese da conquistare per far passare la linea verde nell'Unione.
Ma in Europa si gioca anche un'altra partita, di principio, tra chi chiede
una normativa comune in materia - Italia, Austria, Lussemburgo, Danimarca,
Portogallo, Grecia e Belgio - e chi invece considera sufficiente la
regolamentazione attuale, che permette di fare di testa propria in nome
della «sussidiarietà». Entrando ieri in stallo, l'Unione sta di fatto dando
ragione a chi vuole fare in patria come meglio crede, una posizione che
indebolisce l'Ue nei negoziati internazionali. La mancanza di una normativa
comune obbliga poi i governi ad agire rapidamente per colmare una
situazione di incertezza giuridica pericolosa soprattutto adesso, a pochi
mesi da una semina che viene dopo un anno difficilissimo per il settore
agricolo in tutta Europa.

Così dopo l'etichettatura (a luglio è stato approvato un regolamento che
impone la segnalazione dei prodotti contenenti più dello 0,9% di ogm e la
specificazione della filiera) entrano in scena i semi. Il fatto è che le
sementi volando inquinano e rendono impossibile la distinzione tra prodotti
Ogm free e quelli modificati. Contro la possibilità di ammettere un limite
di inquinamento, poi inverificabile, Ghigo lanciava ieri la «tolleranza
zero», con un ulteriore argomento importante: la necessità di definire a
«livello europeo il quadro delle responsabilità, la possibilità di
indennizzo delle perdite economiche connesse ad un'eventuale contaminazione
genetica». In sostanza il governo italiano cerca di rigirare la frittata,
per farla senza Ogm. Bloccata la proposta sulla contaminazione consentita,
si rilancia con il nodo delle responsabilità civili che agirebbe come
deterrente per i coltivatori intenzionati a utilizzare semi gm. Altro punto
importante proposto da Ghigo è la necessità di definire in un ambito
geografico ampio il concetto di coesistenza, in modo da aprire la porta
alla definizione di «aree agricole omogenee» o zone «Ogm free». Ivan Verga,
vicepresidente dell'associazione Verdi ambiente e società rilanciava
chiedondo per i primi di novembre la convocazione degli «Stati generali
della Coalizione Ogm-free» a dimostrazione che «è l'intero sistema-paese a
essersi mobilitato per affermare la difesa di un modello di sviluppo
agricolo e alimentare fondato su qualità, sicurezza e sostenibilità». Un
sistema-paese compatto con un governo lacerato. Ieri a Bruxelles l'Italia
si presentava bicefala: Ghigo, appoggiato completamente da Alemanno, contro
gli Ogm e il sottosegretario Paolo Scarpa Bonazza dietro alle
multinazionali del settore.
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le, se i prodotti transgenici devono essere tracciati ed
etichettati, perché continuare a proibire la loro coltivazione in pieno
campo e la loro comparsa sui mercati?
Dal momento che i consumatori hanno la possibiltà di scegliere, perché
proscriverli? Il quesito sembra logico, ma soltanto se ci si dimentica del
problema che aveva consigliato agli inizi l'istituzione di quella moratoria,
che ora si pensa di abolire.
Dopo aver sancito, secondo paradosso, il principio di non-equivalenza tra
prodotti transgenici e no, in forza della tracciabilità e dell'
etichettatura, si formula ora il principio di coesistenza, tra agricoltura
OGM e agricoltura tradizionale e biologica.
Per l'agricoltura tradizionale, almeno in teoria, tale coesistenza potrebbe
essere percorribile, sarebbe sufficiente restare sotto la soglia prescritta
di contaminazione, ma se, nel caso dell'agricoltura biologica la soglia non
può essere che zero, il problema diventa insormontabile.
Perché, e tutti gli scienziati lo confermano, non c'è modo di assicurare
alle colture biologiche di non ricevere dei geni OGM soprattutto se le
piante transgeniche vengono coltivate su grandi estensioni.
Ed è a questo punto che la UE fa ricorso alla soluzione di Ponzio Pilato e
si fa portare il bacile per lavarsi le mani.
Le due agricolture, si afferma, devono coesistere, però è compito di ogni
paese decidere come.
Ahimè, gli OGM, introdotti in pieno campo, spazzeranno via l'agricoltura
biologica, però la UE, perfettamente consapevole di questa circostanza, si
comporta come chi è cieco perché non vuol vedere, passa ipocritamente la
responsabilità dell'estinzione ai governi dei paesi membri.
Insomma, assegna agli altri un compito impossibile.
Ponzio Pilato, sulla piazza di Gerusalemme, non si è comportato
diversamente.
Ma vediamo che cosa nel nostro paese si sta congetturando di fare: il
Ministero delle risorse agricole e forestali, nel tentativo di ottenere la
quadratura del cerchio, salvando capre e cavoli, sarebbe intenzionato, per
quanto ne so, di dar vita a degli estesi compartimenti territoriali
coltivati a OGM, isolati da altri, ad agricoltura biologica.
Si tratta di una ipotesi praticabile?
Si consideri che le api possono andare a raccogliere il polline fino a più
di dieci km di distanza, ragion per cui lo spazio di rispetto tra i suddetti
compartimenti a diversa gestione agricola, dovrebbe essere davvero
considerevole, e ci chiediamo se la strategia sia realistica.
Ancora: se per il mais si potrebbe avere qualche speranza di successo, dato
che la specie è di origine americana e non ha da noi delle piante spontanee
impollinabili, per la colza, che può ibridarsi con numerose specie
selvatiche, sarà possibile creare un isolamento efficiente fra campi OGM e
biologici?
Bisognerebbe, in barba alla conservazione della biodiversità, distruggere
tutte le piante selvatiche abilitate a fungere da ponte biologico alla
diffusione dei geni modificati!
Se ne conclude che il principio di coesistenza è fasullo e che la
sospensione della moratoria decreta la fine dell'agricoltura biologica.
Contro quello che l'UE ha sempre affermato di promuovere: una agricoltura
che conciliasse l'ecologia e l'economia, la conservazione e la produzione,
optando non più per la quantità ma per la qualità, tutelando i prodotti
tipici e la sicurezza alimentare dei consumatori, tutte cose che l'
agricoltura biologica è in grado di garantire.
E poi, a che pro?
Le multinazionali delle biotecnologie non hanno mantenuto nessuna delle loro
promesse: le varietà di colza tradizionali, per esempio, producono quanto la
colza transgenica, se non di più, l'uso della chimica, che con gli OGM
avrebbe dovuto diminuire, sta invece crescendo ovunque sulle piante
resistenti agli erbicidi, il mais Bt si è rivelato più volte incapace di
controllare le infestazioni della piralide, che per altro, ultimo paradosso,
non richiede quasi mai degli interventi chimici.
Infine: le colture OGM sono veramente economiche?
Mi risulta che l'agricoltura biologica, legata alla tipicità dei prodotti e
alla conservazione del territorio, sia in crescita nel mondo, soprattutto da
noi, e che la sua reddittività sia fuori discussione.
Vogliamo, per compiacere le multinazionali delle biotecnologie, barattare l'
agricoltura biologica con un piatto di lenticchie?

Giorgio Celli
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