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Indonesia: Deforestazione e violazione dei diritti umani in West Papua
- Subject: Indonesia: Deforestazione e violazione dei diritti umani in West Papua
- From: "F A B I O C C H I::" <fabiocchi at inwind.it>
- Date: Mon, 23 Dec 2002 03:18:08 +0100
Indonesia: Deforestazione e violazione dei diritti umani in
West Papua
http://www.ecquologia.it/sito/pag89.map Secondo Amnesty International, le forze di sicurezza
Indonesiane forniscono protezione alle aziende nazionali e transnazionali che
operano nella West Papua e contemporaneamente si rendono responsabili di
gravi violazioni di diritti umani. L'estrazione mineraria e la deforestazione
hanno provocato danni ambientali e leso i diritti delle popolazioni
indigene. Coloro che rivendicano i diritti sulla terra sono spesso accusati di
essere ribelli o separatisti. Un rapporto dell'ICG sostiene che ci sia una
stretta connessione tra l'estrazione di risorse naturali, gli interessi
finanziari dell'esercito e l'attuale conflitto nella West Papua. Il WWF esprime
preoccupazione per il previsto aumento delle piantagioni di palma da olio nei
prossimi anni, che potrebbe incrementare il gia' alto tasso di deforestazione in
Indonesia.
Fonte: Amnesty International; Down to Earth; WWF International Traduzione a cura di Fabio Quattrocchi mailto:FABIOCCHI at inwind.it *************** Se volete ricevere queste news, mandate una email vuota a mailto:econotizie-subscribe at yahoogroups.com e replicate al messaggio di conferma che vi viene inviato *************** Dicembre 2002 - Amnesty International ha denunciato le violazioni di diritti umani connesse alle attivita' economiche nella West Papua (in passato conosciuta anche come Iran Jaya). L'organizzazione ha chiesto al governo di Jakarta e alle multinazionali che conducono attivita' economiche nella West Papua di rispettare e tutelare i diritti umani. Gli incidenti come le recenti uccisioni del personale della miniera di oro e rame della multinazionale Statunitense Freeport da parte di gruppi armati non identificati, assieme alle accuse secondo cui i membri dell'esercito Indonesiano (che forniscono protezione militare alle multinazionali) sono responsabili delle violazioni di diritti umani contro le popolazioni locali, sottolineano la difficolta' di garantire la sicurezza delle operazioni commerciali e, allo stesso tempo, di rispettare e proteggere i diritti umani di coloro che vivono vicino alle zone in cui tali operazioni commerciali vengono portate avanti. La Papua e' la provincia Indonesiana piu' estesa e tra le
piu' ricche di risorse naturali. Le sue ricchezze minerarie e le foreste
tropicali che, assieme a quelle della Papua Nuova Guinea, rappresentano la terza
foresta pluviale piu' estesa del pianeta (secondo il WWF la foresta dell'intera
isola copre 36 milioni di ettari), hanno attirato aziende nazionali e
multinazionali. Vasti tratti di foresta sono stati concessi a compagnie
soprattutto Indonesiane. La miniera di rame ed oro della Freeport e' una
delle maggiori al mondo. Anche le principali multinazionali petrolifere operano
nella regione.
Lo sfruttamento delle risorse naturali e' da molto tempo una
causa di tensione tra i Papuani e il governo centrale. L'estrazione mineraria e
la deforestazione hanno provocato danni ambientali, leso i diritti delle
popolazioni indigene, danneggiato i loro mezzi di sostentamento, i loro costumi
e le loro tradizioni. Cio' ha avuto gravi conseguenze sociali, economiche e
culturali, come lo spostamento forzato delle popolazioni e la perdita dei mezzi
di sostentamento. Le forze di sicurezza si sono rese responsabili di gravi
violazioni dei diritti umani che hanno aggravato le tensioni e alimentato la
domanda di indipendenza dall'Indonesia.
L'enorme operazione di estrazione mineraria della
Freeport e' particolarmente controversa. I gruppi che rappresentano le comunita'
locali, e le ONG nazionali ed internazionali hanno accusato la multinazionale
Statunitense che opera nella miniera di violare il diritto alla sussistenza, di
ignorare i diritti culturali delle popolazioni indigene, di costringere le
comunita' a spostarsi altrove e di distruggere l'ambiente. A meta' degli
anni '90, le forze di sicurezza Indonesiane che operavano intorno alla miniera,
in qualche caso usando le attrezzature della miniera stessa, avevano compiuto
esecuzioni extra-giudiziarie, "scomparse", torture, arresti arbitrari e altre
violazioni di diritti umani.
Lo status politico della Papua era contestato gia'
prima dell'inizio delle operazioni commerciali. La regione era rimasta una
colonia Olandese dopo che l'Indonesia era divenuta indipendente nel 1949. Nel
1962, con un accordo mediato dagli USA, il governo del territorio fu
trasferito temporaneamente alle Nazioni Unite prima di essere ceduto
all'Indonesia nel Maggio 1963. L'accordo prevedeva un referendum monitorato
dall'ONU per confermare o respingere l'annessione all'Indonesia. La votazione si
svolse nel 1969, confermando l'annessione. Tuttavia, il risultato e'
considerato fraudolento da gran parte dei Papuani che erano rappresentati
nello scrutinio da 1,025 individui scelti dal governo Indonesiano.
Il movimento di indipendenza esiste dalla fine degli anni
'60: il Free Papua Movement (OPM) e il suo braccio armato (TPN) che consiste in
piccoli gruppi armati con frecce e altre armi semplici. Il gruppo ha compiuto
attacchi sporadici soprattutto contro l'esercito e le forze di polizia, sebbene
i civili siano stati talvolta vittime di abusi come uccisioni o sequestri. Le
operazioni di contro insurrezione da parte delle forze di sicurezza Indonesiane
contro il movimento sono sfociate in gravi violazioni di diritti umani, come
esecuzioni extra-giudiziarie, "scomparse", tortura e detenzioni
arbitrarie.
Dopo le dimissioni dell'ex presidente Suharto nel 1998 e la
conseguente rimozione delle restrizioni sulla liberta' di parola e associazione
nel paese, un diffuso movimento civile indipendentista e' cresciuto in
Papua, con strutture formali e leader identificabili. La risposta politica del
governo alla crescita del movimento e' stata inconsistente, sebbene siano stati
fatti dei tentativi di dialogo con gli attivisti civili che
chiedono l'indipendenza. Tuttavia, la repressione del movimento, talvolta
contemporaneamente a tali aperture di dialogo, e' continuata.
Gli attivisti indipendentisti, sia armati che non-violenti,
sono stati oggetto di abusi, come l'esecuzione extra giudiziaria di Theyes H.
Elian, presidente del gruppo civile per l'indipendenza PDP. E' stato rapito e
ucciso nella periferia di Jayapura. Il comandante delle Forze Speciali
chiamate Kopassus e 11 suoi subordinati sono i principali sospettati,
ma nessuno ha subito processi giudiziari finora. Nel 2001, i 5 leader
del PDP erano stati accusati di "ribellione e diffusione dell'odio nei
confronti del governo", accuse solitamente usate per arrestare gli attivisti
politici pacifici.
Il rapporto di Amnesty documenta le violazioni avvenute durante un'operazione di polizia nel distretto di Wasior dall'Aprile all'Ottobre 2001. L'operazione, la piu' massiccia dal 1996, era una risposta all'uccisione di 9 persone, compresi 5 agenti di polizia, in due attacchi da parte di gruppi armati non identificati contro alcune multinazionali del legno avvenuti tra il Marzo e il Giugno 2001. Come nell'attacco nella miniera della Freeport (citato all'inizio di questo articolo, ndt), le autorita' Indonesiane hanno accusato il gruppo armato di opposizione, il Free Papua Movement (OPM), di essere il responsabile. Tuttavia, in assenza di un'indagine ci sono ancora dei dubbi sul coinvolgimento dell'OPM. Il distretto di Wasior si trova nella Papua Nord Orientale.
Le multinazionali del legno sono arrivate nell'area agli inizi degli anni '90.
Come e' successo in altre parti della provincia e in tutto il resto
dell'Indonesia, le concessioni forestali sono state negoziate tra le aziende e
il governo centrale, senza alcuna significativa consultazione e partecipazione
delle comunita' locali interessate. I risarcimenti per la perdita delle terre e
dei mezzi di sostentamento sono stati bassi. Risarcimenti inadeguati, assieme al
grave impatto della deforestazione sull'ambiente, sui mezzi di sostentamento e
sulle tradizioni locali e' causa di dispute tra le popolazioni locali e le
multinazionali.
Le proteste
delle popolazioni di Wasior contro le aziende del legno sono state rappresentate
dal Consiglio Tribale Wondama (DPMA). Tra le numerose dispute in cui il DPMA e'
stato coinvolto, una era contro la compagnia PT Darma Mukti Persada (PT DMP),
che ha sede nel villaggio di Wombu, nel distretto di Wasior. La disputa e'
andata avanti per diversi anni, ed era giunta a un vicolo cieco all'inizio del
2001. Nel Marzo dello stesso anno, una protesta delle popolazioni locali blocco'
la strada che portava alla sede della PT DMP. Tre giorni dopo, la base fu
attaccata da un gruppo armato non identificato. Nell'attacco furono uccisi tre
dipendenti dell'azienda.
Rimane poco
chiaro se vi sia un legame tra l'attacco e la protesta. Tuttavia, le autorita'
Indonesiane accusarono immediatamente il movimento per l'indipendenza OPM. I
membri del Consiglio Tribale furono anch'essi accusati di aver appoggiato il
piano. Nei giorni seguenti, la brigata mobile Brimob (un'unita' paramilitare
della Polizia della Rep. Indonesiana usata frequentemente per fornire protezione
alle compagnie commerciali e per le operazioni di contro insurrezione in Aceh e,
in passato, a Timor Est) comincio' le sue operazioni militari a Wombu e nei
villaggi vicini. Secondo le organizzazioni locali che difendono i diritti umani,
le forze di sicurezza compirono atti che terrificarono le popolazioni causando
la loro fuga nelle foreste. I membri del Consiglio Tribale si nascosero per
evitare di essere catturati.
Nel Giugno
seguente, mentre queste operazioni andavano avanti, si verifico' un altro
attacco contro un'altra compagnia del legno, la CV VPP. Cinque membri del
Brimob, che facevano parte di una unita' che forniva protezione armata per la
compagnia, e un dipendente della compagnia stessa, rimasero uccisi nell'attacco.
L'identita' degli attentatori non e' chiara.
Dopo questo attacco, le operazioni militari si
intensificarono e furono allargate anche ad altri distretti. Fu impedito
l'accesso degli stranieri all'area (tra questi c'erano dei difensori di diritti
umani). Seguirono forme di punizione collettiva come la distruzione di case e
dei mezzi di sostentamento: alcune organizzazioni stimano che furono distrutte
55 case nelle operazioni.
Amnesty condanna le uccisioni dei dipendenti delle compagnie
e riconosce la responsabilita' delle autorita' Indonesiane ad identificare e
portare all'autorita' giustizia i sospettati dell'attentato. Allo stesso tempo,
Amnesty e' anche gravemente preoccupata per le misure arbitrarie e
sproporzionate prese dall'unita' paramilitare Brimob in risposta agli attacchi.
Le informazioni disponibili suggeriscono che queste azioni erano delle vere e
proprie rappresaglie contro l'intera comunita', e non la risposta alla
necessita' di portare alla giustizia i responsabili delle uccisioni.
Durante tutta l'operazione, almeno sette persone sono state
uccise e una e' morta in seguito alle torture subite in carcere. Ventisette
persone sono state condannate alla detenzione dopo processi giudiziari iniqui.
Oltre 100 persone sono state arrestate, torturate o altrimenti maltrattate.
Amnesty chiede al governo Indonesiano un'indagine
indipendente sugli abusi compiuti a Wasior e di portare i responsabili alla
giustizia. Il fallimento del governo nel prendere azioni credibili ed efficaci
per indagare sui casi come quelli avvenuti a Wasior consolida l'impunita' e
contribuisce ai problemi sulla sicurezza.
Alle compagnie nazionali e multinazionali, Amnesty chiede di
assicurarsi che le loro operazioni economiche non abbiano alcun impatto negativo
sui diritti umani e le liberta' fondamentali delle popolazioni locali, quindi
chiede di non ingaggiare forze di sicurezza contro cui esistono credibili
accuse di violazioni dei diritti umani, e di impedire l'uso dei loro impianti da
parte di coloro che intendono violare i diritti umani.
Gli eventi accaduti a Wasior nel 2001, aumentano le
preoccupazioni sugli effetti che potrebbe avere lo sviluppo dell'estrazione di
gas naturale nella Bintuni Bay, a circa 250 km da Wasior, da parte della British
Petroleum (BP). Oltre alle preoccupazioni legate al possibile impatto di
tale progetto sull'ambiente e sulle popolazioni indigene, ci si chiede come
possa essere garantita la sicurezza di questo nuovo progetto garantendo
allo stesso tempo che coloro che forniscono la sicurezza non commetteranno
violazioni dei diritti umani.
Amnesty non prende posizione sullo status politico della
Papua, ne' sull'esistenza delle operazioni commerciali. L'organizzazione chiede
solo il rispetto e la protezione dei diritti umani di coloro che vivono nella
provincia e chiede che tali diritti non dovrebbero essere ignorati per il
raggiungimento di obiettivi politici o messi in secondo piano per lo sviluppo
economico. Amnesty considera come responsabilita' primaria del governo
indonesiano quella di assicurare la protezione dei diritti umani, ma crede che
anche altri attori, come le multinazionali, abbiano la responsabilita' di
assicurare la tutela dei diritti umani nelle aree in cui operano. Infine chiede
ai gruppi armati di non commettere violazioni di diritti umani.
Il rapporto e' disponibile per intero su:
Secondo l'organizzazione Down to Earth, le violazioni dei
diritti umani connesse all'industria forestale aumenteranno nella West
Papua se le foreste continueranno ad essere distrutte ai ritmi attuali e le
forze di sicurezza indonesiane continueranno loro attivita' economico-militari
in un clima di totale impunita'. Il gruppo ELSHAM, che si occupa della
difesa dei diritti umani nella West Papua, ha documentato un serie di violazioni
di diritti umani connesse all'industria forestale avvenute all'inizio del 2002
nei sottodistretti intorno a Jayapura. I rapporto cita una serie di casi in cui
dei Papuani erano stati costretti a consegnare ai membri
dell'esercito il legname con la minaccia di essere uccisi con pistole,
torturati e, in un caso, costretti a strisciare per terra e mangiare il terreno.
I perpetratori di tale crimine erano membri delle forze speciali Kopassus e
membri del Battaglione di Fanteria 126 del commando Bukit Barisan. Le vittime
degli abusi citate dal rapporto sono 11 e con un'eta' tra i 15 e i 18 anni.
Le truppe dislocate il villagio Yetti usavano persino sostanze tossiche per
ottenere il pesce, inquinando i fiumi da cui le popolazioni locali traggono
sostentamento e acqua. Il Battaglione 126, dislocato nell'area Arso
dall'Ottobre 2002, gestisce i suoi affari forestali in segreto, usando carri
merce militari e civili per trasportare in citta' il legno derubato agli
indigeni.
Fino a poco tempo fa, quasi tutti i guadagni derivanti dallo
sfruttamento forestale finivano direttamente a Jakarta; il che ha causato un
forte risentimento tra i Papuani. L'esercito e la polizia Indonesiani hanno
giocato un ruolo chiave: sia privando i proprietari terrieri locali dei loro
averi per il beneficio delle multinazionali, sia sfruttando loro stessi le
ricchezze naturali della West Papua. Secondo un rapporto dell'ICG (International
Crisis Group), l'Indonesia non copre completamente il budget dell'esercito
e della polizia con i finanziamenti statali, col risultato che entrambe le
istituzioni guadagnano gran parte del reddito dall'estorzione e da altri crimini
come la deforestazione illegale o l'estrazione mineraria. Questo coinvolgimento
e' pericoloso perche' mantiene vivo nelle forze di sicurezza
l'interesse al proseguimento del conflitto.
Solo il 25-30% del budget militare e' fornito dallo stato. Il
resto dei finanziamenti proviene da attivita' illegali come furti (vedi il caso
documentato dalla ELSHAM), o dalla protezione che l'esercito fornisce alle
multinazionali petrolifere, forestali e minerarie (che pagano per ricevere
tale protezione). Le forze di sicurezza sono anche coinvolte nel traffico di
animali esotici. Secondo ELSHAM, ogni soldato riceve 0.77 dollari al giorno e
viene loro permesso dai superiori di guadagnare dalla deforestazione e dal
commercio di legname per colmare l'inadeguatezza dello stipendio statale.
La compagnia Jayanti paga 20 soldati per reprimere eventuali
proteste delle popolazioni locali. La Jayanti possiede concessioni forestali su
420,000 ettari (di cui 100,000 da convertire in piantagioni di palma da olio).
Secondo ICG, gli abitanti di Tofoi sono stati intimiditi dai membri dell'unita'
paramilitare Brimob (vedi sopra) che erano dislocati nel campo base della
Jayanti. Tra gli azionisti di questa azienda c'e' il cugino di Suharto e vecchi
ufficiali dell'esercito. Il gruppo e' in gravi difficolta' economiche ed e'
stato recentemente accusato dal capo distrettuale di Fak Fak di deforestazione
illegale al di fuori delle concessioni.
Dal primo Gennaio 2002 e' entrata in vigore l'autonomia della
Papua concessa dal governo di Jakarta e approvata dal parlamento. Essa prevede
che il 70% delle royalties derivanti dallo sfruttamento petrolifero e l'80%
delle royalties dalle attivita' minerarie e forestali vadano alla West
Papua, e non piu' al governo centrale. L'autonomia prevede anche l'istituzione
di un consiglio dei popoli Papuani (MRP) per proteggere i diritti
consuetudinari dei Papuani. Tuttavia, l'autonomia speciale non trasferisce
significativi poteri di controllo territoriale, ne' prevede la
demilitarizzazione. Se le forze di sicurezza possono continuare la loro violenta
campagna contro l'opposizione politica della Papua e contro i difensori di
diritti umani per portare avanti le loro attivita' economiche nella totale
impunita', l'autonomia difficilmente calmera' le istanze di indipendenza
dei Papuani.
Il rapporto dell'ICG sostiene che ci sia una
stretta connessione tra l'estrazione di risorse naturali, gli interessi
finanziari delle forze di sicurezza e l'attuale conflitto nella West Papua. ICG
raccomanda la fine del coinvolgimento dell'esercito in queste attivita'
economiche; una moratoria sullo sfruttamento forestale finche' non verra'
formulata una nuova politica che rafforzi il ruolo delle popolazioni locali
interessate, che enfatizzi lo sfruttamento sostenibile e che riveda i meccanismi
di licenza; infine chiede il rafforzamento del divieto di esportazioni di
legname. Il rapporto e' disponibile per intero su www.crisisweb.org
Secondo Amnesty International, gli eventi sollevano
preoccupazioni sulla protezione dei diritti umani nel contesto dello
sfruttamento delle risorse naturali. Tale problema non e' limitato alla sola
Papua. Per esempio, nel sotto distretto di Kaolak nella Provincia del Sud
Salawesi, 30 persone sono state ferite nel Marzo 2002 quando i membri della
Brimob e la polizia locale spararono sulla folla di agricoltori e indigeni che
occupavano la terra acquistata da una multinazionale che voleva convertirla a
piantagioni di cacao. Coloro che rivendicano i diritti sulla terra o altri
diritti che possono entrare in contrasto con le operazioni di deforestazione o
di estrazione mineraria nella West Papua sono spesso accusati di essere
separatisti o ribelli, contro i quali le forze di sicurezza Indonesiane hanno
intrapreso operazioni contro-insurrezione per anni.
Il WWF si dice preoccupato per il previsto aumento delle
piantagioni di palma da olio. Secondo un rapporto dell'organizzazione, la
domanda di olio da palma aumentera' dagli attuali 22.5 milioni di tonnellate
all'anno fino a 40 mln di tonnellate nel 2020. Per soddisfare la domanda, i
paesi produttori dovranno creare altri 6 mln di ettari di piantagioni,
meta' delle quali sara' in Indonesia. A meno che le istituzioni che finanziano
l'espansione del settore, e le compagnie che comprano l'olio da palma, non
insistano in pratiche di coltivazione ambientali e sociali rispettose, il WWF
teme che il risultato sara' un'espansione delle piantagioni a scapito delle
foreste naturali in Indonesia, un paese che ha gia' uno dei piu' alti tassi di
deforestazione del mondo.
Le piantagioni di palma da olio hanno gia' avuto un
drammatico impatto sulle foreste Indonesiane. Dal 1985, le piantagioni sono
passate da 600,000 ettari a piu' di 3 mln di ettari nel 2000, riducendo
gravemente gli habitat di specie minacciate come gli orango tanghi e gli
elefanti di Sumatra. Invece di mettere le piantagioni nelle terre gia'
degradate ampiamente disponibili, le multinazionali del legno, dopo aver
estratto il legname pregiato, incendiano le foreste naturali su cui hanno
ottenuto le concessioni di taglio. La terra viene poi convertita in piantagioni
di palma da olio.
Secondo il WWF, la rapida espansione del settore e' stata
finanziata dalle istituzioni finanziarie Europee, Nord Americane e Asiatiche che
raramente cercano di migliorare le pratiche sociali e ambientali dei loro
clienti. Per cui e' fondamentale che gli investitori, e i commercianti
adottino pratiche migliori.
India, Cina e Pakistan, dove l'olio da palma e' l'olio da
cucina piu' usato, sono i maggiori importatori. Olanda, Gran Bretagna e Germania
sono i maggiori importatori europei, e l'UE intera ha il 17% del mercato
globale di olio da palma. Quest'olio puo' essere trovato in un'ampia serie di
prodotti alimentari e non alimentari, come cosmetici, detergenti, cioccolato,
gelati e margarina.
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