FW: La giustizia ecologica



La giustizia ecologica   (da "il manifesto" 19/7)

"Il Vertice di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile? All''insegna della
legge del profitto. Parla Vandana Shiva"      di MARINA FORTI

Il governo sudafricano è preoccupato. Alla fine di agosto a Johannesburg si
riunirà il vertice dell''Onu sullo «sviluppo sostenibile», o Vertice della
Terra 2, dieci anni dopo quello di Rio de Janeiro: ma le premesse non sono
buone. In maggio l''ultima delle conferenze preparatorie (a Bali, in
Indonesia) non ha trovato consenso sui documenti ufficiali, dichiarazione di
principi e «piano d''azione», ancora contestati su molti punti di sostanza.
La parola fallimento è ormai sulle bocche di tutti. Qualche giorno fa
Greenpeace international è arrivata a dire, per bocca del suo direttore
esecutivo Gerd Leipold, che «un fallimento è preferibile a un pessimo
accordo». Per tentare di appianare le differenze, il segretario generale
dell''Onu Kofi Annan ha riunito ieri per il secondo giorno, al Palazzo di
vetro a New York, gli ambasciatori di un gruppo ristretto di 25 paesi.
Nessuno obietta sui temi chiave del vertice: acqua, energia, salute,
agricoltura, biodiversità - e «ridurre la povertà». Ma gli Stati uniti e
alcuni altri paesi rifiutano ogni accenno a impegni precisi (date, scadenze,
quote di energie rinnovabili da sostituire a quelle fossili e così via).
Tantomeno vogliono sottoscrivere impegni finanziari. Il governo sudafricano
teme che Washington snobbi anche questa volta il vertice, come un anno fa
quello sul razzismo a Durban. I movimenti ambientalisti temono che tutto si
risolva in appelli ad «accordi volontari», cioè alla buona volontà delle
imprese o delle amministrazioni. «La legge del profitto torna a prevalere
sul bene comune», commenta Vandana Shiva, fondatrice della Research
Foundation for Science, Technology and Ecology di Dehra Dun, in India - una
delle voci più note dell''ambientalismo mondiale. L''ho incontrata nella
pineta di San Rossore, Pisa, durante un meeting su «globale e locale».

Cosa dobbiamo aspettarci dal Summit di Johannesburg?

Per chi, come me, ha partecipato alla costruzione del movimento
ambientalista internazionale negli ultimi 30 anni, questo non è il «Rio più
10» ma una «Stoccolma meno 10» (a Stoccolma nel 1972 si riunì la prima
conferenza dell''Onu sull''ambiente, ndr). Voglio dire che il tono delle
politiche ufficiali è regredito a prima che la crisi ambientale diventasse
coscienza comune, e che cominciasse la definizione di leggi e trattati
multilaterali sull''uso delle risorse, il clima, e così via. Ma non
lasceremo che questo succeda: una grave crisi ambientale minaccia
l''umanità.

Il Vertice della Terra, dieci anni fa, aveva definitivamente affermato la
presenza sulla scena di movimenti di pressione popolari, ormai collegati in
reti internazionali.

E ci faremo sentire anche questa volta. Personalmente sono coinvolta
nell''organizzazione di alcuni eventi con l''International Forum on
Globalisation, di cui faccio parte. Ci saranno conferenze e manifestazioni
in diverse zone di Johannesburg, e un «Vertice della Terra dei popoli»
parallelo al forum non governativo ufficiale. Vogliamo puntare i riflettori
sugli impegni degli ultimi dieci anni, disattesi dai governi di tutto il
mondo, e sul fatto che le questioni dello sviluppo sostenibile sono messe in
subordine a quelle del commercio mondiale: vedi la conferenza del Wto a Doha
l''anno scorso. E poi su come le riforme dell''amministrazione Bush
attaccano sia l''ambiente, sia i diritti democratici. Il primo settembre
celebreremo una «giornata della pace» per mostrare che la diversità è
ricchezza, e che le guerre non portano sicurezza né pace: speriamo di
prevenire la propaganda di cui ci sommergeranno nell''anniversario dell''11
settembre. In breve, vogliamo collegare le questioni dell''ambiente, della
giustizia sociale e della pace.

E però il vertice si preannuncia un fallimento, per quanto riguarda gli
impegni che i governi prenderanno - o più probabilmente non prenderanno.

Le premesse sono un fallimento, è vero. I governi rifuggono dal prendere
impegni politici e fanno invece una gran retorica sulla cosiddetta
«partnership pubblico-privato», gli impegni volontari che vorranno prendere
le imprese con i governi. E'' un esito preannunciato, e lo faranno in
particolare sui acqua, energia, biotecnologie. Ovvero, le maggiori crisi
ecologiche del pianeta: acqua, clima, produzione di cibo. Le risorse comuni,
pubbliche, diventano oggetto di contrattazioni private con le aziende. Tanto
per cominciare, noi diciamo che ogni contratto avente per oggetto risorse
comuni va sottoposto all''esame del pubblico. Un esempio? Abbiamo saputo
pochi giorni fa che l''acqua raccolta nel reservoir della diga di Tehri, in
India, sarà gestita - cioè, venduta - da Suez, la multinazionale francese.
Per questo, tra le iniziative che stiamo organizzando in India, il 9 agosto
faremo una marcia a partire da quella diga: la data è simbolica, fu
l''inizio del movimento Quit India («Fuori dall''India», lanciato nel `42,
ultimo atto della lotta anticoloniale che portò all''indipendenza
dall''impero britannico, ndr).

Dunque non sei pessimista.

No. Sebbene il vertice sarà un fallimento, dal punto di vista degli impegni
politici dei governi, credo che riusciremo a lanciare un messaggio. Ed è che
non c''è giustizia economica senza giustizia ecologica, che poi è la
premessa per la sostenibilità. E guarda che parlare di giustizia sociale e
ambientale significa anche combattere il virus dei conflitti
intercomunitari. In India il comunalismo sta diventando il primo problema,
anche più grave delle varie crisi ambientali: pensa al massacro dei
musulmani in Gujarat due mesi fa. La carta dei conflitti religiosi e
comunitari è giocata dalla classe politica quando è in crisi il consenso. A
livello mondiale, la paura del terrorismo è usata per giustificare risposte
fasciste, leggi speciali. Di fondo, è la globalizzazione che distrugge le
economie locali, la sostenibilità, i tessuti sociali e dunque la democrazia
- e lascia spazio a risposte fasciste, movimenti nazionalisti e razzisti.
E'' tutto questo che andremo a dire a Johannesburg.