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FW: La giustizia ecologica
- Subject: FW: La giustizia ecologica
- From: Daniele Barbieri - Carta <pkdick at fastmail.it>
- Date: Tue, 23 Jul 2002 00:01:06 +0200
La giustizia ecologica (da "il manifesto" 19/7) "Il Vertice di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile? All''insegna della legge del profitto. Parla Vandana Shiva" di MARINA FORTI Il governo sudafricano è preoccupato. Alla fine di agosto a Johannesburg si riunirà il vertice dell''Onu sullo «sviluppo sostenibile», o Vertice della Terra 2, dieci anni dopo quello di Rio de Janeiro: ma le premesse non sono buone. In maggio l''ultima delle conferenze preparatorie (a Bali, in Indonesia) non ha trovato consenso sui documenti ufficiali, dichiarazione di principi e «piano d''azione», ancora contestati su molti punti di sostanza. La parola fallimento è ormai sulle bocche di tutti. Qualche giorno fa Greenpeace international è arrivata a dire, per bocca del suo direttore esecutivo Gerd Leipold, che «un fallimento è preferibile a un pessimo accordo». Per tentare di appianare le differenze, il segretario generale dell''Onu Kofi Annan ha riunito ieri per il secondo giorno, al Palazzo di vetro a New York, gli ambasciatori di un gruppo ristretto di 25 paesi. Nessuno obietta sui temi chiave del vertice: acqua, energia, salute, agricoltura, biodiversità - e «ridurre la povertà». Ma gli Stati uniti e alcuni altri paesi rifiutano ogni accenno a impegni precisi (date, scadenze, quote di energie rinnovabili da sostituire a quelle fossili e così via). Tantomeno vogliono sottoscrivere impegni finanziari. Il governo sudafricano teme che Washington snobbi anche questa volta il vertice, come un anno fa quello sul razzismo a Durban. I movimenti ambientalisti temono che tutto si risolva in appelli ad «accordi volontari», cioè alla buona volontà delle imprese o delle amministrazioni. «La legge del profitto torna a prevalere sul bene comune», commenta Vandana Shiva, fondatrice della Research Foundation for Science, Technology and Ecology di Dehra Dun, in India - una delle voci più note dell''ambientalismo mondiale. L''ho incontrata nella pineta di San Rossore, Pisa, durante un meeting su «globale e locale». Cosa dobbiamo aspettarci dal Summit di Johannesburg? Per chi, come me, ha partecipato alla costruzione del movimento ambientalista internazionale negli ultimi 30 anni, questo non è il «Rio più 10» ma una «Stoccolma meno 10» (a Stoccolma nel 1972 si riunì la prima conferenza dell''Onu sull''ambiente, ndr). Voglio dire che il tono delle politiche ufficiali è regredito a prima che la crisi ambientale diventasse coscienza comune, e che cominciasse la definizione di leggi e trattati multilaterali sull''uso delle risorse, il clima, e così via. Ma non lasceremo che questo succeda: una grave crisi ambientale minaccia l''umanità. Il Vertice della Terra, dieci anni fa, aveva definitivamente affermato la presenza sulla scena di movimenti di pressione popolari, ormai collegati in reti internazionali. E ci faremo sentire anche questa volta. Personalmente sono coinvolta nell''organizzazione di alcuni eventi con l''International Forum on Globalisation, di cui faccio parte. Ci saranno conferenze e manifestazioni in diverse zone di Johannesburg, e un «Vertice della Terra dei popoli» parallelo al forum non governativo ufficiale. Vogliamo puntare i riflettori sugli impegni degli ultimi dieci anni, disattesi dai governi di tutto il mondo, e sul fatto che le questioni dello sviluppo sostenibile sono messe in subordine a quelle del commercio mondiale: vedi la conferenza del Wto a Doha l''anno scorso. E poi su come le riforme dell''amministrazione Bush attaccano sia l''ambiente, sia i diritti democratici. Il primo settembre celebreremo una «giornata della pace» per mostrare che la diversità è ricchezza, e che le guerre non portano sicurezza né pace: speriamo di prevenire la propaganda di cui ci sommergeranno nell''anniversario dell''11 settembre. In breve, vogliamo collegare le questioni dell''ambiente, della giustizia sociale e della pace. E però il vertice si preannuncia un fallimento, per quanto riguarda gli impegni che i governi prenderanno - o più probabilmente non prenderanno. Le premesse sono un fallimento, è vero. I governi rifuggono dal prendere impegni politici e fanno invece una gran retorica sulla cosiddetta «partnership pubblico-privato», gli impegni volontari che vorranno prendere le imprese con i governi. E'' un esito preannunciato, e lo faranno in particolare sui acqua, energia, biotecnologie. Ovvero, le maggiori crisi ecologiche del pianeta: acqua, clima, produzione di cibo. Le risorse comuni, pubbliche, diventano oggetto di contrattazioni private con le aziende. Tanto per cominciare, noi diciamo che ogni contratto avente per oggetto risorse comuni va sottoposto all''esame del pubblico. Un esempio? Abbiamo saputo pochi giorni fa che l''acqua raccolta nel reservoir della diga di Tehri, in India, sarà gestita - cioè, venduta - da Suez, la multinazionale francese. Per questo, tra le iniziative che stiamo organizzando in India, il 9 agosto faremo una marcia a partire da quella diga: la data è simbolica, fu l''inizio del movimento Quit India («Fuori dall''India», lanciato nel `42, ultimo atto della lotta anticoloniale che portò all''indipendenza dall''impero britannico, ndr). Dunque non sei pessimista. No. Sebbene il vertice sarà un fallimento, dal punto di vista degli impegni politici dei governi, credo che riusciremo a lanciare un messaggio. Ed è che non c''è giustizia economica senza giustizia ecologica, che poi è la premessa per la sostenibilità. E guarda che parlare di giustizia sociale e ambientale significa anche combattere il virus dei conflitti intercomunitari. In India il comunalismo sta diventando il primo problema, anche più grave delle varie crisi ambientali: pensa al massacro dei musulmani in Gujarat due mesi fa. La carta dei conflitti religiosi e comunitari è giocata dalla classe politica quando è in crisi il consenso. A livello mondiale, la paura del terrorismo è usata per giustificare risposte fasciste, leggi speciali. Di fondo, è la globalizzazione che distrugge le economie locali, la sostenibilità, i tessuti sociali e dunque la democrazia - e lascia spazio a risposte fasciste, movimenti nazionalisti e razzisti. E'' tutto questo che andremo a dire a Johannesburg.
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