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farmaci:oltre il lipobay
- Subject: farmaci:oltre il lipobay
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 20 Sep 2001 19:05:48 +0200
da boiler.it di venerdi 14 settembre 2001 Oltre il Lipobay… Si è appena conclusa – pare – l’onda lunga dello scandalo Lypobay, il farmaco della Bayer ritirato del mercato. Ma i problemi legati alle medicine, al loro uso e agli effetti collaterali, sono sempre più all’ordine del giorno. Così come quelli della correttezza dei dottori e dell’informazione medico-scientifica. I peccati di “Pharma Place” di Laura Lazzaroni UN’ESTATE CALDA, quella appena trascorsa. Addirittura bollente, se si considera la polemica che tuttora vede protagoniste Bayer e Lipobay, il farmaco a base di cerivastatina prodotto dalla farmaceutica tedesca per il controllo del colesterolo. Un pasticcio di non poco conto, stando al bilancio: ritiro del farmaco e di altri con lo stesso principio attivo, morti e “feriti”: dato gravissimo, quest’ultimo, e al contempo confuso, per l’incertezza dei media, la malafede di molti protagonisti, il ritardo con cui è partita l’azione legale. Va da sé che il caso del Libopay (Baycol per gli americani: da loro i danni sono stati ancora maggiori) non è l’unico del genere. Nell’occhio del ciclone sono finiti anche altri prodotti; tra questi ci sono Vioxx e Celebrex, antidolorifici largamente usati nel trattamento dell’artrite e appartenenti alla classe dei “cox-2 inibitori”, più tollerati a livello gastrico di aspirina & Co. In uno studio pubblicato sul Jama, Journal of American Medical Association, alcuni cardiologi della Cleveland Clinic hanno ipotizzato un legame tra assunzione dei due farmaci e aumentato rischio cardiovascolare, soprattutto in pazienti già predisposti in tal senso. Merck e Pharmacia, produttrici dei due medicinali, hanno smentito i risultati dello studio, accusandolo di scarso valore scientifico. E sotto accusa anche il Viagra. Secondo quanto afferma l’Uppsala Monitoring Center, un centro svedese per il controllo sui medicinali, infatti, fino a oggi e in tutto il mondo, sono 616 gli uomini “morti per Viagra”, cioè per aver assunto in condizioni di rischio il farmaco contro la disfunzione erettile. La notizia è stata resa pubblica dal ministero della Sanità tedesco, mentre la Pfizer, produttrice del medicinale, si è limitata a ribadire che, se l’uso è corretto, il Viagra – al quale finora hanno fatto ricorso circa 15 milioni di uomini in tutto il mondo – non fa correre alcun rischio a chi l’assume. A causare le morti, secondo l’azienda, sarebbe l’utilizzo fuori controllo medico, spesso misto a droghe come l’ecstasy, da parte di persone che si procurano la famosa pillola blu clandestinamente. Come che sia, da questa e altre vicende il messaggio che passa al consumatore è semplice: nessun farmaco è sicuro al cento per cento (una consapevolezza che, forse, dovremmo già avere) e, quindi, l’imperativo è informarsi. Aziende sotto accusa Così Lipobay, Vioxx, Celebrex e Viagra (quest’ultimo ne aveva poco bisogno) hanno avuto il loro quarto d’ora di celebrità. E adesso tocca ai “volti nuovi”, come Rezulin; il farmaco, prodotto dalla Warner Lambert per il trattamento del diabete, è stato ritirato dal mercato qualche mese fa per gravi effetti collaterali (in 11 Paesi non è stato mai autorizzato al commercio). Ora la multinazionale è sotto inchiesta: avrebbe volontariamente taciuto sui rischi legati alla terapia con il prodotto, tra cui il coma epatico. E mentre la Warner Lambert dichiara la sua non colpevolezza, si indaga sulla morte sospetta di una donna. Intanto la Pfizer, che di recente ha proprio acquisito la Warner Lambert, è stata incolpata della morte di alcuni bambini nigeriani, arruolati nel 1996 per la sperimentazione segreta di un nuovo farmaco anti-meningite, Trovan. Secondo i familiari delle vittime, la Pfizer avrebbe condotto le ricerche senza il consenso dei partecipanti. L’azienda rigetta le accuse e sostiene che, in assenza di sperimentazione, i bambini deceduti sarebbero stati anche più numerosi, a causa dell’epidemia di meningite che colpiva il Paese in quel periodo. Una dichiarazione che, secondo molti, sa di cinico. Più di recente, alla sbarra è finito il farmaco Althane A-18: la statunitense Baxter ne avrebbe ordinato il ritiro dal mercato spagnolo e francese. All’origine del provvedimento cautelativo, il decesso di dieci pazienti sottoposti a dialisi con Althane negli ospedali di Madrid e Valencia. Sotto accusa anche un rimedio per i disturbi gastrici: si tratta di Prepulsid, prodotto Janssen a base di cisapride. Negli Usa, dov’è vietato da circa un anno, avrebbe fatto più di 80 vittime. Un elenco che potrebbe non finire mai: se sono questi i presunti danni legati a singoli principi attivi, infatti, cosa dobbiamo aspettarci dalle associazioni di più farmaci? Secondo i ricercatori dei Centers of Disease Control-Cdc di Atlanta, per cominciare, sarebbero cinque le vittime di un cocktail a base di Rifampin e Pyrazinamide, e 16 i casi di danni severi a carico del fegato. La terapia, comunemente usata per il trattamento della tubercolosi, andrebbe somministrata sotto stretta vigilanza e soltanto in situazioni specifiche. Dalla Svezia, inoltre, giungono notizie ancora più allarmanti: secondo uno studio del 1999 condotto dall’Università di Malmö su 885 farmacie, infatti, oltre il 13 per cento delle terapie che prevedono l’utilizzo contemporaneo di due o più farmaci potrebbe provocare gravi effetti collaterali. Risultato, aumento o diminuzione dell’attività medicinale. E lo stesso si osserverebbe con alcune associazioni farmaco-alimentari. Se fosse anche un po’ colpa del paziente? Ma non tutto è colpa delle industrie farmaceutiche, come dimostra il caso dell’antidolorifico OxyContin. Dal 1995, anno di introduzione sul mercato americano, il farmaco avrebbe causato la morte di un centinaio di individui, senza contare l’elenco di drugstore e farmacie rapinati da pazienti in crisi d’astinenza (anche per il Viagra si registrano diverse rapine, ndr). Sbriciolando le compresse di OxyContin, infatti, si ottiene una polverina che può essere sniffata o iniettata in vena. In questo modo si aggira il meccanismo di rilascio ritardato del farmaco, garantendosi uno “sballo” molto simile a quello dell’eroina. Una possibilità che nessuno poteva prevedere, inclusa, forse, la Purdue Pharma, produttrice del medicinale. A ogni modo, spetta a quest’ultima correre ai ripari; a tal scopo sarebbe in arrivo una versione di OxyContin “a prova di abuso”: merito dell’aggiunta di naloxone (ma si parla anche di naltrexone), un prodotto già utilizzato per contrastare gli effetti dell’eroina e di altri oppioidi. Il nuovo ingrediente entrerebbe in azione soltanto nel caso di assunzione impropria dell’antidolorifico, impedendo l’effetto sballo. Una colpa di tutti, dunque, quella degli ultimi farma-scandali? Difficile dirlo, così com’è difficile ignorarne il risultato: un’escalation di vittime che pare non avere ancora raggiunto l’apice. Ma come spiegarla? Stiamo forse assistendo a un “effetto grappolo”, a una sfortunata congiuntura che riunisce nello stesso periodo disgrazie a non finire? Non crediamo. Più probabile è che, sulla scorta del capofila Lipobay, si sia scoperchiato un vaso di Pandora che già da tempo era sul punto di esplodere (molte delle segnalazioni d’ultima ora si riferiscono, in realtà, a casi vecchi di qualche anno). Piuttosto bisognerebbe interrogarsi sul perché il caso Lipobay sia esploso proprio ora (segnalazioni di effetti avversi erano già state inoltrate e ignorate): strane e imperscrutabili sono, a volte, le leggi dell’informazione. Vorremmo non credere a chi pensa che sia tutta colpa dell’estate e del vuoto pneumatico di notizie. Certo è che il danno maggiore, oltre alle vite spente o compromesse, è il clima di sfiducia che si è venuto a creare. Chi vorrà sentirsi dire che, per numerosi che siano, i casi denunciati riguardano soltanto una piccola percentuale di tutti i farmaci in commercio nel mondo? Chi crederà che, per difendersi da eventi spiacevoli, basti ancora leggere il foglietto illustrativo o rivolgersi al medico curante? C’è il dubbio che, in alcuni casi, la prescrizione di un preparato piuttosto che un altro dipenda dalla “generosità” della farmaceutica produttrice, piuttosto che dai reali benefici per il paziente. Sarà vero? In questo senso si è attivata l’American Medical Association-Ama; obiettivo, emanare linee guida per limitare il flusso di gratifiche e regali dalle industrie ai medici. Ma ora la stessa Ama sarebbe nell’occhio del ciclone per avere accettato più di 600 mila dollari, proprio da alcune multinazionali farmaceutiche; il denaro sarebbe servito per finanziare la campagna, ma molti sono rimasti spiazzati: Tu quoque? Una notizia paradossale che, pure, non deve farci perdere la speranza: le idi di Marzo sono ancora lontane.
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