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il collasso degli ecosistemi marini
- Subject: il collasso degli ecosistemi marini
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 03 Aug 2001 06:54:03 +0200
da boiler.it di domenica 29 luglio 2001 Il collasso degli ecosistemi marini di Michela Bertolani GLI ECOSISTEMI MARINI lungo le coste del pianeta vanno deteriorandosi sempre più, i fragili equilibri che li governano soffrono ovunque di dannosi sconvolgimenti, ma gli imputati numero uno – l’inquinamento e il riscaldamento globale della Terra – non sarebbero i veri colpevoli. Secondo una ricerca condotta da un gruppo di sedici scienziati di tutto il mondo - e pubblicata questa settimana su Science - barriere coralline agonizzanti, popolazioni di crostacei decimate e vegetazione marina sempre più esigua sarebbero il risultato di un malcostume umano antico: un eccesso di pesca. La colpa è della pesca eccessiva Molti mammiferi marini, crostacei e grandi pesci sopravviverebbero oggi solo in una piccola frazione rispetto alle popolazioni abbondanti dell’epoca preistorica. La pesca eccessiva, si legge su Science, sarebbe iniziata molto prima del tempo di Colombo, e avrebbe poi subito una forte accelerazione, soprattutto dai tempi coloniali fino ai giorni nostri. «Molti casi di crisi che i nostri ecosistemi marini affrontano oggi possono essere fatti risalire a migliaia di anni fa in certi casi, a centinaia di anni fa in altri, a quando cioé gli esseri umani cominciarono per la prima volta a intaccare gli ecosistemi», afferma per esempio Karen Bjorndal, una delle autrici dello studio, zoologa e direttrice dell’Archie Carr Center for Sea Turtle Research, all’Università della Florida. Tutte le popolazioni umane avrebbero avuto uguale mancanza. Secondo i ricercatori, infatti, l’idea romantica per cui le società pre-coloniali americane possedevano una saggezza ecologica superiore a quella degli europei è sbagliata: la pesca eccessiva sarebbe stata un problema nelle Americhe molto prima dell’arrivo degli europei. Ma gli effetti deleteri della riduzione radicale degli animali marini sarebbero rimasti nascosti fino a pochi decenni fa, quando l’aggravarsi di altre condizioni ambientali ha messo in luce la profonda sofferenza in cui versavano le coste dell’intero globo. Tartarughe & ostriche I ricercatori, su Science, forniscono esempi di ecosistemi marini ridotti drasticamente in anni recenti a causa di pratiche passate di pesca eccessiva. Uno di questi riguarda una baia dei Caraibi, Florida Bay, dove oggi restano solo dal 5 al 10 per cento delle tartarughe che nuotavano nelle stesse acque ai tempi di Colombo. E questo a causa di un circolo vizioso che inizia con la caccia alle tartarughe e finisce con la malattia e la morte degli esemplari scampati. La vegetazione marina che cresce sul fondo della baia, infatti, diminuito il numero delle tartarughe, è libera di crescere in lunghezza fino a raggiungere la superficie, dove viene falciata dalle correnti. La successiva decomposizione, che ha luogo nuovamente sul fondo del mare, crea un ambiente malsano che causa malattie alla popolazione delle tartarughe. Anche la pesca eccessiva delle ostriche, nella Carolina del Nord, ha prodotto una degradazione della qualità dell’acqua che ha impedito alla popolazione di ostriche di rigenerarsi. Questo perché, insieme alle ostriche, è venuta a mancare gran parte dell’opera di filtraggio dell’acqua che questi animaletti operano continuamente, con il conseguente aumento dell’inquinamento delle coste marine. Ma c’è ancora speranza… Alcuni numerici citati su Science appaiono desolanti: nell’ultimo secolo la popolazione australiana dei dugonghi, un mammifero marino simile all’ippopotamo, è scesa da 104 mila elementi ad appena 500, mentre la lunghezza media delle conchiglie del Maine è diminuita di un terzo, da circa 90 centimetri a 30 centimentri. Gli scienziati sono giunti a queste conclusioni non solo analizzando gli aspetti ecologici del problema, ma prendendo anche in esame un’ampia fetta di letteratura scientifica, compresi i resoconti storici e le prove archeologiche delle pratiche di pesca antiche, e studiando diversi ecosistemi marini in tutto il globo. Nonostante le cifre preoccupanti, i ricercatori si dicono abbastanza ottimisti: gli ecosistemi delle coste sarebbero oggi ancora recuperabili, e le specie marine vittime di pesca eccessiva sarebbero in quantità ancora sufficiente a permettere una loro ripopolazione. Ma bisogna cominciare a regolare la pesca su vasta scala. E il recente, ennesimo fallimento del tentativo di proteggere le balene dagli arpioni, nel Sud del Pacifico, non sembra un segnale incoraggiante.
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