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riciclo a rischio in italia
- Subject: riciclo a rischio in italia
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 13 Jul 2001 11:59:55 +0200
dal sole24ore di mercoledi 4 luglio 2001 Elettrodomestici - Sul territorio nazionale sono attive soltanto 19 delle 28 piattaforme di smaltimento progettate Riciclo a rischio in Italia Un unico impianto (a Pomezia) per televisori, Pc e hi-fi - In arrivo la direttiva Ue F.V. MILANO - Con quali infrastrutture l’Italia si prepara alla prossima direttiva Ue sui «rifiuti elettronici»? In ordine sparso e con un "peccato originale" dovuto alla mancata finalizzazione dell’accordo di programma sulle piattaforme (sia di raccolta sia di smaltimento) ipotizzato dall’ex ministro dell’Ambiente, Edo Ronchi. Esistono una trentina di "siti attrezzati", ma non tutti risultano capaci di svolgere l’intero ciclo dello smaltimento; quelli che funzionano sono appena una ventina, cioè i due terzi (per la precisione 19 su 28). La distribuzione territoriale è lacunosa, specie nel Sud. Tentiamo di fare il punto della situazione, scontando qualche imperfezione. Non prima di aver ricordato che le trattative sull’accordo di programma non sono andate in porto. Quali le conseguenze? Dicono all’Anie, l’associazione dei produttori di elettrodomestici: «In assenza della formalizzazione degli accordi di programma, i fondi accantonati sulla legge finanziaria 2000, e originariamente destinati al miglioramento dell’efficienza energetica del freddo, sono stati impiegati in altro modo». Tra i motivi del fallimento di questa intesa c’è anche stata, in sede di trattativa, la dichiarata impossibilità da parte dei comuni (Anci) di assumere «impegni in nome e per conto delle municipalizzate e degli enti locali per la realizzazione delle piazzole». Inoltre, sempre in sede ministeriale, anche i rivenditori aderenti all’Ancra avevano escluso la possibilità di una «responsabilizzazione diretta dei commercianti per il conferimento ai centri di raccolta dei beni a fine vita ritirati presso l’utente». Da tenere presente che la distribuzione specializzata conta in Italia 1.600 punti vendita ai quali bisogna aggiungere 12mila piccoli negozi. Prima di andare avanti è forse bene spiegare le fasi di smaltimento. Si comincia con la raccolta, lo stoccaggio, il trasporto alle piazzole di pre-trattamento (smontaggio e separazione dei componenti). A questo punto inizia il riciclaggio vero e proprio. Si tratta di effettuare la demolizione o la triturazione recuperando, quando è il caso, il Cfc. Nei frigoriferi i gas considerati responsabili dell’effetto serra sono presenti, oltre che nei compressori, anche nelle carcasse coibentate con le schiume poliuretaniche. Secondo la più recente indagine della Fise-Assoambiente, in Italia esistono 16 impianti privati per il trattamento specializzato degli apparecchi domestici (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie). Alcuni di essi trattano anche, in tutto o in parte, televisori e computer. Il riciclaggio completo dei "bruni" (prodotti elettronici) viene effettuato a Pomezia. Esistono poi una dozzina di altre piattaforme di pre-trattamento frigoriferi di tipo comunale, che sono state catalogate dalla Cispel-Federambiente. Tre di queste (Torino, Carpi e Taranto) sono in grado di fare il trattamento completo. Qualche sito si sta organizzando (ad esempio Livorno), mentre tutti gli altri sono in grado di fare il "pretrattamento". In pratica si tratta di smontare gli elettrodomestici (con l’aspirazione dei gas serra per i compressori). Rimane però da fare la triturazione delle carcasse in ambiente controllato e con aspiratori. Ci sono poi 16 impianti di frantumazione associati all’Assofermet per il trattamento delle carcasse di autoveicoli e di beni durevoli. Esistono infine altri impianti e piattaforme di raccolta comunali o sovracomunali che però non risultano catalogati.
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