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quanto costa marghera
- Subject: quanto costa marghera
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 07 Jul 2001 10:19:37 +0200
dal manifesto di venerdi 29 giugno 2001 Un processo simbolo, una richiesta di risarcimento senza precedenti in Italia Parla Paolo Leon, l'economista che ha valutato in 71 mila miliardi il danno all'ambiente provocato dalla Montedison e dall'Enichem: Chi non spende prima spende dopo. Non pensino di farla franca, magari a rate ma dovranno rimborsare i danni provocati MANUELA CARTOSIO - MILANO Per il disastro ambientale provocato dal petrolchimico di Porto Marghera l'avvocato dello Stato ha chiesto a Montedison ed Enichem un risarcimento di 71 mila miliardi. Il giorno dopo, in Borsa, i titoli delle due società non hanno fatto una piega. Il mercato ha reagito come se la richiesta, avanzata dopo tre anni di dibattimento processuale, fosse uno scherzo. "Siccome non è mai successo, si pensa che non succederà neppure questa volta. Si confida nell'appello, nella Cassazione, in qualche transazione. Il mio modesto consiglio agli operatori, compresi quelli che stanno cercando di scalare Montedison, è che farebbero bene a mettere in conto che alla fine una cifra consistente dovrà essere pagata. Magari non saranno 71 mila miliardi, ma solo 11 mila, l'indebito profitto conseguito dalle aziende non realizzando gli interventi che avrebbero mitigato il danno ambientale. Poiché il danno è dimostrato, Montedison ed Enichem dovranno sborsare molti soldi. E questo inciderà sui dividendi". Il consiglio è di Paolo Leon, docente di economia pubblica all'università di Roma 3. E' lui il papà dei 71 mila miliardi; l'avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro il computo del danno l'ha affidato alla Cles, la società di ricerca di cui Leon è amministratore delegato. Quanto tempo avete impiegato per svolgere la vostra consulenza? Abbiamo lavorato in tre per tre anni, il risultato è sintetizzato in una relazione di 80 pagine. Avevamo avuto un incarico analogo per la Haven, la petroliera affondata al largo di Genova. Un danno da 2-3 mila miliardi, una sciocchezzuola. In Italia, una richiesta da 71 mila miliardi è senza precedenti. Che metodo avete seguito per Marghera? Abbiamo utilizzato come metro di calcolo il costo della ricostituzione della risorsa ambientale. Quanti soldi occorrono per ritornare alla situazione precedente al danno? Questa domanda ce la siamo posta per il suolo, la falda, le acque, la fauna e i sedimenti della laguna. Per l'aria abbiamo usato le vite perdute e le malattie subìte come indicatori del danno atmosferico, dell'insalubrità ambientale causata dal petrolchimico. Alla fine la cifra vi ha sorpreso? Un po' sì, anche se ci eravamo resi conto che il totale sarebbe risultato salato. Il metodo usato pesa moltissimo. Basti pensare che, solo per riportare il suolo alla situazione precedente, bisognerebbe asportare enormi quantità di terreno in un'area molto vasta. Montedison ha definito esorbitante la cifra, pari al bilancio di uno Stato di media grandezza. Prendo atto. Le aziende alla sbarra, però, non possono negare d'aver provocato un danno ambientale. Ma non lo quantificano, si limitano a contestare i numeri della parte civile. La facciano loro, una cifra. L'Enichem, per la verità, rovescia il tavolo; è lei che chiede un risarcimento allo Stato. Perché no? Ma non qui, non in questo processo. Lo Stato è responsabile indirettamente dell'inquinamento pregresso dell'area dove nel dopoguerra si è installato il polo chimico. Quel pezzo di laguna fu riempito, con l'ok del ministero dei lavori pubblici, con materiali provenienti dalla prima zona industriale. Il processo di Mestre, però, verte sulla chimica, non sull'industria pesante. I tanti passaggi di mano nella proprietà e nella gestione del petrolchimico sono uno dei problemi del processo. Chi e per quanto tempo è responsabile? Quando un'azienda compra, compra tutto, anche le conseguenze dei danni causati da chi ha venduto. Enichem, comunque, sapeva quel che comprava da Montedison. Noi abbiamo fatto un esercizio aritmetico. Abbiamo assegnato alle aziende la rispettiva quota dei 71 mila miliardi in base agli anni di gestione e di proprietà. Alla Montedison, proprietaria del petrolchimico dal 71 all'81, competono undici venticinquesimi del risarcimento del danno. Se il tribunale accoglierà la richiesta di Schiesaro, Montedison ed Eni falliranno? Fallire no, ma un danno lo avranno. Qualunque sia la cifra, è ovvio che non dovranno pagare tutto in una botta. Pagheranno a rate. Il professor Federico Stella, difensore di punta dell'Enichem, sostiene che morti, malati e disastro ambientale sono "costi del progresso". Del progresso hanno beneficiato tutti, dice, dunque non devono essere solo le aziende a risponderne. Stella sa bene che al processo non si parla di etica collettiva. Si parla di diritto e di responsabilità penale. Il professore sostiene che in sede penale non c'è e non ci potrà mai essere la prova certa del rapporto di causa-effetto tra cloruro di vinile monomero e tumori e malattie. Non sono d'accordo, ma non entro nel merito di questa parte del processo. Il danno ambientale, però, è inconfutabile e la responsabilità è altrettanto provata. Proprio il progresso tecnico, incautamente invocato da Stella, metteva a disposizione i mezzi per evitare l'inquinamento. Dovevano solo spendere dei soldi e non li hanno spesi. Tutto qui. Chi non spende prima, spende poi. Cosa ha imparato da questo processo? Ho imparato un po' di diritto ambientale. Fin qui, buona parte dell'economia e del diritto ambientale sono stati anglosassoni. Il processo di Mestre fonda il diritto ambientale in Italia. Comunque vada, si è creato in sede penale il diritto ambientale. E' vero che la giustizia arriva sempre tardi. Ma l'importante, in questo caso, è che arrivi e fissi il principio che l'inquinatore paga. In materia ambientale è dimostrato che le indicazioni, gli standard, le direttive non bastano. Il risarcimento del danno come forma della sanzione penale, invece, induce per "per forza" comportamenti virtuosi dei singoli e delle aziende. E sulla criminalità industriale non ha imparato niente? Ho imparato cose che non sapevo sui danni specifici del Cvm. Il resto, e cioè i misfatti compiuti a Marghera dai tempi del conte Cini ai giorni nostri, non mi ha colto impreparato. La mia non è presunzione. E' che sono di Venezia.
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