quanto costa marghera



dal manifesto di venerdi 29 giugno 2001

 Un processo simbolo, una richiesta di risarcimento senza precedenti in Italia
Parla Paolo Leon, l'economista che ha valutato in 71 mila miliardi il danno
all'ambiente provocato dalla Montedison e dall'Enichem: Chi non spende
prima spende dopo. Non pensino di farla franca, magari a rate ma dovranno
rimborsare i danni provocati MANUELA CARTOSIO - MILANO 

Per il disastro ambientale provocato dal petrolchimico di Porto Marghera
l'avvocato dello Stato ha chiesto a Montedison ed Enichem un risarcimento
di 71 mila miliardi. Il giorno dopo, in Borsa, i titoli delle due società
non hanno fatto una piega. Il mercato ha reagito come se la richiesta,
avanzata dopo tre anni di dibattimento processuale, fosse uno scherzo.
"Siccome non è mai successo, si pensa che non succederà neppure questa
volta. Si confida nell'appello, nella Cassazione, in qualche transazione.
Il mio modesto consiglio agli operatori, compresi quelli che stanno
cercando di scalare Montedison, è che farebbero bene a mettere in conto che
alla fine una cifra consistente dovrà essere pagata. Magari non saranno 71
mila miliardi, ma solo 11 mila, l'indebito profitto conseguito dalle
aziende non realizzando gli interventi che avrebbero mitigato il danno
ambientale. Poiché il danno è dimostrato, Montedison ed Enichem dovranno
sborsare molti soldi. E questo inciderà sui dividendi".
Il consiglio è di Paolo Leon, docente di economia pubblica all'università
di Roma 3. E' lui il papà dei 71 mila miliardi; l'avvocato dello Stato
Giampaolo Schiesaro il computo del danno l'ha affidato alla Cles, la
società di ricerca di cui Leon è amministratore delegato.

Quanto tempo avete impiegato per svolgere la vostra consulenza?

Abbiamo lavorato in tre per tre anni, il risultato è sintetizzato in una
relazione di 80 pagine. Avevamo avuto un incarico analogo per la Haven, la
petroliera affondata al largo di Genova. Un danno da 2-3 mila miliardi, una
sciocchezzuola. In Italia, una richiesta da 71 mila miliardi è senza
precedenti.

Che metodo avete seguito per Marghera?

Abbiamo utilizzato come metro di calcolo il costo della ricostituzione
della risorsa ambientale. Quanti soldi occorrono per ritornare alla
situazione precedente al danno? Questa domanda ce la siamo posta per il
suolo, la falda, le acque, la fauna e i sedimenti della laguna. Per l'aria
abbiamo usato le vite perdute e le malattie subìte come indicatori del
danno atmosferico, dell'insalubrità ambientale causata dal petrolchimico.

Alla fine la cifra vi ha sorpreso?

Un po' sì, anche se ci eravamo resi conto che il totale sarebbe risultato
salato. Il metodo usato pesa moltissimo. Basti pensare che, solo per
riportare il suolo alla situazione precedente, bisognerebbe asportare
enormi quantità di terreno in un'area molto vasta.

Montedison ha definito esorbitante la cifra, pari al bilancio di uno Stato
di media grandezza.

Prendo atto. Le aziende alla sbarra, però, non possono negare d'aver
provocato un danno ambientale. Ma non lo quantificano, si limitano a
contestare i numeri della 
parte civile. La facciano loro, una cifra.

L'Enichem, per la verità, rovescia il tavolo; è lei che chiede un
risarcimento allo Stato.

Perché no? Ma non qui, non in questo processo. Lo Stato è responsabile
indirettamente dell'inquinamento pregresso dell'area dove nel dopoguerra si
è installato il polo chimico. Quel pezzo di laguna fu riempito, con l'ok
del ministero dei lavori pubblici, con materiali provenienti dalla prima
zona industriale. Il processo di Mestre, però, verte sulla chimica, non
sull'industria pesante.

I tanti passaggi di mano nella proprietà e nella gestione del petrolchimico
sono uno dei problemi del processo. Chi e per quanto tempo è responsabile?

Quando un'azienda compra, compra tutto, anche le conseguenze dei danni
causati da chi ha venduto. Enichem, comunque, sapeva quel che comprava da
Montedison. Noi abbiamo fatto un esercizio aritmetico. Abbiamo assegnato
alle aziende la rispettiva quota dei 71 mila miliardi in base agli anni di
gestione e di proprietà. Alla Montedison, proprietaria del petrolchimico
dal 71 all'81, competono undici venticinquesimi del risarcimento del danno.

Se il tribunale accoglierà la richiesta di Schiesaro, Montedison ed Eni
falliranno?

Fallire no, ma un danno lo avranno. Qualunque sia la cifra, è ovvio che non
dovranno pagare tutto in una botta. Pagheranno a rate.

Il professor Federico Stella, difensore di punta dell'Enichem, sostiene che
morti, malati e disastro ambientale sono "costi del progresso". Del
progresso hanno beneficiato tutti, dice, dunque non devono essere solo le
aziende a risponderne.

Stella sa bene che al processo non si parla di etica collettiva. Si parla
di diritto e di responsabilità penale. Il professore sostiene che in sede
penale non c'è e non ci potrà mai essere la prova certa del rapporto di
causa-effetto tra cloruro di vinile monomero e tumori e malattie. Non sono
d'accordo, ma non entro nel merito di questa parte del processo. Il danno
ambientale, però, è inconfutabile e la responsabilità è altrettanto
provata. Proprio il progresso tecnico, incautamente invocato da Stella,
metteva a disposizione i mezzi per evitare l'inquinamento. Dovevano solo
spendere dei soldi e non li hanno spesi. Tutto qui. Chi non spende prima,
spende poi.

Cosa ha imparato da questo processo?

Ho imparato un po' di diritto ambientale. Fin qui, buona parte
dell'economia e del diritto ambientale sono stati anglosassoni. Il processo
di Mestre fonda il diritto ambientale in Italia. Comunque vada, si è creato
in sede penale il diritto ambientale. E' vero che la giustizia arriva
sempre tardi. Ma l'importante, in questo caso, è che arrivi e fissi il
principio che l'inquinatore paga. In materia ambientale è dimostrato che le
indicazioni, gli standard, le direttive non bastano. Il risarcimento del
danno come forma della sanzione penale, invece, induce per "per forza"
comportamenti virtuosi dei singoli e delle aziende.

E sulla criminalità industriale non ha imparato niente?

Ho imparato cose che non sapevo sui danni specifici del Cvm. Il resto, e
cioè i misfatti compiuti a Marghera dai tempi del conte Cini ai giorni
nostri, non mi ha colto impreparato. La mia non è presunzione. E' che sono
di Venezia.