[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
la ricerca in liberta' condizionata
- Subject: la ricerca in liberta' condizionata
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 10 Jun 2001 18:44:52 +0200
dalla stampa di domenica 3 giugno 2001 Finanziamenti delle multinazionali all’università: i benefici e i rischi La ricerca in libertà condizionata di Giorgio Celli Qualche tempo fa sono stato invitato a cena da un gruppo di colleghi, professori universitari di «prima fascia», come si dice in gergo accademico, e con un Rettore, di cui mi piace omettere il nome, che sedeva a capotavola. Al caffè, dopo barzellette e facezie di rito, il Magnifico si è messo a parlare del futuro, sostenendo che l'Università deve collaborare con l'industria, e ricevere dalle multinazionali una parte importante, e forse essenziale, di finanziamenti per la ricerca. Da un certo punto di vista, la cosa sembrerebbe auspicabile, ma, secondo me, i rischi sono largamente superiori ai benefici. In che senso è presto detto. Per rispolverare la distinzione, un po' di comodo, tra la scienza pura, che tende ad accrescere il sapere, e la scienza applicata che auspica il sapere per il fare, è quest'ultima, si sa, che l'industria è propensa a sostenere finanziariamente. Agli azionisti importa ben poco se esistono nuove galassie a spirale o di quale percentuale differisca il Dna dell'uomo da quello dello scimpanzé. L'industria paga chi la ripaga: il sapere per il sapere è al di là dei suoi interessi, se non come alibi, ma gli alibi, in questo caso, resteranno sempre sottopagati. Insomma, lo scienziato, se le cose andranno nel senso auspicato dal Magnifico, finirà così col venire spiazzato dal tecnologo, ma non è neppure questo il pericolo maggiore. Difatti, se il ricercatore ha per mandato sociale di dire la verità, lavorare con i soldi dell'industria può renderlo reticente, e quindi implicitamente complice. Omettere, in certi casi, equivale a mentire, e decidere se un bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno può dipendere da tante cose, che non sono propriamente scientifiche. Numerosi miei colleghi, che lavorano a progetti finanziati dalle multinazionali, affermano sdegnosamente di essere restati liberi di divulgare i risultati conseguiti, facendone tutti partecipi. Ma sono davvero sinceri? Vi racconto: un bel giorno è venuto nel mio laboratorio un messaggero di una importante firma chimica, latore della proposta di affidarmi il compito di saggiare sperimentalmente se una molecola di sintesi, destinata a uso agricolo, risultasse dannosa per le api. Risposi che si poteva fare, e che avrei affidato la ricerca a un mio assistente precario - ce ne sono tanti all'università! - che avrebbe potuto così beneficiare di un piccolo compenso. Io avrei - a titolo gratuito: ero a full-time! - vigilato sulla conduzione dell'esperienza, facendomene garante. Stavo già per firmare la convenzione, quando il mio interlocutore mi ha suggerito sommessamente di leggere un codicillo a piè pagina, scritto in piccolo, come succede per certe clausole nei papiri delle assicurazioni. Appresi così che i dati conseguiti non erano mica miei, ma di chi finanziava, e da lui dipendeva, sia bene inteso, se avrei potuto o no renderli di pubblica ragione. Non firmai, perché ritenni, e sono ancora oggi della stessa opinione, che le scoperte della scienza, minime o massime che siano, soprattutto se conseguite in un ambito pubblico come l'Università, siano patrimonio di tutti. Per evitare che se un ricercatore scopre, per esempio, che una certa molecola immessa nell'ambiente è cancerogena, non gli sia impedito di farlo sapere in giro, perché chi paga ha posto il veto. Un evento teorico, si potrebbe opinare, perché tutti, industria compresa, si pensa debbano aver cura della salute pubblica. Ma è proprio vero? Negli Stati Uniti una importante multinazionale, promotrice delle biotecnologie e dei semi terminator, aveva sintetizzato una molecola, la somatotropina, che provoca nelle vacche un aumento della produzione del latte, senza che nessun residuo resti a contaminarlo. Per lo meno, così sostenevano i tecnici dell'industria, dati alla mano, e gli scienziati che lavoravano al seguito. Però un certo professor Epstein, dell'Università dell'Illinois, ricevette, sotto banco, i veri protocolli delle sperimentazioni e li diede in pasto all'opinione pubblica, suscitando un grande scandalo. Perché si era potuto così accertare che i dati conseguiti nei laboratori della multinazionale erano ben diversi da quelli resi pubblici: le molecole di somatotropina risultavano presenti nel latte a livelli di 1200 volte superiori al normale! Per cui ho interloquito alla fine del discorso del Magnifico Rettore, dicendo che ogni governo, se non vuole una scienza addomesticata e reticente, deve preoccuparsi di non far cessare, anzi di far crescere, i finanziamenti. Molti di quegli scienziati che oggi sbraitano per la libertà della ricerca non fanno, secondo me, una ricerca libera, e disinteressata come vorrebbero far credere. Non è vero, forse, che il congresso dei premi Nobel a Heidelberg, culminato con la stesura di un Manifesto per la libertà della pratica scientifica, era stato finanziato da una importante firma farmaceutica? Chi ha orecchi per intendere...
- Prev by Date: i silenziosi amici dell'ILVA
- Next by Date: capitale e ambiente
- Previous by thread: i silenziosi amici dell'ILVA
- Next by thread: capitale e ambiente
- Indice: