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new economy:ricerca:ora tocca alle proteine
- Subject: new economy:ricerca:ora tocca alle proteine
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 20 Apr 2001 18:31:58 +0200
da boiler.it di sabato 14 aprile 2001 E ora tocca alle proteine La Myriad Genetics, di Salt Lake City, nello Utah, progetta di realizzare un catalogo che riunisca tutte le proteine umane. Il tempo previsto per la sua realizzazione è tre anni. Il catalogo dovrebbe contenere le oltre trecentomila proteine prodotte dal Dna umano e le loro interazioni. Sarebbe il primo grande passo di un’operazione colossale battezzata “Progetto proteoma umano”: appena celebrato, il genoma è già il passato e ora la ricerca è più che mai proiettata verso la prossima frontiera. Una sfida che si rivela ancora più ardua. Ma se la ricerca si complica, ecco che le grandi aziende si attrezzano e danno vita a nuove alleanze. L’ultima in ordine di apparizione è quella fra la Celera, protagonista della corsa alla mappatura del genoma umano, la Compaq Computer Corporation e i Sandia National Laboratories. È tutto qui, sul vostro schermo. Progetto proteoma umano di Barbara Paltrinieri 2 aprile 2001: si apre a McLean una ridente cittadina dello stato della Virginia, negli Stati Uniti, la conferenza Human Protome Project: genes were easy. Un convegno ambizioso che raccoglie circa quattrocento nomi di primo piano dello studio delle proteine e che in due giorni di seminari e tavole rotonde propone di fare il punto sullo stato delle conoscenze. 4 aprile 2001: tre grossi gruppi biotech, la Myriad Genetics Inc., Hitachi Ltd., Oracle Corporation, rivelano alla stampa l’intenzione di sequenziare tutte le proteine umane. Per l’impresa verrà stanziato mezzo miliardo di dollari. 9 aprile 2001: arriva da New York la notizia che in realtà la mappa del genoma umano pubblicata sarebbe altamente incompleta. Secondo le dichiarazioni di William Haseltine, amministratore delegato della società Human Genome Sciences, rilasciate al Boston Globe, mancherebbero ancora sessantamila geni all’appello. Una manovra commerciale, visto che Haseltine lavora per un’azienda privata, o la natura del nostro genoma è ancora tutta da svelare? E allora che cosa succederà a quello che già viene definito il futuro, ossia lo studio delle proteine umane? Anche se a prima vista potrebbe sembrare strano, gli scienziati non hanno dubbi: vogliono descrivere tutte, ma proprio tutte, le proteine attive nell’organismo umano. Un’operazione colossale ormai nota come “Progetto proteoma umano”. E le notizie giunte nei giorni scorsi non lasciano dubbi: il genoma umano è il passato e ora la ricerca è più che mai proiettata verso la prossima frontiera. Così accanto ai simposi scientifici si trovano le dichiarazioni di colossi dell’industria biotech che puntano sullo studio del complesso corredo proteico umano. A fare da cornice a questo fermento ci sono poi i dubbi istillati da alcuni esperti sull’esatto numero di geni del corpo umano. Un fattore importante, determinante si potrebbe dire, perché la mappa dei geni dell’uomo rappresenta un tassello fondamentale nella composizione del puzzle proteico. Infatti le proteine altro non sono che gli “esecutori” dell’istruzione codificata nel Dna: i geni stabiliscono e le proteine obbediscono, si potrebbe anche dire. Per questo nell’affrontare un problema come quello della caratterizzazione delle proteine umane, è di basilare importanza la conoscenza della sequenza di ogni gene, altrimenti il lavoro a carico dei biologi sarebbe maggiore di quanto già non sia. Ma quante sono le proteine umane? L’alta barriera di complessità tecnico-scientifica superata con il Progetto genoma umano, non è nulla al confronto di quello che attende la ricerca biomedica con il proteoma umano. Come suggerisce il titolo scelto per il convegno di McLean, è stato fatto il passo più semplice, il difficile deve ancora venire. Ogni gene codifica per un numero variabile di proteine, quindi se trentamila (o giù di lì) è il numero dei geni umani, quello delle proteine potrebbe essere svariate volte maggiore, e c’è chi suggerisce che sia tre o quattro volte di più. E sono proprio loro che guidano le diverse funzioni organiche. Per questo molti scienziati non si sono scandalizzati più del dovuto quando dagli Usa è arrivata la notizia che il numero di geni dell’uomo era molto simile a quello di un moscerino. «Da tempo abbiamo capito che in un solo gene esiste l'istruzione anche per diverse proteine», commenta Paolo Vezzoni, dell'Istituto di tecnologie biomediche avanzate del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) di Milano, «quindi è possibile che il numero dei geni umani non sia tanto dissimile da quello di organismi meno complessi. La natura è parsimoniosa, e costruisce bellissime cose con il minimo indispensabile». Dalle molte facce delle proteine i farmaci di domani Nel contesto del Progetto proteoma umano, questo significa che il lavoro è quanto mai arduo. Nelle ambizioni degli ideatori c’è l’idea di descrivere, catalogare tutte le proteine umane, che non solo sono moltissime, ma variano a seconda del tipo di tessuto, al contrario dei geni che sono gli stessi in ogni cellula del corpo. In altre parole, per esempio, nel tessuto muscolare vengono espresse solo alcune delle innumerevoli proteine descritte dai geni, e questo perché i muscoli svolgono una particolare funzione all’interno dell’organismo, quindi necessitano di proteine diverse da quelle usate, per esempio, nel tessuto nervoso. Non solo. A seconda della fase evolutiva della vita dell’individuo (infanzia, adolescenza, età adulta) le proteine espresse cambiano, proprio per far fronte alle necessità diverse del fisico. Dal punto di vista scientifico questo complica la faccenda e rende necessario agire su più fronti per giungere al risultato. Ma ne vale la pena perché la ricaduta è enorme, sia sul fronte della salute umana che su quello finanziario. Infatti la caratterizzazione delle proteine è la via che molti descrivono per mettere a punto terapie sempre più potenti. E già oggi sono la maggioranza i farmaci che agiscono direttamente su proteine, bloccandone l’azione nefasta. Conoscere la struttura di tutte le proteine che entrano in gioco nei diversi processi patologici significa avere in mano una chance in più per contrastarli, quindi per curare l’individuo. E questo vale anche per malattie oggi incurabili, come il morbo di Alzheimer. Un progetto multidisciplinare Un ultimo aspetto importante riguarda la multidisciplinarietà delle ricerche. La scienza del futuro non può lavorare per comparti stagni. Il Progetto genoma umano ha in un certo senso aperto la strada, mostrando che oggi la ricerca biomedica si basa sulla sinergia di tante figure professionali, con competenze tecnologico-scientifiche diverse, ma tutte fondamentali. Chi potrebbe infatti negare il ruolo di primo piano svolto dagli informatici e dai programmatori nel lavoro della Celera? E la stessa cosa succede anche nei laboratori dove si stanno movendo i primi passi per la descrizione e la catalogazione delle proteine umane. Si trovano biologi, biotecnologi, ingegneri, chimici, bioinformatici e fisici, oltre a tutta una serie di figure intermedie, con ruoli fondamentali, che si sono venute delineando negli ultimi anni. COI GENI E' STATO FACILE intervista con Angela Bachi di Barbara Paltrinieri CONOSCERE UNO PER UNO i geni che risiedono nel nucleo delle cellule umane è stata una conquista importante, ma ora ci aspetta un lavoro molto più arduo. È quello che sembra dire Angela Bachi, giovane ricercatrice italiana, oggi in forza al Dibit, il Dipartimento di biotecnologie della fondazione San Raffaele di Milano. Lei, con due lauree in mano, una in chimica e una in tecnologie farmaceutiche conseguite a Genova, ha fatto rotta qualche anno fa verso Heidelberg, dove ha lavorato allo European Molecular Biology Laboratory con quello che viene considerato il padre del Progetto proteoma umano, Matthias Mann. Ma come confessa lei stessa, «sono stata fortunata e a gennaio scorso sono potuta tornare in Italia e ho portato con me il bagaglio di esperienza acquisito all’estero, soprattutto nel campo della spettroscopia di massa (una tecnica fondamentale per la caratterizzazione delle proteine, ndr)». Dottoressa Bachi, cosa dobbiamo attenderci dal Progetto proteoma umano? Dal punto di vista biologico, questo progetto permetterà di conoscere le proteine implicate nei diversi processi organici, anche se io credo che l’impatto maggiore sarà in ambito medico. L’impresa sarebbe proprio quella di riuscire a svelare il meccanismo di molte patologie. Ma il lavoro che ci attende è enorme In che modo si pone questa nuova impresa rispetto al Progetto genoma umano? La messa a punto della mappa del genoma rappresenta uno stadio fondamentale da cui partire per la descrizione delle proteine. Proprio perché le proteine altro non sono che l’espressione dell’informazione genetica e in un certo senso eseguono le direttive stabilite nel Dna. L’Italia che posizione ha preso nei confronti della post-genomica? Ottima, io credo. Sono stati stanziati da parte del ministero della Ricerca scientifica diversi fondi a favore dei progetti che seguono lo studio del genoma umano, di cui il progetto proteoma è la naturale evoluzione. Certo non sono paragonabili a quelli stanziati negli Stati Uniti, ma bisogna anche considerare che in Italia sono ancora pochi i gruppi che ci lavorano Lei crede che quello del proteoma umano si svolgerà come un progetto di big science oppure sarà portato avanti da tanti gruppi separati? Forse entrambe le cose. Ma il lavoro è davvero enorme. E poi io ritengo che si debba fare una distinzione di fondo. Infatti, una cosa è la catalogazione di tutte le proteine del corpo umano, che può essere utile, ma da cui non si possono trarre informazioni relative alla loro funzionalità. Un'altra cosa è invece studiare le proteine coinvolte nei diversi processi fisiologici. Per esempio è interessante vedere le proteine presenti nel tessuto di un organo malato e confrontarle con quelle espresse nello stesso organo sano, per capire qualcosa in più dei processi alla base della malattia. Gli stessi processi su cui poi si potrebbe agire a livello di ricerca farmacologica. È un po’ la stessa cosa che molti genetisti vanno predicando da tempo, sulla mappa del genoma umano. Abbiamo un elenco di tutti i geni umani, ma solo di un numero limitato conosciamo la funzione. È proprio così. Con una piccola differenza per quanto riguarda le proteine che, in qualche modo, potrebbe rendere le cose ancora più complesse. Infatti, mentre ci possono essere funzioni organiche regolate da un unico gene, le proteine lavorano quasi sempre “in gruppo”. Questo significa che la descrizione di un’unica proteina non sarebbe altrettanto utile dello studio dell’intero processo multiproteico. Per questo molti concordano sul fatto che il risultato finale di maggiore interesse è proprio quello di isolare e caratterizzare i network di proteine coinvolte in un determinato processo fisiologico. ANCHE LA CELERA SI RICICLA di Sabina Morandi NON SI È FATTO nemmeno in tempo a leggerlo che il “grande libro dei geni” già passava di moda. A renderlo obsoleto non sono state le critiche di quanti sottolineavano da anni i limiti della “genomania”, quanto le scoperte stesse del Progetto Genoma. Che trentamila geni esprimano un milione di proteine significa una cosa sola: il segreto della vita va cercato altrove. E l’altrove dell’era post-genomica ha già un nome: si chiama proteoma, ovvero l'insieme delle proteine prodotte da una cellula o da un organismo in determinate condizioni ambientali. La nuova disciplina si chiama infatti “proteomica funzionale” e le grandi aziende leader mondiali della caccia al gene, si stanno rapidamente convertendo. Se il Dna rappresenta il progetto che una cellula utilizza per costruire le proteine, perché il progetto arrivi in cantiere è fondamentale l’mRna, o Rna messaggero. E questo perché, sebbene ogni cellula dell’organismo contiene tutto il materiale genetico, l’espressione genica, ovvero la copiatura in mRna e la successiva traduzione in proteina segue complessi meccanismi sia durante lo sviluppo che durante la vita adulta. Di fatto alcuni geni non verranno mai espressi, altri verranno espressi solo in una determinata fase dello sviluppo per poi tacitarsi per sempre, e altri ancora verranno attivati in modo altamente selettivo, secondo quel meccanismo noto come differenziazione cellulare. Le grandi aziende si attrezzano Tutte queste scoperte hanno condotto non solo ad abbandonare l’antico dogma che stabiliva una corrispondenza univoca fra gene e proteina, ma hanno fatto intravedere scenari estremamente articolati dei meccanismi cellulari che intervengono nel passaggio fra progetto e messa in opera come l’editing, la lettura a salti e l’elaborazione proteica che interviene ulteriormente ad alterare la trascrizione. Si è scoperto che perfino la “piegatura” della proteina, ovvero la sua struttura tridimensionale, può comportare modificazioni di tale rilevanza da implicare la sopravvivenza o la morte dell’organismo, anche se le sequenze di partenza sono identiche. E se il mondo dei geni si rivela più complicato, ecco che le grandi aziende si attrezzano e danno vita a nuove alleanze. L’ultima in ordine di apparizione è quella fra la Celera, protagonista della corsa alla mappatura del genoma umano, la Compaq Computer Corporation, il maggiore produttore mondiale di computer, e i laboratori Sandia National Laboratories, di proprietà del Dipartimento statunitense dell'Energia ma gestiti dalla Lockheed Martin, nei quali è in funzione il supercomputer Linux più potente mai installato finora. Celera, Sandia e Compaq collaboreranno allo scopo di innalzare i limiti della capacità di calcolo fino a centomila miliardi di operazioni al secondo (cento TeraOps). La condivisione di alcune tecnologie di calcolo sviluppate dai tre partner potrà consentire in futuro di raggiungere l'incredibile traguardo dei mille TeraOps. La cooperazione è indispensabile per fare fronte, con costi ragionevoli, allo studio del funzionamento, della struttura e delle interazioni che si verificano a livello proteico all'interno delle cellule, umane e non. Secondo gli esperti la proteomica richiede infatti potenzialità di calcolo e di gestione dei dati notevolmente più complesse rispetto alle tecniche di riconoscimento dei pattern e di assemblaggio che sono servite per elaborare la sequenza del genoma umano. In campo anche le società del farmaco Ma non sono solo le società genomiche come la Celera a tuffarsi nella proteomica. Anche il farmaceutico vero e proprio stringe alleanze in vista della nuova gara. Novartis Pharma e Geneva Proteomics, per esempio, hanno stretto un’alleanza strategica sulla proteomica per lavorare alla scoperta di nuovi agenti terapeutici, target e biomarker. Durante la collaborazione, GeneProt analizzerà il profilo proteico di tre tessuti umani patologici attraverso un approccio totalmente nuovo, al fine di individuare il ruolo delle proteine nel processo patologico e per sintetizzare nuove proteine e peptidi. Dal canto suo Novartis ha investito 43 milioni di dollari diventando il primo partner farmaceutico di GeneProt. L’interesse ruota intorno ad alcune molecole che sembrano promettere buone funzionalità terapeutiche, come anche nuovi obiettivi cellulari che Novartis potrà utilizzare dal punto di vista farmacologico, oltre a dei biomarker che possono essere misurati direttamente e potrebbero essere correlati alle patologie per misurare l’efficacia e gli effetti collaterali delle terapie. L’accordo prevede che Novartis paghi dei diritti sul proteoma – si parla di 41 milioni di dollari nel corso di quattro anni – per ottenere l’esclusiva sulle molecole e le informazioni sui modelli di espressione studiati. Anche la Roche allarga i suoi interessi in questo campo. Già dall’anno scorso ha dato il via, con circa dieci milioni di franchi svizzeri di finanziamento, alla creazione di due centri specializzati, la cui attività di ricerca andrà ad affiancarsi ai progetti proteomici a livello sia della divisione Farmaceutici che Diagnostics. Le attività di ricerca dell’era “post-genomica” saranno svolte nel centro di Basilea, dove è già presente un gruppo di ricerca all'avanguardia in questo settore, e nel centro di Penzberg, in Germania. Entrambe le nuove iniziative saranno guidate da Hanno Langen, il ricercatore biochimico che, già dal 1997, dirige il gruppo che si occupa di proteomica a Basilea. Il progetto di ricerca prevede lo sviluppo di tecnologie di analisi proteica altamente sofisticate, in grado di studiare simultaneamente migliaia di proteine e di assegnare a ciascuna di esse il gene corrispondente. Il tutto, naturalmente, attraverso dei supercomputer in grado di automatizzare i processi analitici.
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