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bioetica.berlinguer: se il mondo e' in vendita e' giusto ribellarsi
- Subject: bioetica.berlinguer: se il mondo e' in vendita e' giusto ribellarsi
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 04 Jun 2000 13:08:57 +0200
dal manifesto di giovedi 25 maggio 2000 No al mercato selvaggio BIOETICA Intervista a Giovanni Berlinguer: "Chi protesta ha ragione, se il mondo è in vendita, è giusto ribellarsi" MA.FO. - GENOVA Il presidente della Commissione nazionale di Bioetica, Giovanni Berlinguer, ringrazia anche chi è venuto a Genova per protestare ("in modo pacifico"). Trova convincente il loro slogan: "Se il mondo è in vendita è giusto ribellarsi". Sì, dice, "anch'io trovo preoccupante che le leggi del mercato si estendano oltre i limiti". Berlinguer parlava così, ieri, alla seduta inaugurale del Tebio. Ha fatto notare che la scienza biotecnologica porta molte promesse: dalle terapie geniche che potrebbero rivoluzionare la concezione della cura, agli xeno trapianti (il trapianto di organi animali "umanizzati" sugli esseri umani), alla promessa di combattere l'inquinamento con la lotta biologica. "Ma molte di queste promesse si rivelano difficili da attuare". E fanno sorgere nuovi problemi: la clonazione, dice Berlinguer ad esempio, "può essere valutata diversamente, sotto il profilo etico e morale, se riguardi animali o umani, e se si tratta di clonare tessuti o embrioni, magari nella speranza di creare individui con caratteristiche alterate, la 'super specie' - o la 'sub specie'". Berlinguer difende l'impostazione europea su questa materia: valutare il rischio, etichettare e indicare ogni organismo transgenico immesso sul mercato dopo autorizzazioni specifiche, caso per caso. La commissione da lui presieduta ha chiesto la moratoria degli xeno trapianti: bisogna valutare il rischio di trasmissione alla specie umana di malattie di altre specie. La commissione trova aberrante, inoltre, il brevetto concesso dall'Ufficio europeo dei brevetti alla clonazione sperimentale di embrioni animali, umani inclusi. I principi guida, secondo Berlinguer, devono restare quelli della precauzione, l'informazione, la trasparenza: "privilegiare la tutela della salute e dell'ambiente rispetto al calcolo immediato dei costi e benefici". Ma l'opinione pubblica "oscilla tra un'idea di scienza trionfante e miracolistica e il catastrofismo. L'informazione stessa è squilibrata. Gli scienziati promettono che la biotecnologia curerà il mondo, allontanerà la vecchiaia, sfamerà il pianeta... ma le cose non stanno così, la fame non dipende da mancanza di raccolti, ma dalla loro distribuzione, e gran parte delle malattie non dipendono da un gene ma da fattori ambientali, dall'igiene, da comportamenti individuali. D'altro lato, il catastrofismo è alimentato da idee antiscientifiche". Sta dicendo che i sostenitori delle biotecnologie illudono il pubblico e i governi con promesse mirabolanti? No, bisogna distinguere. Dalla biotecnologia bisogna aspettarsi molto, e diversi successi tecnico-scientifici sono visibili. Ma quando ci dicono che risolveranno i mali del mondo, questo è falso. Prenda l'esempio delle terapie geniche: sono fallite, per ora, perché basate su una concezione della cura come sostituzione di pezzi di ricambio, come se si potesse attribuire una specifica malattia a un preciso gene, sostituirlo, ed essere certi che questo sostituirà tutti i geni malati. Negli Usa la ricerca sulle terapie geniche è stata abbandonata dopo che si erano verificati oltre 600 casi di effetti avversi. La realtà è che bisogna lavorare sulla complessità. E' spaventoso il riduzionismo che si va affermando in questo campo. E, forse esagero, sembra che l'unica forza ad agire sulla complessità dei problemi sia proprio il mercato, con la sua cosiddetta mano invisibile. Spesso la scienza promette più di quello che può mantenere per ottenere finanziamenti: c'è un problema sulla ricerca? La ricerca è essenziale, e io credo che in Italia ce ne sia troppo poca: gli stanziamenti sono metà o un terzo che negli altri paesi europei, e serve una forte ricerca pubblica: altrimenti le università dovranno soggiacere ai committenti privati. In generale, la ricerca pubblica garantisce un controllo. L'esempio delle terapie geniche è tipico: di quei 600 e passa effetti avversi, negli Usa, solo 35 sono arrivati a conoscenza del National institute of health, ovvero dell'ente che deve esercitare il controllo pubblico sulla medicina. Poi ci vogliono anche incentivi alla ricerca privata, perché no. Non credo che sia possibile porre limiti alla conoscenza. Ma il limite è impedire che la conoscenza si trasformi in proprietà privata, e che tutto si trasformi in merce.
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