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biotech: piu' garanzie genetiche
- Subject: biotech: piu' garanzie genetiche
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 26 May 2000 17:18:53 +0200
da affari e finanza lunedi 22 Maggio 2000 Più garanzie genetiche L'Europa si ribella al business multinazionale di ANTONIO CIANCIULLO SETTANTACINQUE milioni di dollari nel 1995, 235 milioni di dollari nel 1996, 670 milioni di dollari nel 1997, 1.500 milioni di dollari nel '98. La crescita del mercato delle agrobiotecnologie è spettacolare: un aumento di venti volte in quattro anni. E infatti una recente indagine Nomisma sottolinea la performance e rileva come nel primo quinquennio le agrobiotecnologie si siano concentrate nel settore a maggior valore aggiunto (mais, oleaginose, orticole) mentre, nel campo del no food, la ricerca si è rivolta soprattutto al cotone (sei tipi diversi). Più recentemente - ricorda Nomisma - l'esame delle quasi 8 mila prove sperimentali in campo autorizzate negli States e nell'Unione europea a fine '98 mostrano la tendenza ad estendere l'innovazione a comparti in precedenza poco considerati. Anche Jeremy Rifkin, l'autore del "Secolo biotech", sottolinea le dimensioni di questo settore e la sua concentrazione in poche mani: le industrie che hanno investito sulla manipolazione del Dna controllano il 37 per cento dei 15 miliardi di dollari annuali del mercato globale delle sementi. E le industrie farmaceutiche hanno speso più di 3,5 miliardi di dollari nel 1995 per accaparrarsi le aziende biotecnologiche. Tuttavia, nonostante questi ingenti investimenti, la partita sul futuro dell'ingegneria genetica resta più che mai aperta come dimostrano i primi mesi del Duemila. Il 29 gennaio al vertice di Montreal il fronte della cautela ha guadagnato punti: cinque giorni di braccio di ferro, una notte in bianco e i delegati di oltre 130 Paesi hanno deciso di adottare un protocollo sulla biosicurezza, obiettivo fallito nella precedente riunione di Cartagena in cui il cosiddetto gruppo di Miami (Usa, Canada, Australia, Argentina, Cile e Uruguay), cioè i grandi produttori di alimenti transgenici, era riuscito a portare lo scontro al punto di rottura in modo da lasciare briglia sciolta alle industrie. A Montreal invece si è raggiunto un compromesso che autorizza i singoli Paesi a chiudere le frontiere ai prodotti geneticamente modificati ritenuti pericolosi per l'ambiente o per la salute. Il mutamento degli equilibri è dipeso da vari fattori. La vicenda Seattle non ha certo giovato al prestigio del Wto, l'organismo di controllo del commercio internazionale che spesso ha ostacolato la normativa di protezione ambientale. Inoltre anche nel paese guida del transgenico, gli Usa, serpeggiano i primi dubbi derivanti dalla minaccia europea di bloccare l'import di prodotti non garantiti dal punto di vista genetico. E' così che, ad aprile, la Monsanto ha messo a segno una mossa destinata a farle recuperare qualche posizione sotto il profilo dell'immagine: il colosso delle biotecnologie ha annunciato che metterà a disposizione della comunità scientifica internazionale la mappa del genoma del riso ottenuta dai suoi laboratori grazie a un investimento valutato tra i 40 e i 100 miliardi di lire. Ma a maggio è arrivato un nuovo colpo di freno dall'Europa: l'Ufficio europeo dei brevetti (Epo) ha revocato il brevetto di un funghicida ottenuto utilizzando un frammento di Dna del neem, una pianta indiana utilizzata da millenni per le sue proprietà terapeutiche. E' solo una tappa della lunga battaglia legale che ha per posta la proprietà della vita, ma è un segnale che indica come l'Europa si stia lentamente distaccando dall'interpretazione statunitense del diritto globale nel campo dell'ingegneria genetica. Quello sul neem è il più carico di significati simbolici tra le migliaia di conflitti giudiziari che hanno come posta il controllo commerciale sui prodotti ricavati dalla manipolazione dei geni. Da una parte ci sono le associazioni ambientaliste locali e il governo indiano, che rivendicano il diritto di continuare a curarsi con i preparati ricavati dalla corteccia del neem e di continuare a usarne i semi per la loro capacità insetticide e funghicide. Dall'altra la multinazionale che, avendo estrapolato il pacchetto miracoloso di geni, ne rivendica la proprietà: se il suo punto di vista finisse per prevalere, anche le popolazioni che hanno mostrato al mondo i vantaggi del neem custodendo per millenni la memoria delle sue proprietà sarebbero costrette a pagare un diritto d'autore per mantenere le loro tradizioni. Ora questa prospettiva appare più lontana perché sulle 40 richieste di brevetti presentate in Europa si staglia il no dell' Epo. "Aziende con un fatturato simile a quello di un piccolo Stato vogliono depredare i popoli di quello che la natura ha concesso loro, vogliono brevettare geni che appartengono a tutta l'umanità", ha commentato il presidente dei Verdi Grazia Francescato. "E' un nuovo colonialismo condotto da biopirati ai danni dei popoli più poveri della Terra per sottrarre loro l' unica ricchezza: la biodiversità". Il caso neem è la regola, non l'eccezione. Decine di altri prodotti tradizionali, ad esempio il riso basmati, sono nel mirino dei cacciatori di geni. E i predoni del Dna - accusano gli ecologisti - sono sbarcati anche in Italia: il trifoglio sardo è stato brevettato da un'azienda australiana: se l'iter giuridico di questo procedimento si concluderà, i sardi dovranno pagare tassa all'estero. Per impedire quest'eventualità il neo ministro per le Politiche agricole Alfonso Pecoraro Scanio ha annunciato un ricorso internazionale e una ricognizione per verificare l' esistenza di casi analoghi. Il problema verrà posto anche a livello europeo. Il settore resta comunque estremamente vitale sotto il profilo economico e, fuori dall' Ocse, paesi del calibro della Cina si muovono con determinazione sulla strada del transgenico. Complessivamente i segnali sono così contraddittori da rendere difficile ogni previsione.
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