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LA FORZA DELLA PACE ENTRO L’AMBITO DELLA POLITICA DI DIFESA E DI SICUREZZA EUROPEA



testo proposto di Dimitris Liakopoulo per una riflessione comune:

LA FORZA DELLA PACE ENTRO L’AMBITO DELLA POLITICA DI DIFESA E DI SICUREZZA EUROPEA

All’interno della PESC si sta verificando una politica estera comune in materia di sicurezza e di difesa (PECSD), alla quale realizzare gli obiettivi indicati dall’art. 11 del TUE significa un lavoro in evoluzione che presenta interessanti peculiarità sotto il punto di vista della PECSD che del suo contenuto1. La politica comune di sicurezza e difesa diventerà un fattore dell’Europa nella sua proiezione esterna e un aspetto fondamentale della sua identità. I mandati seguiti nei Consigli europei di Colonia, di Helsinki2 relativamente alla ponderazione dei voti espressi in seno al Consiglio dei Ministri e la discussione sulla maggioranza qualificata, nonché la dimensione e la composizione della Commissione europea era la partenza delle riforme istituzionali e di cooperazione rafforzata. La PESC dovrebbe rivolgere un’attenzione proporzionata alle effettive esigenze dei due fronti che, non a caso, si saldano nei Balcani: il fronte Est (ex Unione sovietica e spazio ex-sovietico), e il fronte Sud (Mediterraneo). In tale ambito andrebbero, altresì elaborati alcuni principi per una politica dell’allargamento. Sembra ormai in prassi il consenso di una politica orientale dell’Unione europea a causa dell’ampliamento ai paesi dell’Europa centro-orientale e le esigenze di stabilità nei Balcani e specialmente a causa dell’adesione turca in CE. Una politica orientale resta una politica Mediterranea, ispirata ad una visione coerente dei rischi e delle opportunità per la stabilità europea. Una PESC a venticinque membri potrebbe raccomandare l’adozione di una Agenda PESC, l’accettazione degli orientamenti fondamentali in cui si richiede in partenza ogni candidato per accettare il sistema degli acquis comunitari.

L’adozione consensuale di una Agenda PESC è stata formata dalla presidenza portoghese che propose di soprassedere sui problemi nati ed a quali designati dal Trattato di Amsterdam, rinviando ad un momento successivo i risultati di profonde modifiche che si verificavano nell’UEO e del bisogno di revisione del titolo V che riguardava il processo decisionale, comprese il settore delle riforme istituzionali3. La PECSD è stata sviluppata con le modifiche apportate dal Trattato di Nizza alla PESC, non tutte riconducibili alla PECSD, anzi accolte a condizione che non concernessero gli emendamenti apportati all’art. 17, relativo alla politica di sicurezza dell’Unione e all’art. 25, sul Comitato politico che diventa Comitato politico e per la Sicurezza (CPS)4. L’eliminazione del riferimento all’UEO era necessaria, specialmente dopo la Dichiarazione di Marsiglia del novembre del 2000 che aveva ufficialmente deciso il trasferimento all’Unione delle competenze in materia militare. Questa tattica aveva come conseguenza un dibattito aperto e pienamente consapevole delle implicazioni sottese che avrebbe potuto portare problemi in sede di ratifica da parte di alcuni Stati5. Dall’altra parte l’integrazione dell’UEO nell’Unione era subordinata all’espressa approvazione dagli Stati membri di prendere eventuali decisioni ad hoc. La decisione che è stata adottata a Nizza di abrogare le relative disposizioni dell’UEO ha costituito oggetto di discussione. L’argomento di forze armate e le azioni di comune politica estera e di sicurezza rappresentava un fatto ex novo, di rilevante importanza6.

I Parlamenti nazionali risultavano esclusi da questo tipo di elaborazione e che per essere garantita la rapida operatività della PECSD gli Stati membri hanno dovuto convenire e rendere in prassi il recesso irreversibile prima che si aprisse un dibattito in materia in sedi diverse da riunioni di esperti della difesa e organismi ministeriali e comunitari7. Il progetto di PECSD che ha subito le modifiche alla PESC si stia procedendo durante gli ultimi anni ad una realizzazione di una effettiva politica comune di difesa e di sicurezza più incisiva di quanto riscontrano in passato, sempre circoscritta da limiti di capacità operativa e di innovazioni tra la NATO e l’Ue. Il Consiglio europeo di Copenhagen ha stabilito che finalmente l’Unione europea subentrerà alla NATO nel comando della missione Allied Harmony in Macedonia, la prosecuzione della missione Amber Fox, che è stata iniziata al settembre del 2002. Lo spiegamento di forze dell’Unione debba rappresentare jura conditio sine qua non degli sforzi volti al ristabilimento della pace in un’area determinata.

Il trattato di Maastricht all’art. J. 4 ha prospettato la possibilità di porre in essere una politica di sicurezza e di difesa, affermando la convinzione che la costruzione dell’Europa sarebbe rimasta incompiuta se non avesse contemplato la sicurezza e la difesa8. Le relazioni politiche internazionali dell’Unione hanno rilevato molteplici limiti i quali non dipendevano solamente dalla scarsa volontà degli Stati di fare ricorso alle potenzialità offerte dal trattato, ma anche da problemi legati alla disciplina da quest’ultimo predisposta9. La PESC è priva della forza per sviluppare la solidarietà tra i partner europei e mantenere l’unità su un approccio comune. Gli Stati membri si limitano a fornire un quadro giuridico obbligatorio entro il quale gli Stati stessi coordinano e gestiscono i propri poteri nelle loro mani. Un ruolo importante è stato lasciato all’UEO che doveva offrire un tipo di collaborazione esterna nell’evoluzione della PESC. Il work in progress europeo si sviluppa in sintonia con la NATO. Inquietudini risorgono a causa della formazione del progetto americano di difesa antimissile (National Missile Defense). Il primo punto si riferisce alle reazioni dell’ex Unione Sovietica ed il secondo il ruolo della Gran Bretagna rispetto ad attacchi missilistici ai quali l’Europa continentale resterebbe esposta. A questo principio del NATO first, cioè con un diritto di prelazione sui compiti da svolgere in proprio o da delegare a forze europee contrapposta ad una pretesa europea (di qualsiasi Stato membro) di decidere autonomamente a quale strumento ricorrere. Nei confronti della NATO lo scopo primario della PESC dovrà essere quello di alzare per quanto possibile la soglia di intervento delle strutture alleate, utilizzando gli adatti strumenti che hanno dato indiscuttibilmente buona prova nel processo di integrazione europea.

Gli Stati membri dell’UEO, in una Dichiarazione allegata al TUE si stabilivano: “allo sviluppo dell’UEO come tappe quale componente di difesa dell’Unione europea (…)”. Venivano così individuati dei compiti che gli Stati membri dell’Europa occidentale intendevano assumersi l’impegno per formulare l’art. 17, par. 2 del Trattato di Amsterdam. Dall’altra parte le missioni di Petersberg ed i trattati firmati non hanno esaurito l’argomento, al contrario sono divenute l’oggetto privilegiato delle funzioni che l’Unione ha dichiarato di voler svolgere nell’ambito delle relazioni internazionali10. Oggi secondo le proposte dell’Europarlamento queste missioni dovrebbero essere estese ad altri compiti, come la prevenzione dei conflitti, le operazioni congiunte di disarmo, la consulenza e l’assistenza militare, la stabilizzazione dopo le guerre e la lotta contro il terrorismo. Uno dei principali problemi si consiste al livello del finanziamento e di spesa della difesa a causa dell’assenza di una chiara divisione del lavoro che caratterizzano la produzione e la fornitura di armi. Risulta, quindi, evidente la revisione in questa materia concentrata su tre priorità, cioè sul miglioramento del meccanismo previsto dal titolo V rendendolo più efficiente ed efficace, l’intensificazione dei più stretti legami tra il primo ed il secondo Pilastro, eliminando così la separazione esistente tra la dimensione politica ed economica delle relazioni esterne dell’Unione11 ed al fine approfondendo la componente della difesa nella politica di sicurezza. Per migliorare e ridisegnare la politica estera e di sicurezza e per lo sviluppo di una personalità giuridica internazionale la decisione è stata presa durante il Consiglio europeo di Amsterdam per non introdurre una norma che prevedesse tale personalità. In particolare il trattato di Amsterdam ha recepito che in prassi rimasta irrisolta la questione del ruolo da attribuire all’UEO nella definizione della politica comune di difesa. Il nuovo art. 12 distingue tra la definizione di principi ed orientamenti generali, la decisione di strategie comuni, il rafforzamento della cooperazione sistematica tra gli Stati membri12. L’UEO ha prospettato tre possibili opzioni, che muovevano dal mantenimento dello status quo con un mero miglioramento della modalità di cooperazione tra le due organizzazioni. Il risultato sarebbe un operativo sistema di difesa con la partecipazione di tutti i membri Stati europei13, un sistema che comprendeva gli adeguati mezzi di strutture, di comando, dei mezzi logistici e di intelligence autonomi e dell’accesso alle forze della NATO, ad una organizzazione occidentale che poteva avvalersi delle c.d. CJTF (Combined Joint Task Forces) per il conseguimento di una propria politica di sicurezza14, alcune delle quali avrebbero potuto essere comandate dall’UEO a nome dell’Europa (WEU-led) eventualmente con l’impiego di strumenti e capacità NATO. La cultura strategica dovrà garantire modalità di intervento, rapide, flessibili e robuste per spostare l’accento dalla quantità alla qualità delle forze disponibili15.

Una altra svolta particolare è stata seguita al vertice franco-britannico di Saint Malo nel dicembre del 1998, dove è stato deciso che: “the capacity for autonomous action, backed up be credible military forces, the means to decide to use them and readiness to do so, in order to respond to international crisis”. Rimaneva fuori il ruolo che doveva svolgere l’UEO. La proposta inglese andava verso l’autonomia della politica estera e di sicurezza dell’Unione. Quello significa che andava al contrario della sua linea tradizionale del passato, auspicando il trasferimento delle sue competenze per le funzioni politiche, alla NATO e ai militari. Si sarebbe meglio strutturata l’organizzazione dell’esecuzione e rappresentanza esterna della PESC evitando il pericolo di conflitti di competenze tramite anche le altre organizzazioni internazionali che l’Unione doveva collaborare. In realtà già dal Forum di NATO del 1994 a Bruxelles e dal Vertice di Washington del 24 aprile del 1999, durante il quale si approvavano i progetti dei paesi membri dell’Unione. Il Regno Unito aveva promosso l’idea dell’identità europea e difesa (ESDI-European Security and Defence Identity), mirando la concessione al braccio militare che in passato rimaneva solo un organo politico e autodecisionale. La Gran Bretagna ha trasformato le sue ideologie dopo la nuova impostazione che ha dato la nuova politica americana e la creazione, specialmente in Mediteranneo di una capace identità di difesa, convinta di coinvolgere maggiormente i paesi europei nella gestione economica e militare della NATO. La PECSD avrebbe avuto un ruolo subordinato alla NATO. Si trattava di un livello politico ed uno strategico, in quanto gli apparati militari messi a disposizione dell’UE non avrebbero avuto una capacità di programmazione, di intelligence e logistica autonoma, potendo e dovendo agire di concerto con la NATO. La Francia non è che ha battuto tanto sull’argomento, anzi, ha tenuto una blanda posizione a causa degli preguidici anti-NATO o anti-americani che risalgono ai tempi del generale de Gaulle, riconoscendo nei fatti che una capacità di difesa europea non può vedere la luce, almeno in una prima fase in stretto coordinamento con l’Alleanza Atlantica e con gli Stati Uniti. L’identità europea di difesa deve evidentemente basarsi su una politica estera comune secondo le prospettive della Germania16, che ha appoggiato l’opzione francese, cioè di ribadire la necessità di una forte identità europea, dotata di strutture politiche e militari, da conseguirsi tramite l’integrazione dell’UEO nell’Unione. La stessa linea è stata seguita anche da Portogallo che ha considerato esclusa qualsiasi ipotesi di integrazione dell’UEO nell’Unione, anche a lungo termine, ritenendo auspicabile un consolidamento dell’organizzazione europea attraverso nuovi organi17. Ogni decisione PESC che comporta spese sia accompagnata da una scheda finanziaria contenente la quota dei costi previsti che rimangono in ogni caso attività informative le quali non concedono al Parlamento nessun potere ulteriore sulla politica estera e di sicurezza.

Un punto importante è stato dato dalla Dichiarazione di Colonia nel giugno del 1999 che tentava di contemperare l’autonomia decisionale dell’Unione con il rispetto degli obblighi NATO e in particolare la richiesta di garantire un ruolo nella PECSD anche agli alleati europei che non fossero Stati membri. Ricordiamo, ex novo, l’articolo 17, par. 3, che riteneva il caso di negazione in caso che le missioni Petersberg venivano guidate dall’UEO. Gli Stati membri avevano un diritto di opting out e potrebbero rifiutarsi di partecipare. Queste truppe non costituivano un esercito europeo, ma sicuramente si trattava di una cooperazione volontaria di tanti Stati che potevano consentire all’Unione di garantire la guida politica e la direzione strategica delle operazioni18. Non dimentichiamo il rapporto che potevano avere con le Nazioni Unite come operazioni di peace keeping e peace building19, preventive diplomacy20, confermando che la nuova capacità di difesa risulta funzionale all’Alleanza atlantica, alla creazione di un’autonoma politica estera e di sicurezza europea. Il par. 2 dell’art. 17 del trattato di Amsterdam entro lo stesso spirito ha stabilito: «le missioni umanitarie e di soccorso, le attività di mantenimento della pace e le missione di unità di combattimento nella gestione delle crisi, ivi comprese le missioni tese al ristabilimento della pace». Il Consiglio su questa opzione ha scelto di non rinviare ogni decisione in merito ad una successiva eventuale iniziativa da parte dello stesso Consiglio, non escludendo in un ambito teorico la futura integrazione della Comunità nel sistema comunitario21.

Anche l’UEO avrebbe trasferito le proprie competenze Petersberg all’Unione. Due, comunque punti rimanevano aperti. La riunione della Conferenza sull’impegno di capacità e il definitivo trasferimento della competenza Petersberg all’Unione22. Il Consiglio di Helsinki ha adottato un nuovo catalogo delle forze, includendo anche le operazioni della seconda generazione, cioè nuove tipologie di intervento in cui la componente militare si affievolisce e viene via via affiancata da sempre maggiori compiti di natura più squisitamente civile, cioè rimpatrio dei rifugiati, assistenza umanitaria, organizzazione e controllo del regolare svolgimento delle elezioni o dei referendum, ecc. L’Unione dovrebbe essere in grado partendo dal 2003 di assolvere a tutti i compiti Petersberg. La PECSD dipenderà dalla messa a disposizione di truppe e mezzi da parte della NATO, almeno per le missioni di media rilevanza. Sembra che sia da condividere anche le opinioni che sottolineano che la nuova PESCD non ha presentato elementi di innovazione specialmente alla prevenzione dei conflitti o la gestione dei crisi23. L’unica novità è stata fornita alla tentazione di costituire uno strumento militare autonomo ed una più stretta partnership con la NATO. Il 16 dicembre 2002 è stato firmato un atto di nascita del partenariato strategico tra le due organizzazioni (Ue-NATO) col quale comincia a prendere forma il progetto europeo di difesa comune. Il documento definisce i punti fondamentali della cooperazione futura tra NATO e Ue prevedendo la possibilità di missioni a guida europea. L’Ue si impegna a garantire “il massimo coinvolgimento possibile” dei membri europei della NATO che non fanno parte dell’Unione nella politica di difesa e di sicurezza comune. Si ridimensionerà l’impegno degli Stati Uniti nei Balcani e la NATO potrà concentrarsi su missioni fuori dall’area tradizionale24.

Da un punto di vista istituzionale le modifiche concernono il CPS (Comitato politico e di sicurezza). In realtà il CPS dovrebbe divenire l’interlocutore ufficiale dell’Alto Rappresentante, il quale non può avere il peso politico necessario, perché per il fatto stesso della nomina rimane un funzionario. Nello stesso quadro si richiama secondo l’articolo 207 TCE il COREPER, un organo strettamente collegato con il Consiglio che riesca a mantenere una privilegiata posizione limitando la delega di competenze decisionali al CPS. Per quanto riguarda gli altri organi ad hoc della PECSD, come lo Stato maggiore e il Comitato militare è configurabile una certa concorrenza con le competenze dell’Alto Rappresentante e della presidenza di ogni turno. L’identità dell’Europa quale protagonista sulla scienza internazionale è legata al superamento in prospettiva della dicotomia che dovrebbe implicare l’attribuzione all’Unione di una personalità giuridica, come presupposto della sua visibilità e autorevolezza. Si è mancato di sottolineare il sistema di finanziamento che renda debole tutta l’impalcatura organizzativa della PESC ed in particolare renda difficile portare avanti con successo missioni impegnative. La gestione di una crisi nell’ambito europeo dovrebbe concernere: un accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea sul finanziamento della PESC annesso al trattato, ponendo a carico del bilancio comunitario le spese per: missioni di osservazione ed organizzazione di elezioni, partecipazioni a processi di transizione democratica, inviati UE, prevenzione di conflitti, di pace, di sicurezza, assistenza finanziaria, contributi e conferenze internazionali, missioni di assistenza umanitaria, ecc.

I risultati ottenuti si vedono eccezionali e deludenti, almeno in uno stadio teorico. L’Europa è sempre di più una potenza civile presente come soggetto politico all’interno delle principali istituzioni. In tema di dimensione europea della difesa le posizioni statali variano secondo il grado di coscienza e di sicurezza che questo edificio possa approfondire la costruzione europea. L’Unione ha dimostrato la necessità di acquisire un’autonoma capacità militare idonea di un meccanismo così concepito a realizzare i risultati prefissi di una nuova capacità decisionale nell’ambito della PESC, che si ricollegano direttamente all’esercizio delle funzioni cosiddette règaliennes. Il dialogo tramite NATO e UEO si è ancora formalmente impegnato a garantire una forte possibilità di condizionare le decisioni e le opere dell’Unione. Si tratta di un processo in fieri, di cui è difficile prospettare al momento la fine o il successo nel caso di una crisi. Lo sviluppo delle capacità militari dell’Unione deve pertanto essere finalizzato a contribuire all’azione delle Nazioni Unite o a qualsiasi altra organizzazione universale o regionale sotto il profilo di competenza e di responsabilità assunta dall’organizzazione riferita e l’inserimento di una politica attiva e decisionale entro il quadro europeo come un’organizzazione regionale di grande dimensione e di valore. Saranno le prossime conferenze intergovernative a chiarire le nuove prospettive nel settore una tantum ex ante.

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1 HUNTER, The european security and defence policy. NATO’s companion or competitor?, RAND Publication, Santa Monica, 2002.

2 A Helsinki gli Stati membri dell’Unione non hanno soltanto definito l’obiettivo comune da raggiungere in termini di capacità militari in particolare alle lacune da colmare nei settori dei trasporti strategici, dell’intelligence e del Comando.

3 V. HOWORTH, Britain, NATO and CESDP: Fixed strategy, changing tactics, in European Foreign Affairs Review, 2000.

4 Secondo le ultime modificazioni degli articoli sulle istituzioni e il preambolo della bozza della carta fondamentale di costituzione sono state previste: l’istituzione di un superpresidente, di un presidente dl Consiglio europeo a tempo pieno, il numero dei membri della Commissione con diritto di voto sarà limitato a 15 aggiungendo ancora 10 delegati dal 2009 sulla base di un sistema di rotazione paritaria fra tutti i paesi UE, una maggioranza superqualificata, cioè due terzi degli Stati e 80% della popolazione, allo scopo di far uscire il maggior numero di settori possibile dell’impasse della regola dell’umanità.

5 Cfr. La Conferenza intergovernativa di Napoli 28-29 novembre 2003, e la proposta italiana.

6 WESSEL, The European Union’s foreign and security policy. A legal institutional perspective, The Hague, Boston, London, Kluwer International, 2000.

7 È stata nata al luglio del 2004 una nuova Agenzia europea per la difesa chi si è affiancata agli organismi e alle organizzazioni comunitarie. I suoi compiti sono di pianificazione, studio e sviluppo nel campo della difesa e degli armamenti. L’Agenzia che avrà sede a Bruxelles opererà sotto il controllo politico del Consiglio. Gli Stati membri che aderiscono all’Agenzia salvo la Danimarca contribuiranno le basi al criterio del reddito nazionale lordo. L’azione comune decisa dal Consiglio e già annunciata nella bozza del Trattato per la costituzione europea.

8 PAPPAS, VANHOONACKER, The European Union’s common foreign and security policy. The challenges of the future, Maastricht, 1996.

9 FINK HOOUER, The common foreign and security policy of the European Union, in European Journal of International Law, 1994. GIACALONE, La politica estera comune dell’Unione europea. Politica intergovernativa o comunitaria?, in Rivista giuridica sarda, 1996.

10 Cfr. La Risoluzione del Parlamento europeo sulla nuova architettura europea, di sicurezza e difesa-priorità e lacune, 10 aprile 2003. In particolare: “(…) 2. Ritiene che lo sviluppo di una vera e propria politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) sia parte integrante della PESC e costituisca un contributo efficace alla credibilità dell’Unione europea sulla scena internazionale che le consentirebbe di difendere i suoi obiettivi e i suoi valori e di contribuire alla libertà, alla pace e alla stabilità nel mondo (…)”.

11 LIAKOPOULOS, The politics of European Union in Asia Pacific region, ed. Aracne, 2004.

12 LANG, Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, obblighi comunitari e politica estera dell’Unione europea, in Comunicazione e studi, 1997.

13 MONAR, The european Union’s foreign affairs system after the treaty of Amsterdam. A strengthened capacity for external action?, in European Foreign Affairs Review, 1997.

14 MARUQEZ RUIZ, Vers une politique ètrangère et de sècuritè comune: ètat des lieux, in Revue Marchè Commun du Union europèenne, 1995.

15 Cfr. Le osservazioni di Javier Solana, Alto Rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza comune, in occasione del Consiglio informale dei Ministri della difesa, Roma 4 ottobre 2003. Egli ha sostenuto: “nel 2003 è possibile identificare l’imminente confluenza di allargamento, lavori per la Costituzione europea, sviluppo delle potenzialità del processo di crescita oltre gli obiettivi di Helsinki per il 2003, le prime esperienze dell’UE in operazioni sul terreno, lavori sulla strategia europea di Sicurezza (…)”.

16 La Francia e la Germania hanno elaborato un documento che è stato trasformato in Dichiarazione del quarantesimo anniversario del Patto atlantico, basato su quattro punti: a) una Presidenza dell’Unione europea non più affidata alla rotazione semestrale, b) Il Presidente della Commissione, cioè dell’esecutivo europeo, eletto direttamente dal Parlamento comunitario, c) Un Ministro degli Esteri europeo, membro o vicepresidente della Commissione, d) L’estensione del voto a maggioranza con l’unico limite di un interesse nazionale.

17 Bollettino UE, 7/8-1997.

18 TEUN ISSEN, Strengthening the defence dimension of the EU. An evaluation of concepts, recent initiatives and development, in European Foreign Affairs Review, 1999.

19 S. GRASSI, L’introduzione delle operazioni di peace-keeping nel Trattato di Amsterdam, in La Comunità internazionale, 1998.

20 Le operazioni di peace-keeping si istituiscono generalmente quanto persistono tre situazioni fondamentali, come: a) un conflitto militare in atto con distinzione tra guerra internazionali, b) situazioni di tregua o di armistizio, c) una situazione di conflitto o di disordine politico-sociale, non militare all’interno di uno Stato.

21 KORTENBERG, op.cit.

22 PAGANI, A new gear in the CFSP machinery. Integration of the Petersberg tasks in the treaty on European Union, in European Journal of International Law, 1998.

23 KORTENBERG, La nègociation du raitè. Une vue cavalière, in Revue trimestrelle du droit europèenne, 1997.

24 Cfr. Dichiarazione congiunta NATO-UE sulla PESD, 16. 12. 2002.

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