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LA FORZA DELLA PACE ENTRO L’AMBITO DELLA POLITICA DI DIFESA E DI SICUREZZA EUROPEA
testo proposto di Dimitris Liakopoulo per una riflessione comune:
LA FORZA DELLA PACE ENTRO L’AMBITO DELLA POLITICA DI DIFESA E DI SICUREZZA
EUROPEA
All’interno della PESC si sta verificando una politica estera comune in
materia di sicurezza e di difesa (PECSD), alla quale realizzare gli
obiettivi indicati dall’art. 11 del TUE significa un lavoro in evoluzione
che presenta interessanti peculiarità sotto il punto di vista della PECSD
che del suo contenuto1. La politica comune di sicurezza e difesa diventerà
un fattore dell’Europa nella sua proiezione esterna e un aspetto
fondamentale della sua identità. I mandati seguiti nei Consigli europei di
Colonia, di Helsinki2 relativamente alla ponderazione dei voti espressi in
seno al Consiglio dei Ministri e la discussione sulla maggioranza
qualificata, nonché la dimensione e la composizione della Commissione
europea era la partenza delle riforme istituzionali e di cooperazione
rafforzata. La PESC dovrebbe rivolgere un’attenzione proporzionata alle
effettive esigenze dei due fronti che, non a caso, si saldano nei Balcani:
il fronte Est (ex Unione sovietica e spazio ex-sovietico), e il fronte Sud
(Mediterraneo). In tale ambito andrebbero, altresì elaborati alcuni
principi per una politica dell’allargamento. Sembra ormai in prassi il
consenso di una politica orientale dell’Unione europea a causa
dell’ampliamento ai paesi dell’Europa centro-orientale e le esigenze di
stabilità nei Balcani e specialmente a causa dell’adesione turca in CE. Una
politica orientale resta una politica Mediterranea, ispirata ad una visione
coerente dei rischi e delle opportunità per la stabilità europea. Una PESC
a venticinque membri potrebbe raccomandare l’adozione di una Agenda PESC,
l’accettazione degli orientamenti fondamentali in cui si richiede in
partenza ogni candidato per accettare il sistema degli acquis comunitari.
L’adozione consensuale di una Agenda PESC è stata formata dalla presidenza
portoghese che propose di soprassedere sui problemi nati ed a quali
designati dal Trattato di Amsterdam, rinviando ad un momento successivo i
risultati di profonde modifiche che si verificavano nell’UEO e del bisogno
di revisione del titolo V che riguardava il processo decisionale, comprese
il settore delle riforme istituzionali3. La PECSD è stata sviluppata con le
modifiche apportate dal Trattato di Nizza alla PESC, non tutte
riconducibili alla PECSD, anzi accolte a condizione che non concernessero
gli emendamenti apportati all’art. 17, relativo alla politica di sicurezza
dell’Unione e all’art. 25, sul Comitato politico che diventa Comitato
politico e per la Sicurezza (CPS)4. L’eliminazione del riferimento all’UEO
era necessaria, specialmente dopo la Dichiarazione di Marsiglia del
novembre del 2000 che aveva ufficialmente deciso il trasferimento
all’Unione delle competenze in materia militare. Questa tattica aveva come
conseguenza un dibattito aperto e pienamente consapevole delle implicazioni
sottese che avrebbe potuto portare problemi in sede di ratifica da parte di
alcuni Stati5. Dall’altra parte l’integrazione dell’UEO nell’Unione era
subordinata all’espressa approvazione dagli Stati membri di prendere
eventuali decisioni ad hoc. La decisione che è stata adottata a Nizza di
abrogare le relative disposizioni dell’UEO ha costituito oggetto di
discussione. L’argomento di forze armate e le azioni di comune politica
estera e di sicurezza rappresentava un fatto ex novo, di rilevante importanza6.
I Parlamenti nazionali risultavano esclusi da questo tipo di elaborazione e
che per essere garantita la rapida operatività della PECSD gli Stati membri
hanno dovuto convenire e rendere in prassi il recesso irreversibile prima
che si aprisse un dibattito in materia in sedi diverse da riunioni di
esperti della difesa e organismi ministeriali e comunitari7. Il progetto di
PECSD che ha subito le modifiche alla PESC si stia procedendo durante gli
ultimi anni ad una realizzazione di una effettiva politica comune di difesa
e di sicurezza più incisiva di quanto riscontrano in passato, sempre
circoscritta da limiti di capacità operativa e di innovazioni tra la NATO e
l’Ue. Il Consiglio europeo di Copenhagen ha stabilito che finalmente
l’Unione europea subentrerà alla NATO nel comando della missione Allied
Harmony in Macedonia, la prosecuzione della missione Amber Fox, che è stata
iniziata al settembre del 2002. Lo spiegamento di forze dell’Unione debba
rappresentare jura conditio sine qua non degli sforzi volti al
ristabilimento della pace in un’area determinata.
Il trattato di Maastricht all’art. J. 4 ha prospettato la possibilità di
porre in essere una politica di sicurezza e di difesa, affermando la
convinzione che la costruzione dell’Europa sarebbe rimasta incompiuta se
non avesse contemplato la sicurezza e la difesa8. Le relazioni politiche
internazionali dell’Unione hanno rilevato molteplici limiti i quali non
dipendevano solamente dalla scarsa volontà degli Stati di fare ricorso alle
potenzialità offerte dal trattato, ma anche da problemi legati alla
disciplina da quest’ultimo predisposta9. La PESC è priva della forza per
sviluppare la solidarietà tra i partner europei e mantenere l’unità su un
approccio comune. Gli Stati membri si limitano a fornire un quadro
giuridico obbligatorio entro il quale gli Stati stessi coordinano e
gestiscono i propri poteri nelle loro mani. Un ruolo importante è stato
lasciato all’UEO che doveva offrire un tipo di collaborazione esterna
nell’evoluzione della PESC. Il work in progress europeo si sviluppa in
sintonia con la NATO. Inquietudini risorgono a causa della formazione del
progetto americano di difesa antimissile (National Missile Defense). Il
primo punto si riferisce alle reazioni dell’ex Unione Sovietica ed il
secondo il ruolo della Gran Bretagna rispetto ad attacchi missilistici ai
quali l’Europa continentale resterebbe esposta. A questo principio del NATO
first, cioè con un diritto di prelazione sui compiti da svolgere in proprio
o da delegare a forze europee contrapposta ad una pretesa europea (di
qualsiasi Stato membro) di decidere autonomamente a quale strumento
ricorrere. Nei confronti della NATO lo scopo primario della PESC dovrà
essere quello di alzare per quanto possibile la soglia di intervento delle
strutture alleate, utilizzando gli adatti strumenti che hanno dato
indiscuttibilmente buona prova nel processo di integrazione europea.
Gli Stati membri dell’UEO, in una Dichiarazione allegata al TUE si
stabilivano: “allo sviluppo dell’UEO come tappe quale componente di difesa
dell’Unione europea (…)”. Venivano così individuati dei compiti che gli
Stati membri dell’Europa occidentale intendevano assumersi l’impegno per
formulare l’art. 17, par. 2 del Trattato di Amsterdam. Dall’altra parte le
missioni di Petersberg ed i trattati firmati non hanno esaurito
l’argomento, al contrario sono divenute l’oggetto privilegiato delle
funzioni che l’Unione ha dichiarato di voler svolgere nell’ambito delle
relazioni internazionali10. Oggi secondo le proposte dell’Europarlamento
queste missioni dovrebbero essere estese ad altri compiti, come la
prevenzione dei conflitti, le operazioni congiunte di disarmo, la
consulenza e l’assistenza militare, la stabilizzazione dopo le guerre e la
lotta contro il terrorismo. Uno dei principali problemi si consiste al
livello del finanziamento e di spesa della difesa a causa dell’assenza di
una chiara divisione del lavoro che caratterizzano la produzione e la
fornitura di armi. Risulta, quindi, evidente la revisione in questa materia
concentrata su tre priorità, cioè sul miglioramento del meccanismo previsto
dal titolo V rendendolo più efficiente ed efficace, l’intensificazione dei
più stretti legami tra il primo ed il secondo Pilastro, eliminando così la
separazione esistente tra la dimensione politica ed economica delle
relazioni esterne dell’Unione11 ed al fine approfondendo la componente
della difesa nella politica di sicurezza. Per migliorare e ridisegnare la
politica estera e di sicurezza e per lo sviluppo di una personalità
giuridica internazionale la decisione è stata presa durante il Consiglio
europeo di Amsterdam per non introdurre una norma che prevedesse tale
personalità. In particolare il trattato di Amsterdam ha recepito che in
prassi rimasta irrisolta la questione del ruolo da attribuire all’UEO nella
definizione della politica comune di difesa. Il nuovo art. 12 distingue tra
la definizione di principi ed orientamenti generali, la decisione di
strategie comuni, il rafforzamento della cooperazione sistematica tra gli
Stati membri12. L’UEO ha prospettato tre possibili opzioni, che muovevano
dal mantenimento dello status quo con un mero miglioramento della modalità
di cooperazione tra le due organizzazioni. Il risultato sarebbe un
operativo sistema di difesa con la partecipazione di tutti i membri Stati
europei13, un sistema che comprendeva gli adeguati mezzi di strutture, di
comando, dei mezzi logistici e di intelligence autonomi e dell’accesso alle
forze della NATO, ad una organizzazione occidentale che poteva avvalersi
delle c.d. CJTF (Combined Joint Task Forces) per il conseguimento di una
propria politica di sicurezza14, alcune delle quali avrebbero potuto essere
comandate dall’UEO a nome dell’Europa (WEU-led) eventualmente con l’impiego
di strumenti e capacità NATO. La cultura strategica dovrà garantire
modalità di intervento, rapide, flessibili e robuste per spostare l’accento
dalla quantità alla qualità delle forze disponibili15.
Una altra svolta particolare è stata seguita al vertice franco-britannico
di Saint Malo nel dicembre del 1998, dove è stato deciso che: “the capacity
for autonomous action, backed up be credible military forces, the means to
decide to use them and readiness to do so, in order to respond to
international crisis”. Rimaneva fuori il ruolo che doveva svolgere l’UEO.
La proposta inglese andava verso l’autonomia della politica estera e di
sicurezza dell’Unione. Quello significa che andava al contrario della sua
linea tradizionale del passato, auspicando il trasferimento delle sue
competenze per le funzioni politiche, alla NATO e ai militari. Si sarebbe
meglio strutturata l’organizzazione dell’esecuzione e rappresentanza
esterna della PESC evitando il pericolo di conflitti di competenze tramite
anche le altre organizzazioni internazionali che l’Unione doveva
collaborare. In realtà già dal Forum di NATO del 1994 a Bruxelles e dal
Vertice di Washington del 24 aprile del 1999, durante il quale si
approvavano i progetti dei paesi membri dell’Unione. Il Regno Unito aveva
promosso l’idea dell’identità europea e difesa (ESDI-European Security and
Defence Identity), mirando la concessione al braccio militare che in
passato rimaneva solo un organo politico e autodecisionale. La Gran
Bretagna ha trasformato le sue ideologie dopo la nuova impostazione che ha
dato la nuova politica americana e la creazione, specialmente in
Mediteranneo di una capace identità di difesa, convinta di coinvolgere
maggiormente i paesi europei nella gestione economica e militare della
NATO. La PECSD avrebbe avuto un ruolo subordinato alla NATO. Si trattava di
un livello politico ed uno strategico, in quanto gli apparati militari
messi a disposizione dell’UE non avrebbero avuto una capacità di
programmazione, di intelligence e logistica autonoma, potendo e dovendo
agire di concerto con la NATO. La Francia non è che ha battuto tanto
sull’argomento, anzi, ha tenuto una blanda posizione a causa degli
preguidici anti-NATO o anti-americani che risalgono ai tempi del generale
de Gaulle, riconoscendo nei fatti che una capacità di difesa europea non
può vedere la luce, almeno in una prima fase in stretto coordinamento con
l’Alleanza Atlantica e con gli Stati Uniti. L’identità europea di difesa
deve evidentemente basarsi su una politica estera comune secondo le
prospettive della Germania16, che ha appoggiato l’opzione francese, cioè di
ribadire la necessità di una forte identità europea, dotata di strutture
politiche e militari, da conseguirsi tramite l’integrazione dell’UEO
nell’Unione. La stessa linea è stata seguita anche da Portogallo che ha
considerato esclusa qualsiasi ipotesi di integrazione dell’UEO nell’Unione,
anche a lungo termine, ritenendo auspicabile un consolidamento
dell’organizzazione europea attraverso nuovi organi17. Ogni decisione PESC
che comporta spese sia accompagnata da una scheda finanziaria contenente la
quota dei costi previsti che rimangono in ogni caso attività informative le
quali non concedono al Parlamento nessun potere ulteriore sulla politica
estera e di sicurezza.
Un punto importante è stato dato dalla Dichiarazione di Colonia nel giugno
del 1999 che tentava di contemperare l’autonomia decisionale dell’Unione
con il rispetto degli obblighi NATO e in particolare la richiesta di
garantire un ruolo nella PECSD anche agli alleati europei che non fossero
Stati membri. Ricordiamo, ex novo, l’articolo 17, par. 3, che riteneva il
caso di negazione in caso che le missioni Petersberg venivano guidate
dall’UEO. Gli Stati membri avevano un diritto di opting out e potrebbero
rifiutarsi di partecipare. Queste truppe non costituivano un esercito
europeo, ma sicuramente si trattava di una cooperazione volontaria di tanti
Stati che potevano consentire all’Unione di garantire la guida politica e
la direzione strategica delle operazioni18. Non dimentichiamo il rapporto
che potevano avere con le Nazioni Unite come operazioni di peace keeping e
peace building19, preventive diplomacy20, confermando che la nuova capacità
di difesa risulta funzionale all’Alleanza atlantica, alla creazione di
un’autonoma politica estera e di sicurezza europea. Il par. 2 dell’art. 17
del trattato di Amsterdam entro lo stesso spirito ha stabilito: «le
missioni umanitarie e di soccorso, le attività di mantenimento della pace e
le missione di unità di combattimento nella gestione delle crisi, ivi
comprese le missioni tese al ristabilimento della pace». Il Consiglio su
questa opzione ha scelto di non rinviare ogni decisione in merito ad una
successiva eventuale iniziativa da parte dello stesso Consiglio, non
escludendo in un ambito teorico la futura integrazione della Comunità nel
sistema comunitario21.
Anche l’UEO avrebbe trasferito le proprie competenze Petersberg all’Unione.
Due, comunque punti rimanevano aperti. La riunione della Conferenza
sull’impegno di capacità e il definitivo trasferimento della competenza
Petersberg all’Unione22. Il Consiglio di Helsinki ha adottato un nuovo
catalogo delle forze, includendo anche le operazioni della seconda
generazione, cioè nuove tipologie di intervento in cui la componente
militare si affievolisce e viene via via affiancata da sempre maggiori
compiti di natura più squisitamente civile, cioè rimpatrio dei rifugiati,
assistenza umanitaria, organizzazione e controllo del regolare svolgimento
delle elezioni o dei referendum, ecc. L’Unione dovrebbe essere in grado
partendo dal 2003 di assolvere a tutti i compiti Petersberg. La PECSD
dipenderà dalla messa a disposizione di truppe e mezzi da parte della NATO,
almeno per le missioni di media rilevanza. Sembra che sia da condividere
anche le opinioni che sottolineano che la nuova PESCD non ha presentato
elementi di innovazione specialmente alla prevenzione dei conflitti o la
gestione dei crisi23. L’unica novità è stata fornita alla tentazione di
costituire uno strumento militare autonomo ed una più stretta partnership
con la NATO. Il 16 dicembre 2002 è stato firmato un atto di nascita del
partenariato strategico tra le due organizzazioni (Ue-NATO) col quale
comincia a prendere forma il progetto europeo di difesa comune. Il
documento definisce i punti fondamentali della cooperazione futura tra NATO
e Ue prevedendo la possibilità di missioni a guida europea. L’Ue si impegna
a garantire “il massimo coinvolgimento possibile” dei membri europei della
NATO che non fanno parte dell’Unione nella politica di difesa e di
sicurezza comune. Si ridimensionerà l’impegno degli Stati Uniti nei Balcani
e la NATO potrà concentrarsi su missioni fuori dall’area tradizionale24.
Da un punto di vista istituzionale le modifiche concernono il CPS (Comitato
politico e di sicurezza). In realtà il CPS dovrebbe divenire
l’interlocutore ufficiale dell’Alto Rappresentante, il quale non può avere
il peso politico necessario, perché per il fatto stesso della nomina rimane
un funzionario. Nello stesso quadro si richiama secondo l’articolo 207 TCE
il COREPER, un organo strettamente collegato con il Consiglio che riesca a
mantenere una privilegiata posizione limitando la delega di competenze
decisionali al CPS. Per quanto riguarda gli altri organi ad hoc della
PECSD, come lo Stato maggiore e il Comitato militare è configurabile una
certa concorrenza con le competenze dell’Alto Rappresentante e della
presidenza di ogni turno. L’identità dell’Europa quale protagonista sulla
scienza internazionale è legata al superamento in prospettiva della
dicotomia che dovrebbe implicare l’attribuzione all’Unione di una
personalità giuridica, come presupposto della sua visibilità e
autorevolezza. Si è mancato di sottolineare il sistema di finanziamento che
renda debole tutta l’impalcatura organizzativa della PESC ed in particolare
renda difficile portare avanti con successo missioni impegnative. La
gestione di una crisi nell’ambito europeo dovrebbe concernere: un accordo
interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione
europea sul finanziamento della PESC annesso al trattato, ponendo a carico
del bilancio comunitario le spese per: missioni di osservazione ed
organizzazione di elezioni, partecipazioni a processi di transizione
democratica, inviati UE, prevenzione di conflitti, di pace, di sicurezza,
assistenza finanziaria, contributi e conferenze internazionali, missioni di
assistenza umanitaria, ecc.
I risultati ottenuti si vedono eccezionali e deludenti, almeno in uno
stadio teorico. L’Europa è sempre di più una potenza civile presente come
soggetto politico all’interno delle principali istituzioni. In tema di
dimensione europea della difesa le posizioni statali variano secondo il
grado di coscienza e di sicurezza che questo edificio possa approfondire la
costruzione europea. L’Unione ha dimostrato la necessità di acquisire
un’autonoma capacità militare idonea di un meccanismo così concepito a
realizzare i risultati prefissi di una nuova capacità decisionale
nell’ambito della PESC, che si ricollegano direttamente all’esercizio delle
funzioni cosiddette règaliennes. Il dialogo tramite NATO e UEO si è ancora
formalmente impegnato a garantire una forte possibilità di condizionare le
decisioni e le opere dell’Unione. Si tratta di un processo in fieri, di cui
è difficile prospettare al momento la fine o il successo nel caso di una
crisi. Lo sviluppo delle capacità militari dell’Unione deve pertanto essere
finalizzato a contribuire all’azione delle Nazioni Unite o a qualsiasi
altra organizzazione universale o regionale sotto il profilo di competenza
e di responsabilità assunta dall’organizzazione riferita e l’inserimento di
una politica attiva e decisionale entro il quadro europeo come
un’organizzazione regionale di grande dimensione e di valore. Saranno le
prossime conferenze intergovernative a chiarire le nuove prospettive nel
settore una tantum ex ante.
__________________
1 HUNTER, The european security and defence policy. NATO’s companion or
competitor?, RAND Publication, Santa Monica, 2002.
2 A Helsinki gli Stati membri dell’Unione non hanno soltanto definito
l’obiettivo comune da raggiungere in termini di capacità militari in
particolare alle lacune da colmare nei settori dei trasporti strategici,
dell’intelligence e del Comando.
3 V. HOWORTH, Britain, NATO and CESDP: Fixed strategy, changing tactics, in
European Foreign Affairs Review, 2000.
4 Secondo le ultime modificazioni degli articoli sulle istituzioni e il
preambolo della bozza della carta fondamentale di costituzione sono state
previste: l’istituzione di un superpresidente, di un presidente dl
Consiglio europeo a tempo pieno, il numero dei membri della Commissione con
diritto di voto sarà limitato a 15 aggiungendo ancora 10 delegati dal 2009
sulla base di un sistema di rotazione paritaria fra tutti i paesi UE, una
maggioranza superqualificata, cioè due terzi degli Stati e 80% della
popolazione, allo scopo di far uscire il maggior numero di settori
possibile dell’impasse della regola dell’umanità.
5 Cfr. La Conferenza intergovernativa di Napoli 28-29 novembre 2003, e la
proposta italiana.
6 WESSEL, The European Union’s foreign and security policy. A legal
institutional perspective, The Hague, Boston, London, Kluwer International,
2000.
7 È stata nata al luglio del 2004 una nuova Agenzia europea per la difesa
chi si è affiancata agli organismi e alle organizzazioni comunitarie. I
suoi compiti sono di pianificazione, studio e sviluppo nel campo della
difesa e degli armamenti. L’Agenzia che avrà sede a Bruxelles opererà sotto
il controllo politico del Consiglio. Gli Stati membri che aderiscono
all’Agenzia salvo la Danimarca contribuiranno le basi al criterio del
reddito nazionale lordo. L’azione comune decisa dal Consiglio e già
annunciata nella bozza del Trattato per la costituzione europea.
8 PAPPAS, VANHOONACKER, The European Union’s common foreign and security
policy. The challenges of the future, Maastricht, 1996.
9 FINK HOOUER, The common foreign and security policy of the European
Union, in European Journal of International Law, 1994. GIACALONE, La
politica estera comune dell’Unione europea. Politica intergovernativa o
comunitaria?, in Rivista giuridica sarda, 1996.
10 Cfr. La Risoluzione del Parlamento europeo sulla nuova architettura
europea, di sicurezza e difesa-priorità e lacune, 10 aprile 2003. In
particolare: “(…) 2. Ritiene che lo sviluppo di una vera e propria politica
europea di sicurezza e di difesa (PESD) sia parte integrante della PESC e
costituisca un contributo efficace alla credibilità dell’Unione europea
sulla scena internazionale che le consentirebbe di difendere i suoi
obiettivi e i suoi valori e di contribuire alla libertà, alla pace e alla
stabilità nel mondo (…)”.
11 LIAKOPOULOS, The politics of European Union in Asia Pacific region, ed.
Aracne, 2004.
12 LANG, Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, obblighi comunitari e
politica estera dell’Unione europea, in Comunicazione e studi, 1997.
13 MONAR, The european Union’s foreign affairs system after the treaty of
Amsterdam. A strengthened capacity for external action?, in European
Foreign Affairs Review, 1997.
14 MARUQEZ RUIZ, Vers une politique ètrangère et de sècuritè comune: ètat
des lieux, in Revue Marchè Commun du Union europèenne, 1995.
15 Cfr. Le osservazioni di Javier Solana, Alto Rappresentante UE per la
politica estera e di sicurezza comune, in occasione del Consiglio informale
dei Ministri della difesa, Roma 4 ottobre 2003. Egli ha sostenuto: “nel
2003 è possibile identificare l’imminente confluenza di allargamento,
lavori per la Costituzione europea, sviluppo delle potenzialità del
processo di crescita oltre gli obiettivi di Helsinki per il 2003, le prime
esperienze dell’UE in operazioni sul terreno, lavori sulla strategia
europea di Sicurezza (…)”.
16 La Francia e la Germania hanno elaborato un documento che è stato
trasformato in Dichiarazione del quarantesimo anniversario del Patto
atlantico, basato su quattro punti: a) una Presidenza dell’Unione europea
non più affidata alla rotazione semestrale, b) Il Presidente della
Commissione, cioè dell’esecutivo europeo, eletto direttamente dal
Parlamento comunitario, c) Un Ministro degli Esteri europeo, membro o
vicepresidente della Commissione, d) L’estensione del voto a maggioranza
con l’unico limite di un interesse nazionale.
17 Bollettino UE, 7/8-1997.
18 TEUN ISSEN, Strengthening the defence dimension of the EU. An evaluation
of concepts, recent initiatives and development, in European Foreign
Affairs Review, 1999.
19 S. GRASSI, L’introduzione delle operazioni di peace-keeping nel Trattato
di Amsterdam, in La Comunità internazionale, 1998.
20 Le operazioni di peace-keeping si istituiscono generalmente quanto
persistono tre situazioni fondamentali, come: a) un conflitto militare in
atto con distinzione tra guerra internazionali, b) situazioni di tregua o
di armistizio, c) una situazione di conflitto o di disordine
politico-sociale, non militare all’interno di uno Stato.
21 KORTENBERG, op.cit.
22 PAGANI, A new gear in the CFSP machinery. Integration of the Petersberg
tasks in the treaty on European Union, in European Journal of International
Law, 1998.
23 KORTENBERG, La nègociation du raitè. Une vue cavalière, in Revue
trimestrelle du droit europèenne, 1997.
24 Cfr. Dichiarazione congiunta NATO-UE sulla PESD, 16. 12. 2002.
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