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E alla Maddalena ora indaga la Regione (Il Manifesto)
E alla Maddalena ora indaga la Regione
La giunta Soru annuncia una commissione internazionale sull'inquinamento
della base Usa
GIUSEPPE FARRIS
LA MADDALENA (Sassari)
I francesi lo sanno già che nelle acque dell'arcipelago della Maddalena il
tasso di
radioattività è superiore ai minimi di sicurezza. Una commissione di
scienziati,
istituita dal governo, ha analizzato l'acqua poche settimane dopo che un
sommergibile nucleare Usa, di stanza nella base sarda, si era schiantato,
qualche
mese fa, contro uno scoglio nelle Bocche di Bonifacio. Da parte italiana,
invece, solo
le analisi dell'Azienda sanitaria locale di Olbia, che dice di monitorare
regolarmente il
mare e di non aver mai trovato niente di preoccupante. Ha ragione la Asl o
hanno
ragione i fisici e i biologi francesi? Il ministro Altero Matteoli, messo
alle strette dalla
commissione Ambiente della Camera, ha promesso che esami seri li farà lui,
esattamente come ha già fatto il suo collega parigino. Ma non ha detto né
come né
quando. Un impegno generico che, passato ormai più di un mese, non ha avuto
sinora alcun riscontro di fatto. Insomma, tra Asl e ministro c'è poco da stare
tranquilli. E' per questo che la giunta regionale della Sardegna ha deciso
di farsele
da sola, le analisi. L'intenzione di affidare ad un team di scienziati di
livello
internazionale il compito di campionare le acque dell'arcipelago e di
valutare il grado
d'inquinamento radioattivo è stata resa pubblica dal presidente della
giunta, Renato
Soru, durante la sua visita alla Maddalena, a fine ottobre. Ora viene
ufficialmente
confermata.
Al momento dell'apertura della base, nel 1971, l'accordo tra il governo,
allora
presieduto da Giovanni Spadolini, e la Regione Sardegna conteneva due clausole
che ora Soru e la sua giunta chiedono che siano applicate. La prima
prevedeva che
la base sarebbe stata smantellata nel caso fosse venuta a mancare la
motivazione
strategica che ne aveva determinato la nascita: in quegli anni, il
confronto mondiale
con l'Unione sovietica. La seconda, che la Regione i controlli sulla
sicurezza degli
impianti militari li potesse fare di propria iniziativa, in accordo con il
ministero della
Difesa. Sul primo punto, Soru e la sua maggioranza sono stati chiari: la
Sardegna è
un soldato stanco, ha già dato moltissimo e ora chiede il cambio. Nessuna
regione
italiana ha servitù miliari così estese come quelle che esistono
nell'isola. Gli
americani dalla Maddalena se ne devono andare.
Sul secondo punto, dopo anni di silenzio e d'immobilismo, la Regione vuole
muoversi per proprio conto. Se ci sono rischi per la salute di chi vive
alla Maddalena,
bisogna che lo si sappia subito. Senza contare il fatto che l'arcipelago è
un parco
naturalistico e che in estate i turisti arrivano a decine di migliaia. Non
è pensabile
che si continuino a correre rischi d'inquinamento nucleare o, peggio,
d'incidenti di
proporzioni catastrofiche legati alla presenza dei sottomarini Usa.
Sul fronte dei porti nucleari, però, la Maddalena non è, in Sardegna, l'unica
emergenza. C'è anche il caso di Capo Sant'Elia, massiccio roccioso sulla
costa a
ovest di Cagliari dove la Marina italiana ha un enorme deposito di
carburante: 533
mila metri quadrati, ricavati nelle gallerie scavate sotto il promontorio.
Del deposito si
servono anche navi statunitensi e di altri paesi della Nato in transito nel
Mediterraneo. La vicinanza di Capo Sant'Elia a Cagliari pone problemi di
sicurezza,
resi ancora più seri dal fatto che nella rada di fronte alla città la Us
Navy ha un punto
di attracco per i suoi sommergibili. La prefettura ha reso noto un piano
d'emergenza
destinato a scattare in caso d'incidente. Ma su quali siano le effettive
misure di
sicurezza, c'è il buio più totale.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/02-Dicembre-2004/art30.html