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comitato "Firma sa bomba" contro la bocciatura della consultazione popolare



dalla nuova  del  17\11\2004



Ricorso al Tar per difendere il referendum
La base della Us Navy è nata in seguito a un accordo bilaterale segreto mai
ratificato dal Parlamento. «Secondo la Costituzione la Regione ha competenza
primaria in materia di tutela della salute»


 CAGLIARI. Il giudizio politico è tagliente: «Il caso è stato affrontato in
modo riduttivo, per non dire miserabile, come se il popolo fosse un
soprammobile». Parole pesanti, quelle dell'ex consigliere regionale Carlo
Dore, avvocato, che assieme al figlio Giovanni, Tiziana Meloni, Mario
Canessa e all'ex capogruppo di Rifondazione Luigi Cogodi ha firmato il
ricorso al Tar contro la "bocciatura" del referendum regionale consultivo
sulla base dell'Us Navy alla Maddalena. Per essere più precisi, il
referendum, proposto dal comitato "Firma sa bomba", chiedeva un
pronunciamento dei sardi sulla presenza di basi militari straniere, con
armamento nucleare, nell'isola.
 Si trattava, quindi, di un'epressione di elementare democrazia: conoscere
la posizione dei sardi su quella presenza nata nel 1972 nell'arcipelago
della Maddalena sulla base di un accordo bilaterale segreto. Il quesito che
veniva posto era questo: «Siete contrari alla presenza in Sardegna di basi
militari straniere, comunque istituite, atte a offrire punti d'approdo e di
rifornimento anche a navi e sommergibili a propulsione nucleare?». Ebbene, l
'ufficio regionale per i referendum il 16 luglio scorso ha ritenuto
inammissibile il quesito. Alla base della decisione, una sentenza della
Corte costituzionale (la 256 del 1989) secondo la quale «l'interesse
regionale, pur avendo un'estensione più alta rispetto all'ambito dele
materie di competenza regionale, non può però spingersi fino al punto di
incidere nella sfera di attribuzioni riservate allo Stato». E, più in
particolare, il referendum proposto quindici anni fa in Sardegna, veniva
ritenuto inammissibile perché tendente a incidere nelle materie della
politica estera e della difesa militare, riservate alla legislazione
esclusiva dello Stato».
 Impossibile non notare che i quesiti referendari sono diversi: uno tendeva
infatti a incidere sull'accordo, mentre l'altro è l'espressione di un
giudizio. E lascia perciò molto perplessi la posizione dell'ufficio
regionale per i referendum che così chiude il suo ragionamento: «Il
referendum, nonostante la sua natura consultiva, e la sua conseguente non
vincolatività, tuttavia, stante la sua spiccata valenza politica, sarebbe
stato suscettibile di dispiegare un forte effetto di condizionamento sulle
scelte discrezionali degli organi politici».
 Al di fuori di quelle che possono essere motivazioni di tipo giuridico,
appare quanto meno discutibile che un ufficio che ha competenze strettamente
tecniche si ponga preoccupazioni di tipo politico, scavalcando così chi
esercita il mandato di rappresentanza dopo democratiche elezioni.
 Ieri mattina, alcuni componenti del comitato "Firma sa bomba" hanno
presentato pubblicamente il ricorso al tribunale amministrativo regionale
(depositato l'11 novembre scorso) avvalendosi anche dell'autorevole
consulenza di Paolo Fois, docente di dirito internazionale all'università di
Sassari. Erano presenti, tra gli altri, Bustiano Cumpostu i Sardigna
Natzione, Mariella Cao del comitato "Gettiamo le basi", Giuseppe Perra e
Ignazio Paolo Pisu.
 «Questo ricorso - ha sottolineato ieri Cumpostu - lo porteremo avanti in
qualsiasi sede possibile».
 Due i puntelli del ricorso al Tar contro la "bocciatura" del referendum per
il quale il comitato "Firma a bomba" ha raccolto oltre sedicimila firme: la
base americana è nata da un accordo segreto, in palese violazione della
Costituzione, poi, la Regione, in base al nuovo articolo 117 della legge
fondamentale del nostro ordinamento, ha una competenza primaria in materia
di tutela della salute.
 Per quanto riguarda il primo punto, secondo il professor Paolo Fois l'
accordo segreto si configura come una sorta di "gentlemen agreement" che non
vincola gli stati, ma impegna soltanto le personalità politiche che l'hanno
assunto, senza obblighi internazionali. Secondo i proponenti il referendum
consultivo, la presenza in Sardegna di basi militari straniere limita l'
esercizio delle competenze della Regione in materia di urbanistica e di
ambiente.
 Inoltre - sostiene il ricorso, inviato per conoscenza al presidente della
Regione Renato Soru, che ha chiesto la desecretazione dell'accordo del '72 -
eventuali obblighi internazionali non possono essere invocati per far venir
meno quelli comunitari, in fatto di protezione dell'ambiente e della salute.
La Corte di giustizia dell'Ue, infatti, ha condannato la Grecia per non aver
predisposto e applicato i programmi per lo smalitmento dei rifiuti, in
particolare tossici e nocivi, provenienti, tra l'altro, da una base militare
maericana nella regione di Souda.
 «Per dichiarare inammissibile il referendum - si legge nel ricorso - l'
ufficio avrebbe dovuto affermare e dimostrare che l'accordo segreto di cui
trattasi era del tutto idoneo a limitare, in conformità alla Costitzuione, l
'esercizio di poteri sicuramente rientranti nelle competenze regionali».
 Ai capigruppo in Consiglio regionale, che si è pronunciato per la
denuclearizzazione del proprio territorio nel 2003 e quest'anno perchè la
base americana venga smantellata in tempi ragionevoli e certi, il comitato
sardo "Gettiamo le basi" ha presentato una serie di proposte per «favorire l
'abbandono dell'arcipelago in amicizia da parte dei sommergibili
statunitensi».


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