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Uranio impoverito sulla Murgia?
Uranio impoverito sulla Murgia?
(da "La Gazzetta del Mezzogiorno", 8 febbraio 2004)
Giuro che per nessuna ragione al mondo avrei voluto scrivere questo
articolo: ho sempre sperato che nessuno dei soldati italiani o delle
persone che si sono trovate nei luoghi in cui sono state usate armi
all'uranio impoverito, potesse, anche solo come sospetto, essere colpito
dalle malattie che erano state annunciate come possibili e probabili, anche
su questo giornale, più volte, dal 1999. Questa speranza sta svanendo con
l'aumentare dei casi di leucemia che si manifestano anche fra i nostri
soldati, così come si sono manifestati da anni nei soldati americani che
hanno partecipato già alla prima guerra del Golfo del 1991.
La correlazione fra leucemie e contatto con tracce di uranio impoverito
usato in operazioni militari si fa sempre più chiara. Quando è stato
denunciato l'uso di proiettili all'uranio impoverito nella ex-Jugoslavia,
dove operavano anche soldati italiani era disponibile un'ampia conoscenza
dei danni biologici conseguenti tale uso. Allora si chiamava "Sindrome del
Golfo" e si stava manifestando in un numero crescente di veterani della
guerra del 1991.
Tutto era cominciato quando le fertili menti degli ingegneri militari
americani hanno trovato un "utile" impiego per le grandi quantità di uranio
che residuava dalle operazioni di arricchimento dell'uranio necessario per
le centrali nucleari o per le bombe atomiche.
Nell'uranio naturale l'isotopo 235, che è quello che subisce fissione,
liberando energia, in forma controllata nelle centrali nucleari e in forma
violenta ed esplosiva nelle bombe nucleari, è presente in piccola quantità:
circa 7 grammi per kilogrammo. Bisogna perciò sottoporre grandissime
quantità di uranio naturale a speciali processi industriali per ottenere
uranio "arricchito", contenente cioè maggiori quantità di
uranio-235."utile" per l'elettricità o per le bombe. Occorrono circa 6
chili di uranio naturale per ottenere un chilo di uranio arricchito al 3
percento, adatto per centrali nucleari, e si formano insieme cinque chili
di residui di uranio "impoverito", cioè con bassa concentrazione
dell'uranio-235.
Nella fabbricazione di un chilo di uranio "arricchito", della qualità "da
bomba atomica", restano, come sottoprodotti, circa 150 chili di uranio
impoverito. Era "un peccato" lasciare inutilizzate così grandi quantità
dell'ancora prezioso uranio impoverito, un metallo pesante, molto
resistente agli urti; gli ingeneri militari hanno pensato di impiegarlo nei
proiettili da cannone, tanto più che, quando urta un corpo, per esempio la
corazza di un carro armato, reagisce con l'ossigeno dell'aria sviluppando
altissime temperature che fanno fondere qualsiasi altro metallo
"Ideale", quindi, per impieghi militari, a parte l'inconveniente che
durante l'urto l'uranio dei proiettili si trasforma in finissime polveri di
ossido di uranio che si disperdono nell'aria e che ricadono al suolo,
polveri tossiche e radioattive. Anche se la loro radioattività è bassa, le
polveri di ossido di uranio impoverito, quando entrano nel corpo umano, nei
polmoni, attraverso il contatto con le mani, si fissano e continuano a
emanare radioattività che si è rivelata responsabile delle leucemie,
osservate già dal 1995 in avanti, nei reduci della prima guerra del Golfo,
e poi nei reduci delle successive operazioni in Bosnia e Kosovo, così come
è possibile che tali malattie da esposizione a uranio impoverito compaiano
nei reduci delle guerre dell'Afghanistan, della seconda guerra del Golfo
del 2003, dovunque insomma, sono stati usati proiettili contenenti uranio
impoverito. Lo dimostrano le preoccupazioni dei governi giapponese e
olandese, nel momento in cui viene deciso l'invio di truppe dei rispettivi
paesi in questi teatri di guerra.
Le conseguenze sanitarie del contatto con l'uranio impoverito pone problemi
etici --- se si ha diritto di usare consapevolmente armi che provocano
malattie nei soldati e nella popolazione civile, uso espressamente vietato
da molte convenzioni internazionali --- e problemi economici: il
risarcimento dei soldati malati e delle loro famiglie. I governi
naturalmente vogliono evitare --- sta succedendo anche con i reduci
italiani --- di riconoscere, con un compenso in denaro, che i loro soldati
sono stati esposti a pericoli provocati da armi vietate. I governi perciò
mobilitano campagne che negano la relazione fra esposizione all'uranio
impoverito e malattie, e la rete Internet è piena di queste volonterose
dichiarazioni d'ufficio che cercano di scagionare i governi, approfittando
anche del fatto che le malattie compaiono anni dopo l'esposizione e
l'assorbimento di polveri radioattive.
Il doloroso caso del soldato Melis ripropone una serie di interrogativi che
vengono fatti ormai da tredici anni e che richiedono risposte esplicite non
solo negli atti di commissioni praticamente inaccessibili, ma davanti alla
popolazione, alle madri dei ragazzi che sono stati esposti, senza saperlo,
all'uranio impoverito. La prima domanda riguarda dove e in quale quantità
sono stati impiegati proiettili contenenti uranio impoverito nelle guerre
che hanno coinvolto anche soldati italiani, sia direttamente, sia anche
dopo che il conflitto era finito lasciando terreni contaminati: la prima
guerra del Golfo, la guerra nella ex-Jugoslavia, la guerra in Afghanistan,
la seconda guerra del Golfo ? Sono state fornite adeguate informazioni e
prese le necessarie precauzioni ?
Una seconda domanda riguarda l'uso di proiettili all''uranio impoverito ---
che sembrano di dotazione normale per gli eserciti moderni --- sul
territorio italiano durante le esercitazioni ? dove ? in Sardegna, sulla
Murgia ?
Una terza domanda: non credono, i governi della Terra, che sia tempo di
arrivare finalmente al divieto totale della produzione, del possesso,
dell'uso di armi che possono spargere radioattività nell'ambiente, come fa
l'uranio impoverito, rivelandosi in questo caso un'arma "di distruzione di
massa" dal momento che i suoi residui, finite le operazioni militari,
contaminano vasti territori su cui passano e abitano le popolazioni civili,
oltre alle truppe di successiva occupazione ?.
Quante persone, militari, civili, ragazzi, soprattutto bambini,
sconosciuti, ma certo ugualmente nostri fratelli, sono ammalati e sono
morti per le polveri di uranio impoverito, code avvelenate delle guerre che
sono passate nel loro territorio, spesso per banali motivi come il possesso
o l'accesso al petrolio o a minerali o materie prime ?
Raccomando, a chi vuole saperne di più --- e ai parlamentari che dovranno
decidere l'ulteriore presenza di soldati italiani in zone contaminate da
uranio impoverito --- la seconda edizione (la prima fu tradotta anche in
italiano) del libro dell'americana Helen Caldicott, "Il metallo del
disonore", e il recente libro della studiosa svizzera Anne Gut, "Contributi
al dibattito sull'uranio impoverito" (), considerato mortale, pericoloso e
indiscriminato. Non a caso gli autori sono due donne, quelle che forse
possono meglio capire che cosa significa essere madri e vedove di persone
sacrificate sull'altare delle avventure militari.
Se volessimo davvero aiutare i paesi in cui le armi straniere hanno
lasciato i loro veleni, dovremmo cominciare a finanziare rilevamenti,
indagini, controlli, sulla presenza di residui radioattivi nei loro
territori per evitare l'ulteriore diffusione, nei corpi umani, di civili e
militari, del "metallo del disonore".
Giorgio Nebbia