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ENEA un centro poco raccomandabile



LE BARRE DI PLUTONIO CHE SI TROVANO NEL CENTRO ENEA-ITREC ALLA TRISAIA DI 
ROTONDELLA NON LE VOGLIAMO.

FUORI DALLA BASILICATA

Dal 1968 al Centro Enea della Trisaia sono stoccate 84 barre di uranio 
provenienti dagli Stati Uniti d’America, precisamente da Elk River, questo 
non è stato un regalo o una imposizione, perchè allora l’Italia le pagó 
profumatamente, nei seguenti articoli sono evidenziati gli ultimi sviluppi 
della vicenda, che negli anni `90 ha avuto dei risvolti giudiziari, a causa 
dei vari incidenti che si sono verificati nel corso degli anni, il piú 
grave avvenuto nel 1994. Gli incidenti sono stati caratterizzati da 
tracimazioni, che hanno sprigionato nell’aria sostanze tossiche ed hanno 
anche inquinato il terreno. Nell’articolo del 18 gennaio 2004 é evidente 
che ci sono in gioco ben 290 posti di lavoro e che il centro si sia 
trasformato in un polo di ricerca scientifica.



La Gazzetta del Mezzogiorno 28 dicembre 2003

Sotto accusa la gestione dei rifiuti radioattivi nel Centro ricerche di 
Rotondella
«Rischio nucleare per 8 milioni»

IL PROCURATORE PACE RIVELA I PERICOLI DELLE SCORIE DEPOSITATE ALL’ENEA

SCANZANO JONICO «Rotondella è un rischio per 8 milioni di persone. Non 
occorrono fattori esterni, come un aereo che vi si schianti od una banda di 
terroristi che vi si introduca, perché il pericolo possa determinarsi. 
Bastano le scorie presenti ed il modo come sono conservate». Non ha usato 
mezzi termini il procuratore della Repubblica di Trieste, Nicola Maria 
Pace, lucano, alla procura di Matera negli anni '95-97 quando mise sotto 
inchiesta i vertici dell'Enea, nel corso del dibattito su «Le scorie 
radioattive di Trisaia e le ipotesi di condizionamento». L'incontro, 
organizzato dai circoli Alleanza Popolare di Policoro e Pio La Torre di 
Rotondella e moderato dall'avvocato Vincenzo Montagna, è stato stimolato 
dalle domande dei giornalisti Pasquale Doria ed Oreste Lopomo. «A 
Rotondella - ha continuato il dott. Pace davanti all'attenta platea della 
sala consiliare del Municipio - si studiava il riprocessamento del 
combustibile nucleare: un buco nero. Quando una barra di uranio è esaurita, 
va stoccata. Da Elk River sono finite alla Trisaia. Da esse, e sono ben 84, 
si può ricavare uranio fissile e plutonio. Quel che rimane sono le scorie, 
il grande problema. Pensate che in Russia le città dove sono custodite non 
hanno nome ma sono indicate con quello della città più vicina ed un numero 
riportante la sua distanza in chilometri». Così, l'eredità dell'impianto 
Itrec è pesante. «Ci sono anche 2,7 metri cubi di rifiuti liquidi ad alta 
attività. L'Italia non ha la tecnologia della ceramizzazione e della 
vetrificazione adatte a metterli in sicurezza. L'Enea ha inventato il 
sistema Sirte-Mova, un nome inglese per un tubo di gomma ed una betoniera. 
Hanno cementato quei rifiuti, una procedura non riconosciuta dallo stesso 
ente e dalle principali agenzie internazionali. Il cemento si dilata. E in 
un sito questi manufatti non verranno accettati». Ma il «fast food» 
presente alla Trisaia non si ferma qui. «Ci sono circa 6000 fusti di 
terreno contaminato e le stesse strutture dell'impianto. Insomma, il 
dilemma nucleare è quello di una tecnologia che non sa dominare se stessa e 
come smaltire le scorie prodotte». E citando Rubbia: «Il nucleare presenta 
probabilità estreme di rischi estremamente grandi. Non è morale, perciò, 
che si mantengano in piedi situazioni di questo tipo facendo credere alla 
gente di Basilicata che la Trisaia sia un centro di ricerche». Quanto agli 
scenari disegnati dalla sua indagine degli anni '95-97 coinvolgenti Ustica, 
la morte del ministro Bisaglia, le vicende della Bnl di Atlanta, i traffici 
illegali di plutonio tra Italia ed Iraq, il procuratore, che ha precisato 
di parlare come cittadino ed esperto, ha dichiarato di aver trasferito a 
chi indagava su quei «misteri» quanto a conoscenza dal suo ufficio. E 
Domenico Lence, dell'Arca per la legalità, gli ha chiesto un aiuto perché 
il Metapontino venga dichiarato area ad alto rischio ambientale ricordando 
di aver proposto al Comune di Matera di riconoscere al magistrato la 
cittadinanza onoraria.



La Gazzetta del Mezzogiorno 14 gennaio 2004

Ora gli amministratori vogliono sapere tutto della Sogin
Come una casa di vetro

È CIÒ CHE CHIEDONO ALLA “TRISAIA” NEL METAPONTINO

POLICORO «C'è, come sempre, quasi un'aria di mistero quando si parla di 
interventi al Centro Enea della Trisaia. Ed è quello che sta succedendo con 
la notizia trapelata in questi giorni, secondo la quale la Sogin spa (la 
società che avrebbe dovuto realizzare i lavori del sito unico nazionale 
delle scorie nucleari a Terzo Cavone, ndr) avrebbe dato inizio ad alcuni 
lavori all'interno del Centro ricerche Enea di Rotondella, dei quali non è 
possibile comprendere la natura. Si sa peraltro che la Sogin intenderebbe 
realizzare un ingresso diretto, senza utilizzare quello del Centro Trisaia, 
per accedere agli impianti, che sono peraltro ubicati nel centro, dove 
starebbe effettuando i lavori». A parlare in questi termini, come 
anticipato ieri, è stato il vice sindaco Felice D'Amato, comunicando alla 
stampa di aver indetto per venerdì un incontro per fare chiarezza su questa 
vicenda, al quale sono stati invitati il direttore del Centro della 
Trisaia, Donato Viggiani, il responsabile della Sogin, Tommaso Candelieri, 
l'assessore provinciale all'Ambiente, Giuseppe Filippo, il presidente della 
Comunità del Basso Sinni e i sindaci dei comuni di Bernalda, Colobraro, 
Montalbano Jonico, Nova Siri, Pisticci, Rotondella, San Giorgio Lucano, 
Scanzano Jonico, Tursi e Valsinni. L'incontro, programmato alle 12, si 
terrà nella sede del Comune di Policoro e sarà finalizzato all'acquisizione 
di tutti gli elementi conoscitivi sui lavori in corso da parte della Sogin. 
«Gli enti territoriali - ha poi aggiunto D'Amato - devono essere a 
conoscenza di tutto ciò che avviene sui loro territori e invitiamo la 
Provincia ad essere particolarmente attenta in questa vicenda, in modo che 
le comunità locali possano essere informate di tutto ciò che avviene, 
facendo luce sull'alone di mistero che circonda gli interventi della Sogin 
nel centro della Trisaia». Dopo quello che è accaduto con il sito unico di 
Scanzano, la mobilitazione non sarà mai troppa per scongiurare altri 
eventuali pericoli, ma soprattutto per garantire la massima trasparenza su 
tutto ciò che avviene sul territorio.



La Gazzetta del Mezzogiorno 14 gennaio 2004

Ora Sogin spa dovrà informare correttamente le popolazioni interessate sul 
tipo d'intervento che intende attuare
Smantellamento trasparente

LO SI CHIEDE PER IL CENTRO RICERCHE DELL’ ENEA DI ROTONDELLA

MATERA L'informazione. Urge sapere. Perchè le vicende del Centro ricerche 
dell'Enea non possono essere affare di pochi addetti ai lavori. È una 
richiesta antica. Oggi, necessita una maggiore attenzione nei confronti di 
una comunità che non può essere certamente paragonata a quella degli anni 
Cinquanta e Sessanta. Vanno bene tutte le iniziative popolari e dei 
movimenti che tendono a mantenere sempre desta l'attenzione circa le 
decisioni che potrebbero maturare rimettendo in discussione il territorio 
lucano. Ma non è tutto. Non può bastare. Si, perchè bisognerà pensare pure 
a quello che già oggi bolle in pentola. Insomma, non è il caso di 
dimenticare che la Sogin dovrà smantellare centrali e impianti nucleari 
presenti sul territorio nazionale. È anche questo il compito della spa 
voluta dal ministero del Tesoro. E allora, a che punto sono le attività nel 
territorio di Rotondella? È un interrogativo che meriterebbe qualche 
risposta ufficiale. Ricordiamo che all'interno della sede del Centro 
ricerche che l'Enea gestisce in riva allo Jonio lucano, oltre a varie 
tipologie di scorie, è presente dal 1968 l'Itrec, vale a dire l'Impianto di 
trattamento e rifabbricazione degli elementi di combustibile. È in questa 
unità principale di ricerca che sono avvenute le funzioni legate al 
cosiddetto «Pcut», il Programma ciclo uranio-torio, un'attività che si 
proponeva di riutilizzare barre di combustibile nucleare provenienti da 
centrali atomiche e di recuperare materiali utili per nuovi impieghi. 
Insomma, l'Itrec, anche se i suoi programmi non son andati avanti per tempi 
prolungati (1975-78), ha avuto a che fare con processi che hanno ovviamente 
contaminato l'impianto. Ecco perchè il suo smantellamento non è una cosa 
che si può realizzare a cuor leggero, come se si trattasse di un qualunque 
ferro vecchio da pensionare, smontare tranquillamente in atmosfera senza 
rischi e conseguenze di alcun genere. Il tema dello smantellamento viene 
sollevato dalle associazioni ambientaliste e, in particolare, dal 
responsabile di Legambiente di Matera, Erwan Gueguen, un ricercatore del 
Cnr di origine bretone, impegnato per ragioni di lavoro in Basilicata. Pone 
l'accento sull'importanza di non cadere in errore come nel passato. «Credo 
che sia basilare - commenta - adottare criteri di massima pubblicità. Se e 
quando bisognerà smantellare l'impianto Itrec, è legittimo conoscere i 
procedimenti che si vogliono adottare. Ci saranno pure dei protocolli da 
seguire. Non vedo nulla di male in una buona campagna d'informazione così 
da rendere partecipi le popolazioni locali ad un'iniziativa che non deve 
calare dall'alto. Certo, quando nel 1962 si decise di avviare il Centro 
ricerche dell'allora Cnen nessuno si sognò di chiedere alcun parere alle 
comunità interessate del Metapontino. Forse, l'attenzione su certe 
tematiche era anche molto meno accentuata rispetto a quanto accade oggi. Ad 
ogni modo, sarebbe opportuno sapere quando s'intende avviare lo 
smantellamento, come dovrà avvenire e dove dovranno essere messe in 
sicurezza le componenti dell'impianto smontato. Per chi non ha nulla da 
temere, il metodo democratico della trasparenza non provocherà sicuramente 
alcun tipo di imbarazzo. Di contro, in questo maniera, sarà anche possibile 
evitare ogni difetto di comunicazione che potrebbe verificarsi per le più 
disparate ragioni anche a detrimento della Sogin».



La Gazzetta del Mezzogiorno 18 gennaio 2004

«L'ENEA, UNA RISORSA PER LA REGIONE»

POLICORO All'incontro ha partecipato anche il direttore del Centro Enea 
della Trisaia, Donato Viggiani, ricordando che il Centro è sorto nel 1962 
ed era destinato essenzialmente al ritrattamento degli elementi di 
combustibile nucleare esauriti. Per scopi civili e non militari, si è detto 
nel corso della riunione. Con la cessazione delle attività nucleari, a 
seguito del referendum, il Centro ha avviato, a partire dalla seconda metà 
degli anni '80, un processo di riconversione delle proprie attività, e si è 
trasformato in un polo di ricerca scientifica e tecnologica del 
Mezzogiorno, ampliando le proprie competenze anche attraverso l'immissione 
di nuove giovani risorse. Attualmente nel Centro della Trisaia, che occupa 
una superficie complessiva di 100 ettari, lavorano 290 dipendenti e sono 
attivi 19 laboratori e 16 impianti di ricerca. «Oggi - ha detto Viggiani - 
è una grande risorsa della Regione». È utile non dimenticarlo, soprattutto 
di questi tempi.