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qualcuno apre gli occhi , qualcun'altro no dala nuova sardegna del 5\3\2004





Adesso anche la procura di Tempio vuol vedere chiaro sulla radioattività
Valerio Cicalò ha aperto un'indagine per valutare, sulla base dei documenti,
se l'arcipelago sia inquinato o meno

GIAMPIERO COCCO




 TEMPIO. La radioattività che potrebbe interessare l'arcipelago della
Maddalena e al centro di una riservatissima inchiesta giudiziaria avviata
dal procuratore della Repubblica di Tempio Valerio Cicalò. Il magistrato ha
fatto acquisire dagli uomini della polizia giudiziaria i risultati delle
analisi delle Asl di Olbia, di Sassari e quelle dell'istituto Criiad
francese, che rilevano la presenza di Torio 234 nelle alghe del nord
Sardegna.
 «Ho disposto l'acquisizione di diversi risultati, non ultimo quello del
ministero dell'Ambiente che si occupa specificatamente dei problemi di
inquinamento nucleare - ha detto ieri il procuratore capo di Tempio Valerio
Cicalò -, per valutare, su basi concrete, la presenza o meno di
radioattività nucleare nell'arcipelago della Maddalena».
 Dell'indagine appena avviata il procuratore capo ne ha parlato nei giorni
scorsi anche con i membri della commissione parlamentare sull'Ecomafia che,
questa settimana, ha visitato l'isola.
 In quell'occasione Valerio Cicalò ha parlato anche di due discariche
abusive di rifiuti speciali (quella di Guardia Vecchia della Maddalena e
quella di Santa Teresa) sulle quali gli uffici inquirenti della Gallura
hanno già avviato indagini e ordinato sequestri giudiziari.
 La presunta radiottività della Maddalena ha dunque raggiunto anche gli
uffici giudiziari di Tempio.
 L'inchiesta penale avviata dalla magistratura gallurese dovrà accertare la
reale presenza di inquinamento radioattivo nelle acque del nord Sardegna e,
necessariamente, la fonte di tale inquinamento.
 Da alcuni giorni gli uomini della polizia giudiziaria delegati dalla
Procura stanno acquisendo documentazione e preparando il dossier che sarà
sottoposto al vaglio del magistrato, il quale ha anche annunciato che si
avvarrà, per un approfondita analisi scientifica sul posto, dei ricercatori
del ministero dell'Ambiente addetti al settore Nbc - Nucleare, biologico e
chimico -, i quali saranno convocati al più presto.
 Come nasce l'indagine? Dalle preoccupazioni dell'opinione pubblica, dal tam
tam dei mass media e dagli allarmanti (se confermati) risultati di un
istituto di ricerca francese, Il Criiad, che avrebbe rilevato su diversi
campioni di alghe prelevate dopo l'incidente dell'Hartford - il sottomarino
nucleare statunitense che ha incocciato uno scoglio a nord est della
Maddalena - una inspiegabile presenza di Torio 234 (un elemento della catena
dell'uranio 238 nonchè componente del combustibile nucleare che alimenta i
sommergibili) che si sarebbe attestata tra i 3900 e i 4700 becquerels per
chilogrammo, quando i valori normali non dovrebbero superare qualche decina
di Bq/Kg.
 L'Us Navy ha escluso danni significativi e perdite di matariale radioattivo
dal propulsore nucleare dell'Hartford. Ma queste dichiarazioni, arrivate a
distanza di oltre un mese dell'incidente (svelato da un giornale di
provincia statunitense) che è costato i gradi ad un ammiraglio e al
comandante del sommergibile, non ha fatto diminuire le preoccupazioni, ma le
ha centuplicate. La presenza del torio 234, stando al fisico nucleare Bruno
Chareyron, responsabile del Criiad francese, aumenta man mano che ci si
avvicina alla base di Santo Stefano.
 «Le misurazioni che abbiamo fatto - ha sostenuto in un'intervista a un
giornale francese il titolare dell'istituto di ricerche privato - mostrano
che nei campioni di alghe prelevati nei pressi della base la concentrazione
di torio è sette volte più elevata rispetto a quella riscontrata nei
campioni provenienti dalla costa di Bonifacio». Le analisi dell'istituto,
che hanno evidenziato nelle erbe marine livelli di radioattività
quattrocento volte superiori a quelli considerati normali, sono state fatte
all'indomani dell'incidente al sottomarino della Us Navy, l' Hartford. Alla
luce dei risultati lo stesso scienziato francese ha chiesto che enti
pubblici civili e militari ripetano le analisi sull'intera zona e ne
divulghino i risultati. Quanto registrato dalle centraline di rilevamento
della radioattività poste alla Maddalena e sull'isola di Santo Stefano non è
mai stato reso noto, come non è mai stato reso pubblico il piano di
evacuazione degli abitanti dell'isola (circa diecimila persone, vecchi e
bambini compresi) in caso di incidente nucleare.
 «Non abbiamo competenza sulla zona militare Usa dell'isola di Santo
Stefano - disse nell'intervista di inizio d'anno il procuratore della
repubblica Valerio Cicalò -, come non possiamo giudicare reati commessi da
membri della marina militare statunitense per via di una convenzione tra
Stati. Ma questo non ferma le inchieste della Procura». Ora l'indagine è
aperta. Il presunto (ma non ancora ufficialmente accertato) inquinamento
radioattivo è un problema serio che, se effettivamente presente, investe l'
intera collettività. Ben vengano dunque gli accertamenti disposti dalla
magistratura che, a indagine conclusa, daranno una risposta seria e
sicuramente affidabile all'intera popolazione.

IL CASO

L'attacco di Giudice: «Politici ottusi»
 Il consigliere provinciale di FI spara a zero: «Base Usa, un sopruso»

Il politico insiste anche sull'allarme per le rivelazioni circa l'incidenza
dei tumori nell'isola


 LA MADDALENA. Giulio Giudice non arretra di un millimetro. Il consigliere
provinciale azzurro, che nelle scorse settimane aveva espresso una posizione
fortemente critica sulla base della Us Navy a Santo Stefano, addirittura
rilancia. Lui, che ha denunciato pubblicamente di essersi ammalato di
tumore, non nasconde il sospetto che l'incremento di neoplasie tra la
popolazione maddalenina possa essere ricondotto alla presenza nell'
arcipelago dei sommergibili nucleari americani. E così Giudice, dopo avere
presentato una mozione votata dal consiglio provinciale nei giorni scorsi,
ha rincarato la dose.
 «A nome della commissione consiliare all'Ambiente che presiedo - ha detto -
esprimo gravissime perplessità in ordine al comportamento di fatto tenuto
sia dall'amministrazione comunale della Maddalena che dalla Regione Sardegna
e dal governo italiano (presidenza del Consiglio e ministero della Difesa)
sulla vicenda relativa all'incremento delle strutture e delle superfici,
peraltro concessi in modi ancora non chiariti, alla base militare Usa».
 Giudice poi tocca un punto delicatissimo, quello della salute.
 Dice infatti: «Ritengo inoltre di dover denunciare apertamente lo stato di
pericolo e di allarme per l'incremento notevole delle malattie tumorali,
delle leucemie e di altre gravi patologie nella popolazione dell'isola e
nelle aree limitrofe».
 Poi, l'attacco politico, frontale, violentissimo: «Denoto anche la grave
insipienza, l'omertà e l'ottusità anche sul piano formale, dimostrata dai
rappresentanti politici della Sardegna in quanto si è evitato volutamente di
prendere posizione nei termini giuridicamente corretti presso il consiglio
regionale contro un vero e proprio abuso di diritto internazionale. Ciò
perché la base Usa non fa parte degli accordi Nato ed è comunque estranea
agli accordi di difesa dell'Unione Europea. La base Usa è un vero e proprio
atto di sopruso, di offesa e di disprezzo della volontà contraria delle
popolazioni residenti».
 Parole terribili, pesanti come macigni, che arrivano da un uomo che fa
parte dello stesso partito del presidente del Consiglio e del ministro della
Difesa.
 E poi la proposta, fortissima: «La Corte di giustizia della comunità
europea, a mio avviso dovrebbe occuparsi del caso su richiesta della Regione
Sardegna e del Comitato europeo delle Regioni, che mi risulta molto attivo,
come testimoniato dal recente caso dell'inquinamento in Galizia».
 «Ritengo opportuno, a questo punto - conclude Giulio Giudice - un preciso
ordine del giorno del Consiglio provinciale di Sassari, che approvi
iniziative realmente incisive e capaci di scuotere l'opinione pubblica».
 La tensione, quindi, non cala. Si cementa invece un fronte trasversale,
dove l'inquietudine e le proccupazioni, superano le appartenenze politiche.
E Giulio Giudice ne è una prova. (a.n.)


La sollecitano a Martino verdi e comunisti italiani
 «Commissione d'indagine sulle morti da uranio»





 ROMA. «Luciano Falsarone, 48 anni, maresciallo dell' Aeronautica, ucciso
quattro settimane fa dalla leucemia, è morto come altri militari reduci da
missioni all' estero o impegnati nel lavoro quotidiano in un poligono dove
si fa uso di prodotti e strumenti micidiali e letali». Lo afferma il
deputato Pino Sgobio (Comunisti italiani). «La morte del maresciallo
Falsarone - spiega Sgobio - fa seguito a quella del maresciallo Fotia a
Padova, a quella del caporal maggiore Melis ed a quella del capitano degli
alpini Grimaldi: una lista purtroppo già lunga a cui vanno aggiunti i tanti,
troppi, malati che vivono la malattia nell' ombra, nel silenzio e nella
solitudine».
 «E' ora di fare chiarezza - conclude il deputato - e di indagare a fondo su
queste terribili morti: per questo motivo è necessaria una Commissione di
inchiesta, che faccia piena luce sull' uranio e sulle conseguenze maledette
che esso procura».
 Dello stesso avviso anche Ermete Realacci del'esecutivo della Margherita:
«Ritengo indispensabile che i ministri della Difesa Martino e della Salute
Sirchia facciano al più presto chiarezza sulla morte per leucemia del
maresciallo Luciano Falsarone».
 Questo il contenuto di una interrogazione parlamentare che verrà presentata
dallo stesso Realacci in merito alla morte del militare che prestava
servizio presso il poligono della base di Capo Frasca in Sardegna.
 «Al ministro Martino - si legge nell' interrogazione - chiediamo anche di
accertare, come avvenuto in casi analoghi, se nel poligono sia stato usato e
con quale frequenza munizionamento all' uranio impoverito e quali misure
siano state predisposte per tutelare la salute degli operatori e della
popolazione che risiede nei pressi dell' installazione".
 "Vorremmo inoltre sapere dal titolare della Difesa - prosegue Realacci - se
corrisponde al vero quanto dichiarato ad alcuni quotidiani da Falco Accame,
presidente dell' Associazione nazionale italiana assistenza vittime
arruolate nelle Forze armate, secondo cui l' Italia nonostante fosse stata
avvertita fin dal 1984 circa la pericolosità del maneggio ed utilizzo delle
munizioni all' uranio impoverito solo dal 1999 e non in maniera
soddisfacente abbia dato seguito alle indicazioni ricevute".
 Anche il verde Mauro Bulgarelli, infine, torna a chiedere la costituzione
di una commissione d'inchiesta che «faccia luce sui sempre più numerosi casi
di tumore registrati tra i militari che prestano servizio nei poligoni e tra
la popolazione civile che vive nelle zone circostanti».
"E' sempre più urgente - conclude Bulgarelli - la costituzione di una
commissione d'inchiesta seria che indaghi su queste morti.


«Malformazioni sotto la media nazionale»

La Maddalena, i dati (rassicuranti) del reparto di ginecologia



Parla il responsabile: nascite in aumento grazie agli americani





 LA MADDALENA. Dai registri del reparto di ginecologia ed ostetricia dell'
ospedale Paolo Merlo emergono delle statistiche che, a giudizio del
responsabile del reparto, Gaetano Giudice, sono nella normalità. Si tratta
delle malformazioni che si riferiscono ai bambini nati nell'
ospedamaddalenini, che si verificano e che si sono verificate negli ultimi
anni.
 Le statistiche che presenta il dottor Giudice vanno dal 1975 (tre anni dopo
l'arrivo degli americani a Santo Stefano) fino ad arrivare al 2003.
Effettuando una statistica divisa per decenni si è verificata questa
rilevazione: dal 1975 al 1984, ci sono stati un totale di 1449 parti per un
numero di malformazioni di 15: con una percentuale dell'1,03 per cento.
Mentre dal 1985 al 1994, nel secondo decennio, dunque, ci sono stati 1197
parti, per un totale di 13 malformazioni con una percentuale di 1,09 per
cento.
 «Media leggermente più bassa - spiega Giudice - della percentuale nazionale
che si aggira intorno al 1,4 per cento. Infine l'ultimo decennio - che però
si limita agli ultimi nove anni perché parte dal 1995 ed arriva fino al
2003 - abbiamo avuto 825 parti con un totale di 4 malformazioni e con una
percentuale dello 0,40 per cento. Riassumendo: per un totale di 29 anni,
abbiamo avuto 3461 parti e 32 malformazioni con una percentuale dello 0,92
per cento». Insomma, numeri tranquillizzanti.
 Gaetano Giudice però vuole mettere in evidenza un aspetto fondamentale
della questione che si riferisce alla malformazioni iniziali, precisando che
non si può prendere a campione un anno e limitarsi solo a quello, oppure al
1985 e 1988 in cui ci sono state 3 malformazioni, come del resto nel 2003,
ma bisogna vedere anche che dal 1995 al 2001 non c'è stata nessuna
malformazione, come pure nel 1993- «Vorrei dire - prosegue - che una
statistica seria non va impostata per un breve periodo, ma va impostata in
un periodo a largo raggio che può essere un decennio, esaminando, però,
migliaia di parti e non solo cento. Le malformazioni di cui si parla si
riferiscono a quello che può essere anormale rispetto alla fisiologia e che
potrebbe esser encefalite, labbro leporino, piede torto, mancanza di un dito
e il mongolismo».
 Quindi non c'è nessun riferimento ad una eventuale radioattività? «Non sta
a me dirlo se c'è riferimento alla radioattività - chiude Giudice -, ma
quello che posso dire che i dati e le statistiche che provengono dai
registri dell'ospedale Paolo Merlo sono inferiori di poco alla media
nazionale che si aggira intorno all'1,4 per cento. Il bambino malformato
nasce per tanti motivi e non nasce solo alla Maddalena, ma dovunque e quindi
non vedo questo aumento di malformazione dovuto alla radioattività. E'
importante, quindi, far sapere alla gente la verità per evitare che nascano
allarmismi superflui».
 E le nascite, nel 2003, sono aumentate del 41 per cento. «Sì. E' stato senz
'altro migliorata in termini di qualità l'assistenza che ha comportato un'
affluenza maggiore da parte di donne americane (24 nascite) che hanno
preferito rimanere alla Maddalena e non trasferirsi a Napoli, ma anche dell'
hinterland».
Andrea Nieddu