[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

L'uranio arricchito arricchisce chi lo smercia




SPIONI. CHI È IL FIGLIOL PRODIGO DELL’ATOMICA PAKISTANA CHE TRAMAVA COI SAUDITI
L'uranio arricchito arricchisce chi lo smercia
Storia di Khan, che trasformò una banca in un servizio segreto, regalò un 
jet a Carter e fu indagato da Kerry

L'uranio arricchito gode della proprietà transitiva di arricchire chi lo 
diffonde. Il traffico internazionale di tecnologia nucleare ha assunto 
dimensioni tali da far dire allo stesso direttore dell'Agenzia 
Internazionale per l'Energia Atomica, Mohammed El Baradei, che «la 
possibilità di una guerra nucleare non è mai stata così imminente». Lo 
conferma l'episodio emerso in quel di Islamabad, dove Abdul Kadeer Khan, 
«padre della bomba atomica pakistana», ha confessato di aver fornito per 
vie traverse materiali, metodi e tecnologie all'Iran, alla Libia e alla 
Corea del Nord. La rivelazione, però, ha sorpreso fino a un certo punto: il 
fatto che il Pakistan esporti «nucleare a basso prezzo» è, da diversi anni, 
un segreto di pulcinella.
A seguito del clamore suscitato dalla notizia, il presidente Musharraf non 
ha potuto fare a meno di avviare una indagine, presto conclusa: il 
responsabile del programma nucleare pakistano è risultato essere il 
solitario artefice di una liaison dangereuse protrattasi nel tempo. 
Apprendiamo così che la fuga di informazioni è andata avanti dal 1986 al 
1993: in un rapporto di undici pagine ricco di confessioni, ci informano 
che «il dottor A. Q. Khan ha comunicato al presidente Musharraf che si 
assume ogni responsabilità per tutte le attività di proliferazione che ha 
condotto durante il periodo in cui era responsabile dei Laboratori di 
ricerche Khan». Reo confesso, lo scienziato avrebbe «sottoposto la sua 
domanda di grazia al presidente» e chiesto clemenza, davanti alle 
telecamere della televisione di stato ed in udienza privata. Al termine del 
faccia a faccia tra i due, il clima era quello dell'ora del thé. Khan dice 
di Musharraf: «E' stato estremamente gentile e comprensivo, gli ho spiegato 
tutto» e «ha apprezzato la franchezza con cui gli ho dato i dettagli». Non 
passano che due giorni, ed il presidente Musharraf convoca i giornalisti 
per comunicare che il delatore nucleare è stato perdonato. Si è comportato 
scorrettamente, va bene, ma è pur sempre l'uomo cui il Pakistan deve la 
bomba atomica.
Non sono pochi a ritenere che Khan sia stato usato dal governo come capro 
espiatorio, una volta emerso lo scandalo dell'attività di proliferazione 
nucleare. Gli innocentisti hanno dalla loro due valide ragioni: 
difficilmente un uomo solo avrebbe potuto trasferire informazioni e 
materiali tanto delicati senza che nessuno, inclusi i vertici militari e 
l'intelligence, ne fossero a conoscenza; Khan inoltre gode di notevole fama 
e di un cospicuo patrimonio, perché avrebbe dovuto esporsi e rischiare fino 
a questo punto? Il potere tuttavia non lascia spazio alla discussione. Un 
alto ufficiale delle forze armate si è premurato di smentire seccamente 
l'indiscrezione secondo cui lo stesso Musharraf sarebbe stato al corrente 
dei contatti intercorsi con la Corea del Nord sin dagli anni Novanta. Per 
quale motivo Kahn sembra aver accettato di recitare in quella che appare 
come una improbabile commedia delle parti?
Abdul Kadeer Khan non è del tutto nuovo alle cronache giudiziarie. Nel 
lontano 1983 un tribunale olandese lo rinviò a giudizio per spionaggio 
industriale e furto. Ignoto quarantacinquenne dai tratti orientali, si era 
fatto arrestare dopo un inseguimento notturno: aveva tentato di rubare il 
progetto per la costruzione di una centrale di arricchimento dell'uranio 
nei Paesi Bassi. Il maldestro scienziato rimase in custodia solo pochi 
giorni. A sostenere le spese legali e provvedere all'assistenza del 
connazionale nei guai, fu la Bank of Credit and Commerce International. Non 
si trattava di una banca qualunque. La Bcci era il colosso della finanza 
pakistana quando, nel 1972, l'allora presidente Bhutto iniziò a 
nazionalizzare gli istituti di credito. Il titolare dell'istituto 
pachistano, Agha Hasan Abedi, corse ai ripari. Stabilì in Lussemburgo la 
sede legale della banca e versò nelle isole Cayman una buona parte della 
liquidità, iniziando a ricevere ingenti quantità di denaro da parte delle 
banche pakistane minori, che vennero una ad una incorporate in un 
gigantesco scrigno del tesoro, rigorosamente outdoor.
Abedi, dopo aver aperto la direzione internazionale della Bcci a Londra, 
dedicò grande attenzione alla cura della rete dei suoi rapporti. La 
generosa disponibilità di cassa ha giocato, a questo proposito, un ruolo 
chiave. Un ingente ammanco della First National Bank of Chicago, pari a 3,4 
milioni di dollari, venne coperto nel gennaio 1978 dalla Bcci di Londra. Lo 
stesso presidente Carter volle conoscere il magnate pachistano, e si 
sorprese nel vederlo arrivare a Washington con due jet privati: uno per sé, 
l'altro come omaggio per la Casa Bianca.
Abedi divenne uno dei finanzieri più in vista del momento: tra il 1978 e il 
1980 venne ricevuto da Dengt Xiaoping in Cina, dal premier britannico James 
Callaghan e da Re Faisal in Arabia Saudita. Fervente musulmano, non nascose 
il desiderio di veder rifiorire l'osservanza religiosa nel proprio paese e 
lo sottolineò con una donazione che finì nelle mani di Kamal Adham, allora 
capo dei servizi segreti sauditi. Tra i due si stabilì un rapporto di 
collaborazione e di amicizia: insieme, diedero vita ad una società edilizia 
che può vantare al suo attivo, tra l'altro, la costruzione dello sfarzoso 
hotel Hyatt di Riyad. La vera opera di ingegneria di questa società rimane 
tuttavia di altra natura: il network delle intelligence islamiche cui Abedi 
è stato introdotto, da Tripoli a Teheran, e che ha segnato il «salto di 
qualità» della banca pakistana.
A quella stessa epoca risalirebbe infatti la sovrapposizione tra la rete 
degli agenti della Bcci e quella degli uomini dell'Isi, l'allora 
costituendo servizio segreto pachistano. Nel 1982 Abedi lancia la sua 
sfida: fare del Pakistan il primo paese islamico dotato di una bomba 
nucleare. Cinquecento milioni di rupie vengono devolute dalla Bcci a quello 
che, ad Islamabad, si chiamava Gulam Ishaq Research Institute per lo 
sviluppo del nucleare pakistano. Quando, dieci anni dopo, in seguito a 
spregiudicate operazioni finanziarie, la Bcci viene messa sotto inchiesta 
negli Stati Uniti, sarà John Kerry, oggi in corsa per le primarie dei 
democratici, a condurre la commissione di inchiesta del Senato. A dirigere 
dal 1982 il nascente istituto di ricerca sul nucleare, Abdul Kadeer Khan, 
lo scienziato di fiducia dello stato e dei servizi segreti pakistani.
http://www.ilriformista.it/documenti/articolo.asp?id_doc=18192