[Disarmo] I pro e i contro dell'esercito europeo (e una simulazione di disobbedienza dell'Irlanda)



L’esercito europeo è un progetto ancora in fase embrionale, ma se ne discute da molti anni. L’idea è quella di creare una forza militare comune tra gli Stati membri dell’Unione Europea (UE), autonoma rispetto alla NATO e capace di intervenire in modo indipendente in situazioni di crisi, difesa o missioni di pace.

📌 Cos’è l’esercito europeo?

È una proposta politica e strategica per integrare le forze armate dei Paesi europei, superando la frammentazione attuale e creando un corpo militare sovranazionale sotto l’egida dell’UE. Non esiste ancora in forma compiuta, ma ci sono iniziative e strutture che vanno in quella direzione:

  • La PESCO (Cooperazione Strutturata Permanente), lanciata nel 2017, è una forma di cooperazione tra 25 Paesi UE in materia di difesa.

  • Il Fondo Europeo per la Difesa (EDF) finanzia progetti comuni nel campo dell’industria militare.

  • L’Eurocorps, con sede a Strasburgo, è una forza militare multinazionale che può operare per conto della NATO, dell’UE o dell’ONU.


✅ Vantaggi (pro)

  1. Autonomia strategica: un esercito europeo ridurrebbe la dipendenza dalla NATO (e quindi dagli USA), permettendo all’Europa di agire in modo indipendente.

  2. Efficienza e razionalizzazione: oggi ci sono 27 eserciti nazionali con duplicazioni e sprechi; un’unica forza permetterebbe di ottimizzare risorse, ridurre costi e aumentare l'efficacia.

  3. Voce unica sul piano internazionale: l’UE sarebbe più credibile e autorevole come attore globale, potendo contare su uno strumento militare integrato.

  4. Risposta più rapida alle crisi: permetterebbe di intervenire più rapidamente in contesti di emergenza.

  5. Maggiore coesione europea: un esercito comune sarebbe anche un simbolo di unità politica tra gli Stati membri.


❌ Svantaggi (contro)

  1. Perdita di sovranità nazionale: gli Stati dovrebbero rinunciare a parte del controllo sulle proprie forze armate, un tema molto delicato sul piano politico e costituzionale.

  2. Diversità di interessi geopolitici: i Paesi europei hanno priorità e storie diverse in politica estera e difesa. Metterle insieme in un esercito unico è molto complesso.

  3. Costi iniziali elevati: anche se a lungo termine potrebbe portare risparmi, l’avvio di una struttura del genere richiederebbe investimenti molto alti.

  4. Rischio di militarizzazione dell’UE: per alcuni, creare un esercito comune può rappresentare un allontanamento dai principi pacifisti e cooperativi su cui si fonda l’UE.

  5. Conflitto con la NATO: un esercito europeo parallelo alla NATO potrebbe creare tensioni con gli USA e all’interno della stessa Alleanza atlantica.


✳️ Il punto di vista pacifista

I movimenti pacifisti spesso si oppongono all’idea di un esercito europeo perché:

  • temono una maggiore militarizzazione dell’Europa;

  • preferiscono rafforzare la diplomazia e la prevenzione dei conflitti, piuttosto che gli strumenti armati.

I movimenti pacifisti inoltre propongono corpi civili di pace europei, come alternativa nonviolenta alle missioni militari. Si veda quanto già approvato dal Parlamento Europeo (il rapporto "Bourlanges/Martin", adottato dal Parlamento Europeo il 17 maggio 1995 nella sua sessione plenaria a Strasburgo).

✳️ Le spese militari con l'esercito europeo

Se si arrivasse a costituire un vero esercito europeo, il tema della contribuzione alle spese comuni diventerebbe cruciale. Oggi, ogni Paese dell’UE gestisce in autonomia il proprio bilancio della difesa. Ma un esercito comune cambierebbe radicalmente le cose.

Vediamo come si porrebbe la questione.

Un esercito europeo richiederebbe:

  1. Un bilancio militare comune europeo, distinto da quelli nazionali.

  2. Criteri condivisi di contribuzione, probabilmente basati su:

    • PIL (più grande l’economia, più alta la quota);

    • Popolazione;

    • Capacità militare esistente;

    • Eventuali esenzioni o compensazioni.

Questi criteri richiederebbero un contributo per le spese militari a cui non si potrebbe derogare se non in virtù di clausole specifiche e ufficiali. Una svolta pacifista di una nazione che decidesse di dimezzare le spese militari porrebbe delle criticità all'impalcatura complessiva dell'esercito europeo. Una svolta pacifista unilaterale, come il dimezzamento delle spese militari da parte di uno Stato membro, metterebbe in discussione l’equilibrio e la coesione dell’intero progetto di esercito europeo. Vediamo perché.

1. Sbilanciamento dei contributi

Se un Paese riduce drasticamente la sua spesa militare, gli altri dovrebbero compensare, sia in termini di risorse economiche che di mezzi e personale. Questo creerebbe:

  • malcontento tra i partner più “generosi”;

  • una percezione di disparità nel sistema.

2. Impatto sulla pianificazione comune

Un esercito europeo si fonderebbe su una logica interdipendente: ogni Paese fornisce una parte del tutto (aerei, navi, soldati, basi...). Se una componente viene meno, può compromettere l’efficienza operativa complessiva.

3. Fratture politiche

Una svolta pacifista in uno Stato potrebbe essere vista come un gesto politico forte contro la linea comune. Questo potrebbe:

  • generare divisioni interne all’UE;

  • ispirare altri Stati a seguire l’esempio, con effetto domino;

  • essere sfruttata da forze politiche o movimenti per mettere in discussione l’intero progetto militare europeo.

4. Problemi di interoperabilità

Ridurre la spesa militare significa anche:

  • meno esercitazioni comuni;

  • minore aggiornamento tecnologico;

  • disallineamento con gli standard comuni europei (es. armamenti, cyberdifesa, logistica).


    Conclusione

    Una svolta pacifista di questo tipo rappresenterebbe una sfida strutturale all’impalcatura dell’esercito europeo. Sarebbe anche un evento politico di grande rilievo, capace di:

    • rallentare o riformulare il progetto;

    • riaprire un dibattito etico e strategico;

    • dividere l’UE tra una linea “militarista” e una linea “pacifista”.


Simulazione

Ecco una simulazione fittizia, ma realistica, di una dichiarazione ufficiale con cui uno Stato europeo (ad esempio l’Irlanda) annuncia una svolta pacifista, con dimezzamento delle spese militari e una proposta alternativa all’esercito europeo. Dopo la dichiarazione, saranno simulate le reazioni delle istituzioni europee e di altri Stati.

L'Irlanda nel rispetto della sua politica di neutralità non fa parte della NATO.

Dichiarazione del Governo Irlandese – 4 aprile 2025

“Per un’Europa della pace, non delle armi”

Il Governo della Repubblica d’Irlanda annuncia oggi una svolta strategica nella propria politica di difesa e sicurezza:
a partire dal prossimo bilancio, le spese militari irlandesi saranno ridotte del 50% e le risorse così liberate saranno interamente destinate a:

  • programmi civili di prevenzione dei conflitti;

  • cooperazione internazionale allo sviluppo;

  • promozione dei diritti umani e del dialogo interculturale.

In coerenza con la nostra tradizione di neutralità attiva e fedeltà alla Carta delle Nazioni Unite, l’Irlanda non parteciperà alla costruzione di un esercito europeo con finalità offensive o deterrenti.

Chiediamo che l’Unione Europea consideri la possibilità di affiancare al progetto militare un Corpo Civile Europeo di Pace, da utilizzare per la mediazione nei conflitti, la difesa nonviolenta delle popolazioni civili, e l’intervento umanitario.

"Un’Unione fondata sulla pace e sulla dignità umana non ha bisogno di nuove armi, ma di nuovi strumenti di giustizia."


🇪🇺 Reazioni 

🔹 Commissione Europea

“Rispettiamo la sovranità irlandese. Tuttavia, sottolineiamo che la sicurezza dell’Unione è una responsabilità condivisa. Ogni rinuncia deve essere valutata nel quadro della solidarietà europea.”

🇫🇷 Francia

“Ogni Stato ha diritto alla propria posizione. Ma la difesa dell’Europa non può dipendere dalla buona volontà dei singoli. Servono impegni vincolanti.”

🇭🇺 Ungheria

“L’Irlanda dimostra che si può dire no all’imposizione di una politica di difesa centralizzata. Anche noi vogliamo mantenere il controllo sulle nostre forze armate.”


Implicazioni ipotetiche

  • Trattati UE: si apre un dibattito su possibili “clausole di esenzione” dal contributo militare.

  • Movimenti pacifisti europei: rilanciano campagne per chiedere ai governi di seguire l’esempio irlandese.

  • Industria bellica: preoccupazione per il possibile effetto domino sulla spesa militare.

  • Società civile: aumento dell’interesse mediatico e mobilitazione intorno a nuovi modelli di difesa nonviolenta.


    🕊️ 1. Comunicato stampa della Rete Europea per la Pace e la Nonviolenza (fittizia)

    Comunicato stampa – Bruxelles, 5 aprile 2025

    L’Irlanda apre una strada nuova. Ora tocca all’Europa scegliere: più armi o più pace?

    La Rete Europea per la Pace e la Nonviolenza accoglie con entusiasmo la decisione del governo irlandese di dimezzare le spese militari e destinare tali risorse alla cooperazione, alla prevenzione dei conflitti e alla costruzione della pace.

    In un tempo in cui l’Unione Europea si prepara a costruire un esercito comune, l’Irlanda ci ricorda che la vera sicurezza nasce da giustizia sociale, diplomazia attiva e solidarietà internazionale. La pace non si costruisce con i carri armati.

    Chiediamo alle istituzioni europee:

    • di riconoscere il diritto degli Stati a scegliere la nonviolenza come strumento di gestione dei conflitti;

    • di istituire un Corpo Civile Europeo di Pace dotato di risorse, formazione e mandato operativo;

    • di aprire un dibattito pubblico sul significato di “difesa europea” alla luce dei valori fondanti dell’Unione.

    Questa non è una fuga dalle responsabilità: è la loro assunzione più alta.

    Un’altra Europa è possibile. Cominciamo a costruirla.

     

    🧾 2. Opposizione di un esponente politico favorevole all'esercito europeo (fittizio)

    On. XXX YYY – del partito XY

    “La decisione irlandese di dimezzare le spese militari non è solo simbolica: è un precedente. Rischia di minare l’intero progetto di interoperabilità delle forze armate europee. Se altri Paesi seguissero l’esempio, l’Unione Europea si troverebbe con una forza disomogenea, in cui alcuni portano il peso della sicurezza e altri si smarcano in nome di principi etici, che però non fermano i carri armati russi".


(Testo realizzato con prompt di Alessandro Marescotti e con il supporto di ChatGPT)