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[Disarmo] La «normalità» di Ghedi (Brescia), che convive con le testate nucleari della base Nato
- Subject: [Disarmo] La «normalità» di Ghedi (Brescia), che convive con le testate nucleari della base Nato
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.org>
- Date: Fri, 4 Mar 2022 07:58:21 +0100
La «normalità» di Ghedi, che convive con le testate nucleari della base Nato
Reportage . Nel luogo più simbolico d’Italia insieme ad Aviano, domenica protesta contro la guerra
Base Nato di Ghedi, Brescia Base Nato di Ghedi, Brescia © LaPresse
Emanuele Giordana
Ghedi - Il Manifesto
EDIZIONE DEL
03.03.2022
PUBBLICATO
2.3.2022, 23:59
Se sabato Roma vedrà l’incontro nazionale di chi vuole fermare la guerra, in tutta Italia si manifesta ormai da giorni. Nelle grandi città, nei capoluoghi più piccoli sino a Paesi di poche anime. È il caso di Ghedi, 18mila abitanti, Comune a 18 chilometri da Brescia, dove domenica prossima la protesta contro la guerra si farà davanti al luogo che in Italia la simboleggia di più: la base Nato che ospita il 6º stormo dell’aeronautica militare ma non solo. Nei suoi bunker ci sono anche almeno una ventina di testate nucleari.
Numeri stimati perché tenuti rigorosamente segreti ancorché negati. Le testate rimanenti si trovano invece ad Aviano, in Friuli, 250 chilometri più a Est. La base di Ghedi è da sempre un simbolo anche perché, oltre ai motivi ideali, è un pericolo per chi ci vive attorno, essendo ovviamente un obiettivo strategico.
Al cronista che la raggiunge in automobile, l’aeroporto militare viene incontro se ci si sposta a Nord dal centro città. Si può fare un giro attorno al lato sud -sudest per quasi 4 chilometri. A far tutto il perimetro sarebbero dieci. Il telefonino perde colpi e in certi punti della zona non funziona proprio. Il che non ci impedisce di parlare con Loris, una delle anime del movimento locale contro la guerra. Che non è molto esteso a Ghedi: «Del resto – dice Loris del Circolo Insieme a sinistra – tanta gente lavora più o meno direttamente per la base. I sottufficiali hanno casa in città e quelli di più alto grado invece se ne stanno sul Garda».
Ghedi, amministrazione leghista, è tutt’uno con la base: «La prima cosa che ha fatto il sindaco è stata levare la bandiera della pace dal Comune ma noi andiamo avanti. E domenica saremo davanti alla base come decine di altre volte». «Vivere qui – dice Agnese, anche lei del Circolo – significa vivere su una traiettoria in caso di conflitto. Siamo in pericolo, ma lo siamo sempre stati».
A calcolare il danno potenziale di un attacco contro i bunker atomici del nostro Paese è stato uno studio del ministero della Difesa di qualche anno fa, ripreso nel 2020 in un dossier di Greenpeace. Diceva che, nello scenario peggiore, le persone raggiunte dal fungo radioattivo potrebbero essere da 2 a 10 milioni, a seconda della propagazione del vento e dei tempi di intervento. Uno scenario – diceva Greenpeace – tenuto rigorosamente segreto e condiviso solo con i vertici militari e politici e con i responsabili della sicurezza nucleare.
«Gran movimenti adesso non ce n’è rispetto ad altre volte» commenta Loris e lo conferma anche Agnese: «Sappiamo che la base è in allerta e questa tensione la senti, la vivi anche se, abitando a Ghedi, ci fai l’abitudine.
Stranamente di voli negli ultimi giorni ce ne sono stati meno del solito. Ma ho visto aerei che non sono i soliti Tornado». Ne vediamo uno anche noi mentre atterra. Del resto non è un mistero che Ghedi sia attrezzata per gli F-35 e per le bombe di ultima generazione in arrivo.
Il Comitato contro la guerra di Brescia, che ha organizzato la manifestazione di domenica, è un cappello che raccoglie anime diverse: politiche, ambientaliste, pacifiste. Brescia, a un pugno di chilometri, è sempre stata il centro propulsore della protesta contro la guerra e naturalmente contro la base Nato dove sono stipate decine di testate nucleari. «Quella nuove, le B61-12 sono in arrivo», spiega Beppe di «Uomini e donne contro la guerra», un centro sociale di Rovato a 40 km dalla base. «Sono bombe evolute che vengono teleguidate dal casco dei piloti degli F-35.
Le esercitazioni con l’arma nucleare le hanno appena fatte a novembre con Tornado e F-35». La base ha anche appena allestito nuovi hangar per questi velivoli. E ora è completa di due piste di atterraggio, palazzina di comando e simulatori e polo tecnologico. Quanto a dove sono le bombe, c’è una base nella base il cui ingresso è vietatissimo. Segreto di Pulcinella, le testate sono li e per esserne certi basta guardare una fotografia uscita su Fb qualche anno fa e ripresa dal rapporto Milex: un centinaio tra piloti e militari in posa davanti a una bella B61.
Giorgio Cremaschi, del Comitato bresciano, sostiene che «abbiamo poca paura rispetto a quella che sarebbe necessaria. Ne abbiamo avuta più col Covid. La manifestazione era nell’aria da tempo ma abbiamo accelerato dopo la ‘svolta’ dell’invio delle armi in Ucraina. Altro che armi – dice – qui bisogna fermare la guerra non alimentarla. E il primo punto è un cessate il fuoco che fermi raid e combattimenti». Ci saranno anche, tra gli altri, i cattolici di Pax Christi da sempre molto attivi sul fronte di Ghedi e Aviano.
Reportage . Nel luogo più simbolico d’Italia insieme ad Aviano, domenica protesta contro la guerra
Base Nato di Ghedi, Brescia Base Nato di Ghedi, Brescia © LaPresse
Emanuele Giordana
Ghedi - Il Manifesto
EDIZIONE DEL
03.03.2022
PUBBLICATO
2.3.2022, 23:59
Se sabato Roma vedrà l’incontro nazionale di chi vuole fermare la guerra, in tutta Italia si manifesta ormai da giorni. Nelle grandi città, nei capoluoghi più piccoli sino a Paesi di poche anime. È il caso di Ghedi, 18mila abitanti, Comune a 18 chilometri da Brescia, dove domenica prossima la protesta contro la guerra si farà davanti al luogo che in Italia la simboleggia di più: la base Nato che ospita il 6º stormo dell’aeronautica militare ma non solo. Nei suoi bunker ci sono anche almeno una ventina di testate nucleari.
Numeri stimati perché tenuti rigorosamente segreti ancorché negati. Le testate rimanenti si trovano invece ad Aviano, in Friuli, 250 chilometri più a Est. La base di Ghedi è da sempre un simbolo anche perché, oltre ai motivi ideali, è un pericolo per chi ci vive attorno, essendo ovviamente un obiettivo strategico.
Al cronista che la raggiunge in automobile, l’aeroporto militare viene incontro se ci si sposta a Nord dal centro città. Si può fare un giro attorno al lato sud -sudest per quasi 4 chilometri. A far tutto il perimetro sarebbero dieci. Il telefonino perde colpi e in certi punti della zona non funziona proprio. Il che non ci impedisce di parlare con Loris, una delle anime del movimento locale contro la guerra. Che non è molto esteso a Ghedi: «Del resto – dice Loris del Circolo Insieme a sinistra – tanta gente lavora più o meno direttamente per la base. I sottufficiali hanno casa in città e quelli di più alto grado invece se ne stanno sul Garda».
Ghedi, amministrazione leghista, è tutt’uno con la base: «La prima cosa che ha fatto il sindaco è stata levare la bandiera della pace dal Comune ma noi andiamo avanti. E domenica saremo davanti alla base come decine di altre volte». «Vivere qui – dice Agnese, anche lei del Circolo – significa vivere su una traiettoria in caso di conflitto. Siamo in pericolo, ma lo siamo sempre stati».
A calcolare il danno potenziale di un attacco contro i bunker atomici del nostro Paese è stato uno studio del ministero della Difesa di qualche anno fa, ripreso nel 2020 in un dossier di Greenpeace. Diceva che, nello scenario peggiore, le persone raggiunte dal fungo radioattivo potrebbero essere da 2 a 10 milioni, a seconda della propagazione del vento e dei tempi di intervento. Uno scenario – diceva Greenpeace – tenuto rigorosamente segreto e condiviso solo con i vertici militari e politici e con i responsabili della sicurezza nucleare.
«Gran movimenti adesso non ce n’è rispetto ad altre volte» commenta Loris e lo conferma anche Agnese: «Sappiamo che la base è in allerta e questa tensione la senti, la vivi anche se, abitando a Ghedi, ci fai l’abitudine.
Stranamente di voli negli ultimi giorni ce ne sono stati meno del solito. Ma ho visto aerei che non sono i soliti Tornado». Ne vediamo uno anche noi mentre atterra. Del resto non è un mistero che Ghedi sia attrezzata per gli F-35 e per le bombe di ultima generazione in arrivo.
Il Comitato contro la guerra di Brescia, che ha organizzato la manifestazione di domenica, è un cappello che raccoglie anime diverse: politiche, ambientaliste, pacifiste. Brescia, a un pugno di chilometri, è sempre stata il centro propulsore della protesta contro la guerra e naturalmente contro la base Nato dove sono stipate decine di testate nucleari. «Quella nuove, le B61-12 sono in arrivo», spiega Beppe di «Uomini e donne contro la guerra», un centro sociale di Rovato a 40 km dalla base. «Sono bombe evolute che vengono teleguidate dal casco dei piloti degli F-35.
Le esercitazioni con l’arma nucleare le hanno appena fatte a novembre con Tornado e F-35». La base ha anche appena allestito nuovi hangar per questi velivoli. E ora è completa di due piste di atterraggio, palazzina di comando e simulatori e polo tecnologico. Quanto a dove sono le bombe, c’è una base nella base il cui ingresso è vietatissimo. Segreto di Pulcinella, le testate sono li e per esserne certi basta guardare una fotografia uscita su Fb qualche anno fa e ripresa dal rapporto Milex: un centinaio tra piloti e militari in posa davanti a una bella B61.
Giorgio Cremaschi, del Comitato bresciano, sostiene che «abbiamo poca paura rispetto a quella che sarebbe necessaria. Ne abbiamo avuta più col Covid. La manifestazione era nell’aria da tempo ma abbiamo accelerato dopo la ‘svolta’ dell’invio delle armi in Ucraina. Altro che armi – dice – qui bisogna fermare la guerra non alimentarla. E il primo punto è un cessate il fuoco che fermi raid e combattimenti». Ci saranno anche, tra gli altri, i cattolici di Pax Christi da sempre molto attivi sul fronte di Ghedi e Aviano.
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