[Disarmo] Regeni, un giovane che onora il disarmismo e il pacifismo. Come Arrigoni ed Impastato



Questa e’ notizia dell’ultima ora che prendiamo dal sito del “Messaggero”.


“Il passaporto e due documenti di riconoscimento universitari di Giulio Regeni (sono) ora in possesso degli inquirenti italiani che da anni stanno cercando la verità sulla tragica morte del giovane friulano. Nelle scorse ore le autorità egiziane hanno dato il via libera all'invio in Italia di una serie di documenti ed oggetti. Un colpo di scena che arriva a pochi giorni dall'incontro tra le procure di Roma e del Cairo che è si terrà il prossimo prossimo primo luglio in videoconferenza. Il materiale giunto dall'Egitto è quello di cui fu trovato in possesso la banda di cinque «criminali comuni» uccisi nella capitale egiziana il 24 marzo di quattro anni fa. I cinque furono fatti passare dalle autorità locali come gli autori dell'omicidio di Regeni, in quello che per gli investigatori italiani è stato, invece, un tentativo di depistaggio. Un mossa per avvalorare altri moventi dietro l'omicidio, anche quello legato ad una rapina finita male o al movente sessuale”… 


Giulio Regeni, ricercatore in formazione nel campo delle scienze sociali, attivista ecopacifista, è stato, ricordiamolo, barbaramente ucciso all’inizio del 2016 - il 25 gennaio - al Cairo. Ci vollero nove giorni dal rapimento e dal pestaggio al ritrovamento del corpo irriconoscibile ai genitori per le orribili sevizie subite. Il tempo passa velocemente e tra poco faranno 5 anni. Sappiamo con quasi certezza, al di la delle ipocrisie e dei balletti diplomatici, che è stato torturato dai servizi segreti egiziani, quelli ufficiali non quelli “deviati”: volevano estorcere chissà quali notizie da un giovane, promettente e appassionato ricercatore, dottorando dell’Università di Cambridge. Volevano comunque lanciare un messaggio terrorizzante rispetto a chi volesse, anche dall’estero, mettere il naso nelle nefandezze del regime militare egiziano, che, in nome della lotta al terrorismo islamista, ha consolidato uno stato d’eccezione permanente, sopprimente diritti sociali, civili, politici. L’Egitto era uno dei Paesi più sviluppati e civili dell’Africa, mentre adesso è una delle peggiori dittature del mondo, dove arresti sommari e detenzioni “preventive”, che possono durare anche anni per reati politici, sono all’ordine del giorno. I detenuti politici sono decine di migliaia!


Tornando a Giulio, le cose che abbiamo appreso della sua vita, caratterizzata encomiabilmente dall’impegno sociale e civile, disegnano una figura esemplare, una grande promessa sciaguratamente recisa, alla Vittorio Arrigoni e alla Peppino Impastato. Studente alle medie di Fiumicello, un paese di 5 mila abitanti in provincia di Udine, è Sindaco dei ragazzi. Al Liceo di Trieste vince una borsa di studio, che lo porta, per gli ultimi tre anni, in New Mexico (USA) nel Collegio del Mondo Unito. L’Università è in Inghilterra, laurea a Oxford, quindi Cambridge per il dottorato: la ricerca per la tesi si svolge in Egitto. Conosce lo spagnolo e l’inglese e l’arabo, che continua a studiare. Questi cenni biografici essenziali non rendono ovviamente la ricchezza umana di Giulio ed il patrimonio che rappresentava per chi aveva la fortuna di frequentarlo.


Molte cose storte hanno responsabilità nella sua terribile morte, simile per molti aspetti a quelle di Arrigoni ed Impastato.

Tra queste mettiamoci anche la leggerezza riscontrabile nei docenti della Facoltà nell’affidargli un compito pericoloso nelle condizioni di regime  dell’Egitto. Quasi subito abbiamo saputo che sarebbe stato tradito da un sindacalista spia, che forse si aspettava soldi dalle interviste rilasciate a Giulio, autore di corrispondenze per il quotidiano “Il Manifesto”. Ma quelli che lo torturarono ed uccisero, ormai possiamo dirlo quasi senza dubbi, sono i generali al potere, bisogna capire a quale livello, gli stessi massacratori dei giovani della Primavera di Piazza Tahir. Gli stessi che, come abbiamo già detto, hanno reso l’Egitto di Al Sisi un carcere per il suo popolo martoriato.


Dall’Egitto avremo una risposta seria alle richieste di verità e giustizia per Giulio? Ne dubitiamo anche perché il governo italiano - prodigo di parole - non sembra realmente interessato ad ottenerle nei fatti. Conta di più, a quanto osserviamo dalle cronache, il denaro ricavabile dalla vendita di armi  (in violazione della legge 185) - c’e’ una trattativa in corso per una decina di miliardi - e soprattutto l’eventuale protezione dei pozzi e dei gasdotti dell’ENI, messi a rischio dalla guerra civile libica e dalle potenze che la alimentano, dietro e davanti le quinte. Tra le quali, a dirla tutta, possiamo annoverare anche l’Italia.

Sappiamo però con certezza che abbiamo perso un giovane straordinario per intelligenza, impegno e passione; e che e’ un obbligo morale, sicuramente per chi si professa disarmisti e pacifista, schierarsi a fianco della famiglia, di papa’ Claudio e mamma Paola, perché la sua vicenda non passi nel dimenticatoio, per mantenerne viva la memoria. Una memoria che guarda al presente degli incarcerati e dei torturati in Egitto ed al futuro di un mondo rispettoso dei diritti umani e dell’umanità.

Lavorare per Giulio significa, ad esempio, difendere anche giovani come Patrick Zaki, il giovane egiziano che studia a Bologna, incarcerato arbitrariamente con accuse di diffusione di notizie false”, “incitamento a compiere reati di terrorismo” e “uso improprio dei social media”.

Amnesty International, che da tempo denuncia gli innumerevoli abusi del governo egiziano, ha sollecitato quest’ultimo alla liberazione immediata dell’attivista. Purtroppo, però, è ben noto che le richieste delle organizzazioni che difendono i diritti umani rimangono sempre inascoltate dal regime, ma non solo: infatti l’Ong invia rapporti periodici all’ONU sulla situazione egiziana, chiedendo ripetutamente interventi sostanziali in difesa delle numerosissime vittime, che, però, non sono mai avvenuti…

La difesa delle nostre sorelle e dei nostri fratelli protagonisti del sogno di Piazza Tahir ha sicuramente a che fare con la nostra lotta per il disarmo e la pace.


Alfonso Navarra - Disarmisti esigenti