SCUSATE ma non ho ben capito la posizione di LEU .
Il 20 novembre 2019 alle 11.17 rossana123
<disarmo at peacelink.it> ha scritto:
Sugli F-35 si punta alla “valutazione nel tempo di un
programma al quale partecipiamo dal 1998, rispetto al quale è
naturale che tutte le parti, ciascuna secondo il proprio
interesse, facciano una valutazione nel corso degli anni”.
Parola di Alberto Pagani, deputato in quota Pd e prima
firmatario (insieme al collega M5S Giovanni Russo) della
mozione di maggioranza sul dossier F-35, approvata in serata
dall’aula Montecitorio con il parere del governo (contrario
invece su quelle delle opposizioni). Capogruppo in commissione
Difesa, ha affidato a Formiche.net la “soddisfazione per la
normalizzazione di una discussione che ha sempre avuto toni
poco adeguati rispetto alla complessità e alla tipologia del
dossier”.
Al centro della mozione di maggioranza c’è la valutazione
del programma. Che significa?
Si tratta della valutazione nel tempo di un programma in
cui siamo perfettamente inseriti, rispetto al quale è naturale
che tutte le parti, ciascuna secondo il proprio interesse,
facciano una valutazione nel corso degli anni. Nel tempo
possono infatti modificarsi aspetti tecnologici, di contesto
geopolitico, di necessità operative e di opportunità. Tutti i
Paesi che partecipano a programmi simili, con una durata tale,
fanno valutazioni di questo tipo. In sintesi, la mozione
evidenzia l’evidente, ma almeno segna un progresso nella
storia del dibattito sugli F-35.
Quale?
Quello di provare a trovare un minimo comune denominatore
tra tutte le forze politiche, un punto di incontro per il
Paese che tolga isteria al tema.
In tal senso, ha avuto un peso la presa di posizione
decisa del ministro Guerini a sostegno del programma?
Tutti i contributi sono assolutamente ragionevoli. Il
ministro della Difesa non ha inventato nulla, né detto cose
stravaganti o sorprendenti. Ha chiarito che ci stiamo
occupando dei preordinativi per i prossimi lotti di acquisto
relativi a questo periodo, senza entrare nell’ottica dei 90
complessivi. Sono affermazioni in linea con le competenze del
suo ufficio e con la legislatura, parole che ovviamente
confermano quanto già impegnato.
La mozione è stata concordata con i 5Stelle?
Certo, l’abbiamo presentata come maggioranza. La linea è
stata concordata proprio per superare una polemica che in
passato è stata estremizzata per mostrare le differenze.
L’obiettivo della mozione è esattamente il contrario: non
accentuare le differenze, ma anzi cercare un elemento comune.
Significa storicizzare un percorso trentennale che non può
essere sottoposto a continue incertezze o essere puntualmente
ridiscusso da capo. Tutti, compresi gli Stati Uniti, valutano
nel tempo un programma, ma nessuno ricomincia dall’inizio a
ogni cambio di governo o di legislatura.
In caso di conferma dopo la valutazione, non teme reazioni
dall’ala pentastellata tradizionalmente più critica al
programma F-35?
Mi auguro di no. Credo ci sia la consapevolezza che stiamo
governando il Paese insieme, e non stiamo semplicemente
affermando la singola visione di una parte. Abbiamo iniziato a
condividere un percorso insieme e la mozione di maggioranza lo
dimostra. Rappresenta un punto di condivisione, non una mia
espressione o la linea del Pd. Non abbiamo messo tutto quello
che avremmo voluto.
Nella mozione si parla anche di valorizzare i ritorni per
il comparto industriale, a partire dal sito di Cameri, un
punto che ha trovato d’accordo anche le opposizioni. Ci sono
opportunità?
Sì, certo. Stiamo parlando di un investimento, quello per
lo stabilimento di Cameri, che ha fatto l’intero Paese a spese
dei contribuenti al fine di creare opportunità di lavoro. Esse
si traducono nell’acquisizione di competenze e know how, e
quindi di capacità tecnologica, non solo per il settore della
difesa, ma per l’intero sistema delle imprese. È ben nota la
capacità della ricerca militare di trasferirsi nelle
tecnologie civili. Per questo, se un Paese a capitalismo
maturo vuole continuare a essere competitivo, deve valorizzare
certe eccellenze. La nostra intenzione è valorizzare
l’occupazione e l’apprendimento di capacità dello stabilimento
novarese, e ciò si può fare solo stando nel programma.
Ci sono poi gli aspetti internazionali: l’F-35 ci
inserisce nel contesto transatlantico.
Anche questo è un dato di fatto. I Paesi del Patto
atlantico si dotano di sistemi d’arma omogenei in
considerazione dell’appartenenza alla stessa alleanza. La cosa
paradossale è che stiamo ribadendo ovvietà che non ci dovrebbe
essere bisogno di sottolineare.
E perché invece nel nostro Paese sembra essercene bisogno?
Perché in passato c’è stato un dibattito sul programma
F-35 che, per ragioni di carattere propagandistico-elettorale,
ha perso di vista la storia e le ragioni di un percorso di
trent’anni di storia del Paese. Il programma in questione ha
attraversato governi e maggioranze diverse. Eppure, non è
l’acquisizione di un sistema d’arma, ma l’appartenenza al
campo euro-atlantico.
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