[Disarmo] Fwd: Civiltà Cattolica: mobilitarsi contro il rischio di una guerra nucleare




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Da: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
Date: sab 19 ott 2019, 09:33
Subject: Civiltà Cattolica: mobilitarsi contro il rischio di una guerra nucleare
To: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>


Civiltà Cattolica: mobilitarsi contro il rischio di una guerra nucleare


Civiltà Cattolica: i cattolici si mobilitino contro il rischio di una nuova guerra nucleare.

Sul Quindicinale dei Gesuiti Christiansen mette in guardia dal ritorno a una situazione simile agli anni ‘80 e invita i cattolici a essere in prima linea

IACOPO SCARAMUZZI
17 Ottobre, 2019 - La Stampa

CITTÀ DEL VATICANO. «Come negli anni Ottanta, per i cattolici e per tutti i cristiani è giunto il momento di unirsi a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per dire “no” alla guerra nucleare»: lo scrive padre Drew Christiansen sul nuovo numero della Civiltà Cattolica.

Il gesuita, professore di Etica e Sviluppo umano alla Georgetown University di Washington, parte da un evento di cronaca avvenuto lo scorso 8 agosto, quando, scrive, «un missile sperimentale russo è esploso sul Mar Bianco al largo di Arcangelo, sulla costa nord-orientale della Russia. Poco dopo, fonti ufficiali locali hanno riferito livelli di radiazioni 16 volte superiori alla norma. Analisti di intelligence ipotizzano che ci sia stato un malfunzionamento del piccolo reattore nucleare che alimenta un missile che i russi chiamano Burevestnik e i funzionari della Nato Skyfall. Una settimana più tardi, ai residenti di Nenoska – la località più vicina al sito del test missilistico – è stato detto di prepararsi all’evacuazione; i medici che stavano curando i superstiti dell’incidente sono stati obbligati a loro volta ad andarsene, e le stanze di degenza sono state sigillate. A detta di alcuni – prosegue padre Christiansen – il Burevestnik è la pietra angolare del programma di riarmo russo, progettato per eludere non soltanto i trattati sul controllo degli armamenti, ma anche i più sofisticati sistemi antimissile. Il motore nucleare di cui è dotato gli consentirebbe di percorrere lunghe distanze, seguendo un itinerario sfuggente, assai difficile da prevedere per chi volesse adottare eventuali contromisure. Si dice anche che i russi stiano sperimentando un drone sottomarino capace di operare in modo autonomo come arma di replica in caso di attacco nucleare al loro Paese. Si sa qualcosa di più riguardo a un programma per un missile supersonico ad altissima quota, che vola cinque volte oltre la velocità del suono ed è capace di una navigazione evasiva: lo ha annunciato lo stesso presidente russo Vladimir Putin in un discorso del 2018. Anche quest’arma sarebbe capace di sconfiggere la tecnologia antimissile. Queste armi – prosegue il Gesuita – sono soltanto in fase di progettazione o di sviluppo, ma evidenziano l’enorme rischio che una nuova corsa agli armamenti nucleari tra la Russia e gli Stati Uniti rappresenta per il mondo. Nell’agosto scorso gli Stati Uniti hanno mandato un segnale eloquente, ritirandosi dall’Intermediate Nuclear Forces Treaty (Inf) sui missili nucleari a corto e medio raggio, ed è noto che allo stato attuale è difficile che Stati Uniti e Russia rinnovino il Trattato New Start sulla riduzione delle armi nucleari strategiche, quando scadrà nel 2021. Parimenti, nessuno dei due Paesi ha sottoscritto il Trattato delle Nazioni Unite per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw) del 2017. Cosa ancora più significativa, le strategie difensive della Russia e degli Stati Uniti continuano a consentire l’uso di armi nucleari contro minacce non nucleari, acuendo il rischio di un conflitto irreparabile».

Da questi dati di cronaca, padre Christiansen trae l’esortazione che rivolge al mondo cattolico affinché si mobiliti in un’opera di contrasto al rischio militare nucleare, e ricorda che nel 2017, in un Convegno in Vaticano, «papa Francesco ha apertamente condannato la deterrenza, dichiarando, in riferimento alle armi nucleari, che “è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso”. La prima cosa da fare – scrive il Gesuita sul Quindicinale stampato con l’imprimatur della Segreteria di Stato vaticana – è rendere consapevole di questo insegnamento tutta la Chiesa, dai vertici fino ai semplici fedeli. La condanna della deterrenza da parte della Chiesa e il suo sostegno all’abolizione dovrebbero essere pubblicamente insegnati da vescovi, cappellani militari, operatori pastorali e teologi morali. Dovrebbero trovare posto nei consigli che vengono dati dagli insegnanti, dai direttori spirituali e dagli operatori pastorali; come fecero i vescovi statunitensi nel 1983, questi temi pastorali dovrebbero essere discussi apertamente e divulgati nei corsi liceali e universitari, nonché nella catechesi per giovani e per adulti». Ancora, «mentre si intensifica il dibattito sulla nuova corsa agli armamenti nucleari, i cattolici nei Paesi in possesso di armi nucleari dovrebbero schierarsi in prima linea, ponendo le basi per fermare l’accumulo di armi, rafforzare le politiche di disarmo e adoperarsi per l’abolizione definitiva delle armi nucleari. Va sollecitato il sostegno alle misure per rafforzare il Tpnw e favorire l’entrata in vigore del Trattato, così come l’approntamento di meccanismi di salvaguardia e di disarmo che il Trattato ha lasciato nel vago». 

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, in particolare, «con la campagna presidenziale in corso, i cittadini degli Stati Uniti hanno l’opportunità di esaminare i potenziali candidati riguardo al loro buonsenso sul nucleare. È improbabile che un candidato democratico si schieri per il No First Use (non ricorrere per primi all’impiego delle armi nucleari, ndr) prima della propria elezione, ma risvegliare le coscienze durante la campagna accresce la probabilità che la questione venga messa all’ordine del giorno di una nuova amministrazione, nel gennaio 2021».

Più in generale, «la Santa Sede, in continuità con le politiche precedenti e con l’aiuto dei vescovi dei Paesi in possesso di armi nucleari, dei loro alleati e degli “Stati ombrello”, dovrà adoperarsi per altre iniziative, come l’adozione del Trattato sulla totale messa al bando degli esperimenti nucleari (Ctbt), e per avviare negoziati sul Trattato che proibisce la produzione di materiale fissile per le armi nucleari (Fmct). Man mano che le garanzie del passato cadono nel dimenticatoio e lasciano spazio all’attuazione di nuove politiche aggressive, c’è da augurarsi che in tutto il mondo cresca l’opposizione pubblica alla follia del “tutto è permesso” dell’odierna era nucleare. I cattolici impegnati possono e devono certamente schierarsi quando si verificano eventi clamorosi, come la recente esplosione del Burevestnik/Skyfall o le controversie sui finanziamenti delle attività di test e sviluppo dell’arsenale nucleare. Gruppi di laici – ad esempio Pax Christi, Pax Romana e la Caritas Internationalis –, come pure le Commissioni nazionali e diocesane di Giustizia e pace, dovrebbero istruire i loro affiliati su questi temi e sul relativo insegnamento della Chiesa. Come negli anni Ottanta – conclude padre Christiansen – per i cattolici e per tutti i cristiani è giunto il momento di unirsi a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per dire “no” alla guerra nucleare».