Re: [Disarmo] Fwd: Sicurezza, Di Maio vuol fare l’americano. Il Viminale no




La spiegazione è univoca: la 'lotta tra ministeri' è guerra reale di soldi/potere. E guerra tra ministri: una questione di soldiXconsenso. Quello dell'Interno a garantire fondi all'apparato storicamente parassita P.A. (obiettivo primario della politica security), Trenta a ballare tra Banda Nato 2% (Leonardo, Fincantieri etc) e apparato F.A. (col Generale che svela il suo ruolo politico vendendosi a coprire i Renzi su Consip), e la banda 5S che tenta un proprio programma generale di governo fuori schema che si scontra costantemente con le strutture storiche ereditate (neanche) un anno fa. Poco di dissimile a quel che possiamo osservare oltreatlantico tra Presidenza, CIA, Pentagono e finanza di guerra. Basta non fermarsi alle parole e alle virgole, ma guardare ai fatti reali. E niente di anomalo per una democrazia parlamentare in pericolosa crisi: la lotta politica si è spoatata da un Parlamento trasformato in un ventennio in un migliaio di SignorSì alla guerra tra  Ministeri svincolati dal suo controllo. Un vulnus ademocratico che non va imputato a questo governo, cui in ogni caso va la responsabilità di (far finta di) accettarlo come normale. La deriva extraparlamentare è stata costruita dalla Presidenza della Repubblica (Napolitano gran protagonista), dai corpi statali di controllo, dall'apparato mediatico servo del conflitto d'interessi, da regia extranazionale. Il resto è conseguente. La sconfitta del Referendum è servita a rallentare, mostrare il disegno, non a cancellarlo. La possibile rinascita democratica (contro quella di Gelli) è stata soffocata dalla sapiente regia mediatica con gli spettri della guerra tra poveri, le costanti emergenze, le paure di un popolo oramai quasi totalmente ammaestrato.
Questo è il campo su cui ballare.

In tanto contesto, contro i tromboni UE e atlantici e contro Salvino che sbraita (e Moavero muto), qualcuno cerca una strada alternativa e autonoma Belt and Road Initiative (o Via della Seta). Qualcuno lassù dovrà farsene una ragione. Fatti, non parole:

Il Presidente cinese in Italia:
" «Di fronte alle evoluzioni e alle sfide del mondo contemporaneo, i due Paesi fanno appello alla loro preziosa e lunga esperienza e immaginano insieme gli interessanti scenari capaci di creare un nuovo modello di rapporti internazionali basati sul rispetto reciproco, sull’uguaglianza e la giustizia e sulla cooperazione di mutuo vantaggio, costruendo un futuro condiviso dell’umanità».
Il racconto del “nuovo ordine mondiale con caratteristiche cinesi”, come è stato sprezzantemente definito dagli oppositori dell’accordo italo-cinese, o la retorica dell’egemonismo di Pechino si infrange sugli scogli del patto strategico che la Cina offre all’Italia, di costruzione di un nuovo modello di rapporti internazionali che archivi definitivamente l’unilateralismo andato in voga dopo il crollo dell’Urss e ponga le basi per una cooperazione tra pari tra le nazioni del mondo. Uguaglianza, giustizia e cooperazione sono valori universali che affondano le proprie radici negli ideali della Rivoluzione francese e che certo non possiamo ignorare.
Con buona pace di quanti continuano a vedere nella Cina il principale nemico e lo scrivono nei propri documenti strategici (Usa e Ue) e con buona pace dei loro rappresentanti italiani che vorrebbero che il paese adottasse una politica aggressiva verso Pechino o in una relazione privilegiata intereuropea (che non esiste, visti gli interessi divergenti che albergano nell’eurozona), oppure in una quadro di cooperazione euro-atlantica il cui obiettivo è la rottura dell’asse russo-cinese e la cooptazione di Mosca in una nuova cortina di ferro ostile a Pechino.
La politica italiana ha davanti a sé un bivio: o accetta “l’alternativa del diavolo” e si lega al declino di questa visione strategica, oppure rovescia il tavolo ed afferma la necessità di una politica basata sulla cooperazione e la pari dignità tra le nazioni. La firma del Memorandum è il primo passo per imboccare la seconda strada, ma siamo ancora alle schermaglie iniziali di un braccio di ferro che segnerà di sé il prossimo futuro. "
https://www.marx21.it/index.php/internazionale/cina/29629-la-cooperazione-italo-cinese-e-lalternativa-del-diavolo

Fatti, non parole:
" Prima di farvi una opinione su i rapporti tra noi ed i cinesi sarebbe il caso conosciate alcuni fatti. Una volta il giornalismo aveva questa missione, dare i fatti (e scegliere quali fatti è già una opinione) ed accanto esprimere un punto di vista. Ora mettono solo i punti di vista e menomale che siamo la società dell’ informazione, sarebbe più corretto dirci “società dell’opinione”. (...) [Fatto ciò] potete abbandonarvi alla piacevole lettura del vostro commentatore di fiducia ma fate attenzione a cosa commenta. Il mondo è troppo complesso per esser approcciato a sensazioni, in fondo non è poi così difficile farsi una “opinione propria”, no? O forse è proprio questo che non piace alla società dell'opinione?
https://megachip.globalist.it/democrazia-nella-comunicazione/2019/03/21/la-societa-dell-opinione-2038987.html

Poi insisti pure a dire che non ho capito. Più semplicemente, guardo la foresta e non l'albero.


Il 23/03/19 17:34, rossana (via disarmo Mailing List) ha scritto:

Stiamo sul pezzo. Chi non ha capito il senso delle parole di Di Maio si cerchi almeno altre spiegazioni : "Ulteriori dettagli sono poi emersi dalle parole del sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo (M5S), che da Vibo Valentia, dov’era in visita allo Squadrone Carabinieri Eliportato ‘Cacciatori Calabria’, ha spiegato che con il vice premier Di Maio e il ministro Trenta, assieme agli altri dicasteri interessati, stiamo lavorando a una Grand Strategy, un documento strategico per la realizzazione di un nuovo modello che possa essere ancora più rispondente alle esigenze di sicurezza attuali. Guardiamo a una difesa sistemica sempre più al servizio del Paese grazie anche all’utilizzo della tecnologia”.

 p.s: per entrambi la sicurezza è intesa come safety e security.

Il 23/03/2019 15:43, jure LT (via disarmo Mailing List) ha scritto:

Magari qualcuno può anche supporre che Di Maio e con lui i 5S stiano cercando dei vicoli (e degli appoggi esterni, e alleati in UE) per togliere il (o almeno smarcarsi dal) monopolio della security a Salvino (e ai sovran-fascisti UE) per spostare la questione sulla safety.. Nel campo della 'osservanza atlantica' mi pare che anche su altri temi (missioni all'estero, e anche F-15) si stiano muovendo con le scarpette da camera in questo senso, e a medio termine, dichiarando sudditanza per guadagnarsi spiragli di autonomia (sovran-democrazia). Mettendo in conto e accettando,peraltro, di perdere ulteriore consenso mediatico. Inchiodarli sempre e comunque al muro è un grosso favore a Salvino e ai suoi scarponi chiodati NATO. Contenti voi, ma anche orbi.

Jure


Il 23/03/19 12:07, rossana (via disarmo Mailing List) ha scritto:

la mia risposta: Un articolo che dovrebbe far riflettere, magari entrando meglio nel merito. Perchè Di Maio ha fatto riferimento al ministro della Difesa Trenta, e perchè il ministro Trenta ha reagito piccata alle dichiarazioni di Salvini? Perchè c'è davvero una lotta fra i due ministeri e perchè Trenta ha riformulato la nuova dottrina della difesa italiana marcatamente sul lato interno del paese. "La quarta missione" impostata finemente dal ministro riguarda il fatto che le Forze Armate devono mettere sempre più a disposizione le proprie competenze e capacità per compiti non militari. Per chi voglia saperne di più:

L'aumento delle spese militari e la farsa della “sicurezza collettiva” https://www.peacelink.it/disarmo/a/46210.html

Il 23/03/2019 08:37, Elio Pagani (via disarmo Mailing List) ha scritto:


---------- Forwarded message ---------
Da: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
Date: sab 23 mar 2019 alle ore 07:34
Subject: Sicurezza, Di Maio vuol fare l’americano. Il Viminale no
To: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>


Sicurezza, Di Maio vuol fare l’americano. Il Viminale lo zittisce

Dopo lo scampato pericolo di San Donato Milanese, il capo dei 5 Stelle in difficoltà prova a incalzare il ministro dell'interno sul suo terreno, proponendo il modello Trump. Ma non va lontano

Luigi Di Maio e Matteo Salvini 

Luigi Di Maio e Matteo Salvini

 © Lapresse

Domenico CirilloIl Manifesto

23.03.2019

22.3.2019, 23:59

Ci vuole la «National security strategy». Ecco l’idea di Di Maio per tentare di recuperare un po’ di quel terreno che Salvini gli ha irrimediabilmente sottratto. Vuole passare all’attacco sul tema della sicurezza, che evidentemente paga nei sondaggi. Trova furbo approfittare del pericolo scampato a San Donato milanese per dire che, certo, «le forze di polizia italiane sono un esempio nel mondo». Ma si può fare di meglio allargando le responsabilità della sicurezza anche al ministero della difesa e a quello dei… trasporti, sotto la regia di palazzo Chigi. Tre postazioni in mano ai 5 Stelle. «Serve di più sulla prevenzione», dice il ministro del lavoro e sviluppo. E, intervistato dalla Stampa, ricorda: anch’io sono vicepremier.

Dal Viminale la risposta è un misto di irritazione e derisione. Salvini manda il solito bacione: «Non sono geloso, si può sempre migliorare, se qualcuno mi vuole dare una mano è il benvenuto». Il capo della polizia Franco Gabrielli en passant smonta la teoria di Di Maio: «Di fronte a un terrorismo liquido, indefinito, il tema non è tanto la possibilità di prevenire ma quello di ridurre il danno». E aggiunge: «Il sistema nel caso di San Donato milanese ha funzionato». Il Viminale si preoccupa di dimostrarlo con una puntigliosa ricostruzione dei fatti: sono passati meno di venti minuti dalla telefonata al 112 da parte del tredicenne Ramy Shehata dall’interno del bus dirottato alla liberazione di tutti i ragazzi e all’arresto dell’autista. Il comunicato sottolinea che nel frattempo il Numero unico delle emergenze ha gestito altre 29 chiamate relative allo stesso fatto «con un tempo di risposta medio di 2,6 secondi». E conclude ricordando i fondi stanziati in legge di bilancio per il Nue «su proposta del ministero dell’interno». Dunque «c’è particolare soddisfazione e orgoglio per il sistema di sicurezza coordinato dal ministero dell’interno».

Di Maio incassa. La ministra della difesa Trenta prova una reazione dicendo a Salvini che «pensiamo anche noi che i nostri apparati di intelligence, i nostri militari e le nostre forze di polizia siano le migliori al mondo, ma occhio a prendersi i loro meriti perché è una cosa sulla quale la politica è scivolata spesso». È subito chiaro, però, che il capo dei 5 Stelle ha scelto una strada in salita per inseguire un ministro dell’interno che da nove mesi va in giro travestito da poliziotto. Tanto più che, armato delle sole dichiarazioni a sostegno di Toninelli, si imbarca nell’esaltazione del modello americano. La National security strategy nella pratica è un documentone annualmente rilasciato dalla Casa bianca che propone scenari sulla sicurezza, nel caso di Trump, vanno dal muro con il Messico alla cyberguerra, dai dazi in economia alle missioni all’estero. Nulla che abbia una ricaduta pratica immediata. Anzi, quando alla Stampa il vicepremier junior prova a fare un esempio delle possibili novità non gli viene in mente altro che l’uso dei droni per andare a caccia di mafiosi. Salvini replica con l’immaginabile sorriso: «Mi tengo ben stretto il modello di sicurezza italiano. Anche perché negli Usa le stragi purtroppo sono all’ordine del giorno».

A Di Maio e a Trenta non resta altro da fare che approfittare dell’assenza di Salvini da Roma – naturalmente è in campagna elettorale in Basilicata – per precipitarsi a fare le foto con i carabinieri autori del salvataggio.

Dove si potrebbe facilmente smentire il ministro dell’interno, ma Di Maio se ne guarda bene, è nella rinnovato annuncio che toglierà la cittadinanza italiana all’autista del bus. Cosa impossibile, visto che il decreto sicurezza prevede che la procedura si possa attivare dopo una condanna definitiva per terrorismo, e non una semplice imputazione (la Lega avrebbe voluto così, ma era evidente l’incostituzionalità che pure adesso non si può escludere). Infatti il primo caso in cui la nuova disposizione potrà essere applicata riguarda Abderrahim Moutaharrik, il campione di kickboxing di origine marocchina che a febbraio è stato condannato definitivamente a 6 anni per legami con l’Isis. Il Viminale prepara le carte per proporre la revoca al Quirinale.



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Diceva Gandhi:
Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre.
Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la nonviolenza sono antiche come le montagne. 
Non c'è strada che porti alla pace che non sia la pace, l'intelligenza e la verità.
Io e te siamo una sola cosa: non posso farti male senza ferirmi.
Occhio per occhio... e il mondo diventa cieco.
Ci sono cose per cui sono disposto a morire, ma non ce ne è nessuna per cui sarei disposto ad uccidere.
Per praticare la nonviolenza, bisogna essere intrepidi e avere un coraggio a tutta prova.
Nessun uomo può essere attivamente non-violento e non ribellarsi contro l'ingiustizia dovunque essa si verifichi.

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