Asgi, Rete Disarmo e Cild svelano alla stampa gli accordi tra Italia e Niger tenuti segreti dal precedente governo e non ratificati dal Parlamento. Un patto per fermare militarmente i migranti e favorire l'export di armi italiane. Ancora segrete due lettere coi contenuti specifici. L'avvocato Salvatore Fachile: "Il Parlamento dica la sua, può fermare la missione".
[Disarmo] Fwd: [ReteDisarmo] Su Radio Città Fujiko - Export di armi e stop ai migranti nell'accordo tra Italia e Niger
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- From: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
- Date: Wed, 6 Feb 2019 15:22:11 +0100
From: Rete Disarmo - Segreteria <segreteria at disarmo.org>
Date: mer 6 feb 2019, 15:06
Subject: [ReteDisarmo] Su Radio Città Fujiko - Export di armi e stop ai migranti nell'accordo tra Italia e Niger
To: Coordinamento Rete Italiana per il Disarmo <coordinamento_RID at googlegroups.com>
Export di armi e stop ai migranti nell'accordo tra Italia e Niger
Il testo dell'accordo divulgato da Asgi, Rete Disarmo e Cild.
La Rete Italiana per il Disarmo, l'Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione (Asgi) e la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili (Cild) hanno divulgato oggi alla stampa i contenuti dell'accordo tra il nostro Paese e il Niger,
stipulato dal governo Gentiloni nel settembre 2017. Un accordo che non
fu mai sottoposto al Parlamento e la cui visione era stata negata
dall'esecutivo alle associazioni che ne avevano fatto richiesta,
nonostante la procedura di accesso agli atti.
Leggendo il testo si capiscono le ragioni di tanta segretezza per un accordo che porta la firma dell'ex ministra della Difesa Roberta Pinotti,
ma che aveva interessato anche l'ex ministro degli Interni Marco
Minniti, già artefice di un analogo patto con la Libia di Al Serraj.
L'Italia, infatti, ha concordato una cooperazione militare, che ormai unanimemente viene considerata come uno strumento di controllo dei flussi migratori, allo scopo di fermarli.
Ma circa una metà dell'accordo è incentrato sui "prodotti per la difesa", cioè gli armamenti, di cui in un qualche modo si cerca di favorire l'export.
UN ACCORDO STANDARD
Che
gli accordi italiani con i Paesi africani fossero incentrati sul
controllo e lo stop ai flussi migratori e non sulla cooperazione e lo
sviluppo era già noto. La stessa Asgi aveva fatto ricorso contro il
Viminale per la distrazione di fondi destinati alla cooperazione internazionale in favore della manutenzione delle motovedette libiche impegnate nel pattugliamento del Mediterraneo.
L'ennesima
conferma che i soldi italiani in Libia non servano alla popolazione
civile, ma ad altri scopi, arriva indirettamente oggi dall'appello
lanciato dall'Onu: servono subito 202 milioni di dollari per soccorrere
550mila persone senza assistenza sanitaria, protezione o possibilità di
frequentare la scuola. Nel complesso, secondo l'Ocha (Ufficio delle
Nazioni Unite per il coordinamento dell'assistenza umanitaria) sono
almeno 823mila le persone bisognose di aiuto in Libia.
L'accordo
tra Italia e Niger divulgato oggi, in particolare, è sulla scia degli
accordi precedenti e volutamente generico. Al punto che nel copia e
incolla delle autorità italiane si fa riferimento ad un possibile
ingresso delle navi militari anche se il Paese africano non ha sbocchi
sul mare.
La volontà di mantenere generico l'accordo, però, risiede
nella strategia che il governo sta seguendo in questi casi. I dettagli
dell'intesa, infatti, sarebbero contenuti in due lettere che non sono
ancora state desecretate e che sostanzierebbero la vera natura del patto
siglato.
LA RETICENZA GOVERNATIVA ALLA DIVULGAZIONE
L'accordo
tra Italia e Niger fu sottoscritto il 26 settembre 2017, ma non fu mai
sottoposto al Parlamento per la ratifica, come invece prescriverebbe
l'articolo 80 della Costituzione per ciò che riguarda gli accordi
internazionali.
Asgi, Cild e Rete Disarmo hanno richiesto l'accesso
agli atti attraverso il Foia (Freedom Of Information Act), la procedura
introdotta nel dicembre 2016 che ha lo scopo di favorire la trasparenza
degli atti amministrativi e di contrastare la corruzione.
Il governo,
però,si era opposto alla richiesta per motivi di sicurezza e
pregiudizio per le relazioni internazionali. Tuttavia, il 16 novembre
scorso, il Tar del Lazio ha dato ragione alle associazioni e ordinato al
Governo italiano di rendere pubblico l’accordo.
LA RATIFICA "A POSTERIORI"
Grazie
alla sentenza del Tar, ora il governo è chiamato a far ratificare
l'accordo dal Parlamento, nonostante la missione italiana in Niger sia
già diventata operativa, dopo uno stop di alcuni mesi.
È proprio al
Parlamento che Salvatore Fachile, avvocato aderente ad Asgi, fa appello,
affinché ora si apra una discussione, che potenzialmente potrebbe
portare anche allo stop della missione italiana.
Dal punto di vista
procedurale, dunque, appare chiaro come il governo precedente si sia
mosso in modo non corretto, dal momento che solo ora, grazie alla
sentenza del Tar, è chiamato a rispettare la Costituzione e a far
discutere al Parlamento l'accordo internazionale col Niger.
ASCOLTA L'INTERVISTA A SALVATORE FACHILE:
L'OPPORTUNITÀ PER L'EXPORT MILITARE ITALIANO
"Questo
accordo apre una porticina anche alle forniture militari", commenta ai
nostri microfoni Francesco Vignarca, portavoce della Rete Italiana per
il Disarmo.
In particolare, l'articolo 6 dell'accordo è intitolato "Cooperazione nel campo dei prodotti per la Difesa" e prevede una "possibile cooperazione"
per tutte le tipologie di fornitura militare: dai mezzi come elicotteri
e carri armati a bombe, armi a fuoco automatiche, mine, sistemi
elettronici, eccetera.
"Come è avvenuto già in altri casi -
spiega Vignarca - l'Italia può dismettere vecchio materiale che
solitamente regala agli Stati con cui stipula un accordo, ma
soprattutto, in virtù dell'accordo che considera la controparte
privilegiata, si abbassano le norme, i controlli e le prassi
autorizzatorie della legge sull'export militare".
Dal momento che il
Niger non ha praticamente un'industria militare, la parte dell'accordo
relativa alla cooperazione tra i due Paesi può essere letta solo in un
modo: "Opportunità per le nostre industrie delle armi", conclude
Vignarca.
In questa chiave, nel posizionamento strategico
militare e commerciale dell'Italia in Niger, infine, può essere letto il
ritardo dell'avvio della missione, che ha visto i soldati bloccati per
mesi in una caserma. Secondo gli analisti, infatti, il ritardo potrebbe
essere stato dovuto agli ostacoli posti dalla Francia, che nel Paese
nigerino coltiva interessi da tempo.
ASCOLTA L'INTERVISTA A FRANCESCO VIGNARCA:
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