[Disarmo] E' morta Ruzica Milosavljevic, leader Sindacato Zastava - Kragujevac, Serbia
- Subject: [Disarmo] E' morta Ruzica Milosavljevic, leader Sindacato Zastava - Kragujevac, Serbia
- From: jure LT <glry at ngi.it>
- Date: Sat, 5 Jan 2019 21:25:15 +0100
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| Ricevo e inoltro da Ivan, presidente del Coordinamento nazionale Jugoslavia - CNJ, lo scritto di Enrico Vigna sul lutto che ha colpito il gruppo del Sindacato metalmeccanico Samostalni di Kragujevac: la morte di Ruzica, dirigente sindacale ma anche politico, e punto di riferimento per le varie associazioni di solidarietà che da due decenni lavorano con la popolazione della città serba, sede della storica fabbrica metalmeccanica jugoslava Zavodi Crvena Zastava. Distrutta dai missili Nato d.u.238 nel 1999, ricostruita sotto embargo dai suoi lavoratori e poi espropriata dai vincitori della guerra alla RF di Jugoslavia dopo il colpo di stato dell'autunno 2000, la storica fabbrica è oggi ridotta a filiale delocalizzata di Fiat Auto - FCA di marginale importanza e di sfruttamento operaio di un popolo offeso, denigrato e criminalizzato, bombardato e contaminato per ridurlo alla fame e all'obbedienza. Preteso vinto ma non ancora convertito alle dogmatiche 'regole democratiche' dettate dalla geopolitica di mercato ed esportate con le bombe, l'elemosina, le prebende e la miseria ("Ci vinceranno ma non ci convinceranno"). In parte cooptato e corrotto nella sua dirigenza politica ma che resiste nella composita società reale, nel suo orgoglio nazionale e culturale, nella sua generosità di accoglienza e nella sua convivenza e collaborazione multietnica, perle rare oggi nei Balcani frammentati per linee etnico-nazionaliste di matrice fascista con governi o espressione diretta Nato o di stampo mafioso, come pianificato per il post-'89 Est-europeo dai conquistatori espanditori di civiltà UE-Nato. Progetto pure in Serbia tentato ma non andato a buon fine. Un problemino che la Nato non ha ancora risolto nè prima con la destabilizzazione politica, economica e sociale mediante FMI, servizi Nato, Vaticano, media e Ong di servizio (CRI, Otpor-B92, missioni Arcobaleno e consorelle), nè poi con le bombe all'uranio e grafite su Belgrado, Kragujevač, Niš, Pančevo, Priština cui l'Italia contribuì con dalemiano-cossuttiano entusiasmo. Non è servito nemmeno il colpo di stato del 2000, salutato con entusiasmo dalla sinistra nostrana, compreso il 'Rivoluzione d'Ottobre' e il 'Belgrado ride' del Il Manifesto che ha voluto confondere (i suoi 4 lettori) il Parlamento di Belgrado in fiamme con la presa del ReichStag (ma che più semplicemente serviva a bruciare le schede elettorali per non poterle ricontare, come concesso dal Presidente agli oppositori Otpor e complici vari: avrebbero confermato la vittoria del Partito Socialista): il primo governo fantoccio successivo è durato meno della lettura della sentenza a Norimberga, gli altri a seguire. Hanno quindi tentato di spaccare la società serba con le metamorfosi etniche come attuato in Bosnia fucina Isis, nella Croazia dei Croati, e oggi nel Kosovo UCK operazione ancora tragicamente, violentemente in atto sotto gli occhi Onu-Kfor cui l'Italia partecipa (ma della quale alla nostra pubblica opinione non è dato sapere). Metodo che in Serbia non ha trovato esca, mentre spazio e accoglienza hanno invece trovato, nonostante le difficili condizioni economico-sociali del Paese, le decine di migliaia di profughi di ogni risma, serbi o meno, espulsi dal Kosovo perchè non conformi UCK, e dalle altre aree balcaniche ripulite su modello kosovaro grazie ai vari neo-nazionalismi filo-occidentali, come i rom espulsi da Bosnia, Bulgaria e Croazia (e oggi vi trovano asilo i profughi dal medio oriente e dall'Asia, bloccati da Shengen al confine croato). La Serbia non è quindi doma, e rischia di contaminare le aree adiacenti, dove un rinascente jugoslavismo guadagna terreno (sul terzo anello della metropoli UE, quello destinato invece ai paria), e sta preoccupando gli impazienti stabilizzatori mondiali e i loro progetti di espansione ad Est del dominio militare, di controllo delle rotte commerciali e del governo e gestione delle fonti primarie 'dai tre quadranti' come interesse strategico multinazionale (come sta scritto nel Libro bianco del precedente sinistro Governo italiano sul nuovo Modello di difesa); di mercato dove piazzare armi, prelevare braccianti, governare migranti e droga; controllare direttamente o mediante vassalli tutto quel che può produrre soldi e potere, e non lasciare nulla a potenziali o ipotetici antagonisti attuali o in progress, fossero pure i marziani. Ogni ostacolo, ogni renitente va rimosso. Si sta quindi proseguendo con la soft war, tentando di kossovizzare l'intera regione, senza trascurare ovviamente opzioni successive. Avanti dunque con la corruzione, l'ingerenza e le campagne di disinformazione di ieri e di oggi, come le veline e i reports attuali dai nostri liberi media sui pretesi 'Balcani occidentali' confermano, e che vanno di pari passo con la campagna russofobica (altro corno della medesima questione, che si dirama fino in Turchia, Siria e oltre). Nuovamente, senza sorpresa, si distinguono gli stessi attori protagonisti fin dalle prime fasi dell'attacco alla Jugoslavia, Ong e sinistri di servizio compresi: non mancano i sinistri-sinistri e certa compagnia pacifista di ruolo, le solite teste ignobili che, come in Libia e in Siria, e come per la Jugoslavia, non sanno, perchè non possono pena severi rischi di esclusione mediatica (e quindi politica ed economico-esistenziale, loro faro), distinguere gli aggrediti dagli aggressori. Ma pare che i popoli di Serbia, e alcuni popoli slavi in generale, abbiano la testa dura e non credano nè alle favole, nè ai falsi amici. Caro Samostalni e cara Ruzica, un tanto vi dovevo. A Ruzica, smrt fašizmu sloboda naroda Jure Eler 
 Da: Enrico Vigna <enrico at ----.it> 
 
 Serbia:
                il 15 dicembre 2018, Ruzica Milosavljevic , una grande
                sindacalista,
                una grande donna, una cara compagna e sorella, serba e
                jugoslava, è mancata.  A cura di Enrico Vigna 
             Ma
                soprattutto perché sia un dovere morale, storico e
                politico non permettere che l’oblio, la falsificazione e
                distorsione della
                storia, pratica ben consolidata dei potenti, abbia il
                sopravvento anche sulle
                persone o fatti di cui possiamo testimoniare e
                documentare, è un dovere almeno
                morale, è un rendere onore alla sua vita e alle sue
                lotte. Non farlo, anche
                solo per distrazione o superficialità, è come una
                dismissione dalla memoria
                storica dei fatti ma soprattutto da esse come persone.  Per
                quanto mi riguarda questa donna, questa compagna,
                questa sorella è un pezzo del mio percorso di vita e
                delle mie piccole
                battaglie per non essere complice di ciò che abbiamo
                intorno. E poi storie come
                queste dovrebbero essere conosciute soprattutto dai
                nostri giovani, sono
                comunque la si pensi, un messaggio di coerenza, di
                valori irrinunciabili, se
                non si vuole far morire la speranza per un futuro
                diverso e migliore.  Piccole grandi storie di semplici persone, in questo caso una donna, che, nonostante la marea travolgente di avvenimenti contrari restano in piedi, magari piegate nella vita, ma non si inchinano, non abbassano la testa, perché nulla hanno da rimproverarsi e perché la loro coscienza politica e morale, è pulita e trasparente; come sempre nella storia i corrotti, gli opportunisti, i venduti sono sempre i primi a passare dall'altra parte. Ma questa è un'altra storia. 
 Chi
                  era Ruzica Milosavljievic (Rosina) Nata nel 1945 nella Jugoslavia, dopo gli studi è assunta alla Zastava. Nel 1999 al momento dei bombardamenti, Ruzica era già da alcuni anni, la segretaria del Sindacato Samostalni dei lavoratori metalmeccanici della Zastava di Kragujevac, oltrechè membro rilevante della direzione nazionale del più potente sindacato della Jugoslavia e dei Balcani, Sindacato Unitario che rappresentava il 92% dei lavoratori Zastava, mentre il Sindacato Indipendente ( …dipendente Nato) aveva circa l'8%. 
 Una
              donna eletta
              e rispettata dagli operai, una lavoratrice infaticabile,
              una persona modesta,
              semplice, ma una determinata e onesta rappresentante dei
              diritti e interessi
              dei lavoratori. Il
              Sindacato,
              la Zastava i lavoratori erano la sua vita, mi ricordo che,
              quasi scherzando, mi
              raccontavano che la sua stanza nella palazzina sindacale
              era sempre accesa fino
              a sera inoltrata; sempre attenta e disponibile ad
              ascoltare le problematiche
              dei lavoratori che quotidianamente le venivano poste.  Nel suo
              ruolo Ruzica affrontò gli anni più duri e difficili del
              popolo serbo e
              jugoslavo dalla fine della seconda guerra mondiale. Dalla
              disgregazione della
              Jugoslavia, all’aggressione e ai bombardamenti della RFJ (
              la cosiddetta
              piccola Jugoslavia), i bombardamenti della Zastava a
              Kragujevac, fino al colpo
              di stato del settembre 2000. In un frangente di tali
              situazioni drammatiche,
              lei restò lucida, coerente ma soprattutto al fianco dei
              lavoratori. Un fatto su
              tutti, che può far capire a chi non l’ha conosciuta, chi
              era questa donna
              segretaria dei lavoratori: subito dopo la fine dei
              bombardamenti, in un paese e
              una società in ginocchio, attraversata da sempre più
              criticità problematiche,  nel suo ruolo, prima di tutto,
              di esponente
              degli interessi dei lavoratori, pretese ed ottenne che il
              Presidente Slobodan
              Milosevic, andasse alla Zastava a prendere l’impegno
              davanti ai lavoratori, di
              ciò che il governo di unità nazionale aveva deciso in
              parlamento: e cioè che la
              ricostruzione della Zastava fosse la priorità basilare nel
              processo di
              ricostruzione e di ripresa produttiva dell’intero paese. E
              così fu, Milosevic
              accompagnato dai dirigenti sindacali e da Ruzica in prima
              persona, andò a
              Kragujevac e di fronte all’assemblea degli operai Zastava,
              promise solennemente
              che per la ricostruzione della loro fabbrica, il governo
              aveva già stanziato 1/6 del Fondo
                Federale della Repubblica serba per la ricostruzione e
                la
                rinascita del paese, una ricostruzione avvenuta per il
                30% in solo 11 mesi e
                con il paese sotto embargo, cioè senza aiuti e con una
                produzione che per il
                2000 era stabilita in 720 camion e 18000 auto, a
                settembre 2000 erano già stati
                prodotti 500 camion e 13000 auto. Poi dal 26 settembre
                uscì un solo camion e 3
                auto: era arrivata la "ricostruzione" NATO. 
 Ma
              intanto
              anche la RFJ stava implodendo, l’obiettivo
              dell’aggressione e dei bombardamenti
              era quello della destabilizzazione politica completa del
              paese e del suo
              popolo, e questo non poteva che passare per il
              rovesciamento della sua
              dirigenza politica renitente e non asservibile ai dettami
              imposti dall’esterno.
              Così si arriva all’ottobre 2000, con veri propri assalti
              squadristici e
              violenze pianificate e mirate contro tutta la dirigenza
              politica e sindacale e
              gli esponenti della Jugoslavia intesa come socialismo.
              Aggrediti, sottoposti a
              violenze con molti che per evitare  linciaggi
              fisici dovettero firmare fogli di dimissioni "volontarie",
              e
              questo  avvenne reparto per reparto,
              fabbrica per fabbrica, ufficio per ufficio, scuola per
              scuola, università per
              università, ente per ente, ospedale per ospedale, persino
              nelle scuole materne
              e negli orfanotrofi. Per questo fu definito anche da molti
              osservatori
              internazionali un vero e proprio golpe silenzioso ma
              scientifico.  
 Anche a
              Kragujevac le bande pagate e sostenute dall’occidente si
              scatenano in pestaggi,
              assalti a sedi ed esponenti del precedente governo, e
              Ruzica insieme a molti
              esponenti socialisti e dirigenti sindacali cittadini,
              divengono un obiettivo. E
              proprio in questa situazione emerge la sua statura morale
              e politica, invitata
              ad andarsene dall’ufficio sindacale, da altri
              sindacalisti  che avevano visto arrivare una di queste
              bande verso la sede sindacale, Ruzica con 
              dignità e fermezza rifiuta di lasciare l’ufficio, quando
              questi
              esagitati irrompono spaccando tutto ciò che incontrano per
              arrivare al piano,
              lei, sola ma con voce ferma gli intima di smetterla di
              sfasciare tutto, in
              quanto quella era la casa di tutti i lavoratori e quello
              che vi era dentro era
              dei lavoratori e che probabilmente a loro non interessava
              perché NON erano
              lavoratori. Di fronte a questa inaspettata determinazione
              i sei energumeni si
              limitano ad aggredita verbalmente e insultarla
              sprezzantemente, ma non la
              toccano; poi cercano di costringerla a firmare un foglio
              preparato in cui si
              "autodimetteva" dal sindacato; vincendo il terrore della
              situazione e
              mantenendo il controllo dei nervi, ella replicava con
              coraggio e risolutezza
              che lei era lì perché eletta dai lavoratori e che solo i
              lavoratori potevano
              chiederle le dimissioni, fino a quel momento lei sarebbe
              rimasta al suo posto
              di rappresentante degli stessi, contro chiunque e
              qualunque cosa, costringendo
              i pretoriani della nuova democrazia ad andarsene,
              minacciandola però in  perfetto stile mafioso con la frase
              che evidentemente non aveva tanta voglia di
                vivere… da quel giorno tra i lavoratori girò il
              soprannome di "dama di
              ferro". Alle
              successive elezioni sindacali di dicembre, non uno dei
              vecchi delegati si
              presentarono o furono eletti, il vento della sopraffazione
              democratica
              occidentale, andava a pieno regime.  Ma già
              pochi
              anni dopo, molti sindacalisti vecchi furono rieletti dai
              lavoratori, il
              crescere dei problemi e l’assenza di risposte concrete,
              costrinsero anche molti
              nuovi delegati onesti a richiedere con sempre più forza
              programmi e proposte di
              lotta chiaramente connotati contro le politiche
              governative, fino a far
              schierare pubblicamente il sindacato, in varie elezioni
              per la caduta dei  vari governi, nonostante il fatto che
              la
              quasi totalità della dirigenza nazionale fosse espressione
              degli stessi partiti
              governativi. Con una
              scelta politica, mai nascosta, era anche aderente del
              Partito Socialista Serbo,
              in quanto da sempre con una profonda coscienza
              jugoslavista e socialista; ma anche
              in questo aspetto senza mai accettare candidature
              parlamentari che le furono
              sempre proposte. Come diceva lei il suo posto era tra i
              lavoratori. Ruzica
              se
              l’è portata via un tumore, una malattia dilagante nella
              Serbia uranizzata dalle
              bombe all’uranio di cui quella terra è intrisa, uno dei
              costi per portare la
              “democrazia” a quel popolo. 
 ********************************************************************************* Il
                  mio
                  incontro con Ruzica 
 Personalmente
              conobbi Ruzica nel 1999, subito dopo la fine dei
              bombardamenti, in una giornata
              di solidarietà indetta a Mestre, grazie agli sforzi
              coordinati da Lino Anelli
              della CGIL Lombardia, che aveva
              iniziato un lavoro nel nostro paese per lanciare un
              progetto di
              solidarietà, attraverso le adozioni a distanza con i
              lavoratori della Zastava
              di Kragujevac, ridotti in miseria dai criminali
              bombardamenti occidentali.
              Ruzica era in compagnia di un altra eccezionale
              rappresentante del loro popolo,
              Rajka Veljovic, anch’essa lavoratrice della Zastava e
              insostituibile
              collaboratrice, compagna, sorella di Ruzica nel Sindacato
              Samostalni; a cui
              occorre associare la figura di un'altra instancabile
              collaboratrice del
              Sindacato, la figura di Miljanka Sakovic, che in questi
              anni fino al suo pensionamento
              e allontanamento, ha formato un trio unico di lavoro
              volontario, al Progetto
              delle adozioni e della solidarietà per i lavoratori della
              Zastava, ma non solo.
              Non si poteva vederne una senza vederne tre, in qualsiasi
              situazione, momento
              ufficiale o personale, queste tre meravigliose donne erano
              inseparabili: Ruzica
                  Milosavljevic, Rajka Veljovic
              (ancora oggi dopo vent’anni referente e collaboratrice
              insostituibile, dei
              Progetti solidarietà di SOS Yugoslavia – SOS Kosovo
              Metohija in loco) e Miljanka
                  Sakovic.  La
              nostra conoscenza personale
              avvenne in una situazione che da subito ci unì:
              politicamente, solidalmente e
              umanamente, e a distanza di vent’anni posso confermare che
              è stato un legame
              così solido, chiaro, profondo che anche nella mia anima ci
              sarà sempre un posto
              per lei, di cui mi onoro aver ricevuto stima, rispetto e
              amicizia profonda. E
              ancora oggi porto nel cuore e nell’anima, 
              il suo viso, i momenti, le tensioni vissute insieme, la
              sua forza, la
              sua dignità, la sua autorevolezza, ma anche la sua
              dolcezza. 
 In
              quella
              giornata, che era specchio delle miopi per non dire
              misere, ma maggioritarie
              posizioni politiche dei tempi, ci fu una discussione
              abbastanza vivace sulla
              possibilità di mettere al tavolo della presidenza, dove
              dovevano sedere il
              moderatore e loro tre, come testimoni dei bombardamenti e
              della situazione
              devastata dei lavoratori Zastava e anche del loro paese in
              generale, la
              bandiera della Repubblica Federale di Jugoslavia, che loro
              si erano portate,
              perché in quel momento rappresentavano e avrebbero parlato
              come testimoni del
              loro popolo e del loro paese.         Uno dei
              funzionari sindacali presenti, più per controllare gli
              eventi che per
              solidarietà con i lavoratori bombardati, alla fine decretò
              senza più margini di
              discussione che quella bandiera non doveva essere esposta,
              in quanto simbolo di
              un “regime” e di un potere politico inaccettabile ( anche
              se scelto e votato
              regolarmente da un popolo a maggioranza…), con un
              Presidente, Slobodan
              Milosevic inaccettabile e criminale. Oggi sarebbe curioso
              incontrare questo
              figuro e illustrargli la differenza tra lui, alto
              funzionario sindacale, oggi a
              riposo con una lauta pensione che un operaio si sogna e il
              “criminale
              “Milosevic” morto in carcere, per non essersi venduto e
              aver difeso fino
              all’ultimo giorno, non sé stesso ma l’onore del suo
              popolo.  Ci si
              può
              immaginare la situazione imbarazzante, loro invitate per
              costruire un percorso
              di solidarietà per i lavoratori, quindi ospiti ma nello
              stesso tempo umiliate
              da questa imposizione politica, che le offendeva
              profondamente. Davanti a
              questa situazione di miseria politica e di arroganza
              tipicamente occidentale,
              presi personalmente una posizione insieme a Flavio e Mauro
              come delegati della
              nostra Associazione SOS Yugoslavia; immediatamente tirammo
              fuori la stessa
              bandiera che avevamo portato per la giornata, e la
              esponemmo come Associazione,
              ed essendo parte del Coordinamento organizzatore, pur tra
              malumori e mugugni
              vari, non l’avremmo ripiegata. Di
              fronte a
              questo, mentre Rajka traduceva la discussione tra noi e il
              figuro parola per
              parola, alla fine mi abbracciai, con quelle che sarebbero
              e sono le mie tre
              compagne e sorelle di Kragujevac. Uniti e indivisibili in
              tutti questi anni,
              fino ad oggi. Quando Ruzica, con gli occhi lucidi, mi
              abbracciò ricordo ancora
              nell’orecchio quel “hvala” che mi
              sussurrò; ed io dissi a voce alta con orgoglio, che
              sentissero tutti: “…grazie
                  a voi, al vostro coraggio, alla vostra resistenza, al
                  vostro popolo che ci ha
                  insegnato e ci insegna la dignità, la forza, la
                  fierezza di un popolo che
                  resiste. Ma quale grazie a me o a noi. Noi siamo in
                  debito con voi…..”.  Da quel
              giorno il nostro legame, anche di fiducia profonda, è
              stato indissolubile e
              anche negli anni a seguire, durante le assemblee con i
              lavoratori, o nelle
              interviste alla televisione, il suo nome, anche a dispetto
              di chi non avrebbe
              voluto sentirlo, l’ho sempre orgogliosamente pronunciato
              perché i lavoratori
              non dimentichino: Ruzica è stata una
              loro vera e onesta rappresentante, è stata fino in fondo
              una di loro, che ha
              vissuto e si è impegnata per difendere i loro interessi,
              prima di tutto.  Lei, una
              “comunista
              corrotta”, “una sindacalista di partito”, una “fiduciaria
              di Milosevic” e del
              “regime”, come fu definita dai golpisti pagati
              dall’occidente nel 2000, ha
              vissuto tutta la vita nelle case popolari di Kragujevac,
              in camera e cucina..
              Una delle più donne più potenti, politicamente, della
              Serbia, come scrivevano
              sui giornali “democratici”.  Andate a
              vedere dove e come vivono i nuovi dirigenti “democratici”
              stipendiati dagli
              occidentali e forse potreste capire chi era questa donna,
              questa sindacalista,
              questa compagna. Fu da
              quella
              situazione che presero avvio i nostri Progetti per i
              lavoratori della Zastava,
              in realtà la nostra Associazione era già impegnata in
              altri Progetti e
              situazioni in Serbia, ma non a Kragujevac.  
 In
              tutti questi anni noi ci siamo sempre sentiti in debito,
              perchè tutto il
              Progetto nazionale delle adozioni a distanza, aveva
              trovato in lei un
              riferimento sicuro, onesto, chiaro e definito nei minimi
              dettagli. Con Rajka e
              Miljanka ogni famiglia veniva, ed ancora oggi tramite
              Rajka, individuata sulla
              base delle sue drammatiche condizioni di vita, delle
              difficoltà reali, spesso
              della disperazione.  Non
              per appartenenze partitiche o ideologiche  Ed
              ancora oggi dopo quasi vent’anni, MAI
              nessuno delle famiglie adottanti italiane, ha perso o non
              ha potuto verificare,
              se anche un solo euro dei soldi indirizzati e devoluti, si
              fosse perso per
              strada. MAI. E se questo è potuto
              avvenire, è perché il sistema trasparente e riscontrabile
              pianificato in quel
              lontano 1999, tra il Coordinamento RSU, le Associazioni di
              solidarietà italiane
              e il Sindacato Samostalni di Kragujevac, fu sotto la
              responsabilità diretta,
              politica e morale di Ruzica Milosavljevic. Chiunque
              ha operato nei Progetti di solidarietà con Kragujevac, ne
              è testimone. Nonostante il silenzio sui media locali, il passaparola tra i lavoratori e i suoi compagni ha fatto sì che al suo funerale erano numerosi a darle l’ultimo saluto e a ricordarla. 
 Così
                la ricorda
                Rajka Veljovic  
 Se
                ne e andata Ruzica Milosavljevic-Rosina. L’avevo
                conosciuta 30 anni fa quando mi sono trasferita a
                Kragujevac per lavorare negli
                Stabilimenti di Bandiera Rossa-Zavodi Crvena Zastava.  
  Allora
                non
                potevo immaginare che parecchi anni dopo, durante
                l'aggressione della Nato
                contro la RFJ, questa conoscenza sarebbe diventata
                un'amicizia profonda. Essa è
                stata sindacalista che rappresentava i 36.000 lavoratori
                della fabbrica più
                importante del paese, colonna del sindacato negli anni
                piu difficili, durante
                l'embargo e nel periodo dei cambiamenti politici. Tra
                tanti ricordi di lei, il primo è quello di quando
                i lavoratori, che venivano a lamentarsi all’ufficio del
                sindacato perchè i
                salari non arrivavano, il paese era nel caos generale,
                ridotto in macerie dopo
                i bombardamenti e lei scrive al presidente Milosevic e
                gli disse: “ se
              entro domani non arrivano i
              soldi per i lavoratori, io porto in piazza 36.000
              lavoratori..”. Ed i soldi arrivarono. Negli
                anni
                successivi non serviranno neanche più gli scioperi della
                fame...La cosiddetta
                rivoluzione democratica ha portato anche i cambiamenti
                al sindacato, in modo
                assai.,,”democratico''. Centinaia di persone avevano
                circondato la Palazzina del
                sindacato, la minacciarono, insultarono e poi una decina
                di loro salirono nel
                suo ufficio urlando e cercando di cacciarla fuori. Lei
                stava in piedi e disse: “
              Non siete voi a cacciarmi fuori, le dimissioni le posso
              dare solo a quelli che
              mi hanno eletto. I lavoratori…''.  Ricordo
                anche uno dei nostri viaggi in Italia. Il 15
                febbraio 2003 a Roma durante la manifestazione contro la
                guerra in Irak, lei
                fu la voce dei lavoratori jugoslavi:  per
                la pace, il diritto al lavoro e una vita dignitosa, Per
                l'antifascismo e uguali
                diritti a tutti. Se
                ne e andata una grande sindacalista e compagna, L'ho
                salutata con una rosa rossa.  Volevo
                un garofano ma i garofani non si trovano più
                qui….  
 Addio
                  cara e indimenticabile compagna e sorella, abbiamo
                  attraversato un pezzo lungo
                  delle nostre vite sullo stesso sentiero, con gli
                  stessi valori e uniti
                  nell’impegno di solidarietà e politico, cercando di
                  non farci cambiare, spesso
                  anche con un senso di solitudine, ma niente e nessuno
                  è riuscito a dividerci,
                  anche se lontani. Come
                  si diceva sui ponti di Belgrado e della RFJ…: 
                                                           
                            “Forse ci vinceranno.
                  Ma
                  non ci convinceranno!”. Forse hanno vinto, ma
                certamente non
                ci hanno convinto. Ti sia lieve la terra Ruzica! 
 Enrico
                  Vigna, presidente di SOS Yugoslavia - SOS Kosovo
                  Metohija e  portavoce
                  del Forum Belgrado Italia 
 ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ 
 Nelle
                  righe qui sotto si può capire la lucidità, lo spessore
                  politico e di
                  conoscenza dei problemi inerenti i lavoratori, la
                  fabbrica, il paese, che lei
                  denotava e possedeva. Oggi queste riflessioni e
                  analisi sintetiche sono,
                  purtroppo per i lavoratori serbi, drammatica realtà. 
 Manifestazione nazionale
                  contro la guerra - Roma 15 febbraio 2003 L'intervento
                fatto dal palco da Ruzica Milosavljevic e
                Rajka Veljovic, “ I
                lavoratori di tutto il mondo
                condannano la guerra. ------------------------------------------------------------------------------------------- Questa
                breve ma precisa analisi, era stata preparata
                da R. Milosavljevic, in seguito a un incontro che ebbi
                con lei, sulla
                situazione dei lavoratori. ( E.V.)  28-10-2003                   
                                            
              SERBIA:
                NON SI INTRAVEDE LA FINE DELLA CRISI    
 Per
              molti rappresenta probabilmente una sorpresa il fatto che
              la nostra
              economia continua a trovarsi in uno stato
                di profonda recessione, le cui conseguenze sopportiamo
                con sempre maggiore
                difficoltà, sia perché la crisi dura da molto tempo, sia
                perché di essa non si
                intravede la fine. 
    E’
                stato un approccio evidentemente
                sbagliato pensare che la stabilizzazione e la
                liberalizzazione a livello macroeconomico,
                così come un veloce processo di privatizzazione,
                avrebbero risolto tutti i
                problemi. Purtroppo gli euforici annunci di riforme,
                così come le grandi
                promesse di un miglioramento del livello di vita, non si
                sono realizzati.
                Nemmeno nel terzo anno delle annunciate riforme
                l’economia si è messa in moto.
                I risultati economici sono decisamente negativi e né i
                cittadini né gli
                operatori economici possono più sostenere la terapia –
                shock neoliberale. La
                produzione industriale per i primi sette mesi ha avuto
                un crollo del 3,5%,
                quella agricola una recessione del 10%, il deficit del
                commercio estero per gli
                scorsi 30 mesi  ha raggiunto i 9.215
                miliardi di dollari, il nostro debito pubblico alla fine
                di agosto ha toccato i
                13,5 miliardi di dollari, siamo caduti in uno stato di
                schiavitù da
                indebitamento e l’economia stagnante non sarà in grado
                di far fronte a impegni
                che hanno superato la somma della produzione nazionale
                lorda. 
   
                Sono disoccupate 968.250 persone, 1.282.049
                sono occupate e lavorano in media 3,5 ore, e 194.779
                lavoratori lo scorso mese
                non hanno ricevuto lo stipendio. 
 LO
                SFRUTTAMENTO DELLE CAPACITA’ PRODUTTIVE 
    Lo
                sfruttamento delle capacità produttive è
                inferiore al 40 per cento, e l’80 per cento delle
                attrezzature è antiquato. Il
                tasso di crescita economica anche quest’anno
                difficilmente supererà l’uno per
                cento, e secondo il calcolo degli esperti ci saranno
                necessari 30 anni per
                raggiungere il livello del 1989. In particolare 34.208
                imprese devono cadere in
                fallimento, ed altri 468.000 lavoratori rimanere senza
                impiego. Secondo le
                ricerche degli esperti, il 74 per cento dei cittadini
                vive con una quota
                compresa tra l’uno e i due dollari al giorno, e di essi
                il 32% si trova in uno
                stato di povertà grave. Sulla Serbia incombe
                un’esplosione sociale simile a
                quella avvenuta in Argentina, lodata dai burocrati 
                internazionali  per dieci anni, finché non è avvenuto il
                tracollo economico. Al posto di uno sviluppo economico
                abbiamo ottenuto una
                recessione da transizione, una drastica caduta degli
                standard di vita, la
                crescita dei debiti e del deficit ed un’economia non
                liquida.    Lo
                stato dell’economia è drammatico. Le
                ricerche mostrano che solo il 17,7 per cento dei giovani
                vuole rimanere in
                patria, gli altri vogliono andarsene. Gli esperti
                continuano ad avvertire che è
                l’ultimo periodo utile per poter compiere qualcosa di
                più serio nel  cambiamento di questo stato. Detto in
                gergo
                sportivo, quando i risultati non arrivano bisogna
                cambiare  la squadra e il gioco; significa che bisogna
                portare a termine due elementi chiave, cioè cambiare il
                concetto di riforma e
                cambiare le persone.   
                Purtroppo in questo momento non c’è né la
                possibilità né la voglia di muoversi in questo senso, o
                perlomeno di
                raggiungere un consenso nazionale su una propria strada
                alle riforme, che
                costruirebbero un sistema economico volto ad uno
                sviluppo in cui con la
                privatizzazione si arriverebbe ad una liquidazione delle
                sostanze. La scena
                politica cupa e molto instabile è quotidianamente
                aggravata da controversie tra
                i partiti, da un lavoro esacerbato del parlamento, da
                scandali ministeriali, da
                frequenti scioperi dei lavoratori a causa dell’illegale
                attuazione della
                privatizzazione; è un ambiente che non permette alla
                forze politiche
                progressiste di preparare una svolta più radicale nella
                qualità delle riforme e
                dello sviluppo economico. 
 E mentre le parti politiche e i sindacati patteggiano reciprocamente il profitto della propria esistenza, continua lo sfacelo economico, e di questa crisi non si vede la fine.      
                                                                                                       Ružica Milosavljević (ex
              Segretaria Sindacato Samostalni Zastava Kragujevac),
              ottobre 2003                                                                                                                             
                  ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Questo è un estratto con le parole di Ruzica Milosaljevic, di un intervista che le feci nel marzo 2004, sulle sue valutazioni circa la situazione dei lavoratori in Serbia e della Zastava in particolare, cinque anni dopo la guerra umanitaria della NATO. 
               D.:  Qual
              è la situazione nel
              paese dal vostro punto di vista e dall’interno del
              movimento dei lavoratori e
              alla Zastava in particolare? 
 
 (n.d.r:
              sono
              riuscito personalmente a entrare in contatto con una
              lavoratrice del reparto,
              che mi ha affidato la lettera che qui riporto come
              estratto, che penso non
              lasci spazio ad altre parole nel rendere l’idea della
              situazione. E..V.) 
 D.: Una
              riflessione finale sulle
              prospettive e su un futuro che, alla luce della situazione
              descritta appare
              molto difficile per il popolo serbo. 
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  A cura di Enrico
                  Vigna – 27 dicembre 2018 
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