forse si riferiva alle riunioni preparatorie del Tnp, le
più recenti si sono svolte a Vienna nel mese di maggio.
Venturini ignora che la sede dei negoziati è NY, non Vienna, e che il 7
luglio verrà firmata la Convenzione che proibisce le armi nucleari.
Oggi bisognerebbe comprare L'Avvenire che apre con la prima pagina su
questo evento storico (che purtroppo non renderà gli antinucleari
subito disoccupati, come sarebbe desiderabile ed auspicabile....)
----Messaggio originale----
Da: "rossana123" <rossana123 at fastwebnet.it>
Data: 15-giu-2017 8.48 AM
A: <disarmo at peacelink.it>
Ogg: [Disarmo] Armi nucleari di nuova generazione L’atomica che verrà
Più piccoli e precisi, gli ordigni nucleari allo studio potrebbero
rivoluzionare l’equilibrio atomico
Più piccole, più precise, più furtive. Ma ancora in grado di
provocare
l’Apocalisse. Anzi, proprio perché più maneggevoli e per così dire
limitate negli effetti, meno impensabili da usare. Una nuova
generazione
di armi atomiche sta per fare il suo esordio sulla scena globale. La
progressiva obsolescenza degli ordigni attuali, vecchi di decenni, e
le
nuove strategie militari, fondate su difese anti-aeree sempre più
sofisticate e impenetrabili, spingono le grandi potenze nucleari al
più
massiccio e radicale rinnovamento dei loro arsenali dell’ultimo
mezzo
secolo. Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna (i 5
Paesi
che posseggono ufficialmente la Bomba) sono già di fatto dentro una
modernizzazione, che punta a garantirsi, da qui al 2080, dotazioni
«sicure, protette e affidabili». Quanto alle potenze non dichiarate
—
India, Pakistan, Israele e Corea del Nord — anche loro stanno
sviluppando nuove capacità «tattiche» diversificate, che le mettono
potenzialmente in grado di usarle nei teatri regionali.
Il futuro delle armi nucleari: grafico
http://www.corriere.it/esteri/17_giugno_13/futuro-armi-nucleari-
96625056-5072-11e7-a437-ba458a65274a.shtml
Diciamolo diversamente. Nel momento in cui le Nazioni Unite lanciano
a
Vienna i primi negoziati per un nuovo Trattato di interdizione pura
e
semplice degli armamenti atomici, le nazioni che li posseggono
stanno
per investire massicciamente in una nuova generazione di ordigni,
che
ricorda i periodi più bui della Guerra Fredda e che per i suoi
contenuti
tecnologici e le dottrine che la sottendono rischia di alterare il
cosiddetto «equilibrio del terrore», con il paradosso di rendere più
plausibile l’ipotesi di una guerra termonucleare.
Nessuno può dirsi innocente, in quella che viene definita la terza
era
atomica, dopo la prima della «distruzione reciproca assicurata» e la
seconda del timido disarmo a cavallo del Millennio. Non la Russia di
Vladimir Putin, che cerca di compensare il declino economico
mantenendo
una relativa parità strategica con gli Stati Uniti. Non l’America,
già
quella di Barack Obama e ancor più quella al testosterone di Donald
Trump, decisa a investire l’incredibile cifra di 1.000 miliardi di
dollari in 30 anni in un ambizioso rinnovamento della propria
panoplia
nucleare. E non è innocente la Cina, impegnata ad assumere in pieno
il
ruolo di Superpotenza, guardando agli Usa come benchmark del proprio
avanzamento tecnologico.
Stati Uniti
Tra quelle installate su missili e quelle nei silos, secondo i dati
dell’International Peace Research Institute (Sipri) di Stoccolma, ,
gli
Usa nel 2016 contavano 7 mila testate nucleari. Arrivato al potere
nel
2009 con la promessa di un mondo libero dalle armi nucleari, Barack
Obama ha finito per lanciare un programma di modernizzazione, che il
presidente del Sipri, Hans Kristensen, giudica in «netto contrasto
con
l’impegno a ridurre il ruolo della componente atomica nella
strategica
di sicurezza americana». L’Amministrazione Trump lo ha
immediatamente
fatto proprio. Esso prevede interventi sull’intera triade terrestre,
aerotrasportata e sottomarina: la sostituzione di 14 sommergibili
lanciatori della classe Ohio, l’aggiornamento dei bombardieri B-52 e
B-2
in servizio e lo sviluppo di un nuovo B-21 con tecnologia stealth,
l’ammodernamento dei sistemi Trident D-5 e Minuteman III. Ancora, il
completamento dei sistemi spaziali d’allerta avanzata e nuove
strutture
di comando e controllo. Il primo gioiello di questo nuovo arsenale è
la
bomba da crociera B61-12, in grado di essere armata con testata
nucleare
o convenzionale, a potenza variabile e altissima precisione. Proprio
contro la B61-12, che secondo il Pentagono rimpiazzerà 4 diversi tipi
di
bombe riducendone quindi il numero complessivo, si sono appuntate le
critiche di una fonte insospettabile. Secondo William Perry, che fu
ministro della Difesa nell’Amministrazione Clinton, si tratta infatti
di
un’arma «costosa, non necessaria e particolarmente destabilizzante»,
proprio perché può essere armata sia con testata nucleare che
convenzionale: «Un nemico sotto attacco tende sempre a immaginare il
peggio e potrebbe rispondere con le atomiche a un attacco
convenzionale».
Russia
Con 7.290 testate nucleari in totale, sempre dati del 2016, Mosca
dispone del più grande arsenale nucleare del pianeta, ancorché non
il
più moderno. Putin ha confermato il ruolo della componente atomica
nella
dottrina militare russa, diversificando le opzioni quanto all’uso e
puntando allo sviluppo di sistemi duali, cioè in grado di essere
armati
sia in modo nucleare che convenzionale, a seconda delle necessità.
Secondo Kristensen, la Russia si trova «a metà strada di una vasta
modernizzazione, che porrà nuove sfide alla comunità del controllo
internazionale delle armi». Al cuore del programma, i nuovi SS-27-2
o
Yars, missili intercontinentali che possono portare fino a 4 testate
Mirv, cioè in grado di rientrare separatamente nell’atmosfera e
puntare
a diversi obiettivi. Secondo gli Stati Uniti, questi sistemi sono in
violazione dei limiti del New Start, il trattato firmato da Usa e
Russia
a Praga nel 2010, che fra le altre cose proibisce le testate
multiple. I
russi potrebbero però ridurre le cariche, teoricamente rispettando
gli
accordi. Altre armi sono in corso di sviluppo: gli SS-30 Sarmat, i
«Figli di Satana» nel linguaggio della Nato, a dieci testate; una
nuova
generazione di sottomarini lanciatori in sostituzione degli 11
attualmente in servizio; la modernizzazione dei bombardieri Tu-160 e
Tu-95MS.
Cina
Pechino, che nel 2016 disponeva di 250 testate nucleari, punta ad
aumentare decisamente la sua dotazione. Ambizioni globali, la volontà
di
avvinarsi agli Usa almeno sul piano tecnologico, la concorrenza dei
vicini India e Russia, le preoccupazioni dettate dall’
incontrollabile
«alleato» nordcoreano spingono la dirigenza cinese a massicci
investimenti in ricerca e sviluppo nei sistemi iper-veloci, cioè
missili
in grado di rientrare dallo spazio a velocità supersonica. La Cina
sostituirà i suoi vettori a testata unica con una nuova generazione
a
testata multipla e propulsione solida.Il volume delle somme
impegnate
dai cinesi è sconosciuto, ma i programmi appaiono giganteschi.
Francia
I nuovi sottomarini lanciatori, successori della classe Triomphant,
dovrebbero entrare in servizio tra 2035 e il 2048. Nel frattempo
Parigi
modernizzerà i suoi missili intercontinentali M51 e gli ASMP a
gittata
media aerotrasportati dai Rafale. Quest’ultimi saranno sostituiti
entro
il 2040, così come la portaerei Charles de Gaulle. La Francia
continuerà
tuttavia a limitare a 300 (il livello attuale) il numero delle
testate
atomiche in suo possesso.
Regno Unito
Londra possedeva un anno fa 215 testate nucleari. Il governo
britannico
ha annunciato la costruzione di 4 nuovi sottomarini nucleari, in
sostituzione di quelli della classe Vanguard, per far fronte
all’«aumento degli avversari potenziali e alla modernizzazione delle
loro forze». L’investimento è di 46 miliardi di euro. Trasporteranno
ancora i missili Trident.
Quadro geopolitico
Il quadro geopolitico non promette nulla di buono. La forte
accelerazione del programma nucleare della Corea del Nord introduce
un
ulteriore elemento di incertezza. Di più, se l’Amministrazione Trump
dovesse denunciare l’accordo che impegna l’Iran a rinunciare per
oltre
10 anni alla bomba, Teheran non si sentirebbe più vincolata a
rispettarlo e questo potrebbe far partire un’inedita corsa all’
atomica
in Medio Oriente, aggiungendo ulteriore instabilità. Ma a rendere
realistica la prospettiva di una nuova corsa al riarmo è soprattutto
il
clima di tensione prodotto dalla nuova assertività della Russia di
Putin, iniziata con la crisi dell’Ucraina e l’annessione della
Crimea,
cui fa riscontro un atteggiamento non sempre distensivo della Nato,
troppo concentrata su una «minaccia russa» sul fronte Est, più
percepita
che reale. Ancora più allarmante è che ogni revisione di una parte
rischia di essere percepita come segnale della necessità di nuovi
investimenti da un’altra e che addirittura altri Paesi (oggi privi,
ma
tecnologicamente in grado di farlo) siano tentati di dotarsi dell’
arma
nucleare, dalla Germania, al Giappone, all’Arabia Saudita.
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