probabilmente i consiglieri di Trump visto quello che stanno
combinando alla Russia.
Il 15/06/2017 10:55, jure LT (via
disarmo Mailing List) ha scritto:
"a rendere realistica la prospettiva di una nuova corsa al riarmo
è soprattutto il clima di tensione prodotto dalla nuova
assertività della Russia di Putin, iniziata con la crisi
dell’Ucraina e l’annessione della Crimea, cui fa riscontro un
atteggiamento non sempre distensivo della Nato"
Complimenti per l'obiettività.
Chi ha firmato il pezzo, Brezinski dall'Inferno? La Mogherini?
Emma Bonino? O il nazista di Kiev?
J. Ellero
Il 15/06/2017 08:48, rossana123 ha
scritto:
Più
piccoli e precisi, gli ordigni nucleari allo studio potrebbero
rivoluzionare l’equilibrio atomico
Più piccole, più precise, più furtive. Ma ancora in grado di
provocare l’Apocalisse. Anzi, proprio perché più maneggevoli e
per così dire limitate negli effetti, meno impensabili da usare.
Una nuova generazione di armi atomiche sta per fare il suo
esordio sulla scena globale. La progressiva obsolescenza degli
ordigni attuali, vecchi di decenni, e le nuove strategie
militari, fondate su difese anti-aeree sempre più sofisticate e
impenetrabili, spingono le grandi potenze nucleari al più
massiccio e radicale rinnovamento dei loro arsenali dell’ultimo
mezzo secolo. Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna
(i 5 Paesi che posseggono ufficialmente la Bomba) sono già di
fatto dentro una modernizzazione, che punta a garantirsi, da qui
al 2080, dotazioni «sicure, protette e affidabili». Quanto alle
potenze non dichiarate — India, Pakistan, Israele e Corea del
Nord — anche loro stanno sviluppando nuove capacità «tattiche»
diversificate, che le mettono potenzialmente in grado di usarle
nei teatri regionali.
Il futuro delle armi nucleari: grafico
http://www.corriere.it/esteri/17_giugno_13/futuro-armi-nucleari-96625056-5072-11e7-a437-ba458a65274a.shtml
Diciamolo diversamente. Nel momento in cui le Nazioni Unite
lanciano a Vienna i primi negoziati per un nuovo Trattato di
interdizione pura e semplice degli armamenti atomici, le nazioni
che li posseggono stanno per investire massicciamente in una
nuova generazione di ordigni, che ricorda i periodi più bui
della Guerra Fredda e che per i suoi contenuti tecnologici e le
dottrine che la sottendono rischia di alterare il cosiddetto
«equilibrio del terrore», con il paradosso di rendere più
plausibile l’ipotesi di una guerra termonucleare.
Nessuno può dirsi innocente, in quella che viene definita la
terza era atomica, dopo la prima della «distruzione reciproca
assicurata» e la seconda del timido disarmo a cavallo del
Millennio. Non la Russia di Vladimir Putin, che cerca di
compensare il declino economico mantenendo una relativa parità
strategica con gli Stati Uniti. Non l’America, già quella di
Barack Obama e ancor più quella al testosterone di Donald Trump,
decisa a investire l’incredibile cifra di 1.000 miliardi di
dollari in 30 anni in un ambizioso rinnovamento della propria
panoplia nucleare. E non è innocente la Cina, impegnata ad
assumere in pieno il ruolo di Superpotenza, guardando agli Usa
come benchmark del proprio avanzamento tecnologico.
Stati Uniti
Tra quelle installate su missili e quelle nei silos, secondo i
dati dell’International Peace Research Institute (Sipri) di
Stoccolma, , gli Usa nel 2016 contavano 7 mila testate nucleari.
Arrivato al potere nel 2009 con la promessa di un mondo libero
dalle armi nucleari, Barack Obama ha finito per lanciare un
programma di modernizzazione, che il presidente del Sipri, Hans
Kristensen, giudica in «netto contrasto con l’impegno a ridurre
il ruolo della componente atomica nella strategica di sicurezza
americana». L’Amministrazione Trump lo ha immediatamente fatto
proprio. Esso prevede interventi sull’intera triade terrestre,
aerotrasportata e sottomarina: la sostituzione di 14
sommergibili lanciatori della classe Ohio, l’aggiornamento dei
bombardieri B-52 e B-2 in servizio e lo sviluppo di un nuovo
B-21 con tecnologia stealth, l’ammodernamento dei sistemi
Trident D-5 e Minuteman III. Ancora, il completamento dei
sistemi spaziali d’allerta avanzata e nuove strutture di comando
e controllo. Il primo gioiello di questo nuovo arsenale è la
bomba da crociera B61-12, in grado di essere armata con testata
nucleare o convenzionale, a potenza variabile e altissima
precisione. Proprio contro la B61-12, che secondo il Pentagono
rimpiazzerà 4 diversi tipi di bombe riducendone quindi il numero
complessivo, si sono appuntate le critiche di una fonte
insospettabile. Secondo William Perry, che fu ministro della
Difesa nell’Amministrazione Clinton, si tratta infatti di
un’arma «costosa, non necessaria e particolarmente
destabilizzante», proprio perché può essere armata sia con
testata nucleare che convenzionale: «Un nemico sotto attacco
tende sempre a immaginare il peggio e potrebbe rispondere con le
atomiche a un attacco convenzionale».
Russia
Con 7.290 testate nucleari in totale, sempre dati del 2016,
Mosca dispone del più grande arsenale nucleare del pianeta,
ancorché non il più moderno. Putin ha confermato il ruolo della
componente atomica nella dottrina militare russa, diversificando
le opzioni quanto all’uso e puntando allo sviluppo di sistemi
duali, cioè in grado di essere armati sia in modo nucleare che
convenzionale, a seconda delle necessità. Secondo Kristensen, la
Russia si trova «a metà strada di una vasta modernizzazione, che
porrà nuove sfide alla comunità del controllo internazionale
delle armi». Al cuore del programma, i nuovi SS-27-2 o Yars,
missili intercontinentali che possono portare fino a 4 testate
Mirv, cioè in grado di rientrare separatamente nell’atmosfera e
puntare a diversi obiettivi. Secondo gli Stati Uniti, questi
sistemi sono in violazione dei limiti del New Start, il trattato
firmato da Usa e Russia a Praga nel 2010, che fra le altre cose
proibisce le testate multiple. I russi potrebbero però ridurre
le cariche, teoricamente rispettando gli accordi. Altre armi
sono in corso di sviluppo: gli SS-30 Sarmat, i «Figli di Satana»
nel linguaggio della Nato, a dieci testate; una nuova
generazione di sottomarini lanciatori in sostituzione degli 11
attualmente in servizio; la modernizzazione dei bombardieri
Tu-160 e Tu-95MS.
Cina
Pechino, che nel 2016 disponeva di 250 testate nucleari, punta
ad aumentare decisamente la sua dotazione. Ambizioni globali, la
volontà di avvinarsi agli Usa almeno sul piano tecnologico, la
concorrenza dei vicini India e Russia, le preoccupazioni dettate
dall’incontrollabile «alleato» nordcoreano spingono la dirigenza
cinese a massicci investimenti in ricerca e sviluppo nei sistemi
iper-veloci, cioè missili in grado di rientrare dallo spazio a
velocità supersonica. La Cina sostituirà i suoi vettori a
testata unica con una nuova generazione a testata multipla e
propulsione solida.Il volume delle somme impegnate dai cinesi è
sconosciuto, ma i programmi appaiono giganteschi.
Francia
I nuovi sottomarini lanciatori, successori della classe
Triomphant, dovrebbero entrare in servizio tra 2035 e il 2048.
Nel frattempo Parigi modernizzerà i suoi missili
intercontinentali M51 e gli ASMP a gittata media aerotrasportati
dai Rafale. Quest’ultimi saranno sostituiti entro il 2040, così
come la portaerei Charles de Gaulle. La Francia continuerà
tuttavia a limitare a 300 (il livello attuale) il numero delle
testate atomiche in suo possesso.
Regno Unito
Londra possedeva un anno fa 215 testate nucleari. Il governo
britannico ha annunciato la costruzione di 4 nuovi sottomarini
nucleari, in sostituzione di quelli della classe Vanguard, per
far fronte all’«aumento degli avversari potenziali e alla
modernizzazione delle loro forze». L’investimento è di 46
miliardi di euro. Trasporteranno ancora i missili Trident.
Quadro geopolitico
Il quadro geopolitico non promette nulla di buono. La forte
accelerazione del programma nucleare della Corea del Nord
introduce un ulteriore elemento di incertezza. Di più, se
l’Amministrazione Trump dovesse denunciare l’accordo che impegna
l’Iran a rinunciare per oltre 10 anni alla bomba, Teheran non si
sentirebbe più vincolata a rispettarlo e questo potrebbe far
partire un’inedita corsa all’atomica in Medio Oriente,
aggiungendo ulteriore instabilità. Ma a rendere realistica la
prospettiva di una nuova corsa al riarmo è soprattutto il clima
di tensione prodotto dalla nuova assertività della Russia di
Putin, iniziata con la crisi dell’Ucraina e l’annessione della
Crimea, cui fa riscontro un atteggiamento non sempre distensivo
della Nato, troppo concentrata su una «minaccia russa» sul
fronte Est, più percepita che reale. Ancora più allarmante è che
ogni revisione di una parte rischia di essere percepita come
segnale della necessità di nuovi investimenti da un’altra e che
addirittura altri Paesi (oggi privi, ma tecnologicamente in
grado di farlo) siano tentati di dotarsi dell’arma nucleare,
dalla Germania, al Giappone, all’Arabia Saudita.
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