[Disarmo] «L’addio pragmatico della Svizzera al nucleare»



«L’addio pragmatico della Svizzera al nucleare»

Intervista. Con un referendum approvato domenica dal 58,2% dei votanti, la Confederazione elvetica ha detto sì all’uscita dal nucleare e alla «Strategia energetica 2050» promossa dal governo. Parla l'ambasciatore svizzero a Roma, Giancarlo Kessler

Eleonora MartiniIl Manifesto

Ambasciatore Giancarlo Kessler, con un referendum approvato domenica dal 58,2% dei votanti, il suo Paese, la Svizzera, ha detto sì all’abbandono del nucleare e alla «Strategia energetica 2050» promossa dal governo, mentre solo nel novembre scorso cittadini e cantoni si erano opposti alla chiusura anticipata delle 5 centrali funzionanti del Paese, seguendo l’indicazione dello stesso Consiglio federale e del Parlamento. Qual è la politica energentica di Berna?
L’iniziativa votata a novembre prevedeva la chiusura delle centrali nucleari dopo 45 anni dalla loro messa in esercizio. Consiglio federale e Parlamento ritengono che la strategia di uscita dal nucleare debba essere graduale e accompagnata da altre misure perché il nucleare rappresenta attualmente una parte importante del nostro mix energetico, visto che almeno il 35-40% dell’elettricità consumata in Svizzera proviene dall’atomo, senza contare il nucleare importato soprattutto dalla Francia. Imporre una data di scadenza a quelle centrali, che si ritengono sicure anche se dovessero vivere più di 45 anni, voleva dire rinunciare troppo velocemente a questa fonte senza avere alternative sufficienti, a meno di ricorrere a energia a buon mercato, cioè proveniente da fonti fossili e importata da Germania, Polonia o Repubblica Ceca, ossia da quei Paesi dove è ancora possibile produrre energia dal carbone. Bisogna prepararsi gradualmente.

In che modo?
Con un pacchetto di misure che punta ad incrementare l’efficienza energetica e a ridurre il consumo, con un programma di incentivi per il risparmio energetico degli edifici e prescrizioni tecniche sui consumi dei veicoli e apparecchi elettrici. Sul fronte della produzione, si lavora per sviluppare l’eolico e il solare ma anche l’idroelettrico perché purtroppo sul mercato attuale europeo, che con l’avvento del solare è totalmente cambiato, la nostra energia idroelettrica non è più competitiva. Bisogna quindi tentare almeno di mantenere le centrali idroelettriche, che sono molto utili nei momenti di necessità.

E per quanto riguarda le biomasse e l’energia prodotta dagli inceneritori?
La nuova legge prevede contributi di investimento agli impianti a biomassa. Sui rifiuti invece non si può fare molto di più perché noi bruciamo praticamente tutti i rifiuti che produciamo, e gli inceneritori sono spesso produttori di energia per scaldare interi quartieri, ospedali o impianti industriali. Probabilmente si dovrà intervenire per modernizzare qualche vecchio impianto e collegarlo alla rete di riscaldamento cittadino. La mia casa di Losanna, per esempio, è alimentata in questo modo.

E lei non teme le emissioni di questi inceneritori?
Ma no, non ho paura perché questi impianti sono dotati di tutti i filtri necessari. È più pericoloso respirare nel traffico. Pensi che a circa 50 metri in linea d’aria dalla ciminiera dell’inceneritore di Losanna c’è il reparto maternità dell’ospedale.

Che fine faranno le scorie e i reattori nucleari?
La nuova legge prevede che dovremo definitivamente tenerci tutto. Attualmente le scorie vengono depositate in un deposito intermedio, lo Zwischenlager, ma ora c’è un ente che sta cercando il sito migliore per un deposito definitivo.

Se la vostra scelta di rinunciare al nucleare non sarà seguita anche dagli altri Paesi europei come la Francia, la Slovacchia o la Slovenia, la sicurezza sarà sempre a rischio, però. Cercherete di convincere il resto dell’Europa?
Gli svizzeri sono molto pragmatici, non è una scelta ideologica, la nostra. Dopo Fukushima abbiamo stimato che il rischio è troppo elevato, e d’altronde la costruzione e il funzionamento di una centrale sono talmente costosi che non c’è alcun motivo di continuare su questa via. Però la nostra è un’uscita progressiva, sarebbe un po’ azzardato ora dare buoni consigli agli altri.