[Disarmo] SIRIA, LIBIA: Quando il gioco si fa sporco



COSE TURCHE


Articolodi Fulvio Grimaldi

INVIATO DA : Jure Ellero


Di rado inoltro articoli di Grimaldi, che scrive notevoli analisi di geopolitica, ma spesso con toni talmente esasperati che ne rendono difficile la divulgazione. In questo scritto svela connessioni incontrovertibili e reali, attuali, e suscita attenzioni che meritano di essere valutate,

La mancanza di link di immediata verifica potrebbe indurre i lettori del testo al dubbio e al rifiuto a priori di quanto qui sostenuto: per quanto possibile sono a disposizione per eventuali ricerche a scopo di verifica delle notizie e delle fonti, qui non riportate.

J. E.


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SIRIA, LIBIA: Quando il gioco si fa sporco, gli Sporchi cominciano a giocare (Amnesty, il manifesto, i curdi...)





Morale? In fondo al barile, a scavare

La cinica e sporca operazione Aylan, il piccolo profugo curdo sistemato sulla spiaggia, fotografato e sparato addosso all’Europa, doveva servire a farci aprire le chiuse alla destabilizzazione e lacerazione dei  paesi europei con un’alluvione di rifugiati, effetto collaterale voluto della guerra e spopolamento voluto Usa-Israele-Golfo, e, in ultima analisi a consegnare al macellaio turco-Nato maggiore potere ricattatorio e 6 miliardi di euro. La cinica e sporca operazione del bambino siriano Omran, fotografato e sparato addosso al resto dell’umanità da una banda di assassini, è la scena madre di uno spettacolo al termine del quale spettatori ammutoliti dovrebbero rassegnarsi all’obliterazione della Siria nel momento in cui era sul punto di salvarsi.


Il gioco è sporco da far schifo e fanno schifo i giocatori che ci stanno tirando questa e altre palle caricate a frode e diritti umani: Ong, umanitaristi, sinistre, destre, sinistre di destra, destre di sinistra, il manifesto, Amnesty e succedanei, il papa, tutti impegnati a dinamitare cervelli con una successione di ordigni grandiosamente pianificati ed orchestrati perché nessuno si immagini più una Siria o una Libia o un Iraq saldi sui loro piedi, integri, vivi,  con popoli coscienti e coesi, radicati, non ridotti a figurare nella Storia come masse in fuga da respingere o, crimine contro l’umanità, da assimilare, spogliare, ridurre a surrogato di qualcosa che non c’è più, o non ci sarà mai. Virtualizzarle.



Aleppo, quasi salva, da radere al suolo; la Siria, quasi vittoriosa, offerta ai mercenari curdi

Tout se tien. Nel momento in cui la Siria con i suoi alleati stava, dopo quasi 6 anni di inaudite sofferenze e resistenze provocate dall’assalto dei demoni della morte e dei loro sicari, per volgere il destino della guerra a favore suo, della giustizia, della pace, ecco che demoni e relativi embedded hanno messo in campo tutto il proprio repertorio di armi mediatiche mirate alla decostruzione della realtà. La quinta colonna curda, travestita da brigata internazionale di curdi, siriani, assiri, turcomanni (sticazzi), foraggiata, pagata, armata, vestita e comandata dai protagonisti primi degli staticidi mediorientali, viene agevolata dal ritiro dell’Isis, pure foraggiato, armato, pagato e vestito e comandato dagli Usa, a occupare la città araba siriana di Manbij.


A questo punto, sacrosanto l’intervento contro questi mercenari Nato da parte delle forze armate governative. E da qualche giorno si combatte a Hasaka, città araba che i rinnegati curdi assediano da giorni e vorrebbero occupare, con il garantito sostegno Usa, nel tentativo di allargare la propria presa su territori che vanno ben al di là della storica area curda e che, come prescritto da Israele e Usa, anticipa la tripartizione dello Stato unitario siriano. La favola della “Forze Democratiche Siriane”, creatura Cia che, secondo” il manifesto” sarebbe multinazionale e comprenderebbe anche siriani arabi e rappresenterebbe il massimo della democrazia, risulta così smascherata. Le cosiddette formazioni miste curdo-arabe, o curdo-assire, sono un’invenzione, si tratta unicamente di combattenti dell’YPG curdo. Le forze siriane difendono la città. Cosa che corrisponde al diritto alla difesa dell’integrità territoriale dello Stato, ma che innervosisce assai “il manifesto”, quotidiano salafita, che arriva addirittura a sostenere l’argomentazione fantastica Usa che le forze regolari siriane metterebbero in pericolo quelle speciali americane, che affiancano nei combattimenti la feccia mercenaria curda. Sfugge (anzi, è gradito) allo sciagurato giornale che le forze Usa sono invasori e che i curdi sono un abbietto strumento Usa per spaccare la Siria, come già successo in Iraq. Cosa direbbe se i sudtirolesi si avventassero in armi su Milano, per incorporare la Lombardia in un proprio Stato, magari sostenuti da Berretti Verdi e Navy Seals? Auspicherebbe un nuovo Radetzky  con una sua  No Fly Zone sulla regione (impudentemente chiesta su Hasaka da Washington) e lancerebbe anatemi contro Garibaldi?


La manovra che, dovendosi completare con la presa di Raqqa, capitale siriana del califfo,  prima che ci arrivino le truppe siriane, è parte della strategia di frantumazione del popolo e dello Stato siriano (come pianificato molti anni fa in documenti ufficiali israeliani e statunitensi), è accolta da sussulti orgasmatici dall’intero giro a 360 gradi dell’opinione politically correct. Non è un sanguinario dittatore Assad, non sono, quasi brutti come lui, quelli dell’Isis, non sono invece rivoluzionari democratici, partecipatori, femministi, anche parecchio gay, i curdi del Royava? Il “manifesto” non si tiene. Che gli americani, a capo dell’operazione, abbiano agevolato l’uscita da Manbij di migliaia di terroristi Isis armati, su centinaia di veicoli, anche blindati, onde rafforzino Raqqa contro l’eventuale arrivo di Assad (ma che se la filino, magari verso Aleppo o Mosul, se ad affacciarsi per primi sono i curdi), non ha fatto sollevare un sopracciglio, né una perplessità.


Gli iracheni si stanno riprendendo il loro paese? Vai con i curdi e le forze speciali Nato!

Quanto al’Iraq, la stessa fanteria curda di Nato, Israele e Golfo, dovrebbe impedire che l’avanzata delle truppe irachene e delle milizie popolari riesca a ricomporre gran parte dell’Iraq storico grazie alla riconquista di Mosul. Le forze speciali Usa, britanniche, francesi e perfino italiote, sul campo in costante aumento, dovrebbero aiutare la bande sbrindellate dei Peshmerga a impedire che ciò accada. Intanto i soliti giocatori sporchi provano a screditare i successi delle forze nazionali irachene, attribuendo il merito dell’avanzata ai bombardamenti della coalizione, dimenticando le infinite testimonianze e prove, anche video, che mostravano i rifornimenti fatti piovere dagli aerei americani senza insegne sui combattenti del califfo.


Il futuro democratico? Al Qaida!

Tornando in Siria, al braccio curdo della tenaglia che si è chiusa su Manbij corrisponde il braccio di Al Qaida-Al Nusra, cui è assegnato il compito di chiudersi su Aleppo. Per far accettare al volgo e all’inclita il ruolo di Al Qaida di “liberatore” di Aleppo, si è proceduto a una fenomenale metempsicosi. Si è fatto fingere alla banda di mercenari che da 5 anni imperversa in Siria con ogni sorta di atrocità, per nulla minori di quelle dell’Isis, di dissociarsi dall’organizzazione madre Al Qaida, a entrare in lavatrice e a uscirne rigenerata e pulita comeJabhat Fateh Al Sham (Fronte per la conquista del Levante): stessi tagliagole, stesso mercenariato addestrato dagli Usa in Turchia e Giordania, stessi denari sauditi e qatarioti, stessi armamenti Usa e israeliani, stessi stupri, impiccagioni, squartamenti. Ma ora sono moderati. Qualcuno ricorderà che la prima tinteggiatura all’Al Nusra “moderata” la diede l’Assopace. Ora ci si ritrovano tutti e, sollevati, possono apertamente sostenere la battaglia dei “ribelli”, dell’”opposizione”, come li chiama “il manifesto”, contro il dittatore Assad.

 Esecuzioni al Nusra di prigionieri


Mamma li cinesi!

Stava accadendo l’indicibile, l’inconcepibile, l’insopportabile. La Siria, e i russi, stavano vincendo la battaglia di Aleppo, mettendo così un’ipoteca decisiva sull’esito della guerra. Colmo dei colmi, arrivava suilla scena, schierata con Damasco, anche la sempre pensosa Cina, scorbellata nei suoi mari dalle provocazioni Usa e dei clienti vietnamiti, giapponesi e filippini, che qui si rifà a spese dei provocatori. L’alleanza Nato-Israele-Golfo avrebbe lavorato a vuoto, alla faccia di tutti questi anni e decenni di assedio, sanzioni, menzogne, inganni, calunnie, sabotaggio e infine attacco armato. I demoni non potevano a questo punto non aprire le porte di casa loro, dell’inferno. Preparato da una serie martellamenti al corpo, con l’ossessiva riproduzione mediatica di esplosioni e macerie nella città “patrimonio dell’umanità”, tutte attribuite ai bombardamenti di Assad, con alcune migliaia di “ribelli”, anche arrivati freschi freschi dalla Turchia (a dispetto del “passaggio di Erdogan da Washington a Mosca”), poverini rannicchiati tra le rovine con bambini e donne martoriati, è poi arrivato l’uno-due al viso, diretto e montante.


Prima il bimbo orribilmente impastricciato di polvere, sangue e grumi vari (poi miracolosamente risultato indenne), dissotterrato da quei “caschi bianchi” che servono a tingere di umanità i tagliateste e che già avevo visto formicolare tra gli umanitari anti-Milosevic. Bambino inchiodato su un sedile di ambulanza e offerto ai mille obiettivi opportunamente allertati. Costruzione artefatta di evidenza solare. Non solo per l’uso che se n’è fatto. Per i dettagli “tecnici”. Lo si dice estratto dalle macerie, ma cala dall’alto da una zona scura. Nessuno ne controlla immediatamente le condizioni, se possa essere spostato o meno. Lo si maneggia, trasporta e mette seduto su un sedile di quanto si dice sia un’ambulanza. Nessuno gli resta vicino, né per pulirne il viso, né per fargli dire come si sente e, soprattutto, non appare, pur essendoci un’ambulanza, l’ombra di un sanitario, medico, infermiere per esaminarne le condizioni, l’eventuale emorragia, lesioni spinali, priorità assoluta. Lo si lascia lì a farsi fotografare e filmare. Per minuti. Già, perché si gira anche un video. E chi lo gira? L’Aleppo Media Center, gruppazzo di comunicatori legati ad Al Nusra.


Ma questo non è niente. Se tornate al mio post precedente su www.fulviogrimaldicontroblog.info,OMRAN, LA MEGABUFALA, LA PATACCA DEL CRIMINALE, LA COMPLICITA' DI CHI LE HA ACCREDITATE

leggerete le notizie e vedrete le immagini (nientemeno che dell’Associated Press) di uno dei più fetidi inganni, fondati sull’estrazione a forza della pietà (e quindi dell’odio per Assad) umana dai boccaloni, mai perpetrati e istantaneamente diffusi in tutto il mondo dall’apparato della disinformazione Nato. Il fotografo del bambino ad arte impastricciato è un mercenario combattente di nome Mahmud Raslan, mercenario nelle file della filiale di Al Qaida, “Zenki”, accreditata dagli Usa come “moderati”, ripreso in compagnia di altri tagliagole, autori della decapitazione di un bambino palestinese ad Aleppo.

 Bambino arabo di Aleppo Ovest, sotto controllo governativo, colpito dalle schegge di una granata jihadista. Chissà perché questa foto  non è venuta virale come quella di Omran. Comunque di questo ragazzino si stanno occupando i medici,  non solo fotografi.


La BBC dall’Irlanda, che mi ritiene importante fotografo per le famose foto della Domenica di Sangue a Derry, mi intervista in proposito, assieme a un collega britannico. Esprimo dubbi, perplessità, usi strumentali frequenti, scopi politici. Il collega, udibilmente alterato, oppone : “Una foto è una foto, punto. E quello è un povero bambino salvato dalle bombe, punto.” La celebrata stampa inglese. Devo però dire che il conduttore mi ha lasciato dire tutto quello che ritenevo di dire, anche se a lui, al collega, a molti ascoltatori deve essere suonato anatema. Figuratevi una cosa così nella Tv di Campo Dall’Orto, Luca Mazzà, Bignardi….nel “manifesto” di Norma Rangeri e Chiara Cruciati.


Amnesty, il giocatore più sporco. Subito dietro il manifesto.

Poi il rapporto di Amnesty International (la filiale Cia-Pentagono, decalogo mosaico per “il manifesto”), che fino a poco tempo fa era diretta da Suzanne Nossel, ebrea come quasi tutti i mandarini dell’organizzazione, braccio destro, umanitario, al Dipartimento di Stato, della belva Hillary Clinton, cofondatrice di Isis). La patacca di questi lubrificatori dei cingoli e ripulitori dei mattatoi imperiali è spudorata perfino oltre l’impudica approssimazione con cui i loro mandanti hanno voluto farci trangugiare il pacco 11 settembre (al cui fantascientifico abbattimento tramite piloti dirottatori ed acrobati sauditi si è di recente convertito l’ex-corrispondente della sorosiana  Radio Liberty Giulietto Chiesa). Accreditando qualche soggetto che, in cambio del solito adeguato guiderdone, si dice famigliare, o sopravvissuto e dunque testimone, il rapporto ci parla di 17.723 detenuti nelle carceri del governo siriano uccisi tra marzo 2011 e dicembre 2015. Non uno di più, non uno di meno. 300 al mese, 10 al giorno.


Come li abbiano potuti contare i testimoni sfuggiti a quel destino, come li abbia potuti calcolare Amnesty che non ha mai avuto accesso a quei luoghi, è solo domanda da impertinente e irriverente San Tommaso.  Non manca il corredo di nequizie copia e incolla da precedenti puntelli di Amnesty alle imprese dei suoi datori di lavoro: torture orrende descritte in quei particolari che tanto arricchiscono la prosa dei nostri cronisti, affascinano il lettore sbigottito e risultano trasferiti pari pari dal Rapporto sulla Tortura negli Usa diffuso dal Comitato del Senato pochi mesi fa e subito finito nel pozzo nero della memoria.  Ma la cosa che rende l’impresa addirittura patetica è che si tratta di una copia, quasi sovrapponibile nei particolari delle fonti, dei numeri, di un precedente rapporto di Amnesty, rilasciato nell’autunno dell’anno scorso e, dunque, ora riciclato per la bisogna. Un amico, Marco, mi ricorda che già poco meno di un anno fa, questa immonda combriccola di pianta-veleni aveva seminato erbacce ancora più fantasmagoriche: ben 65mila detenuti sarebbero scomparsi dalle carceri siriane. La fonte, come anche stavolta, un’oscura e poi svaporata associazione di “oppositori” siriani.


La battaglia del secolo. E Stalingrado è Damasco.

Sesquipedali sono le balle sulla battaglia di Aleppo che hanno annichilito ogni capacità di intendere e, quindi, di volere un minimo di fondatezza e obiettività. A metà dell’anno scorso i mercenari controllano circa un quarto della città, e assediano e affamano tutto il resto. Occupano la centrale elettrica e tagliano la corrente all’intera regione, mandando in crisi tutte le strutture sanitarie e produttive (forni del pane, centrali idriche). Tagliano tutte le vie di rifornimento da Damasco alla città, riducendo la popolazione alla fame. Dalla Turchia arrivano rifornimenti in uomini e armi. Una serie di offensive governative, dall’autunno dell’anno scorso, sostenute dall’aviazione russa, riapre le vie di comunicazione, ma viene rallentata dalla scarsezza di risorse umane in un esercito esteso sull’intero territorio nazionale, e anche dalle tregue negoziate da russi e americani, di cui però si avvantaggiano per riarmarsi e riorganizzarsi le forze nemiche. Verso la fine di luglio siriani, hezbollah e iraniani pongono termine all’assedio di Aleppo occidentale (dove sono concentrati 1,5 milioni di abitanti), da parte dei mercenari che occupano la zona est e che vengono circondati. L’universo mondo dei media di regime grida all’ “assedio genocida di Aleppo da parte del dittatore”. Dal quartiere generale di Al Nusra, nella città turca di Antikiya, arrivano rinforzi muniti di carri armati, razzi anti-carro, missili terra-aria, forniti dai petrotiranni e tutti di provenienza Usa.


Un contrattacco mercenario riesce a occupare una ristretta area a est, in cui si trovano edifici e scuole militari. Pare che ora quel territorio sia stato ripreso dai lealisti. A questo punto i governativi sono in controllo di tutte le strade che conducono ad Aleppo, mentre Al Nusra, convertito in Jbahat Fateh al Sham, è circondato e isolato. La massima parte delle forze mercenarie è concentrata in una zona ridotta ai margini di Aleppo, fuori dall’abitato. Ed è qui che colpisconoi bombardamenti di russi e siriani, quelli che, secondo il servitorame mediatico, decimerebbe la popolazione di Aleppo. Che però viene effettivamente bersagliata dalle zone occupate da al Nusra con un incessante barrage di artiglieria e mortai. Secondo i russi, sicuramente i meglio informati, dati i loro sistemi di osservazione, negli ultimi 4 giorni è stato ucciso un migliaio di ribelli (ce ne sarebbero ancora circa 7000).


Come si vede, la situazione si era fatta estremamente critica. La perdita di Aleppo, seconda città del paese, motore culturale ed economico, punto strategico mediorientale tra Siria, Libano e Turchia, sarebbe un colpo probabilmente decisivo al complotto per la distruzione della Siria e stabilirebbe nuovi, insospettati, rapporti di forza in Medioriente, a beneficio di quanto, tra Libia e Iran, si oppone alla strategia imperialista. In più rischia di volgersi a detrimento del complotto colonialista anche l’aspetto umanitario, fin qui presunta prerogativa degli aggressori. I russi proclamano tregue giornaliere di tre ore e riescono ad aprire tre corridoi per aiuti umanitari che raggiungono migliaia di cittadini e ne fanno uscire dalla città altre migliaia. A questo punto non potevano non scattare le armi che Occidente e Golfo si augurano possano ristabilire gli equilibri perduti: il bambino Omran, le “bombe di Assad su Aleppo”, il rapporto di Amnesty, gli ascari curdi di Royava, il ritiro della già perfettamente inutile missione umanitaria ONU per ordine del fantoccio De Mistura, la tregua di 48 ore chiesta dall’ONU a favore dei mercenari in rotta e che Damasco e Mosca hanno dovuto accettare per motivi di pubbliche relazioni.


Libia, Fratelli Musulmani per carità bloccateci Haftar !


C’è un certo parallelismo con la primavera del 2011 a Tripoli. Le scarse truppe di un paese che preferiva spendere per la prosperità dei suoi cittadini e degli africani in generale, che per avventure belliche o repressioni interne, unite a volontari dalle campagne, fabbriche, università, quartieri, ragazzi e ragazze, stavano avendo la meglio sulle bande di jihadisti rastrellate in mezzo mondo e trasferite da Qatar e Turchia, rafforzate e guidate da teste di cuoio dei regimi colonialisti. Città dopo città, centro petrolifero dopo centro petrolifero, da Tripoli verso Bengasi, venivano liberati. La capitale era tutta un fermento di entusiasmo patriottico e mobilitazione. Vi ho visto Gheddafi girare in lungo e in largo, senza veicoli di scorta, acclamato dalla cittadinanza. A questo punto, con in forse l’esito dl progetto della spartizione del paese tra i suoi sbranatori, scattò ciò che scatta oggi per Aleppo. Scattò in preparazione delle bombe Nato, quelle che avrebbero spianato la strada alle torme jihadiste e alla feccia orrenda di Misurata, oggi di nuovo fanteria Nato.


Save the children e il Viagra di Gheddafi

Gli schermi furono inondati dalle fosse comuni di Gheddafi,che poi erano tombe normalmente scavate nel cimitero di Tripoli. Amnesty, HRW, i media, s’inventarono brigate di rivoluzionari che assediavano la residenza di Gheddafi e avevano in mano la città. Una delle più ributtanti Ong, quella che cerca di spillarvi soldi con i soliti bimbetti africani gonfi o macilenti, Save the Children, asseriva che Gheddafi in persona distribuiva il Viagra ai suoi soldati perché “stuprassero donne e bambini”. Amnesty e HRW non gli furono da meno inventandosi costumi osceni e scellerati di Gheddafi e famiglia, lussi indecenti e ricchezze incommensurabili rapinate a un popolo alla fame. La “ragazza del secolo scorso”, che sfortunatamente vi ha imperversato sermpre a danno del movimento rivoluzionario, fin dai tempi in cui faceva da calmiere al movimento ’68-’77, lanciava le “brigate internazionali, come quelle di Spagna” contro Gheddafi e a sostegno dl brigantaggio di Bengasi. Rossanda e tutti questi amici del giaguaro poi si tacquero meticolosamente quando venne fuori il regno dell’autentico terrore imposto alla Libia dai sicari Nato-Qatar, dai Fratelli Musulmani e loro succursali jihadiste e dagli scuoiatori di neri e pulitori etnici di Misurata.


Quisling islamista dopo quisling islamista

Quello scempio ora si ripete. Anche qui, campanella d’allarme del preside imperialista per come la sorte gli sta remando contro. Esiste un solo governo legittimo in Libia, democraticamente eletto, quello di Tobruk, spodestato dal golpe di una corte costituzionale asservita ai Fratelli Musulmani e messo in fuga dagli ascari jihadisti della Fratellanza che formano un governo abusivo a Tripoli. Vista l’inconfutabile legittimità del governo di Tobruk e del suo esercito nazionale comandato dal generale Khalifa Haftar (subito definito dal quotidiano salafita, sedicente comunista, golpista e spia della Cia per aver vissuto alcuni anni negli Usa), la cosiddetta “comunità internazionale” (leggi colonialista) esita a riconoscere la ciurmaglia di Tripoli e Misurata, ma la sostiene. Gli italiani, che stavano con Tobruk e con l’Egitto che correttamente sostiene quel governo, sono costretti a ripensamenti a forza di rapimenti, esecuzione di ostaggi e ondate di migranti. E soprattutto con il siluro all’Egitto lanciato dai manovratori e spioni angloamericani di Giulio Regeni. (Young, McColl e Negroponte dell’agenzia spionistica Oxford Analytica).


Dall’impasse e dalla necessità di squalificare e neutralizzare Tobruk e Haftar che inizia a sbaragliare i jihadisti minacciando la supremazia militare dei FM, i colonialisti estraggono dal cappello ONU il coniglio Al Serraj, surrogato dei fondamentalisti di Tripoli, ma senza un briciolo di consenso e legittimità popolari. Le bande di Misurata, “città martire” della Nato quando si fece avamposto della distruzione della Jamahirija e compiì le più atroci efferatezze sui dipendenti e collaboratori del precedente governo, furono lanciate contro Sirte, ma fallirono clamorosamente. Dovettero intervenire Forze speciali Nato e bombardieri Usa e all’Isis fu fatto capire che il suo compito di fungere da pretesto per l’intervento occidentale era esaurito.

Saif al Islam Gheddafi


L’ostracismo e la persecuzione di decine di migliaia di cittadini in qualche modo legati alla Jamahirija, la messa fuori legge perfino di insegnanti, medici, avvocati, impiegati statali, la condanna a morte di Saif Al Islam, figlio maggiore di Muhammar, alienarono ai FM tripolitani il residuo consenso popolare. Che invece si va accrescendo attorno a Tobruk che i “gheddafiani” li ha amnistiati, accolti nella classe politica e che ha assolto Saif da ogni accusa facendolo mettere in libertà dai suoi alleati di Zintan, nell’ovest del paese. Questo sullo sfondo di un taciuto ma impressionante ritorno in tutto il paese di uno schieramento gheddafiano, con bandiere verdi che spuntano su ogni abitato, con le due tribù gheddafiane da sempre, Gheddafa e Warfalla, insieme la maggioranza nel paese, che si riconosce nel parlamento, governo e comando di Tobruk.


Ce n’era abbastanza, come nel caso di Aleppo e Mosul, per far scendere in campo gli Sporchi. Quelli sporchi di più. I mandanti. Al grumo jihadista di Sirte, già convogliato lì dalla Turchia con vascelli Nato e turchi (e che Haftar ha ripetutamente bombardò) fu fatto capire il benservito. Cercassero soldo altrove, di opportunità non c’era mancanza. La Nato abbondava di indirizzi. Oltre tutto, mai come domani la Libia dovrà essere la piattaforma di partenza per la “normalizzazione dell’Africa tutta” (Mamma, li cinesi!”). Non per nulla Usa e Nato già disponevano di basi, presidi e presenza militari in 52 paesi africani su 53. La sciagurata eccezione essendo l’Eritrea.


Quotidiano salafita” (e Nato)

Da “quotidiano comunista”, balbetta le sue litanie sempre più rituali con i detriti di una sinistra onanistica e ossessivamente autoreferenziale, paralizzata da un senso di morte che le si arrampica addosso alla vista che perfino certe cosiddette “destre” percorrono strade più di sinistra. Poi si rinfranca suggendo il sangue cattivo, dopato, di ogni guru apparentemente di sinistra, ma altrettanto farlocco, che appaia sull’orizzonte internazionale, Tsipras, Iglesias, Sanders, perfino Aung San Suu Kyi. Ma quando si tratta delle questioni vere, quelle strategiche, quelle che contano nel perseguimento del governo mondiale elitario, arriva il richiamo di Soros e delle centrali che tengono in vita l’organo (le nostre multinazionali maggiori, lo Stato con i suoi contributi)) e da “quotidiano comunista” si trasforma in quotidiano “salafita”. E chi diventano qui i protagonisti, gli eroi, i punti di riferimento con cui imbonire e depistare i boccaloni che credono ancora di leggere il “quotidiano comunista”?  Ma i Fratelli Musulmani, ovviamente, protagonisti oggi più che mai della controffensiva neocolonialista anti-nazionale e anti-laica lanciata dall’Occidente e dai suoi clienti del Golfo. Lo sono oggi, come lo erano alla nascita, nel 1928, levatrice Londra in funzione anti-nazionale, e nei decenni successi di costante sabotaggio delle lotte di liberazione arabe e degli Stati progressisti e antimperialisti che ne erano sortiti. Al potere in Turchia, in Iraq, a Tripoli, impegnano il proprio braccio armato jihadista, in vario franchising (Al Qaida, Isis e derivati), nel ruolo di fanteria e/o terrorismo Nato, in Siria, Libia, Iraq, in Libano, Balcani, Europa e, con particolare virulenza stragista, nell’Egitto che con una lotta di milioni se n’era liberato. E poi ha liberamente eletto un presidente laico che ogni tanto va a Mosca assieme al generale Haftar.

George Soros


Il “manifesto” risulta vetrina di Soros e del Dipartimento di Stato con una russofobia che risale agli anni ’90 del noto albanese Astrid Dakli, e mai affievolita, propulsore massimo delle tematiche depistanti sorosiane (LGBT), migranti, accoglienza universale, pokemonGO e videogiochi di mattanze, diritti civili, diritti umani, dittature, su Siria, Libia, Iraq e l’Egitto da espellere dalla comunità umana per aver eliminato il bubbone FM (operazione Regeni, balle sulla repressione, occultamento del terrorismo FM). Aveva fin dall’inizio, con i vari Acconcia, Liberti, a volte Michele Giorgio, manifestato il suo allineamento alla Mediorientegonia come tracciata da Usa-Israele-Nato. Dall’Asia, Afghanistan e dintorni, i suoi specialisti imperversavano contro Iran, Pakistan e Taliban, a fianco della “società civile” afghana (leggi collaborazionisti), avanzando analisi farneticanti su Al Qaida, Isis, Taliban, senza sfiorare con una parola presenza e responsabilità Usa e Nato. In questi giorni ha la faccia di indignarsi perché le forze armate siriane si permettono di respingere l’invasore curdo-americano.


Ma l’apice dell’embedded, il momento in cui il presunto re dell’ informazione libera compare nudo nel ruolo di vociante del padrone, s’è verificato con un corsivo di Chiara Cruciati, consolidata agitprop della disinformazione utile all’Impero, ma stavolta addirittura teorica dei Fratelli Musulmani e della loro funzione salvifica, proprio nella fase in cui, in prima persona in Egitto e con succursali varie in tutto il Medioriente, compiono nefandezze terroristiche e si pretendono governi per conto Nato. Nascondendo il madrinaggio dell’Impero Britannico nella comparsa dei FM, si spinge fino a scrivere: “Etichettare la Fratellanza Musulmana… come gruppo terrorista è un errore grave con conseguenze altrettanto distruttive…. L’islamismo moderato (chiedere agli egiziani sotto Morsi, Sharìa, fucilate agli scioperanti, chiese copte bruciate, chiedere ai bengasini sotto i tagliagole del LIFG, chiedere agli algerini sotto il FIS) vede nel processo democratico e nel rapporto con sindacati e movimenti sociali il mezzo di trasformazione della società…il grimaldello per modificare il sistema dall’interno , senza il ricorso alla violenza o lotta armata… Demonizzare e isolare gli islamisti moderati garantisce all’estremismo un bacino di consenso sempre più ampio…” 

Sarebbe fonte di incontenibile ilarità se rappresentato al Bagaglino. Il guaio è che ancora ruba credibilità.Islamisti “moderati” sono definiti e vezzeggiati i tagliagole che ad Aleppo hanno messo in piede l’oscenità Omran. Se finora era mancato un endorsement formale, eccolo qua. Soros, la Nato, Erdogan, il califfo, i petrotiranni se la godono. Quanto a noi, almeno non ci sono più equivoci.



FULVIO GRIMALDI

21 agosto 2016


Allegato Rimosso
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