[Disarmo] R: Torna il sereno tra Israele e Unione europea



Armi per pane

 

Uccidere è peccato, ma non lo è produrre armi di sterminio

 

Tra i dieci comandamenti c’è 'non uccidere' ma non c’è 'non produrre armi'. Per armi intendo quelle pesanti con cui si fanno le guerre e gli stermini. Si proibisce l’uccisione ma non la produzione degli strumenti di uccisione. Certo, all’epoca di Mosè non c’erano armi terribili ma all’epoca della Costituzione Italiana c’erano e si conoscevano ed erano state sganciate due bombe atomiche, che avevano fatto strage indiscriminata di civili, donne e bambini, eppure l’art. 11 dice che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ma non proibisce la produzione delle armi con cui si fa la guerra. E l’Italia ne produce tante, tra cui la Valmara 69, una delle mine antiuomo più devastanti. Hanno poi chiamato la guerra "missione di pace" e hanno aggirato l’art. 11.

Non so se questa stessa norma è prevista nelle costituzioni degli altri Stati e comunque nel preambolo dello Statuto delle Nazioni Unite si legge: "Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all'umanità, [...]"

Nonostante l’impegno solenne delle Nazioni Unite, le guerre, in questi ultimi sessant’anni, non solo non sono per nulla cessate ma si sono fatte e si fanno con armi sempre più terribili e sempre più dotate dell’«intelligenza» di uccidere indiscriminatamente militari e civili e, con la novità di non avere termine, al punto che gli esperti parlano di guerra continua.

Che le guerre siano una componente intrinseca nella natura degli esseri viventi? Il filosofo Noberto Bobbio (1910-2004), in un’intervista a La Repubblica, 24 febbraio 2002, afferma: "Tutta intera la storia dell'uomo dalle sue origini, quali che siano le cadenze del tempo, è percorsa dalla volontà di potenza, solo moderata, ma non mai del tutto vinta. Hegel una volta definì la storia un immenso mattatoio. Mattatoio è stata. Non vedo alcuna ragione per cui mattatoio non continui ad essere. Si spegne una guerra se ne accende un'altra. Bruciano continuamente, in ogni tempo, guerre nelle più diverse regioni della terra. Per fare l'esempio che abbiamo sotto gli occhi, la feroce guerra che insanguina Israele e la terra di Palestina ormai da cinquant'anni e che ha scavalcato il secolo. Nulla di nuovo sotto il sole".

Io che non sono né Bobbio né Hegel penso, un pensiero così, terra terra, da intellettuale ruspante quale io sono: "Se c’è chi studia, progetta e produce armi, dovrà pur venderle. Non potrà mica andare in fallimento! Che allora le guerre siano la conseguenza logica della produzione delle armi e si fanno per svuotare i magazzini e guadagnare sui danari investiti?!" Il dubbio è forte e anche Papa Francesco l’ha detto e mi pongo e pongo la domanda: «È possibile una storia dell'umanità senza guerre?». Non lo so! Ma non è neanche vietato provarci! E provarci non fa male, anzi fa sicuramente bene!

E comunque, se le guerre non potranno essere abolite, se anche le donne fanno le guerre, come ci racconta Giovanni Verga ne "I Malavoglia": "Di solito gli uomini non s’immischiano in quelle liti di donne, se no le questioni s’ingrosserebbero e potrebbero andare a finire a coltellate; invece le comari, dopo che hanno messo fuori la scopa, e si sono voltate le schiene, e si sono sfogate a dirsi improperi, e a strapparsi i capelli, si riconciliano subito, e si abbracciano e si baciano, e si  mettono sull’uscio a chiacchierare come prima." [Grande romanzo 'I Malavoglia', più lo si rilegge e più vi si trova saggezza e insegnamento].   

Se le guerre non potranno essere abolite, che sicuramente è necessario e anche salutare, ogni tanto, sputare fuori la tensione e la rabbia accumulata nella continua ricerca dell’equilibrio instabile di cui è fatta e si sostanzia la convivenza civile, che si aboliscano allora le armi pesanti. C’è una bella differenza tra una guerra combattuta colle scope, come fanno le donne di Verga, e una combattuta con le bombe atomiche. 

Se penso al costo degli eserciti e di questi micidiali strumenti di morte; se penso alle sofferenze che potrebbero essere alleviate col denaro risparmiato; se penso che nelle discussioni attorno alla attuale crisi finanziaria non ho mai sentito includere, tra i tagli, quello delle spese militari, qual moto allora, / mortal prole infelice, o qual pensiero / verso te finalmente il cor m'assale? / Non so se il riso o la pietà prevale [da 'La ginestra' di Giacomo Leopardi].

Per dare senso a quanto sopra affermato prendo, solennemente, i due impegni appreso enunciati. A) Ritornare alle urne elettorali se sorge, in Italia, un partito che proponga di aggiungere all’articolo 11 della Costituzione il seguente comma: "All’interno del territorio della Nazione, sono bandite, in modo assoluto e inderogabile, la produzione, il commercio, il transito e la sosta di armi pesanti finalizzate alle guerre di ogni tipo e di ogni genere." B) Andare a messa, pur restando agnostico e laico convinto, tutte le sante domeniche che ho da vivere, se il Papa pronuncia solenne e formale scomunica nei confronti di coloro che producono, commerciano e usano armi pesanti finalizzate alle guerre di ogni tipo e di ogni genere.

Tuttavia, senza bisogno dell’intervento del Papa, queste persone la scomunica se la creano da soli e se la portano dentro perché uccidere ed anche pensare e progettare i modi per uccidere altri uomini non può lasciare le coscienze tranquille. Sarà ben diverso il modo di porsi di fronte ai propri figli tra un progettista di bambinopoli e uno di armi? 

Il poeta Ignazio Buttitta, ragazzo del 99, ancora all’età di novant’anni si portava dentro gli occhi i ragazzi austriaci che, nell’agosto del 1918, aveva ucciso sul Piave. E nella poesia 'Lettera a una mamma tedesca' così si esprime. Mamma tedesca, / ti scrivi ddu surdatu talianu / chi t’ammazzò lu figghiu. / Mmaliditta dda notti / e l’acqui di lu Piavi / e li cannuna e li bummi / e li luci chi c’eranu; / mmaliditti li stiddi / e li prigheri e li vuci / e lu chiantu e li lamenti / e l’odiu, mmaliditti! / Mamma tedesca, / iu, l’assassinu / ca t’ammazai lu figghiu: / comu pozzu dòrmiri  / ed abbrazzari li me picciriddi? [Mamma tedesca, / ti scrive quel soldato italiano / che ti ha ammazzato il figlio. / Maledetta quella notte / e le acque del Piave / e i cannoni e le bombe / e le luci che c’erano; / maledette le stelle / e le preghiere e le voci / e il pianto e i lamenti / e l’odio, maledetti! / Mamma tedesca, / io, l’assassino / che ti ha ucciso il figlio: / come posso dormire / e abbracciare i miei bambini?].

Lo scrittore analfabeta Vincenzo Rabito, anche lui ragazzo del 99, nel suo diario pubblicato da Einaudi col titolo 'Terra Matta', conclude il racconto della presa di Monte Fiore, a cui ha preso parte, con queste parole.  Quanti morti, quanti ferite, quanti pianti, quanti dolori, quante lacrime. . . E così, amme, tutta la paura che aveva, mi ha passato che deventaie un carnefice. In pochi giorni sparava e ammazzava come uno brigante, no io solo, ma erimo tutti li ragazzi del 99, che avemmo arrivati piangendo, perché avemmo il cuore di piccoli, ma, con questa carneficina che ci è stata, deventammo tutti macellaie di carne umana. 

Ma ancorché non si è poeti e d’animo sensibile, la proibizione della produzione delle armi può essere condivisa anche dagli egoisti dal cuore arido, da coloro che ritengono che tanto, le persone, devono, prima o poi, morire e che la guerra anticipa di poco la loro morte: basta prospettare loro i vantaggi che se ne avrebbero investendo in altro modo i danari delle armi. Ne è d’esempio il secolo ventesimo: difronte ai problemi economici d’inizio secolo. Gli Stati europei investirono in armi e innescarono la prima, e poi anche la seconda, guerra mondiale avviandosi al suicidio economico e politico, da cui, ancora oggi non riescono a riemergere. Gli Stati Uniti d’America investirono in infrastrutture e in opere di miglioramento e, alla fine, furono gli unici vincitori. 

Il bando delle armi avrebbe consensi trasversali eppure non c’è partito politico al mondo che lo mette al primo punto. Mah! Cosa hanno in testa e nel cuore i politici in generale e quelli che si dicono di sinistra? Mistero! Gli stessi padri della Costituzione Italiana pensarono a ripudiare la guerra e non a bandire le armi che sono la cosa più terribile.

Se avessi potere politico o economico o altro mi farei portatore del bando delle armi, ma ho la debolezza della mia misera pensione e perciò mi accontento di scrivere su operaincerta e ambisco al consenso di qualche lettore. 

Ragusa, 10 febbraio 2015

                                                                                         Ciccio Schembari

 

Articolo pubblicato sul n. 114/2015 "Liberi libri" della rivista ondine www.operaincerta.it

 

 

Da: disarmo-request at peacelink.it [mailto:disarmo-request at peacelink.it] Per conto di rossana123 at libero.it
Inviato: domenica 14 febbraio 2016 17:56
A: disarmo at peacelink.it
Oggetto: [Disarmo] Torna il sereno tra Israele e Unione europea

 

di Michele Giorgio

Territori Occupati. Dopo le tensioni sulle colonie dei mesi scorsi le due parti hanno raggiunto un'intesa per la riconciliazione. Diversi Paesi dell'Unione hanno premuto per ricucire lo strappo con Netanyahu che ora sorride. I palestinesi si aspettano riflessi negativi

Cosa significherà sul piano politico la sopraggiunta distensione tra Israele e Unione europea non è ancora chiaro. Per ora si sa che le due parti hanno fumato il calumet della pace mettendo da parte le tensioni seguite alla decisione presa lo scorso 11 novembre dalla Commissione europea di richiedere una etichettatura diversa dal “Made in Israel” per le merci prodotte nelle colonie israeliane costruite nei Territori palestinesi e siriani occupati. In un colloquio telefonico due giorni fa tra il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il capo della diplomazia europea Federica Mogherini, è stato deciso che le «relazioni tra le due parti devono essere condotte in un’atmosfera di fiducia e mutuo rispetto: un’atmosfera che sarà di aiuto per far avanzare il processo di pace in Medio Oriente». Netanyahu sarà nelle prossime settimane a Bruxelles per definire i termini l’intesa.

I nostri tentativi di ottenere maggiori particolari sulle intese dai rappresentanti della Commissione europea a Gerusalemme non hanno avuto successo. Gli interrogativi sono importanti. Appena qualche giorno fa regnava il gelo tra le due parti, con il governo Netanyahu deciso, come aveva annunciato a novembre, a tenere a distanza l’Ue da qualsiasi negoziato futuro tra Israele e palestinesi (una pura ipotesi tecnica vista la situazione). Poi, all’improvviso, è tornato a splendere il sole e sul volto del premier israeliano è apparso il sorriso. Fonti europee riferiscono che alcuni Paesi dell’Unione, quelli storicamente più vicini a Tel Aviv e anche la Grecia di Tsipras, hanno premuto con forza per ricucire lo strappo con Netanyahu.

Determinante sarebbe stato l’arrivo a Gerusalemme, la scorsa settimana, della vice segretario generale dell’Unione per le relazioni esterne, Helga Schmid, incaricata di mettere fine ai contrasti. Schmid ha avuto lunghi colloqui con il direttore del ministero degli esteri Dore Gold trovando, evidentemente, le giuste intese. Quali? Possibile che il premier Netanyahu si sia accontentato di una assicurazione che l’Ue non cercherà di determinare lo status futuro dei Territori occupati fuori dal tavolo delle trattative bilaterali israelo-palestinesi? Certo i rapporti con l’Europa sono molto importanti per Israele ma è difficile credere che il governo Netanyahu si sia dimenticato della questione dell’etichettatura diversa per i prodotti delle colonie e delle altre misure adottate dall’Ue contro gli insediamenti colonici. Il sorriso del primo ministro deriva, ci spiegavano ieri fonti europee, dal fatto che i vertici dell’Unione hanno accettato di finanziare solo dopo il via libera dell’esercito di occupazione israeliano, nuovi progetti nella zona C della Cisgiordania, il 60% di questo territorio palestinese che 22 anni dopo la firma degli accordi di Oslo resta sotto il controllo esclusivo di Israele. I progetti dell’Ue avviati “senza autorizzazione” hanno fatto infuriare i leader israeliani che considerano la zona C della Cisgiordania un territorio di fatto annesso allo Stato ebraico. In quest’area infatti non conosce soste la colonizzazione che era e resta saldamente in cima al programma del governo Netanyahu. I nuovi colloqui avrebbero aperto la strada anche a nuove intese in materia di sicurezza. Mogherini inoltre ha espresso «solidarietà con il popolo israeliano alla luce degli attacchi terroristici delle recenti settimane». Parole che lasciano immaginare che l’Ue non rimarcherà cause, contesto e occupazione militare israeliana se e quando interverrà sull’Intifada e quanto accade nei Territori occupati.

Situazione che resta molto tesa. Ieri una 18enne palestinese, Kilzar al-Eweiei, è stata uccisa a Hebron dopo aver ferito con un coltello un soldato e un altro palestinese. Quest’ultimo, Abed al Rajabi, 52 anni, dopo l’accoltellamento del soldato avrebbe cercato, secondo il resoconto dell’accaduto fatto dall’agenzia palestinese Maan, di coprire la ragazza per impedire che venisse uccisa dai militari ma è stato raggiunto da una pugnalata sferrata dalla donna convinta, forse, di trovarsi di fronte un colono israeliano. Intanto si aggravano le condizioni di Mohammed al Qiq, il prigioniero politico palestinese in sciopero della fame in un carcere israeliano da oltre 70 giorni. In suo sostegno ieri sera a Gerusalemme sono scesi anche numerosi attivisti israeliani e due di loro, Anat Lev e Anat Rimon Or, da venerdì digiunano per chiedere la liberazione immediata di al Qiq, in detenzione amministrativa senza processo dallo scorso 21 novembre.

 




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