Data: Tue, 02 Feb 2016 08:01:09 +0100
Oggetto: Dietro la maschera «anti-Isis»
L’arte della guerra
Dietro la maschera «anti-Isis»
Manlio Dinucci
Quest’anno il Carnevale romano si
apre il 2 febbraio, quando si esibisce alla Farnesina lo
«small group», il piccolo gruppo ministeriale (23 paesi
più la Ue) della «Coalizione globale anti-Daesh/Isis»,
co-presieduto dal segretario di Stato Usa John Kerry e dal
ministro degli esteri Paolo Gentiloni. Ne fanno parte,
mascherati da antiterroristi, i maggiori sponsor del
terrorismo di «marca islamica», da decenni usato per
minare e demolire gli Stati che ostacolano la strategia
dell’impero.
Alla testa della sfilata in maschera gli Stati uniti e
l’Arabia Saudita. Quelli che – documenta una inchiesta del
New York Times (24 gennaio) – armano e addestrano i
«ribelli» da infiltrare in Siria per l’operazione «Timber
Sycamore», autorizzata segretamente dal presidente Obama
nel 2013, condotta dalla Cia e finanziata da Riyad con
milioni di dollari. Confermata dalle immagini video
del senatore Usa John McCain che, in missione in Siria per
conto della Casa Bianca, incontra nel maggio 2013 Al
Baghdadi, il «califfo» a capo dell’Isis.
È l’ultima delle operazioni coperte Usa-Saudite, iniziate
negli anni Settanta e Ottanta: per destabilizzare l’Angola
e altri paesi africani, per armare e addestrare i
mujahiddin in Afghanistan, per sostenere i contras in
Nicaragua. Ciò spiega perché gli Stati uniti non criticano
l’Arabia Saudita per la violazione dei diritti umani e la
sostengono attivamente nella guerra che fa strage di
civili nello Yemen.
Fanno parte del gruppo mascherato anche la Giordania e il
Qatar dove, documenta il New York Times, la Cia ha
costituito le basi di addestramento dei «ribelli»,
compresi «gruppi radicali come Al Qaeda», da infiltrare in
Siria e altri paesi. Il Qatar fornisce per tali operazioni
anche commandos, come fece quando nel 2011 inviò in Libia
almeno 5mila uomini delle forze speciali. «Noi qatariani eravamo tra i ribelli libici sul
terreno, a centinaia in ogni regione», dichiarò poi il
capo di stato maggiore Hamad al-Atiya (The Guardian, 26
ottobre 2011).
Tra gli «antiterroristi» che si esibiscono alla Farnesina
ci sono anche gli Emirati Arabi Uniti, che hanno formato
dal 2011 tramite la Blackwater un esercito segreto
mercenario di circa 2mila contractor, di cui circa 450
(colombiani e altri latinoamericani) sono ora impegnati
nell’aggressione allo Yemen.
C’è il Bahrain che, dopo aver schiacciato nel sangue
l’opposizione democratica interna con l’aiuto delle
truppe saudite, ora restituisce il favore affiancando
l’Arabia Saudita nel massacro degli yemeniti, impresa a
cui partecipa il Kuwait, anch’esso membro del gruppo
«antiterrorista».
Di cui fa parte la Turchia, avamposto Nato della guerra
contro la Siria e l’Iraq, che ha sostenuto l’Isis
inviandogli ogni giorno centinaia di tir carichi di armi e
altri materiali. Per aver pubblicato le prove, anche
video, della fornitura di armi all’Isis da parte dei
servizi segreti di Ankara, i giornalisti turchi Can Dündar e
Erdem Gül sono stati arrestati e rischiano l’ergastolo.
Tra le presenze occidentali nel gruppo mascherato spiccano
la Francia e la Gran Bretagna, che usano forze speciali e servizi segreti per
operazioni coperte in Libia, Siria e altri paesi.
Fa gli onori di casa l’Italia, che ha contribuito a
incendiare il Nordafrica e Medioriente partecipando alla
demolizione della Libia. Dove ora si prepara a ritornare,
addirittura col ruolo «guida», per un’altra guerra sotto
comando Usa/Nato, che, mascherata da «peacekeeping», mira
al controllo delle zone strategiche e delle risorse
energetiche libiche. Nei saloni della Farnesina
riecheggiano le note di «Tripoli, bel suol d’amore», la
canzone che nel 1911 inneggiava alla guerra coloniale in
Libia.
(il manifesto, 2 febbraio 2016)
Sullo
stesso argomento vedi «La notizia» su Pandora Tv
http://www.pandoratv.it/?p=6025
------ Fine
J. Ellero