I cacciabombardieri che martellano Gaza sono F-16 e F-15 forniti dagli Usa a Israele (oltre 300, più altri aerei ed elicotteri da guerra), insieme a migliaia di missili e bombe a guida satellitare e laser.
Come documenta il Servizio di ricerca del Congresso Usa (11 aprile 2014), Washington si è impegnato a fornire a Israele, nel 2009–2018, un aiuto militare di 30 miliardi di dollari, cui l’amministrazione Obama ha aggiunto nel 2014 oltre mezzo miliardo per lo sviluppo di sistemi anti-razzi e anti-missili. Israele dispone a Washington di una sorta di cassa continua per l’acquisto di armi statunitensi, tra cui sono previsti 19 F-35 del costo di 2,7 miliardi. Può inoltre usare, in caso di necessità, le potenti armi stoccate nel «Deposito Usa di emergenza in Israele». Al confronto, l’armamento palestinese equivale a quello di chi, inquadrato da un tiratore scelto nel mirino telescopico di un fucile di precisione, cerca di difendersi lanciandogli il razzo di un fuoco artificiale.
Un consistente aiuto militare a Israele viene anche dalle maggiori potenze europee. La Germania gli ha fornito 5 sottomarini Dolphin (di cui due regalati) e tra poco ne consegnerà un sesto. I sottomarini sono stati modificati per lanciare missili da crociera nucleari a lungo raggio, i Popeye Turbo derivati da quelli Usa, che possono colpire un obiettivo a 1500 km. L’Italia sta fornendo a Israele i primi dei 30 velivoli M-346 da addestramento avanzato, costruiti da Alenia Aermacchi (Finmeccanica), che possono essere usati anche come caccia per l’attacco al suolo in operazioni belliche reali.
La fornitura dei caccia M-346 costituisce solo una piccola parte della cooperazione militare italo-israeliana, istituzionalizzata dalla Legge n. 94 del 17 maggio 2005. Essa coinvolge le forze armate e l’industria militare del nostro paese in attività di cui nessuno (neppure in parlamento) viene messo a conoscenza. La legge stabilisce infatti che tali attività sono «soggette all’accordo sulla sicurezza» e quindi segrete. Poiché Israele possiede armi nucleari, alte tecnologie italiane possono essere segretamente utilizzate per potenziare le capacità di attacco dei vettori nucleari israeliani. Possono essere anche usate per rendere ancora più letali le armi «convenzionali» usate dalla forze armate israeliane contro i palestinesi.
La cooperazione militare italo-israeliana si è intensificata
quando il 2 dicembre 2008, tre settimane prima dell’operazione
israeliana «Piombo fuso» a Gaza, la Nato ha ratificato il «Programma
di cooperazione individuale» con Israele. Esso comprende:
scambio di informazioni tra i servizi di intelligence,
connessione di Israele al sistema elettronico Nato, cooperazione
nel settore degli armamenti, aumento delle esercitazioni militari
congiunte.
In tale quadro rientra la «Blue Flag», la più grande esercitazione
di guerra aerea mai svoltasi in Israele, cui hanno partecipato nel
novembre 2013 Stati uniti, Italia e Grecia. La «Blue Flag» è servita
a integrare nella Nato le forze aeree israeliane, che avevano prima
effettuato esercitazioni congiunte solo con singoli paesi
dell’Alleanza, come quelle a Decimomannu con l’aeronautica italiana.
Le forze aeree israeliane, sottolinea il generale Amikam Norkin,
stanno sperimentando nuove procedure per potenziare la propria
capacità, «accrescendo di dieci volte il numero di obiettivi che
vengono individuati e distrutti». Ciò che sta facendo in questo
momento a Gaza, grazie anche al contributo italiano.