[Disarmo] Articoli sulla guerra Israele-Gaza




Dispiace che il Manifesto abbia ignorato, pur sapendolo, che a Venegono si è svolta una manifestazione contro la vendita degli M346 a Israele organizzata dal movimento No.f35_m346

http://bdsitalia.org/index.php/altre-campagne/bds-armamenti/1315-venegono-2014


Caccia made in Italy per i raid israeliani a Gaza di Antonio Mazzeo

Mentre nella striscia di Gaza è in atto l’operazione militare “Bordo protettivo”, la più devastante degli ultimi due anni, la testata giornalistica Heyl Ha’Avir annuncia che nelle prossime ore due caccia addestratori avanzati M-346 “Master” di produzione italiana saranno consegnati alle forze armate israeliane. Si tratta dei primi velivoli prodotti dagli stabilimenti di Venegono Superiore (Varese) di Alenia Aermacchi, gruppo Finmeccanica, ordinati da Israele nel febbraio 2012. Gli M-346 giungeranno nella base di Hatzerim, nei pressi di Beersheba, deserto del Negev, dove - secondo le autorità militari - saranno impiegati per la formazione di piloti e operatori di sistemi. I “Master” saranno denominati “Lavi” (leone in ebraico), come il progetto per un sofisticato caccia di produzione nazionale, cancellato nel 1987 per i suoi insostenibili costi finanziari. “I Lavi consentiranno uno sviluppo qualitativo e quantitativo nell’addestramento dei futuri piloti”, ha dichiarato il generale Shmuel Zucker, capo delle acquisizioni di armamenti del ministero della difesa d’Israele. Alenia Aermacchi conta di concludere la consegna dei restanti 28 esemplari entro il 2016.
Il governo israeliano ha deciso di assegnare i caccia M-346 alle Tigri volanti del 102° squadrone dell’Aeronautica militare per addestrare i piloti alla guida dei cacciabombardieri di nuova generazione come “Eurofighter”, “Gripen”, Rafale, F-22 ed F-35, ma potranno essere utilizzati anche per attacchi al suolo con bombe e missili aria-terra o antinave. I velivoli di Alenia Aermacchi prenderanno il posto degli obsoleti TA-4 Skyhawk di produzione statunitense, alcuni dei quali furono utilizzati nei bombardamenti di Gaza nel 2010. 

Il primo addestratore M-346 è stato presentato il 20 marzo scorso nel corso di una cerimonia tenutasi presso lo stabilimento Alenia Aermacchi di Venegono Superiore, alla presenza di alti ufficiali del Ministero della Difesa e dell’aeronautica militare israeliana e dei partner industriali stranieri. Alla produzione dei caccia (la cui copertura finanziaria è assicurata dal gruppo UniCredit) concorrono infatti importanti aziende internazionali. Northrop Grumman Italia fornisce il sistema per la misura di assetto e direzione “LISA 200”, basato su giroscopi a fibre ottiche realizzati nello stabilimento di Pomezia; Elbit Systems, grande azienda israeliana specializzata nella realizzazione di tecnologie avanzate, sviluppa il nuovo software caricato sugli addestratori per consentire ai piloti di esercitarsi alla guerra elettronica, alla caccia alle installazioni radar e all’uso di sistemi d’arma all’avanguardia. In vista del nuovo “Lavi”, Elbit Systems ha costituito con IAI - Israel Aircraft Industries il consorzio denominato “TOR”, ottenendo dal governo israeliano finanziamenti per 603 milioni di dollari. Il consorzio ha già comunicato di aver completato nella base di Hatzerim la costruzione del centro di addestramento a terra destinato ad accogliere i simulatori di volo. Parte del supporto logistico e le attività di manutenzione e riparazione degli M-346 saranno garantite in loco da personale di Alenia Aermacchi, grazie ad un contratto di 140 milioni di euro sottoscritto lo scorso anno con le imprese israeliane. Altra azienda impegnata nella produzione di componenti per l’M-346 è Honeywell Aerospace Europe, con sede a Raunheim (Francoforte) ma controllata interamente dalla statunitense Honeywell International, Inc..
I bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza hanno preso il via martedì 8 luglio e secondo fonti palestinesi avrebbero già causato la morte di 28 civili e più di un centinaio di feriti. Il governo di Tel Aviv ha ammesso di aver compiuto 160 attacchi aerei, “colpendo 120 postazioni e rifugi di militanti di Hamas o luoghi da dove venivano lanciati razzi contro Israele”. Intanto non è escluso che nelle prossime ore venga scatenata un’offensiva via terra. Un imponente dispiegamento di militari è stato registrato alle frontiere con Gaza e il governo ha autorizzato l’esercito ad attivare 40.000 riservisti. “Se avremo la necessità d’intervenire con un’operazione terrestre, noi lo faremo”, ha dichiarato in un’intervista televisiva il ministro dell’interno Yitzhak Aharonovitch. “Quest’opzione esiste e le istruzioni del premier Netanyahu sono di prepararsi ad una profonda, lunga, continua e forte campagna a Gaza. Noi non ci fermeremo sino a quando non si arresterà il lancio di razzi contro Israele”.


Il terrore di Gaza sotto i raid aerei di Michele Giorgio inviato a Gaza


Reportage. Israele sostiene di prendere di mira leader e militanti islamisti ma ci sono soprattutto donne, bambini e tanti civili innocenti tra le vittime palestinesi dei bombardamenti aerei. I morti ieri sera erano 52, 450 i feriti. La tregua resta un miraggio

I diri­genti poli­tici e i comandi mili­tari di Israele anche ieri hanno ripe­tuto che «schiac­ce­ranno la testa al ser­pente», cioè Hamas. “Maa­riv” un quo­ti­diano vicino al governo Neta­nyahu ha pure pub­bli­cato le foto dei lea­der del movi­mento isla­mico che, al fine di costrin­gere l’ala mili­tare di Hamas a ces­sare i lanci di razzi, dovranno essere eli­mi­nati fisi­ca­mente: l’ex primo mini­stro di Gaza Ismail Haniyeh, Yahiya San­nour, Muham­mad Dayf, Raid al-Attar, Ruhi Mish­taha e Mar­wan Issa. Que­ste inten­zioni, riba­dite ad ogni occa­sione, non tro­vano riscon­tro sul ter­reno. Per­chè “Bar­riera Pro­tet­tiva”, la mas­sic­cia offen­siva aerea lan­ciata da Israele a ini­zio set­ti­mana sta facendo strage di civili pale­sti­nesi di tutte le età.

I mis­sili e le bombe che si abbat­tono sulle case pale­sti­nesi non ucci­dono i capi di Hamas o di altre orga­niz­za­zioni armate che, sapendo di essere nel mirino di Israele, da tempo sono al riparo in rifugi segreti. Nelle quasi 60 abi­ta­zioni rase al suolo dall’aviazione israe­liana nelle ultime 72 ore c’erano in pre­va­lenza per­sone che non pos­sono essere con­si­de­rate un ber­sa­glio per­chè impa­ren­tate con i “ricer­cati”. Nelle case pale­sti­nesi inse­rite negli elenci di Israele ci sono soprat­tutto madri e bam­bini pic­coli, che pas­sano gran parte del tempo tra le mura dome­sti­che. Ieri è stata un’altra eca­tombe. A Maghazi la vita di Sumud Nawa­srah e dei suoi bimbi, Muham­mad 4 anni e Nidal di pochi mesi, è ter­mi­nata in un attimo, schiac­ciata dalle mace­rie della loro abi­ta­zioone cen­trata in pieno da una bomba ad alto poten­ziale. Sumud, Nidal e Moham­med meri­ta­vano di morire per­chè erano figli, moglie o parenti di un espo­nente di Hamas o di un’altra orga­niz­za­zione? Il por­ta­voce mili­tare israe­liano spiega che a chi occupa le case viene man­dato un avver­ti­mento, via tele­fono. I pale­sti­nesi rife­ri­scono anche di pic­coli e poco potenti razzi che l’aereo spara con­tro il ber­sa­glio prima dell’attacco vero e pro­prio, in modo da dare tempo ai pre­senti di allon­ta­narsi. La gente spesso non scappa, per­chè ritiene pro­fon­da­mente ingiu­sta la distru­zione della pro­pria casa o quella dei vicini. Oppure non si rende conto delle inten­zioni israeliane.

Amina Malak, una mamma di 27 anni, suo figlio di un anno e mezzo Muham­mad e un ragazzo Hatim Abu Salim, 18 anni, sono morti in un attacco aereo con­tro un’abitazione a Zay­toun (Gaza city). I tre ave­vano la “colpa” di vivere nelle imme­diate vici­nanze dell’edificio col­pito. Pre­av­ver­titi gli abi­tanti della casa sono riu­sciti a met­tersi in salvo: invece i tre uccisi non si erano resi conto del peri­colo incom­bente. Sono solo alcuni fra i “casi” di que­sti ultimi due giorni. Non pos­sono essere dimen­ti­cati den­tro que­sto immenso bagno di san­gue, i due fra­tel­lini di 12 e 13 anni, Amin e Moham­med Arif, 12 e 13 anni, uccisi ieri da un mis­sile men­tre erano in strada a Sha­jaya (Gaza city). L’elenco di vit­time civili pale­sti­nesi, “danni col­la­te­rali della lotta al ter­ro­ri­smo”, si allunga nell’indifferenza gene­rale: in due giorni almeno 45 morti e oltre 370 feriti. Il numero in forte aumento dei feriti, in una terra in costante emer­genza uma­ni­ta­ria, ha subito avuto un impatto sul lavoro degli ospe­dali. E il mini­stero della salute di Gaza ha lan­ciato l’allarme sulla carenza di alcuni medi­ci­nali e di kit di pronto intervento.

«Non ho alcuna pietà per gli israe­liani, non mi importa se sof­fri­ranno per­chè loro ci stanno ammaz­zando come bestie. Quello che voglio ora è una piog­gia di razzi su Israele». Kha­wla Hamad pro­nun­cia parole duris­sime, non prova com­pas­sione per coloro che dall’altra parte del con­fine fanno i conti con i razzi lan­ciati da Gaza. La sua rab­bia è incon­te­ni­bile. Poche ore prima a Beit Hanun un mis­sile sgan­ciato da un F-16 aveva deci­mato la sua fami­glia. E’ stato fatto a pezzi il “ber­sa­glio”, Hafez Hamad, un lea­der locale del Jihad, e assieme a lui diversi com­po­nenti della sua fami­glia e un vicino: Ibra­him Mame­dh­med, 26 anni, Mahdi Hamad, 46, Faw­zia Hamad, 62, Mehdi Hamad 16 e Suha Hamad, 25. Poche cen­ti­naia di per­sone hanno par­te­ci­pato ai fune­rali delle sei vit­time. Di solito in que­ste occa­sioni i cor­tei fune­bri sono seguiti da migliaia di per­sone ma la gente ha paura. Teme a rime­nere troppo a lungo fuori casa. E le sem­pre affol­late strade dei campi pro­fu­ghi sono vuote. Come vuote sono le strade di Gaza city non rispar­miata dagli attac­chi aerei, decine in ogni zona della città anche se sono presi di mira soprat­tutto i quar­tieri set­ten­trio­nali roc­ca­forte del movi­mento islamico.

In que­ste ore in cui i mas­simi lea­der di Israele, dal pre­mier Neta­nyahu e al pre­si­dente uscente Peres, hanno chia­rito che “Bar­riera Pro­tet­tiva” non solo andrà avanti ma si espan­derà pre­sto con un’offensiva di terra, molti guar­dano ad Hamas per capire quali siano i suoi obiet­tivi a breve ter­mine. Il movi­mento isla­mico, che ha riven­di­cato il lan­cio dei razzi a lungo rag­gio M360 e M75 che ieri hanno sfio­rato la città di Zicron Yaa­cov (oltre 110 km da Gaza), chiede la fine dell’assedio di Gaza attuato da Israele (e dall’Egitto) e la libe­ra­zione delle cen­ti­naia di pale­sti­nesi arre­stati dopo il rapi­mento in Cisgior­da­nia dei tre ragazzi ebrei. Hamas, spie­gano a Gaza, vuole anche recu­pe­rare il rap­porto con l’Egitto total­mente per­duto dopo il colpo di stato mili­tare di un anno fa a danno dell’alleato pre­si­dente isla­mi­sta Moham­med Morsi. Il Cairo però respinge que­sto riav­vi­ci­na­mento e i media­tori egi­ziani con­ti­nuano a nego­ziare solo con il Jihad Islami.

Ieri, in diretta sulle tv arabe, il lea­der di Hamas, Kha­led Mashaal ha attri­buito a Israele la respon­sa­bi­lità dell’escalation e con­dan­nato l’atteggiamento della comu­nità inter­na­zio­nale. «Gli euro­pei ci stanno offrendo calma per calma come se — ha pro­te­stato — aves­simo comin­ciato noi… Neta­nyahu ha com­bat­tuto la ricon­ci­lia­zione pale­sti­nese, ha por­tato i nego­ziati di pace all’impasse e ha vol­tato le spalle al mondo». Infine Meshaal ha riba­dito che l’ala mili­tare di Hamas con­ti­nuerà i lanci di razzi sino a quando Israele met­terà per prima fine agli attac­chi con­tro i pale­sti­nesi. A sera Hamas ha lan­ciato sette razzi verso Dimona (Neghev). Tre sono stati inter­cet­tati in volo, gli altri quat­tro sono caduti in zone deser­ti­che. La cen­trale ato­mica non è stata col­pita. Poi con l’oscurità è Gaza è stata presa dall’angoscia dei raid aerei notturni.

Ieri in tarda serata gira­vano voci di incur­sioni di mezzi coraz­zati israe­liani a nord della Stri­scia alla ricerca delle rampe di lan­cio dei razzi pale­sti­nesi. Sul sito del quo­ti­diano israe­liano Yedioth Aha­ro­not un alto uffi­ciale israe­liano ha affer­mato che i ser­vizi segreti non dispon­gono di infor­ma­zioni d’intelligence sui luo­ghi in cui sono nasco­sti i mis­sili a lungo rag­gio. «Se sapes­simo dove sono i razzi a lunga git­tata – ha affer­mato – li avremmo già col­piti». Accanto alle ope­ra­zioni mili­tari, diversi espo­nenti del governo israe­liano con­ti­nuano a sug­ge­rire puni­zioni col­let­tive con­tro i pale­sti­nesi. Il vice mini­stro della difesa Danny Danon, un falco del Likud, ha pro­po­sto di togliere imme­dia­ta­mente la cor­rente elet­trica a Gaza e impe­dire l’ingresso nella Stri­scia di ben­zina e gaso­lio. Se que­sta minac­cia fosse messa in pra­tica, per Gaza sarebbe un disa­stro simile agli attac­chi aerei che sta subendo. Già oggi, per la man­canza di una pro­du­zione suf­fi­ciente, l’erogazione di ener­gia elet­trica è limi­tata a poche ore al giorno con gravi riflessi non solo sulla vita delle fami­glie ma anche per i ser­vizi pub­blici. A comin­ciare a quelli sani­tari e di emergenza.


I raid aerei non accettano gli esseri umani di Marco Bascetta

Che cosa è uno «scudo umano»? La tra­gica mat­tanza di civili in corso nella stri­scia di Gaza in que­sti giorni impone con urgenza di porsi que­sta domanda. Nel gergo mili­tare, e nella lin­gua cor­rente che lo assi­mila senza troppo inter­ro­garsi, si tratta di civili, pre­fe­ri­bil­mente i più inermi, schie­rati intorno a un obiet­tivo mili­tare per dis­sua­dere dal colpirlo.

O meglio, per fare in modo che chi, nono­stante tutto decida di col­pirlo, come pun­tual­mente avviene, si mac­chi di un orri­bile cri­mine di guerra da spen­dere poi sul tavolo della pro­pa­ganda. A par­tire da que­sta cinica defi­ni­zione si aprono due pos­si­bi­lità. Nella prima gli «scudi umani» ven­gono costretti a svol­gere que­sta fun­zione e rien­trano dun­que a pieno titolo nella cate­go­ria degli «ostaggi».

Nel secondo caso si schie­rano volon­ta­ria­mente e rien­trano, per que­sto, quella dei «com­plici». In entrambi i casi ci sono poche pos­si­bi­lità di scampo, a meno che gli «ostaggi» non pro­ven­gano dalle file dell’aggressore, nel qual caso si aprono mar­gini di trattativa.

Que­sto bru­tale punto di vista pog­gia sul fatto che la fun­zione di «scudo» vien fatta ampia­mente pre­va­lere sull’essere umano che la incarna. Senza con­tare gli «effetti col­la­te­rali», ossia le vit­time inno­centi, che nes­suna «chi­rur­gia» bel­lica rie­sce a rispar­miarsi. Nella Stri­scia di Gaza, dalla den­sità demo­gra­fica più alta al mondo, le cir­co­stanze si fanno, poi, ancora più dram­ma­ti­che. I civili che, nono­stante gli avver­ti­menti dell’esercito israe­liano un minuto prima di pre­mere il gril­letto, non si allon­ta­nano dai luo­ghi della loro (grama) esi­stenza quo­ti­diana fanno spesso scudo non già a un ber­sa­glio (que­sto o quel capo di Hamas) che il più delle volte ha preso il volo per tempo, ma al pro­prio habi­tat, al pro­prio vici­nato, alle pro­prie fami­glie e abitazioni.

E que­sto habi­tat pre­senta, nell’inverosimile mol­ti­tu­dine (den­sità) di quel luogo, una con­ti­guità ine­vi­ta­bile tra mili­ziani e civili, tra espo­nenti poli­tici e comuni cit­ta­dini, tra posta­zioni mili­tari e strut­ture civili. Gaza è il risul­tato invi­vi­bile di una inge­gne­ria infernale.

Forse uno sce­na­rio con tutta evi­denza para­dos­sale può ser­vire a ren­dere l’idea della situa­zione. Imma­gi­niamo che si voglia com­bat­tere la camorra facendo inter­ve­nire l’aviazione con­tro le abi­ta­zioni dei capi­clan nella «terra dei fuo­chi» o nei comuni della fascia vesu­viana. Quanti «scudi umani» ci andreb­bero di mezzo? Ci vor­rebbe una buona dose di disprezzo «etnico» per far dige­rire all’opinione pub­blica una simile esibizione.

Lo «scudo umano» non è che l’invenzione e il pre­te­sto di una stra­te­gia mili­tare che non accetta vin­coli di natura uma­ni­ta­ria, che non tol­lera limi­ta­zioni di nes­sun genere nel per­se­gui­mento dei pro­pri obiet­tivi sul campo, lad­dove ogni osta­colo è con­si­de­rato un arma del nemico. E che, nella sostanza come nella pra­tica, non fa distin­zione tra civili e combattenti.

Un atteg­gia­mento «disu­ma­niz­zante» che non manca però di ripro­dursi pron­ta­mente dall’altra parte. Il por­ta­voce di Hamas Sami Abu Zuri dichiara peren­to­rio: «Adesso tutti gli israe­liani sono diven­tati obiet­tivi legit­timi». Con il che il cer­chio dell’orrore «legit­timo» si chiude. E si pro­ietta nel futuro.