[Disarmo] R: Re: F35: problemi sicurezza, timori per occupazione nel novarese



Bella intenzione, la riconversione. Ma non è questione di lungimiranza, è faccenda di sovranità limitata, o sudditanza che dir si voglia. Sia Giuliano che Franco infatti sembrano ignorare i nostri obblighi in politica internazionale, quale portaerei NATO-Usa nel Mediterraneo, regione chiave come anche scritto nel Libro bianco della nostra in apparenza sprovveduta (?) ministra della guerra. Per non dire degli obblighi in politica economica UE (ma anche mondiale) con ruolo di satellite produttivo europeo di secondo girone (il primo è Germania-Francia, il terzo le periferie europee orientali, il quarto le terre da depredare nel cosiddetto terzo mondo). Il problema sta a monte, e la soluzione non la troveremo in nessun socialdemocratico neoliberale. Se proprio vogliamo provarci la soluzione sta altrove, mettendo in conto di suscitare risposte imperialiste quali quelle sperimentate da Venezuela, Ukrajna, Jugoslavia ecc... All'operaio FIOM va detto che le mongolfiere nemmeno servono, seppur meno inutili degli F-35 e non offensive. La riconversione si potrebbe orientare su velivoli civili utilizzabili in campo agricolo o di difesa del territorio (antincendio, ad esempio, ma anche di difesa nazionale in un quadro di repubblica democratica non allineata, tanto per dire).
Ma come dicevo, la soluzione del problema sta a monte, è politica.
Chiaro che partendo da questi argomenti si potrebbe stendere un libro, organizzare vari convegni, cambiare la testa di parecchia gente e infine preparare la rivoluzione. Ma non è cosa da sviluppare in un e-mail, e non è compito primario di Peacelink.

Jure

Il 05/07/2014 15:33, farabir.fb ha scritto:
Giusto, condivido quanto scrive Giuliano. Ma per pensare alla
riconversione ci vorrebbero governanti centrali e locali molto
lungimiranti. La lungimiranza non è una dote dei nostri politici perchè
ha tempi lunghi mentre i politici hanno bisogno di tempi brevi per far
cassa in termini di voti e di prestigio.
Franco
-----------------------------------------
Franco BORGHI
Via Frescobaldi 13 - 44042 CENTO
Tel. 051.6836715
Cell.348.3802633
E-mail: xenos at iii.it <mailto:xenos at iii.it> - farabir at iii.it
<mailto:farabir at iii.it>

    ----- Original Message -----
    *From:* Giuliano Falco <mailto:giulianofalco at gmail.com>
    *To:* disarmo <mailto:disarmo at peacelink.it>
    *Sent:* Saturday, July 05, 2014 3:13 PM
    *Subject:* Re: [Disarmo] F35: problemi sicurezza, timori per
    occupazione nel novarese

    non c'è altra via: riconversione dell'industria
    militare...altrimenti: zitti e marciare!

    Giuliano Falco






    Il giorno 05 luglio 2014 09:38, rossana123 at libero.it
    <mailto:rossana123 at libero.it> <rossana123 at libero.it
    <mailto:rossana123 at libero.it>> ha scritto:


            Il nostro convegno servirà a mettere a punto una serie di
            cose fra cui:



            Sindacati preoccupati. Sindaco Cameri, attendiamo informazioni


        (ANSA) - NOVARA, 4 LUG - "La decisione del Pentagono di lasciare
        a terra gli F35, dopo l'incendio verificatosi in Florida, ci
        preoccupa. Attendiamo di avere notizie certe in merito alle
        eventuali ripercussioni sul progetto". Lo afferma il segretario
        generale della Cisl Piemonte Orientale, Luca Caretti, esprimendo
        preoccupazione per le ricadute occupazionali in provincia di Novara.
             Attualmente nello stabilimento novarese della Faco sono
        impiegati circa 200 persone: un'ottantina sono giovani diplomati
        del territorio, 80 provengono dagli Stati Uniti e altri 130 sono
        stati trasferiti dallo stabilimento Alenia di Caselle Torinese.
             "La preoccupazione c'era e oggi non può che aumentare",
        commenta Valeria Galli, sindaco di Cameri, il comune dove ha
        sede l'impianto Faco. "In attesa di conoscere i dettagli del
        libro bianco del governo sulla Difesa - aggiunge - la settimana
        prossima saremo in visita ufficiale all'aeroporto di Cameri: in
        quella sede cercheremo di avere informazioni chiare sulle
        conseguenze che questo incidente può avere sullo stabilimento.
             Bisognerà capire, a questo punto, qual è la quantità di
        investimenti e di risorse che saranno eventualmente messe in
        discussione, a fronte dell'enorme investimento che lo Stato
        Italiano ha già fatto". (ANSA).


        vi ricordate l'articolo del 3 luglio 2013 sulla Stampa? Ora
        siamo alla resa dei conti:


        Gli F35 e il dilemma dei sindacati

        Il reportage - A Cameri, in Piemonte. L'operaio della Fiom:

        no alla guerra, ma mettetevi nei miei panni

        CAMERI (Novara) - Dentro i 16 miliardi di tagli veri, presunti o
        in bilico agli F35 ci sono anche i 2.200 euro al mese
        dell'operaio Bruno Castellani, che lavora in Alenia da
        vent'anni, è iscritto alla Fiom, ogni anno fa la marcia della
        pace, ma tiene anche famiglia numerosa e monoreddito, il suo.
        «Certo che se ci mettessimo a costruire mongolfiere sarei più
        contento, chi non lo sarebbe. Ma non è possibile riconvertire la
        produzione, e insomma, si metta nei miei panni».

        Almeno proviamoci. Martedì mattina, ai cancelli della base di
        Cameri, il giorno dopo l'ennesima crisi di nervi generale sulla
        sorte dei famosi caccia bombardieri «americani» acquistati,
        forse, dall'Italia. Oddio, cancelli. Piuttosto, una linga fila
        di inferriate, filo spinato e torrette a protezione dei dieci
        capannoni nati negli ultimi tre anni sui prati che costeggiano
        il sito del vecchio aeroporto militare un tempo intitolato a
        Natale e Silvio Palli, eroi della prima guerra mondiale. Rumore
        continuo di martelli pneumatici che picchiano per l'allargamento
        di un hangar, bulldozer che spianano terreno. Il materiale per
        l'avvio della produzione continua ad arrivare ogni giorno e
        viene assemblato in tempo reale. Mentre la storia degli F35
        ristagna, lo stabilimento che dovrà assemblarli sembra un formicaio.

        «Alla fine li faremo, qui ne siamo convinti» dice Bruno. «Quando
        il progetto venne approvato a Roma erano tutti d'accordo. E
        sapevano bene che di trattava di aerei da guerra, mica
        giocattoli. Noi abbiamo sempre fatto questo». Anche lui, come
        tutti gli altri, è in trasferta. Dalla sua casa di Torino a
        questa distesa di campi irrigati che lambisce il Ticino. Un'ora
        e mezza ad andare, altrettanto a tornare.

        L'aeroporto di Cameri ha smesso da molto tempo di ospitare
        reparti di volo. Oggi è la fabbrica degli F35 americani, che
        proprio per questo hanno l'hanno voluta all'interno di una base
        militare, con tutta la segretezza che ne consegue, compresa per
        statuto l'assenza di una rappresentanza sindacale. Il sito è un
        gigantesco alveare ancora vuoto, in attesa di essere riempito
        dalla commessa che per molti sta diventando sinonimo di spreco,
        o di soldi spesi male. I nuovi assunti sono trenta. Gli altri
        settanta, operai e ingegneri dell'Alenia di Caselle sono in
        appoggio, pendolari o alloggiati all'interno della base, che
        dista una quindicina di chilometri dal paese. Un avamposto. Il
        grosso della forza lavoro arriverà solo quando tutto sarà
        chiaro, chissà quando.

        Nella disfida dei numeri che fa da supporto alla contesa
        ideologica l'unica bussola è un monumentale schedario appoggiato
        su una scrivania all'ufficio delle attività produttive primo
        piano del municipio. L'impiegata lo solleva con una certa fatica
        per riporlo nell'armadio. Sono 2.300 richieste di assunzione
        alla base militare arrivate da tutto la regione, e oltre. «Non
        di nostra competenza» dice l'impiegata. «Noi possiamo solo
        smistarle».

        Prima il Tav in Val Susa, poi gli F35 nel novarese. Il Piemonte
        sembra la palestra del confronto tra lavoro «buono» e lavoro
        «cattivo», con entrambi gli aggettivi sottoposti a rigorose
        virgolette. Bruno perde la pazienza. «Questa distinzione non la
        capisco. Specialmente di questi tempi». Emilio Lonati, ex
        metalmeccanico, segretario della Cisl del Piemonte orientale,
        rappresenta al meglio il dilemma dei sindacati territoriali
        sugli F35. Lui, che nella vita di tutti i giorni è anche perito
        all'Agusta, pensa tutto il male possibile della svolta
        produttiva che ha portato la nostra aeronautica verso l'America.

        Ma ogni giorno bussano alla sua porta persone che chiedono
        «prospettive occupazionali», un modo per definire la
        disperazione in sindacalese. E quindi la consueta propaganda sui
        posti di lavoro che verranno lo fa infuriare, perché dai 12.000
        del 2007 si è passati chissà come a una stima realistica che si
        aggira su 2.000 nuove assunzioni, contando l'indotto. «Certo,
        anche così rappresentano una possibilità unica e irripetibile.
        Sono posti preziosi e utili per un'area in crisi come il
        Piemonte orientale».

        Vista dalla prospettiva di Cameri, la contesa sugli F35 è un
        vicolo cieco dove le sacrosante questioni di principio fanno a
        pugni con lo stato di necessità. Neppure i duri della Fiom ce la
        fanno a trovare un punto d'equilibrio. Come tutte le aziende
        della produzione militare, l'Alenia di Caselle ha un tasso di
        sindacalizzazione non elevato. Solo il 35 per cento dei tremila
        dipendenti possiede una tessera, e 1.200di queste sono dei
        metalmeccanici Cgil, che nel resto d'Italia fanno fuoco e fiamme
        contro l'acquisto degli F35. Anche qui, ma con notevoli
        arrampicate sugli specchi, ammesse con molta sincerità. Antonio
        Fraggiacomo, tosto delegato Fiom dell'Alenia, considera la
        scelta degli F35 l'ennesima occasione perduta dell'industria
        aeronautica italiana, in questa occasione ridotta a manovalanza
        degli odiati yankee. Perfetto, e se poi non li fanno, quei
        caccia americani? Fraggiacomo allarga le braccia. «Senza
        commesse sicure rischiamo di chiudere». Bruno Castellani scuote
        la testa. «Poi lo racconti tu a mia moglie»? I vicoli ciechi
        hanno questo di brutto, che non se ne esce.

        5 luglio 2013




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