Re: [Disarmo] L’impotenza americana nella guerra sunniti-sciiti



E desolante constatare come gli im-prenditori siano più laici,o meglio Marxiani di tanta sinistra anche radicale,e delle balle che raccontata sulle primavere arabe.
SALUTI ANTIIMPERIALISTI  luigi
----- Original Message ----- From: <rossana123 at libero.it>
To: <disarmo at peacelink.it>
Sent: Monday, June 16, 2014 9:43 AM
Subject: [Disarmo] L’impotenza americana nella guerra sunniti-sciiti


Con la disgregazione dell’Iraq e la guerra civile in Siria gli Stati Uniti
rischiano di rimanere soffocati e impotenti tra la Mezzaluna sciita e quella
sunnita. In Iraq non vogliono rimettere più piede, esitano a intervenire e
potrebbero assistere al crollo di un governo alleato di Teheran che Washington ha sempre sostenuto come l’unico legittimo. In Siria, svanite le opzioni laiche
e moderate per abbattere Bashar Assad, l’America ha dovuto lasciare campo
libero alle formazioni estremiste sunnite sostenute più o meno direttamente da Arabia Saudita e Qatar: da Jabat al-Nusra al rivale Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, Isil, che sta mettendo a ferro e fuoco l’Iraq con metodi da orda
medioevale.

Una strategia fallimentare che sta naufragando nella guerra settaria tra
sciiti e sunniti e si trascina le scelte di fondo sbagliate non soltanto di
Obama e di Bush junior ma di una superpotenza che in Medio Oriente ha
perseguito per decenni il sostegno all’Arabia e alle monarchie del Golfo,
sperando che l’accoppiata Petrolio e Corano portasse solo dei vantaggi. In
realtà Washington si augura di ottenere con shale oil e shale gas l’
indipendenza energetica che la liberi dal legame con il mondo sunnita e la
monarchia wahabita, fonte di oro nero, dollari e commesse militari che sono state pagate a un prezzo altissimo: i sauditi si sono dimostrati incapaci di
manovrare efficacemente estremisti e terroristi e il loro unico successo è
stato aver fatto fuori i detestati Fratelli Musulmani finanziando il generale
al-Sisi in Egitto.

Per controbilanciare le monarchie del Golfo, gli Usa potrebbero essere pronti al sospirato accordo sul nucleare con l’Iran, ostacolato non solo dai sauditi ma anche da Israele. Questa sarebbe dunque la "exit strategy" americana dal Medio Oriente: puntare sul doppio contenimento della mezzaluna sunnita e di
quella sciita, sperando che si neutralizzino a vicenda. Ma di calcoli come
questi, del dual containment, gli americani ne hanno già fatti altri: fu
durante la guerra Iran-Iraq degli anni 80. Non doveva vincere nessuno dei due,
facendo in modo che entrambi finissero al tappeto sullo Shatt el-Arab. Ma
sappiamo come è andata a finire perché c’è sempre qualche pedina che sfugge al
controllo.

E adesso assistiamo allo sfaldamento dell’Iraq e dei confini tracciati in
Medio Oriente un secolo fa dalle potenze coloniali britannica e francese mentre
il Grande Ayatollah Ali Sistani lancia la chiamata alle armi degli sciiti
contro gli estremisti sunniti e il presidente iraniano Rohani promette tutto il suo sostegno al premier Nouri al-Maliki. E qui siamo davanti un altro paradosso della politica americana. Gli Usa sono schierati in Siria contro Assad e Iran ma in Iraq devono sperare che Teheran li aiuti a tenere in piedi il pericolante
governo di Baghdad. Mentre le monarchie del Golfo, storiche alleate di
Washington, puntano a una sconfitta degli sciiti e dell’Iran per prendersi una rivincita sulla caduta del regime sunnita di Saddam nel 2003. Forse anche il più paziente dei lettori può essere scoraggiato dal comprendere questo coacervo mediorientale ma può consolarsi perché neppure la maggiore potenza mondiale riesce a districarsi nella sua sequela di errori militari e politici. La fine dell’Iraq sta avvenendo in un’atmosfera di confusione quasi millenaristica che dovrebbe indurre a qualche seria riflessione sulla sua perdita di credibilità.

14 Jun 2014
Il Sole 24 Ore
Alberto Negri





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