[Disarmo] Noam Chomsky sulla Crimea: «Altro che feroce invasione»
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- Date: Wed, 19 Mar 2014 15:37:45 +0100 (CET)
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Intervista. Il professore del Massachusetts Institute of Technology
sui nuovi venti di guerra oriente-occidente, accusa i giornalisti di
asservimento al pensiero comune e gli Usa di doppiopesismo. Il manifesto, 189 marzo 2014
Di «passaggio» a Tokyo per una serie di affollatissime
conferenze, abbiamo chiesto a Noam Chomsky, professore emerito di
linguistica al Massachusetts Institute of Technology, il suo
parere sui nuovi «venti di guerra» tra Occidente e Oriente, che
agitano il pianeta. E non solo per quel che riguarda la crisi ucraina e
ora la Crimea.
L’Occidente sembra essere preoccupato da quello che qualcuno ha
definito il «fascismo» di Putin. E mentre tornano i toni da guerra
fredda, la situazione, in Crimea, rischia di precipitare…
«Non solo in Crimea, direi che anche qui, in Asia orientale, la
tensione è altissima, tira una bruttissima aria. Il recente
riferimento del premier Shinzo Abe — per il quale non nutro
particolare stima — alla situazione dell’Europa prima del primo
conflitto mondiale è più che giustificato. Perché le guerre
possono anche scoppiare per caso, o a seguito di un incidente, più o
meno provocato. Quanto alla Crimea, faccio davvero fatica ad
associarmi all’indignazione dell’occidente. Leggo in questi giorni
editoriali assurdi, a livello di guerra fredda, che accusano i russi
di essere tornati sovietici, parlano di Cecoslovacchia,
Afghanistan. Ma dico, scherziamo? Per un giornalista, un
commentatore politico, scrivere una cosa del genere, oggi,
significa avere sviluppato una capacità di asservimento e
subordinazione al "pensiero comune" che nemmeno Orwell avrebbe
potuto immaginare. Ma come si fa? Mi sembra di essere tornato ai
tempi della Georgia, quando i russi, entrando in Ossezia e occupando
temporaneamente parte della Georgia, fermarono quel pazzo di
Shakaashvili, a sua volta (mal) "consigliato" dagli Usa. I russi,
all’epoca, evitarono l’estensione del conflitto, altro che "feroce
invasione".
«Per carità, tutto sono tranne che un filo russo o un fan di Putin: ma
come si permettono gli Stati uniti, dopo quello che hanno fatto in
Iraq – dove dopo aver mentito spudoratamente al mondo intero sulla
storia delle presunte armi di distruzioone di massa, sono
intervenuti senza un mandato Onu a migliaia di chilometri di
distanza per sovvertire un regime – a protestare, oggi, contro la
Russia? Voglio dire, non mi sembra che ci siano state stragi, pulizie
etniche, violenze diffuse. Io mi chiedo: ma perché continuamo a
considerare il mondo intero come nostro territorio, che abbiamo il
diritto, quasi il dovere di «controllare» e, nel caso, modificare a
seconda dei nostri interessi? Non è cambiato nulla, alla Casa Bianca e
al Pentagono, sono ancora convinti che l’America sia e debba essere
la guida – e il gendarme – del mondo».
A proposito di minacce, oltre alla Russia, anche la Cina e il Giappone fanno paura? Chi dobbiamo temere di più?
«Dobbiamo temere di più gli Stati uniti. Non ho alcun dubbio, e del
resto è quanto ritengono il 70% degli intervistati di un recente
sondaggio internazionale svolto in Europa e citato anche dalla Bbc.
Subito dopo ci sono Pakistan e India, la Cina è solo quarta. E il
Giappone non c’è proprio. Questo non significa che quello che stanno
facendo, anzi per ora, per fortuna, solo dicendo i nuovi leader
giapponesi non siano pericolose e inaccettabili provocazioni.
Il Giappone ha un passato recente che non è ancora riuscito a
superare e di cui i paesi vicini, soprattutto Corea e Cina non
considerano chiuso, in assenza di serie scuse e soprattutto atti di
concreto ravvedimento dal parte del Giappone.
«Proprio in questi giorni leggo sui giornali che il governo, su
proposta di alcuni parlamentari, ha intenzione di rivedere la
cosiddetta «dichiarazione Kono», una delle poche dichiarazioni che
ammetteva, esprimendo contrizione e ravvedimento, il ruolo
dell’esercito e dello stato nel rastrellare decine di migliaia di donne
coreane, cinesi e di altre nazionalità e costrigendole a
prostutirsi per «ristorare» le truppe al fronte».
Già, le famose «donne di ristoro», tuttavia ogni paese ha i suoi
scheletri. In Italia pochi sanno che siamo stati i primi a gasare i
«nemici» e anche inglesi e americani non scherzano, quanto a crimini
di guerra nascosti e/o ignorati
«Assolutamente d’accordo. Solo che un conto è l’ignoranza,
l’omissione sui testi scolastici, un conto è il negazionismo:
insomma, in Germania se neghi l’olocausto rischi la galera, in
Giappone se neghi il massacro di Nanchino rischi di diventare
premier»
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