[Disarmo] Il dossier degli scienziati greci: «Distruzione letale per l’ecosistema»
- Subject: [Disarmo] Il dossier degli scienziati greci: «Distruzione letale per l’ecosistema»
- From: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
- Date: Wed, 22 Jan 2014 13:57:49 +0100 (CET)
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È una relazione shock, che sbugiarda i nostri governanti.
Un’informativa che getta un’ombra ancor più fosca sull’arsenale siriano
che farà rotta verso il porto di Gioia Tauro tra qualche giorno. È Pino
Romeo, urbanista, coordinatore del tavolo tecnico di tutela
ambientale della Piana, tra i fondatori del comitato contro il
rigassificatore di San Ferdinando, a consegnarla al manifesto
dopo averla esposta succintamente nell’infuocata assemblea di
lunedì sera, alla presenza dei sindaci in partenza per Roma. Dove
ieri “l’operazione Gioia Tauro” ha avuto il via libera del governo. Un
atto d’imperio, un sopruso. Contro la popolazione. In spregio alla
legge italiana e alla Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia
con la legge 108 del 2001, che mette al centro di ogni processo
decisionale la partecipazione. E lo scenario è alquanto tetro,
secondo quanto emerge dalle carte in nostro possesso. «Siamo entrati in
contatto con gli alti esponenti della comunità scientifica di Democritos (gli omologhi del Cnr, ndr)
di Atene e del Politecnico di Creta, che parlano di completa
distruzione dell’ecosistema che gravita intorno al Mediterraneo
causato dalla distruzione delle ogive» spiega Romeo. La
neutralizzazione delle armi siriane, insomma, avrà effetti letali,
a due passi da noi. Perchè, una volta scelto Gioia Tauro, come porto su
cui effettuare il trasbordo, la questione ancora irrisolta, su cui
Bonino, Lupi, Mauro, Orlando e Letta prima o poi dovranno dar conto,
riguarda il luogo dove verrà distrutto l’arsenale mediante idrolisi.
E gli studi degli scienziati greci rassicurano ben poco.
«L’armamento sarà distrutto nella zona di mare ad ovest di Creta, con la
connivenza delle autorità greche, italiane e maltesi» ha detto
a chiare lettere il collaboratore scientifico di Democritos,
ed ex presidente dell’Unione dei chimici greci, Nikos Katsaros. «Se
tale neutralizzazione sarà effettuata tramite il processo di
idrolisi, non c’è da stare tranquilli. Si tratta di un metodo
estremamente pericoloso, con conseguenze imprevedibili per
l’ambiente mediterraneo e i popoli vicini». Gli effetti saranno la
necrosi completa dell’ambiente interessato e l’inquinamento marino
tra il mar Libico ed il mar di Creta. Il pesce sarà avvelenato dalla
contaminazione, al pari della popolazione che lo consumerà. Di
seri rischi parla il professor Evangelos Gidarakos, del
Politecnico di Creta, che ha lanciato l’allarme alle autorità
greche, che per ora preferiscono tacere. «Queste sostanze
chimiche sono miscele di agenti pericolosi e tossici»
sottolinea.
Secondo gli annunci ufficiali, le armi chimiche,
dopo essere trasportate dalla Siria, saranno caricate nel porto di
Gioia nel recipiente di titanio della nave americana Cape Ray. «E
poi saranno distrutte col processo di idrolisi in acque
internazionali tra l’Italia e la Grecia, nel tratto di mare tra
Malta, Libia e Creta». Sulla consistenza dell’arsenale, i greci danno
poi ben altri numeri rispetto a quelli forniti da Lupi. Gidarakos ha
riferito che, da fonti attendibili, esisterebbero 1.250
tonnellate di armamenti principali ad effetto mortale, come i gas
sarin e i gas mostarda, ed altre 1.230 tonnellate di sostanze
precursori, utilizzate per la fabbricazione delle armi vere
e proprie, principalmente composti chimici di cloro e fluoro, di
per sé altamente tossiche. E poi esiste una gamma di altre sostanze
acquistate da Damasco dopo l’embargo, di provenienza e natura
ignota. A mettere inquietudine è, nondimeno, l’ultimo punto dello
studio del Politecnico cretese. Sostiene Gidarakos che l’idrolisi
produrrà una terza componente tossica che sarà formata
direttamente nelle acque marine. Perché l’idrolisi non è più un
processo relativamente sicuro (durante la distruzione delle armi
chimiche al largo del Giappone nel secondo dopoguerra, ad esempio)
in quanto oggi produce anche scarti in forma liquida, cosa che non
succedeva in passato. Gli attivisti della Piana, peraltro,
sconfessano Lupi anche in merito al transhipment delle armi nel
porto di Gioia. «A Roma si vuol annacquare il vino con l’acqua usando
tecnicismi per creare volutamente confusione. I portuali del
Sul, al pari di altri lavoratori, ci hanno confermato che è vero che
materiale tossico di questa categoria ne è passato negli anni
lungo le banchine gioiesi, ma sostanze letali mai. Sarebbe la prima
volta» conclude Romeo. Il porto calabrese si troverebbe, dunque, in
una situazione di eccezionale e prolungata pericolosità visto
che l’imminente carico di gas siriani equivale all’intero movimento di
un anno. In una zona, che secondo la Protezione civile, è «in piena
allerta sismica». Nei due giorni fatidici Gioia dovrà così smaltire un
carico di sostanze pericolose che di solito assorbe (da nave a nave)
in un anno intero. Possibile? Mantenendo sufficienti e «ordinari»
standard di sicurezza? Agli attivisti e ai portuali il dubbio
rimane.
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