R: Re: Gabbie, stelle e lotta di classe
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- Date: Fri, 5 Jul 2013 15:10:47 +0200
Alfonso Navarra wrote :<<<<Quello che voglio dire è che la violenza organizzata determina spesso l'economia, non sempre è l'inverso.<<< Rispondo al Alfonso Navarra; Concordo sostanzialmente con la tua analisi , con eccezione del ruolo dell’economia. Purtroppo, il barbuto di Treviri non poteva immaginare l’incesto tra potere militare e potere economico a livello planetario. Tutto nasce dagli accordi di Bretton Woods del 1944 quando la superpotenza nascente obbliga gli altri paesi ad adottare il dollaro come moneta di riferimento e di riserva, dietro garanzia dell’ancoraggio all’oro . Moneta di riferimento significa che tutte le merci vengono quotate in dollari e per lo scambio, ad esempio, di carne argentina e zucchero cubano occorre dotarsi di dollari. Finché gli USA garantivano la conversione della loro moneta inflazionata in , tutto filava quasi liscio . I guai sono iniziati negli anni 70 quando, complice anche la disfatta in Vietnam, Fort Knox non deteneva oro sufficiente per far fronte alla sempre più probabile richiesta di conversione ( le autorità francesi dietro consiglio del monetarista Jacques Rueff minacciavano di caricare bastimenti di carta verso Fort Knox per ricevere oro). Così giungiamo all’estate del 1971 quando , tutti in vacanza , il 15 Agosto il signor Nixon dichiara al mondo lo sganciamento del dollaro dall’oro . Ricordo con terrore quei giorni in quanto avevo praticamente ultimato la mia tesi di laurea proprio incentrata sugli accordi di Bretton Woods. Logica vorrebbe che se la carta non è più convertibile in oro, anche gli scambi di merci a livello mondiale possano riferirsi al altre valute. Eh no !! L’impero ha preteso le quotazioni obbligatorie in dollari con la conseguenza che le transazioni, moltiplicate di volume soprattutto a causa anche dello shock petrolifero del 1973 (guerra del kippur) , creassero un surplus cartaceo incontrollabile anche ai giorni nostri . Ciò con grande felicità dei cultori del signoraggio ( la Fed, emittente centrale posseduta da privati, stampa carta e riceve titoli di debito pubblico senza obbligo di integrare le riserve auree ). Questo è il meccanismo perverso che i Brics vorrebbero smantellare, ma . . . l’ Impero decadente resiste ad oltranza . Sebastiano Cosenza Milano Da: disarmo-request at peacelink.it [mailto:disarmo-request at peacelink.it] Per conto di alfonsonavarra at virgilio.it Vedo che si è sviluppata una disussione sulla natura e le caratteristiche dell'"impero". Provo a squadernare alcune mie rapide osservazioni. Effettivamente il potere della guerra è alla base storica anche dello sfruttamento. I primi conflitti armati organizzati erano tra gruppi umani: chi vinceva rendeva "schiavo" l'altro. Abbiamo esempi storici di "comunismo" degli schiavisti: il più noto di tutti lo troviamo a Sparta. Quello che voglio dire è che la violenza organizzata determina spesso l'economia, non sempre è l'inverso. Il capitalismo "storico" non è nato dalla libera concorrenza dei piccoli produttori. Le monarchie nazionali che stavano creando gli Stati centralizzati si appoggiarono a grandi monopoliti mercantili per combattere il potere dei baroni feudali. Il capitalismo non è nato dal piccolo imprenditore che risparmiava per investire ma dagli accordi con le grandi compagnie che rapinavano le risorse delle colonie e dall'espropriazione statale delle terre (specie le terre comuni) a favore dei grandi latifondisti per creare la classe dei "proletari" (e questo ce lo racconta lo stesso Marx quando nel "Capitale" affronta "l'accumulazione originaria"). Vediamo di non scambiare la storia reale con i modelli teorici astratti che Marx mutuò per lo più da David Ricardo. Anche oggi io penso che sia difficile non registrare che lo status del dollaro "moneta mondiale" non sia altro che l'espressione della situazione degli USA impero mondiale... e per adesso mi fermo qui... insomma facciamo mente locale sulla violenza "levatrice della Storia" (anche se non unico attore decisivo delle rivoluzioni, a differenza di quel che credeva il barbuto di Treviri...)
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