Siria, la corsa all'oro nero
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- Date: Tue, 2 Apr 2013 09:39:23 +0200 (CEST)
Le riserve petrolifere accertate della
Siria (2,5 miliardi di barili), sono maggiori di quelle di tutti i
paesi vicini eccetto l'Iraq: lo stima la U.S. Energy Information
Administration, che di petrolio (soprattutto quello degli altri) se ne
intende. Ciò rende la Siria uno dei maggiori produttori ed esportatori
di greggio in Medio Oriente.
Il paese possiede anche grosse riserve di gas naturale, usato finora
per il consumo interno. C'è però un problema, segnala l'agenzia
statunitense: dal 1964 le licenze per l'esplorazione e lo sfruttamento
dei giacimenti sono riservate agli enti statali siriani. Ciò procurava
allo stato, fino al 2010, un'entrata annua di oltre 4 miliardi di
dollari proveniente dall'esportazione di petrolio soprattutto in
Europa. Le cose però stanno cambiando con la guerra. L'«Esercito libero
siriano» si è impadronito di importanti campi petroliferi nell'area di
Deir Ezzor. Altri campi, nell'area di Rumeilan, sono controllati dai
curdi del Partito di unione democratica, ostili però anche ai «ribelli»
con i quali si sono più volte scontrati.
La strategia Usa/Nato
punta sui «ribelli», che sono stati aiutati a impadronirsi dei campi
petroliferi con un duplice scopo: privare lo stato siriano degli
introiti delle esportazioni, già fortemente calati per effetto
dell'embargo Ue; far sì che i maggiori giacimenti passino in futuro,
tramite i «ribelli», sotto il controllo delle grandi compagnie
occidentali. Fondamentale, a tal fine, è il controllo della rete interna
di oleodotti e gasdotti. Questa è stata sabotata dai «ribelli» in più
punti, soprattutto nei pressi di Homs dove c'è una delle due raffinerie
del paese. Ma c'è un'altra posta in gioco strategicamente ancora più
importante: il ruolo della Siria quale hub di corridoi energetici
alternativi a quelli attraverso la Turchia e altri percorsi, controllati
dalle compagnie Usa ed Ue.
La «guerra degli oleodotti» è iniziata
da tempo: nel 2003, invadendo l'Iraq, gli Stati uniti hanno subito
distrutto l'oleodotto Kirkuk-Banias che trasportava in Siria il greggio
iracheno. E' restato però in funzione quello tra Ain Zalah e Suweidiva.
Successivamente, sfidando i divieti di Washington, Damasco e Baghdad
hanno varato il progetto di due oleodotti e un gasdotto che, attraverso
la Siria, collegheranno i giacimenti iracheni al Mediterraneo e quindi
ai mercati esteri. Ancora più pericoloso per gli interessi occidentali
l'accordo stipulato nel maggio 2011 tra Damasco, Baghdad e Teheran:
esso prevede la realizzazione di un gasdotto che, attraverso l'Iraq,
trasporterà il gas naturale iraniano in Siria e da qui ai mercati
esteri. Questi e altri progetti, già finanziati, sono stati bloccati da
quelle che l'agenzia statunitense definisce «le incerte condizioni di
sicurezza in Siria».
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