Santo Stefano, armi trasferite: indagati alcuni ufficiali
- Subject: Santo Stefano, armi trasferite: indagati alcuni ufficiali
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- Date: Thu, 12 Jan 2012 14:05:04 +0100 (CET)
Ufficiali indagati per «attentato alla sicurezza, trasporto illegale e falso» nel caso dei missili a bordo di navi passeggeri. Tra breve pm e procuratore generale a Santo Stefano per contare le armi nei bunker
LA MADDALENA. La data è ancora top secret, ma questa volta a contare quanti missili terra aria, fucili mitragliatori, cartucce e armamento Rpg sono stati trasferiti dai bunker di Santo Stefano in una ancora sconosciuta località ci saranno il procuratore generale della Repubblica di Cagliari Ettore Angioni e il sostituto procuratore della Repubblica di Tempio Riccardo Rossi.
L'inchiesta sul trasporto del materiale bellico su navi traghetto della Tirrenia avrebbe subito, nei primi giorni del nuovo anno, una brusca accelerazione dopo un lasso di tempo ritenuto ormai troppo lungo dal magistrato che sta conducendo l'inchiesta sul trasferimento delle armi in condizioni di scarsa, o quasi nulla, sicurezza. Il caso era scoppiato nel maggio scorso, quando vennero caricati su un coinvoglio militare diversi container zeppi di armi sequestrate, oltre venti anni fa, a un gruppo di trafficanti internazionali che volevano venderle ai belligeranti in lotta nella ex Jugoslavia.
Nella vicenda risultano indagati alcuni ufficiali della Marina militare per «concorso nel trasporto illegale di armi, attentato alla sicurezza nei trasporti e falso in atti pubblici». Il governo Berlusconi ventilò (ma il provvedimento non è stato ratificato) l'apposizione del segreto di Stato sul trasporto di almeno 4 container carichi di armi dall'isola di Santo Stefano al porto di Civitavecchia utilizzando un traghetto Tirrenia con 750 passeggeri a bordo.
Il magistrato della Procura gallurese vuole contare, di persona, affiancato dal procuratore generale della Re
pubblica isolana, quanto è rimasto custodito nelle «riservette» ricavate nelle viscere dell'isola di Santo Stefano. I magistrati hanno in mano l'elenco completo delle armi stoccate a suo tempo e messe sotto sequestro, in attesa delle distruzione disposta dalla magistratura torinese. Nella lista figurano 400 missili anticarro AT-4 Spigot con 50 lanciatori, 30mila fucili kalashnikov, 32 milioni di proiettili calibro 7,62, 5 mila razzi Katiuscia da 122 millimetri e 11 mila razzi anticarro Rpg. Materiale bellico di altissimo valore economico che, stando ad attendibili indiscrezioni, avrebbero preso la via di Bengasi, per sostenere la lotta dei ribelli contro il regime guidato dal defunto leader arabo Mohammar Gheddafi.
Il carico sarebbe arrivato, nei momenti più delicati della lotta, nel porto della città libica a bordo di navi militari o comunque noleggiate dai ministeri di Esteri e Difesa ufficialmente per trasportare «generi umanitari». Uno schema applicato anche da francesi e qatarini per fornire armi agli insorti, per aggirare l'embargo dell'Onu. L'Italia, come del resto Francia, Gran Bretagna e Spagna, inviarono in Cirenaica un buon numero di consiglieri militari, forze speciali e contractors impegnati nell'addestrare i ribelli libici del Cnt all'impiego di armi sofisticate, inclusi i missili AT-4 in grado di fermare i tank di Gheddafi.
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